Commentario abbreviato:

Apocalisse 6

1 Capitolo 6

L'apertura dei sigilli, Il primo, il secondo, il terzo e il quarto Ap 6:1-8

Il quinto Ap 6:9-11

Il sesto Ap 6:12-17

Versetti 1-8

Cristo, l'Agnello, apre il primo sigillo: osservate cosa appare. Un cavaliere su un cavallo bianco. Con l'uscita di questo cavallo bianco sembra intendersi un tempo di pace, o il primo progresso della religione cristiana; la sua uscita in purezza, nel momento in cui il suo celeste Fondatore inviò i suoi apostoli a insegnare a tutte le nazioni, aggiungendo: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". La religione divina esce incoronata, avendo il favore divino su di sé, armata spiritualmente contro i suoi nemici e destinata ad essere vittoriosa alla fine. All'apertura del secondo sigillo, apparve un cavallo rosso; questo significa giudizi desolanti. La spada della guerra e della persecuzione è un giudizio terribile; toglie la pace dalla terra, una delle più grandi benedizioni; e gli uomini che dovrebbero amarsi e aiutarsi l'un l'altro, sono decisi ad uccidersi a vicenda. Simili scene seguirono anche l'epoca pura del primo cristianesimo, quando, trascurando la carità e il vincolo della pace, i capi cristiani, divisi tra loro, si appellarono alla spada e si impigliarono nella colpa. All'apertura del terzo sigillo apparve un cavallo nero, colore che indica lutto e sventura, tenebre e ignoranza. Colui che vi sedeva sopra aveva un giogo in mano. Si tentò di imporre ai discepoli un giogo di osservanze superstiziose. Man mano che il flusso del cristianesimo si allontanava dalla sua fonte pura, diventava sempre più corrotto. Durante il progresso di questo cavallo nero, i beni di prima necessità dovevano avere prezzi eccessivi e le cose più costose non dovevano essere danneggiate. Secondo il linguaggio profetico, questi articoli indicavano il cibo della conoscenza religiosa, con il quale le anime degli uomini si sostengono fino alla vita eterna; siamo invitati a comprarlo, Isa 55:1. Ma quando le nubi oscure dell'ignoranza e della superstizione, indicate dal cavallo nero, si diffusero sul mondo cristiano, la conoscenza e la pratica della vera religione divennero scarse. Quando un popolo detesta il suo cibo spirituale, Dio può giustamente privarlo del suo pane quotidiano. La carestia di pane è un giudizio terribile, ma la carestia della parola lo è di più. All'apertura del quarto sigillo apparve un altro cavallo, di colore pallido. Il cavaliere era la Morte, il re dei terrori. Gli assistenti o seguaci di questo re del terrore sono l'inferno, uno stato di miseria eterna per tutti coloro che muoiono nei loro peccati; e in tempi di distruzione generale, moltitudini scendono impreparate nella fossa. Il periodo del quarto sigillo è un periodo di grande massacro e devastazione, che distrugge tutto ciò che tende a rendere felice la vita, facendo scempio della vita spirituale degli uomini. Così il mistero dell'iniquità è stato completato e il suo potere si è esteso sia sulla vita che sulle coscienze degli uomini. I tempi esatti di questi quattro sigilli non possono essere accertati, perché i cambiamenti furono graduali. Dio diede loro il potere, cioè quegli strumenti della sua ira, o quei giudizi: tutte le calamità pubbliche sono al suo comando; si scatenano solo quando Dio le manda, e non oltre il suo permesso.

9 Versetti 9-11

Lo spettacolo che l'apostolo vide all'apertura del quinto sigillo fu molto suggestivo. Vide le anime dei martiri sotto l'altare; ai piedi dell'altare in cielo, ai piedi di Cristo. I persecutori possono solo uccidere il corpo; dopo di che non possono più fare nulla; l'anima vive. Dio ha previsto un buon posto nel mondo migliore per coloro che sono fedeli fino alla morte. Non è la loro morte, ma il sacrificio di Cristo che dà loro l'ingresso in cielo. La causa per cui hanno sofferto era per la parola di Dio; il meglio per cui ogni uomo può dare la vita: la fede nella parola di Dio e la confessione incrollabile di questa fede. Essi affidano la loro causa a Colui al quale appartiene la vendetta. Il Signore è il consolatore dei suoi servi afflitti e il loro sangue è prezioso ai suoi occhi. Come la misura del peccato dei persecutori si sta riempiendo, così il numero dei perseguitati e martirizzati servi di Cristo. Quando questo sarà compiuto, Dio manderà tribolazioni a coloro che li affliggono, e felicità e riposo ininterrotti a coloro che sono afflitti.

