Commentario abbreviato:

Filemone

1 Filemone era un abitante di Colosse, persona di una certa importanza e ricchezza, convertito sotto il ministero di San Paolo. Onesimo era lo schiavo di Filemone: fuggito dal suo padrone, si recò a Roma, dove si convertì alla fede cristiana, grazie alla parola di Paolo, che lo trattenne finché il suo comportamento non dimostrò la verità e la sincerità della sua conversione. Desideroso di riparare al danno arrecato al suo padrone, ma temendo che gli venisse inflitta la punizione che meritava, pregò l'apostolo di scrivere a Filemone. E San Paolo non sembra ragionare in modo più bello o implorare con più forza che in questa epistola.

Capitolo 1

La gioia e la lode dell'apostolo per la costante fede di Filemone nel Signore Gesù e per l'amore verso tutti i santi File 1-7

Raccomanda Onesimo come colui che avrebbe fatto ricca ammenda per la cattiva condotta di cui si era reso colpevole; e per conto del quale l'apostolo promette di compensare qualsiasi perdita subita da Filemone File 8-22

Saluti e benedizione File 23-25

Versetti 1-7

La fede in Cristo e l'amore per lui dovrebbero unire i santi più strettamente di quanto qualsiasi relazione esteriore possa unire le persone del mondo. Paolo nelle sue preghiere private si ricordava in modo particolare dei suoi amici. Dobbiamo ricordare gli amici cristiani molto e spesso, a seconda dei loro casi, portandoli nei nostri pensieri e nei nostri cuori, davanti al nostro Dio. Sentimenti e modi diversi in ciò che non è essenziale non devono creare differenze di affetto rispetto alla verità. Egli si informava sui suoi amici, sulla verità, sulla crescita e sulla fecondità delle loro grazie, sulla loro fede in Cristo, sull'amore verso di lui e verso tutti i santi. Il bene che Filemone faceva era motivo di gioia e di conforto per lui e per gli altri, che quindi desideravano che continuasse e abbondasse nei buoni frutti, sempre di più, a onore di Dio.

8 Versetti 8-14

L'apostolo non abbassa la cresta a nessuno, e a volte persino a supplicare, laddove, per rigore, si potrebbe comandare: l'apostolo argomenta dall'amore, piuttosto che dall'autorità, a favore di uno che si è convertito per suo mezzo; e si tratta di Onesimo. In riferimento a questo nome, che significa "proficuo", l'apostolo ammette che in passato era stato poco proficuo per Filemone, ma si affretta a menzionare il cambiamento grazie al quale era diventato proficuo. Le persone empie non sono utili, non rispondono al grande fine del loro essere. Ma quali felici cambiamenti produce la conversione! Del male, il bene; dell'inutile, l'utile. I servi religiosi sono tesori in una famiglia. Essi faranno tesoro del loro tempo e dei loro affidamenti, e gestiranno tutto ciò che possono per il meglio. Nessuna prospettiva di utilità dovrebbe indurre qualcuno a trascurare i propri obblighi o a mancare di obbedienza ai superiori. Una grande prova del vero pentimento consiste nel tornare a praticare i doveri che sono stati trascurati. Nella sua condizione di non convertito, Onesimo si era ritirato, a danno del suo padrone; ma ora che aveva visto il suo peccato e si era pentito, era disposto e desideroso di tornare al suo dovere. Gli uomini sanno poco per quali scopi il Signore lascia che alcuni cambino la loro situazione o si impegnino in imprese, magari per motivi malvagi. Se il Signore non avesse annullato alcuni dei nostri empi progetti, potremmo riflettere su casi in cui la nostra distruzione sarebbe stata sicura.