12 Versetti 12-17

Quando il sesto sigillo fu aperto, ci fu un grande terremoto. Le fondamenta delle chiese e degli Stati sarebbero state terribilmente scosse. Queste ardite descrizioni figurative di grandi cambiamenti abbondano nelle profezie della Scrittura; perché questi eventi sono emblemi e dichiarano la fine del mondo e il giorno del giudizio. Il terrore e il terrore si impadroniranno di ogni tipo di uomo. Né la grandezza, né le ricchezze, né il valore, né la forza potranno sostenere gli uomini in quel momento. Sarebbero felici di non essere più visti; sì, di non avere più alcun essere. Anche se Cristo è un Agnello, può essere adirato, e l'ira dell'Agnello è estremamente terribile; infatti, se il Redentore stesso, che placa l'ira di Dio, è nostro nemico, dove troveremo un amico che ci difenda? Come gli uomini hanno il loro giorno di opportunità e le loro stagioni di grazia, così Dio ha il suo giorno di giusta ira. Sembra che qui si intenda il rovesciamento del paganesimo dell'impero romano. Gli idolatri sono descritti come se si nascondessero nelle loro tane e grotte segrete, cercando invano di sfuggire alla rovina. In un giorno come questo, in cui i segni dei tempi mostrano a coloro che credono nella parola di Dio che il Re dei re si sta avvicinando, i cristiani sono chiamati a una condotta decisa e a una coraggiosa confessione di Cristo e della sua verità davanti ai loro simili. Qualunque cosa debbano sopportare, il breve disprezzo degli uomini deve essere sopportato, piuttosto che la vergogna che è eterna.

Commentario del Nuovo Testamento:

Apocalisse 6

1 Sezione Terza. Apocalisse 6. APERTURA DEI PRIMI SEI SUGGELLI

Allorchè, sul monte degli Ulivi, i discepoli chiesero a Gesù quando avverrebbe la distruzione di Gerusalemme e qual sarebbe il segno della sua venuta e della fine dell'età presente, egli li mise in guardia contro i falsi Cristi che dovevano sorgere, li avvertì di non lasciarsi spaventare dalle guerre, dalle carestie, dai terremoti, dalle pestilenze che avverrebbero in varii luoghi. «E necessario, ei disse, che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine... non sarà che un principio di dolori». Ed aggiunse che l'evangelo doveva esser predicato fra tutte le genti e che i seguaci di esso sarebbero odiati, perseguitati ed anche uccisi; predisse che vi sarebbero sulla fine «dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia delle nazioni... gli uomini venendo meno per la paurosa aspettazione di quel che sarebbe per accadere al mondo... Allora vedrebbero il Figliuol dell'uomo venir sulle nuvole del cielo con potenza e gran gloria». Cfr. il Discorso profetico di Gesù riassunto in Matteo 24; Marco 13; Luca 21. Paragonando il quadro tracciato da Gesù degli eventi che dovevano precedere e preparare la sua Venuta; con quello che ci offre Apocalisse 6, è impossibile non rimaner colpiti dall'analogia esistente fra, il discorso, e le visioni che seguono l'apertura dei sei primi suggelli del libro dell'avvenire. Sotto l'emblema di quattro cavalieri, passano dinanzi al Veggente il Cristo che parte per conquistare il mondo, poi i flagelli della guerra, della carestia, della mortalità che sono dei castighi provvidenziali destinati a trarre gli uomini a ravvedimento. Il grido dei martiri che chiedono giustizia (5o suggello) ci fa comprendere fino a che punto si spingerà l'odio del mondo contro i seguaci di Cristo, e l'apertura del penultimo suggello ci descrive i rivolgimenti cosmici che devono precedere la fine ed il terrore che invade gl'impenitenti.

Come il discorso profetico di Gesù, così i quadri apocalittici del Capitolo 6 abbracciano l'intero periodo che corre dalla prima alla seconda venuta di Cristo e lo descrivono sotto l'aspetto speciale dei mezzi che sono adoperati per stabilire nel mondo il regno di Dio. Non mancheranno in seguito altri quadri relativi alla storia della Chiesa e del mondo; ma la descriveranno sotto altri aspetti. Non è dunque il caso di veder raffigurati nei cavalieri ecc. dei personaggi e degli eventi della storia romana contemporanea dell'Autore, o di qualche secolo posteriore, come quando, ad es., nel primo cavaliere si scorge il re dei Parti Vologeso che vinse i Romani nel 62, nel secondo l'insurrezione britannica del 61, nelle anime sotto l'altare i martiri della persecuzione neroniana del 64; o come quando, nei sei primi suggelli, si scorge la gloria, la decadenza e la caduta dell'impero romano pagano davanti alla potenza del cristianesimo (an ni 96 - 313). Gli eventi particolari sono semplici episodi che rappresent ano un adempimento parziale; mentre le visioni riuniscono sotto un unico emblema la moltitudine dei fenomeni di una data specie, talchè per es. l'emblema della carestia comprende tutte le carestie dell'era cristiana e lo stesso dicasi degli altri.

Apocalisse 6:1-8. L'apertura dei quattro primi suggelli

I quattro primi suggelli danno luogo a quattro visioni che formano un gruppo distinto, perchè ogni rottura di sigillo è seguita dall'apparizione di un cavaliere montato sopra un cavallo di color diverso dagli altri.

Poi vidi, quando l'Agnello ebbe aperto uno dei sette suggelli, e udii una delle quattro creature viventi che diceva con voce come di tuono: Vieni.

Il poi vidi è formula frequente nell'Apocalisse per indicare il principio di una nuova visione o serie di visioni. Non è detto in nessun luogo che il libro sia stato letto per intero dopo l'apertura dei sette suggelli, o in parte dopo la rottura di ciascun suggello. Il contenuto del libro è comunicato in forma di visioni simboliche a Giovanni: la parte più importante in questa comunicazione avviene dopo l'apertura del settimo suggello, allorchè il libro resta tutto aperto; ma un principio di rivelazione sotto forma generale avviene all'apertura dei sei primi suggelli. Il perchè siano le creature viventi a introdurre le quattro prime figure simboliche si scorge da molti nel fatto che le figure rappresentano, per lo più, dei flagelli che toccan da vicino la creazione terrestre di cui le creature viventi sono l'emblema. Esse paiono dire: Vengano pure i flagelli dolorosi, purchè sia affrettato il giorno in cui cesserà il gemito ed il travaglio della creazione inferiore, perchè anch'essa avrà parte alla libertà della gloria dei figliuoli di Dio Romani 8:19-23. Il Vieni si può intendere come rivolto a Giovanni perchè si affacci a contemplar la visione, o meglio ancora, come rivolto al cavalier simbolico che sta per comparir sulla scena.

2 E vidi, ed ecco un cavallo bianco; e colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona ed egli uscì fuori da vincitore (lett. vincendo) e per vincere.

Molti interpreti moderni vedono nel cavaliere dal cavallo bianco rappresentata la Guerra sotto l'aspetto suo meno ripugnante di conquista, di vittoria trionfante, perchè il caval bianco era quello cavalcato dai trionfatori romani, dai generali vittoriosi; perchè, gli altri tre cavalieri rappresentano flagelli e il primo non può fare eccezione; perchè è armato ed esce per vincere. Parecchi si spingono più oltre e vedono nel primo cavaliere le conquiste romane di Pompeo e di G. Cesare, o quelle di Traiano, ovvero la vittoria dei Parti sui Romani sulle rive del Tigri (a 62), ecc. Le ragioni, su cui poggia questa categoria d'interpretazioni ci sembrano molto deboli di fronte a quelle che vengono addotte a sostegno di una interpretazione del tutto diversa. Sta in fatto che il primo cavaliere differisce sostanzialmente dagli altri e non è presentato come un flagello. Se rappresentasse la guerra, sia pur vittoriosa, sarebbe un duplicato del secondo, perchè anche le guerre vittoriose non si fanno senza stragi ed orrori. Inoltre, non è casuale la rassomiglianza tra il primo cavaliere di Apocalisse 6 e quello descritto in Apocalisse 19:11-16: «Poi vidi il cielo aperto ed ecco un cavallo bianco; e colui che lo cavalcava si chiama il Fedele e il Verace ed egli giudica e guerreggia con giustizia... sul suo capo v'eran molti diademi... il suo nome è: la Parola di Dio. Gli eserciti che son nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi ed eran vestiti di lino fino bianco e puro... Sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: Re dei re e Signor dei signori». In quella visione si tratta del Cristo che viene a giudicar la terra e quindi la sua veste è tinta di sangue ed ha una spada per percuoter le nazioni; ma il cavaliere di Apocalisse 6 è anch'egli montato su di un cavallo bianco, emblema della vittoria ed anche della santità; anch'egli riceve una corona arra di trionfo e segno di potestà regale; è armato di un arco, da cui parton frecce che possono esser castighi ma posson esser pure l'emblema della parola che trafigge i cuori e li converte; esce da vincitore come chi ha riportato già grandi vittorie (così Cristo mediante la sua morte e risurrezione Apocalisse 5:5 e mediante i primi trionfi del Vangelo) e per vincere, cioè per seguitare a vincere fino al finale completo trionfo su tutti i suoi nemici. La descrizione si attaglia dunque al Cristo che alla Pentecoste è partito alla conquista del mondo mediante l'Evangelo. E si noti che una tale interpretazione, sotto forme diverse, è stata mantenuta, fin dalla più remota antichità cristiana, da Ireneo (2o sec.), da Vittorino di Pettau (3o sec.) che scorge nel cavaliere 'la parola della predicazione', da Andrea di Cesarea (6o sec.) che vi scorge le vittorie dell'età apostolica; poi nel Medio Evo da Beda, da Alberto Magno, e più tardi da Bossuet; nei tempi moderni da Hengstenberg, Düsterdieck, F. Godet, Lange, Bonnet, Alford, B. Weiss, Zahn, Perrot, Allo, ecc.. Il P. Allo vede nel primo cavaliere «il corso vittorioso del Vangelo attraverso il mondo» e nota: 'La visione del trionfo divino precede così quella dei giudici dell'ira, affin di riempir l'animo di Giovanni e dei suoi lettori di un senso di sicurezza, facendo loro intendere lo scopo provvidenziale dei castighi che stanno per seguire... L'Evangelo ha da esser predicato a tutte le genti prima che venga la fine... Tutte le calamità che Dio permette non hanno altro fine che di affrettare la salvezza del mondo... Conveniva che la figura del Verbo in persona, o dell'opera sua salutare, apparisse in capo alle altre, per mostrare qual sia il disegno essenziale di Dio nel governo provvidenziale del mondo; e conveniva che apparisse con una maestà non inferiore a quella delle altre... Veduta questa, si possono aspettar le altre senza apprensione, sapendo che, nei disegni superni, esse lavoreranno per Cristo.'