15 Versetti 15-22

Quando si parla della natura di un peccato o di un'offesa a Dio, non se ne può sminuire la malvagità; ma in un peccatore penitente, come Dio lo copre, dobbiamo farlo anche noi. Un carattere così cambiato spesso diventa una benedizione per tutti coloro tra i quali risiede. Il cristianesimo non elimina i nostri doveri verso gli altri, ma li indirizza verso il loro giusto adempimento. I veri penitenti saranno aperti nel riconoscere le loro colpe, come senza dubbio lo era stato Onesimo con Paolo, dopo essere stato risvegliato e portato al pentimento; soprattutto in caso di ferite fatte ad altri. La comunione dei santi non distrugge le distinzioni di proprietà. Questo passo è un esempio di ciò che viene imputato a uno, che è stato contratto da un altro; e di uno che diventa responsabile per un altro, con un impegno volontario, per essere liberato dalla punizione dovuta ai suoi crimini, secondo la dottrina che Cristo ha sopportato di sua volontà la punizione dei nostri peccati, affinché noi potessimo ricevere la ricompensa della sua giustizia. Filemone era il figlio di Paolo nella fede, eppure lo supplicava come un fratello. Onesimo era un povero schiavo, eppure Paolo si preoccupò per lui come se cercasse una grande cosa per sé. I cristiani dovrebbero fare ciò che può dare gioia ai cuori degli altri. Dal mondo si aspettano problemi; dovrebbero trovare conforto e gioia gli uni negli altri. Quando ci viene tolta una delle nostre misericordie, la nostra fiducia e la nostra speranza devono essere in Dio. Dobbiamo usare diligentemente i mezzi e, se non ce ne sono altri a disposizione, abbondare nella preghiera. Tuttavia, anche se la preghiera prevale, non merita le cose ottenute. E se i cristiani non si incontrano sulla terra, la grazia del Signore Gesù sarà comunque con i loro spiriti, e presto si incontreranno davanti al trono per unirsi per sempre nell'ammirare le ricchezze dell'amore redentore. L'esempio di Onesimo può incoraggiare i peccatori più vili a tornare a Dio, ma è vergognosamente impedito, se qualcuno si fa coraggio e persiste nel male. Non sono forse molti quelli che vengono portati via nei loro peccati, mentre altri si induriscono? Non resistere alle convinzioni attuali, per evitare che non tornino più.

23 Versetti 23-25

Mai i credenti hanno trovato maggior godimento di Dio che quando hanno sofferto insieme per lui. La grazia è il miglior augurio per noi stessi e per gli altri; con questo l'apostolo inizia e finisce. Tutta la grazia viene da Cristo; egli l'ha acquistata e la dona. Cosa ci serve di più per essere felici, se non avere la grazia di nostro Signore Gesù Cristo con il nostro spirito? Facciamo questo ora, che dovremmo fare all'ultimo respiro. Allora gli uomini sono pronti a rinunciare al mondo e a preferire la minima parte di grazia e di fede a un regno.

Commentario del Nuovo Testamento:

Filemone

1 

PRIMA PARTE

IL PREAMBOLO

Filemone 1-7.

1. L'INDIRIZZO: Filemone 1-3.

2. IL RENDIMENTO DI GRAZIE: Filemone 4-7.

1. L'indirizzo: Filemone 1-3. Paolo, prigione di Cristo Gesù, ed il fratello Timoteo al caro Filemone, nostro collaboratore, ed alla sorella Apfía e ad Archippo, nostro compagno d'armi, ed alla chiesa che è in casa, tua. Grazia a voi e pace da Dio, nostro Padre, e dal Signor Gesù Cristo.

Questa lettera non è indirizzata nè a una chiesa nè a un individuo, ma ad una famiglia intera ed a tutti i credenti che si connettono con codesta famiglia. E si capisce; la richiesta dell'apostolo si riferisce ad un fatto che interessa tutti quanti compongono cotesto nucleo di cristiani. Paolo non si chiama qui «apostolo»; ei non vuol comandare, in questo biglietto; vuol «pregare per amore» Filemone 8-9; preferisce presentarsi in modo che faccia appello al cuore dell'amico; quindi Paolo, prigione di Cristo Gesù (cfr. Efesini 3:1); in prigione, cioè, a motivo dei suoi lavori, del suo apostolato, per la causa di Cristo.

Ed il fratello Timoteo.