3 E quando ebbe aperto il secondo suggello, io udii la seconda creatura vivente che diceva: Vieni. E uscì fuori un altro cavallo, rosso; e a colui che lo cavalcava fu dato di toglier la pace dalla terra affinchè gli uomini si uccidessero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada.

Il color del secondo cavallo è quello del sangue (Cfr. 2Re 3:22) e il cavaliere colla grande spada è il simbolo della Guerra, ch'è spesso presentata nelle Scritture come uno dei più terribili flagelli Ezechiele 14:17-18, non solo perchè toglie dalla terra il bene inestimabile della pace, anche quando non c'è guerra guerreggiata, ma per gli odii selvaggi che scatena, per le stragi di cui insanguina il mondo, le devastazioni che l'accompagnano e le lagrime che fa versare. Non si tratta di una guerra speciale come sarebbe quella che precedette la ruina di Gerusalemme o le guerre civili che desolarono l'impero romano durante e dopo il regno dei due Severi; nè è questione di persecuzione dei cristiani sotto Nerone o sotto altri imperatori. Il cavaliere dalla grande spada rappresenta la guerra in genere, quindi tutte le guerre, civili o internazionali, scatenate dal peccato umano ma permesse da Dio qual giudicio destinato a trarre gli uomini a pentimento e i credenti alla vigilanza e all'umiliazione.

5 E quando ebbe aperto il terzo suggello, io udii la terza creatura vivente che diceva: Vieni. Ed io vidi, ed ecco un cavallo nero; e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano.

Il terzo cavaliere simboleggia la Carestia che suol tener dietro alla guerra. Il nero non è qui l'emblema del lutto ma quello della fame. Descrivendo gli orrori dell'assedio di Gerusalemme per parte dei Caldei; Geremia dice degli abitanti stremati dalle privazioni: 'Il loro volto s'è fatto più nero della notte; non li si riconosce per le vie; la loro pelle s'è attaccata alle ossa, è seccata, è divenuta come legno' Lamentazioni 4:8-9. La bilancia serve a pesare le razioni del frumento e dell'orzo, perchè vi è grande scarsità dei prodotti alimentari più necessari, tanto che il prezzo n'è salito a un dodici volte quello dei tempi ordinari (Cfr. Levitico 26:26).

6 E udii come una voce in mezzo alle quattro creature viventi che diceva: Una chènice di frumento per un denaro e tre chènici d'orzo per un denaro; e non danneggiare nè l'olio nè il vino.

La chènice attica equivaleva a poco meno di un litro e il denaro a una lira circa. La chènice era la razione giornaliera d'un operaio o d'un soldato e il denaro era la paga d'una giornata di lavoro' Matteo 20:2. La proclamazione della voce significa dunque che la paga giornaliera dell'operaia basta appena per procurargli il vitto a lui, e chi ha famiglia deve contentarsi d'orzo', cibo meno caro ma più ordinario. Cicerone attesta che per un denaro si poteva comprare in Sicilia un modio, cioè dodici chènici di frumento, ed anche più. Le ultime parole della voce segnano una attenuazione misericordiosa della carestia, poichè sono risparmiati due prodotti agricoli: il vino e l'olio. La vite e l'ulivo soffrono meno dei cereali della siccità.. Il flagello è raramente spinto all'estremo. Anche qui si è voluto da molti interpreti scorgere l'adempimento del simbolo in carestie particolari come quella avvenuta sotto Claudio, mentre il simbolo le abbraccia tutte quante. Delle interpretazioni allegoriche che han veduto qui la carestia del cibo spirituale o talune eresie, non è il caso di parlare.

7 E quando ebbe aperto il quarto suggello, io udii la voce della quarta creatura vivente che diceva: Vieni. Ed io vidi, ed ecco un cavallo giallastro; e colui che lo cavalcava avea nome la Morte e gli teneva dietro lo Hades.

Il color del cavallo ricorda il pallore mortale di persona invasa da terrore e anche il color livido dei cadaveri.

8 Il termine morte ( θανατος) ha in Apocalisse 6:7 il suo senso generale, mentre nel v. 8 ove figura come strumento di morte accanto alla spada, alla fame e alle fiere, ha il senso più ristretto di mortalità prodotta da epidemie, più specialmente dalla peste. La LXX infatti traduce colla parola thánatos l'ebraico deber che vale peste. La morte personificata nel quarto cavaliere è seguita dallo Hades cioè dal luogo invisibile che raccoglie le anime dipartite. Il soggiorno dei morti è personificato anche in Apocalisse 1:18; 20:14.

E fu loro data potestà sopra la quarta parte della terra di uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le fiere della terra.

Il cavaliere simboleggia la morte, non nella sua opera quotidiana in mezzo ai mortali, ma nei suoi periodi di attività straordinaria., allorchè lo Hades accoglie a migliaia e a milioni le moltitudini umane mietute da quei lugubri servitori della morte che sono le guerre, le carestie, le epidemie, e le fiere che invadono i territori semi spopolati. I quattro flagelli distruttori sono mentovati insieme in Ezechiele 14:13-20. La Morte e lo Hades hanno però potestà solo sulla quarta parte degli uomini, proporzione considerevole sì, ma che sarà accresciuta ancora a misura che si avvicineranno i tempi della fine, e insieme colla responsabilità, crescerà l'empietà degli uomini. Ulteriori flagelli colpiranno il terzo dell'umanità. Cfr. Apocalisse 8.

9 Apocalisse 6:9-17. Apertura del quinto e del sesto suggello

L'apertura del quinto suggello non segna l'apparizione di un nuovo flagello precursore della venuta di Cristo, ma preannunzia il giorno del giudicio finale come quello che ristabilirà la giustizia e risponderà al sospiro dei fedeli oppressi.

E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l'altare le anime di quelli ch'erano stati immolati per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa:

Dell'altare non era stato fatto cenno fin qui, ma ogni suggello aperto dischiude una visione nuova. Nel tempio di Gerusalemme, che ormai non esisteva più, v'erano due altari: quello d'oro per i profumi posto nel Luogo Santo e quello di rame per i sacrifizi cruenti posto nel cortile davanti al santuario. E quest'ultimo che Giovanni contempla nella visione celeste. Le anime dei martiri sono sotto l'altare perchè hanno offerto le loro vite come un sacrifizio a Dio per non venir meno alla fedeltà dovuta alla sua parola. Il sangue delle vittime era infatti sparso sull'altare tutto all'intorno, o versato appiè di esso. Paolo parlando del suo prossimo martirio dice: «Quanto a me io sto per essere offerto a mo' di libazione» 2Timoteo 4:6 e altrove: «offerto a mo' di libazione sul sacrificio e sul servizio della vostra fede» (Filippesi 2:17; Cfr. Romani 12:1). L'assimilazione del martirio a un sacrificio risulta anche dal termine immolati o sgozzati ( εσφαγμενων) che è proprio delle vittime condotte al sacrifizio. L'espressione greca la testimonianza che avevano si può intendere o della testimonianza che avevano resa a Gesù riconoscendolo dinanzi agli uomini come il loro Signore, o della verità che Gesù aveva attestata e ch'essi aveano ritenuta saldamente. Cfr. Apocalisse 12:17; 1:9; 20:4; Giovanni 14:21.

10 e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che nei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?

La gran voce è indizio sia del loro numero sia della intensità della loro preghiera. Chiamano Dio lett. il loro padrone ( Δεσποτης) perchè ha il pieno diritto di disporre della loro vita ed essi sono suoi servi ( δουλοι) Apocalisse 6:11. Così Simeone si rivolge a Dio Luca 2:29: 'Ora, o Padrone, tu congedi in pace il tuo servo...'. Cfr. Atti 4:24. Si rivolgono a lui come a colui che odia il male e ogni menzogna, che giudica secondo giustizia e verità chiedendogli di non ritardare più oltre il giudicio che deve ristabilir la giustizia calpestata dai loro persecutori, mettere in piena luce la loro innocenza e dare ai nemici impenitenti della Verità, la loro retribuzione. 'Non pregano per odio dei nemici in favor dei quali intercedettero in vita, ma per amor della giustizia' (Beda) e del trionfo di Cristo. La fede sospira dietro la fine del regno del male nel mondo. In Luca 18:1-8, Cristo rappresenta gli eletti come gridanti a Dio giorno e notte e dichiara che certamente Dio farà loro giustizia. In Apocalisse 16:5, in occasione di un giudicio di Dio sul mondo degli empi, il veggente ode la voce dell'altare che dice: «Si, o Signore Iddio Onnipotente, i tuoi giudici son veraci e giusti»; e dopo il giudicio della meretrice, una gran voce d'una moltitudine nel cielo proclama la stessa verità Apocalisse 19:1-2.

11 E a ciascun d'essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po' di tempo, finchè fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che hanno ad essere uccisi come loro.

La veste bianca è simbolo della loro giustificazione dinanzi a Dio, ma anche della loro riabilitazione davanti agli uomini. Han potuto per breve volger d'anni esser tenuti in conto di empi e malfattori degni di morte; ma il tempo è galantuomo perchè Dio regna, e i martiri dei primi secoli sono nei secoli seguenti ricordati come santi. La veste bianca è simbolo pure della vittoria ch'essi hanno riportato. Fin d'ora, e prima che sia avvenuta la retribuzione finale, i martiri, oltre all'entrar in un riposo beato son giudicati degni di onori speciali. Se la lor preghiera non può essere esaudita immediatamente, è perchè non è completo ancora il numero, da Dio solo determinato e conosciuto, dei loro compagni di martirio, loro conservi perchè servono lo stesso Signore, loro fratelli perchè appartengono tutti alla stessa famiglia spirituale. Quando ai martiri dei primi secoli, saranno aggiunti i martiri del Medio Evo e poi quelli dei nostri e degli ultimi tempi che sono i tempi dell'anticristo, allora i martiri saran giudicati degni della prima risurrezione e regneranno con Cristo durante il millennio. Cfr. Apocalisse 19. Non possiamo accettar l'opinione di chi ha veduto nelle anime sotto l'altare solo le vittime della persecuzione neroniana, e nei martiri preannunziati soltanto quelli della persecuzione domiziana. E neppure possiamo accettare l'opinione di chi vede nelle anime sotto l'altare i martiri dei tre primi secoli e negli altri che devono completar il numero, quelli del Medio Evo: Valdesi, Albigesi, Ussiti ecc. Gesù ha dato le persecuzioni e i martiri come uno dei segni che dovevano caratterizzar l'epoca anteriore alla sua venuta; ogni periodo della storia del popolo Dio ha avuto i suoi martiri. Il sangue degli uomini più eccellenti che la terra abbia veduto chiede giustizia al Dio santo e verace, e il sospiro sempre più potente delle loro anime non può che affrettar l'ora del giudicio. Di questo sospiro troviamo l'eco nei libri giudei apocrifi: «Fino a quando dobbiamo rimaner qui (nell'Hades)? esclamano le anime dei giusti in Esdra 4; quando appariranno i frutti sull'aia della nostra retribuzione?» Un arcangelo risponde loro: «Quando sarà completo il numero dei vostri compagni». La Chiesa dei tempi di Domiziano prega nell'Apocalisse 22:17,20: 'Vieni Signor Gesù!' Più tardi, Cipriano martire iscrive: «Possiamo esser certi che le nostre. sofferenze, quali che siano, non resteranno senza retribuzione e che più sono grandi i mali che la persecuzione ci infligge, più pronta e giusta sarà la vendetta... Cristo viene per vendicare le nostre sofferenze». Quando seppe delle Pasque piemontesi del 1655, proruppe dal cuor di Milton il grido: 'Vendica, o Dio, i tuoi santi massacrati!' Quel grido prorompe infatti più irresistibile quando l'odio micidiale dei nemici rompe ogni freno, ed eromperà più che mai potente nei tempi della grande tribolazione'.

12 Poi vidi, quand'ebbe aperto il sesto suggello e si fece un gran terremoto;

La parola qui tradotta terremoto ( σεισμος) ha senso generale di scrollamento e si estende quindi non solo alla superficie terrestre, ma al sistema di cui la terra fa parte.

e il sole divenne nero come un cilicio di crine,

stoffa ruvida di pel di capra e di color nero di cui si facevano sacchi e tende e vesti grossolane.

e tutta la luna diventò come sangue,

Nelle eclissi totali la luna prende talvolta un color rossastro.

13 e le stelle del cielo caddero sulla terra come quando un fico scosso da un gran vento lascia cadere i suoi fichi immaturi

i fichi che il freddo autunnale ha impedito di arrivare a maturità. Una pioggia straordinaria di stelle cadenti o di corpi celesti incandescenti attraversanti l'atmosfera terrestre risponderebbe a questa descrizione.

14 E il cielo si ritrasse come una pergamena che si arrotola

Una espressione simile si trova in Isaia 34:4 ad indicare un completo rivolgimento cosmico, confermato qui da quel che segue:

e ogni montagna e ogni isola fu rimossa dal suo luogo,

dalla violenta del terremoto. Cfr. Apocalisse 16:18-20.

15 E i re della terra, e i grandi

cioè gli alti ufficiali civili

e i capitani

lett. i chiliarchi ossia comandanti militari di un migliaio d'uomini tutti i detentori dell'autorità senza eccezione

e i ricchi e i potenti

o forti, detentori di ogni sorta di forza, e in genere

ogni servo e ogni libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce dei monti

come offrenti un asilo più sicuro delle case e come più capaci di nasconderli dalla terribile presenza del Giudice supremo.

16 e dicevano ai monti ed alle rocce: Cadeteci addosso e nascondeteci dal cospetto di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello: perchè è venuto il gran giorno della sua ira e chi può reggere in piè?

Luca 21:36. I codici si dividono tra: 'la sua ira' che è la lezione dell'alessandrino (A), dei codd. di Pietrogrado (P) e di Roma (Q o B2), nonchè di un gran numero di minusc. e 'la loro ira' (di Dio e dell'Agnello) che è la fez. dei codd. Sinaitico e di Efrem (alef e C) nonchè di parecchie versioni. Ci atteniamo alla prima perchè dell'ira dell'Agnello si parla immediatamente prima. Molti giudici preparatori e parziali possono esser manifestazioni dell'ira, ossia della santa giustizia del mite Agnello cui è affidata l'esecuzione dei piani di Dio; ma il gran giorno della sua ira è quello del giudicio finale e delle finali retribuzioni. L'espressione è tolta dalla profezia di Gioele relativa agli ultimi tempi: «Farò prodigi nel cielo e sulla terra: sangue, e fuoco e colonne di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue prima che venga il grande e tremendo giorno dell'Eterno» (Gioele 2:30-31. Cfr. Atti 2:19-20). Gli empi senza eccezione, terrorizzati dall'appressarsi del gran giorno del rendiconto, invocano la morte nella catastrofe finale, come preferibile al giudicio che li attende. Cfr. espressioni analoghe relative al giudicio sull'Israele incredulo Luca 23:28-31 e alla ruina di Samaria Osea 10:8.

17 Le parole del v. 17 che mettono i rivolgimenti della natura annunziati in relazione immediata colla Venuta di Cristo qual giudice, non ci autorizzano a cercar l'adempimento di questa visione in eventi particolari successi al tempo di Giovanni (specie se anteriori alla data dell'Apocalisse); per es. nella distruzione di Gerusalemme, nelle ecclissi di sole e di luna al tempo di Claudio, nel terremoto che distrusse Laodicea nel 61, o in quello di Pompei nel 63 ecc. Siamo qui nell'ordine di predizioni conte nute nel Discorso profetico di Gesù: «Subito dopo l'afflizione di quei giorni, il sole si oscurerà, e la luna non darà il suo chiarore e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. E allora apparirà nel cielo il segno del Figliuol dell'uomo e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figliuol dell'uomo venir sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria» (Matteo 24:29-30 e parall. cfr. Apocalisse 8:12). Si tratta di fenomeni cosmici che precederanno di poco la venuta del Signore. Vero è che, in taluni passi della Scrittura, cotali fenomeni sembrano essere solo l'emblema di grandi rivolgimenti sociali (Cfr. Isaia 13:6-13); per cui alcuni interpreti han veduto nella visione del 6o suggello l'annunzio della grande rivoluzione prodottasi nell'impero romano colla sconfitta del paganesimo e delle sue istituzioni per opera del cristianesimo, al tempo di Costantino; e altri, i rivolgimenti che abbatteranno l'ordine sociale, politico e religioso esistente, prima della venuta di Cristo. Senza escludere quest'ultima idea che trova appoggio in altri luoghi della rivelazione, ci atteniamo al senso più ovvio delle parole. V'è tra la natura e l'uomo come un patto di solidarietà, per cui il disordine morale introdotto dall'uomo si ripercuote sulla natura ed il mondo ch'è stato contaminato dal peccato ha da essere trasformato per dar luogo a dei nuovi cieli e ad una nuova terra ove abiti la giustizia. Cfr. 2Pietro 3.

AMMAESTRAMENTI

1. Cristo è stato da Dio incoronato qual Re Vincitore destinato a riconquistare il mondo al suo legittimo Signore. Però, le armi della sua guerra non sono carnali, ma spirituali; egli conquista i cuori coi dardi del suo amore e le menti con la verità. Il cavallo su cui è montato non è macchiato di sangue come quello dei conquistatori terreni.

Egli è «partito da vincitore e per vincere». «La conquista dell'umanità per parte di Cristo, lo stabilimento del suo regno fra tutti i popoli, è il grande evento che domina la storia del mondo da duemila anni. La conversione dell'impero romano, seguita da quella dei barbari, i progressi delle missioni evangeliche nei tempi moderni, ecco le gesta del cavaliere dal cavallo bianco, ecco un segno precursore del suo Ritorno, capace di rallegrare il popolo di Dio» (De Perrot).

Essere i soldati di un tal Condottiero è il massimo onore che possa toccare a dei mortali. Aiutare coi nostri mezzi il manipolo dei servi del gran Re è un privilegio al tempo stesso che un dovere.

La certezza ch'Egli è coi suoi 'ogni giorno, fino alla fine dell'era presente', anzi, ch'Egli è alla loro testa, è arra sicura di vittoria e conforto supremo nelle fatiche e nelle lotte che son chiamati a sostenere per la sua causa.

2. Guerre, carestie, epidemie, quale funesto trio di flagelli! Quale spaventosa somma di sofferenze, di devastazioni, di lutti essi rappresentano per l'umanità nel corso della sua storia! Come diversa sarebbe la vita quando non fosse attraversata da questi tre cavalieri di morte! Chi ha vissuto anche solo una settantina d'anni, basta che rievochi i suoi ricordi per veder i cavalieri comparire l'uno al seguito dell'altro e talora due alla volta, ora nel proprio, ora nell'altrui paese, od anche sopra interi continenti, quasi ad ogni lustro. Essi sono spesso scatenati dall'orgoglio, dall'imprevidenza e dall'ignoranza umana; ma la Scrittura ce li fa considerare come flagelli disciplinari di cui Dio si vale per scuotere le coscienze e chiamare a ravvedimento i peccatori. La storia del mondo è fatta servire al progresso del Regno di Dio.

3. Vanno tesoreggiati, in Apocalisse 6:9-11, alcuni insegnamenti relativi ai martiri.

Secondo la Scrittura i martiri cristiani son quelli che hanno fatto il sacrificio della loro vita per esser fedeli alla Parola di Dio e per render testimonianza a Cristo come loro Salvatore; anzi la morte loro è la suprema loro testimonianza. Da ciò il loro nome di martiri che vale 'testimoni'. Il giorno di Dio, anche a questo riguardo, riserba delle grandi sorprese.

In armonia colle predizioni di Cristo, il nostro passo ci avverte che la via del popolo di Dio sarà da principio a fine seminata di martiri, e la storia ce ne fornisce, per i diciannove secoli ormai trascorsi, la dolorosa prova. Da Stefano all'era dei martiri sotto Diocleziano; dai tempi primitivi alla Riforma attraverso il Medio Evo e dalla Riforma ai nostri giorni in Europa e nel campo delle missioni, quale moltitudine di martiri e quale spaventosa varietà di martirii! Dio ha lasciato che si sfogasse l'odio satanico degli empi contro i discepoli di Cristo perchè la cenere dei martiri stessa doveva esser seme della sua Chiesa; ma anche la libertà del male ha un limite: il numero dei martiri è fissato da Dio e neppure l'anticristo avrà facoltà di oltrepassarlo.

Le anime sotto l'altare pregano e anelano alla perfezione del loro stato, pur godendo di già nella comunione con Dio di un beato riposo e della certezza che il giorno della piena giustizia verrà. Nulla ci vieta di credere che l'anima credente, mentre attende la risurrezione, possa innalzare preghiere a Dio in relazione con lo svolgimento del regno di Cristo e con quanto di più nobile l'ha preoccupata quaggiù.

Tutte le iniquità, tutte le oppressioni, tutte le infamie che hanno contaminato la terra e son rimaste impunite, proclamano nel fondo d'ogni coscienza umana la necessità del giudicio divino; ma nulla grida più forte il 'fino a quando', del sangue dei martiri cristiani, ossia degli uomini più eccellenti moralmente, più pii, più eroici che la terra abbia veduto. No, Dio non dimentica la giustizia dovuta ai suoi fedeli. Il giorno del giudizio proclamerà la loro innocenza e glorificherà il loro sacrificio; ma intanto, fin d'ora, essi sono riabilitati, anche dinanzi agli uomini. Basta osservare quel che oggi si pensa e si scrive di Huss, di Savonarola, di Paleario, di Varaglia, di migliaia di loro compagni per convincersi che Dio provvede a ricoprir di bianca stola coloro che i nemici vestiron d'ignominia.

Ogni sofferenza incontrata per amor del Vangelo avrà la sua ricompensa e la gloria sarà proporzionata ai sacrifizi sopportati. 'Se soffriamo con Lui, con Lui altresì regneremo'.

4. I fenomeni straordinari che precederanno l'apparizione del Giudice spaventeranno fino alla disperazione gli uomini accusati dalla lor coscienza come ribelli a Dio e noncuranti di Cristo. Che sarà per loro il giudizio stesso al quale nessuno, grande o piccolo che sia, potrà sottrarsi con mezzo alcuno? «Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinchè ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand'era nel corpo... o bene o male» 2Corinzi 5:10. La colpa più grave di un'anima umana, quella che determinerà la sua perdizione definitiva sarà l'aver scientemente e deliberatamente respinta e sprezzata la salvezza procurata dal sacrificio di Cristo e offerta ad ogni peccatore. Una siffatta ostinata perversità è quella che spiega 'l'ira dell'Agnello'.

«Qual è la sorte più da temersi? Quella dei martiri del quinto suggello o quella dei ribelli del sesto? La sorte di quelli che stanno per esser liberati per sempre o la sorte di quelli che sono costretti di accusare e condannare se stessi, non potendo reggere alla presenza del Signore?» (De Perrot). «Ah ch'io corra a rifugiarmi ora nelle braccia del Salvatore! Sia Egli fin d'ora l'asilo che mi ripari dalla tempesta, che mi salvi dall'ira avvenire!» (Chalmers).

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