Il nonne di Timoteo è associato con quello di Paolo in 2Corinzi 1:1; Filippesi 1:1; Colossesi 1:1; 2Tessalonicesi 1:1. La menzione di Timoteo, qui può esser dovuta al fatto di speciali relazioni da cui possono essersi trovati stretti Timoteo e Filemone. Se così fosse, la menzione di Timoteo, qui, darebbe maggior forza, alla richiesta dell'apostolo. Timoteo sembra essere stato con Paolo durante gran parte dei tre anni che l'apostolo passò in Efeso Atti 19:22; ed è più che probabile, che Timoteo fece allora la conoscenza personale di Filemone Per «il fratello Timoteo» vedi Colossesi 1:1.

Filemone, secondo Colossesi 4:8 (... che è dei vostri) era cittadino di Colosse. Il Wieseler ed altri lo reputano laodicese, ma con poco fondamento. Teodoreto narra che a tempo suo, a Colosse, si mostrava ancora la casa di Filemone. Ei dev'essere stato un benestante, perchè avea degli schiavi, aveva una casa dove ricevea gli amici Filemone 22, e la sua munificenza era conosciuta Filemone 5-7. Per quel che lo concerne altrimenti, vedi l'Introduzione.

Nostro collaboratore.

Collaboratore, cioè, di Paolo e Timoteo. Questo appellativo di «collaboratore» mette in rilievo l'attività cristiana di Filemone. Siccome Paolo non era stato mai a Colosse, è probabile che Filemone e la sua famiglia facessero la conoscenza dell'apostolo durante un qualche viaggio ad Efeso. Ad ogni modo è a lui che Filemone era debitore, dopo che a Dio, della propria conversione Filemone 19.

2 Ed alla sorella Apfía.

«Sorella» in senso cristiano. Apfía dev'essere stata, senza dubbio, la moglie di Filemone; e Paolo s'indirizza anche a lei perchè l'affar suo è affare d'indole domestica. «Uxori ad quam nonnihil pertinebat negotium Onesimi», dice il Bengel.

Archippo

era probabilmente figliuolo di Filemone e di Apfia. Da Colossesi 4:16 si sa ch'egli aveva un qualche ufficio nella chiesa. Dato anche quindi ch'egli non fosse membro della famiglia di Filemone, la sua menzione qui sarebbe giustificata dal fatto che Onesimo avrebbe dovuto esser ricevuto nella chiesa nella quale Archippo esercitava il suo ministerio.

Compagno d'armi.

È un'espressione che si trova soltanto qui e in Filippesi 2:25; ma vedi 2Timoteo 2:3. È il veterano che saluta l'amico suo, più giovane di lui, come un compagno d'armi nelle battaglie combattute e da combattersi per il regno di Dio.

Ed alla chiesa che è in casa tua.

L'assemblea che si riunisce in casa tua; il nucleo di credenti colossesi, cioè, che si raunavano in casa di Filemone. Per quel che concerne queste «chiese» in casa dell'uno o dell'altro, vedi Colossesi 4:14. I fratelli che si radunavano in casa di Filemone avean certo conosciuto Onesimo, e premeva all'apostolo di riabilitarlo adesso agli occhi di tutti.

3 Grazia a voi e pace

ecc. Vedi Efesini 1:2; Colossesi 1:2.

.

4 2. Il rendimento di grazie: Filemone 4-7

Informato dell'amore e della fiducia che tu hai nel Signor Gesù ed in tutti i santi, io rendo del continuo grazie all'Iddio mio, facendo di te menzione nelle mie orazioni, affinchè questa fede che è comune a te ed a me, si addimostri efficace, facendo conoscer chiaramente tutto il bene che si compie fra noi per la causa di Cristo. Una gran gioia ed una gran consolazione ho infatti provato a motivo dell'amor tuo; perchè il cuore dei santi è stato in grazia tua sollevato, o fratello!

Quest'azione di grazie ha per motivo l'amore di Filemone, quell'amore di cui giunge frequente agli orecchi dell'apostolo la cara notizia, e la fiducia ch'egli ha non soltanto in Gesù ma anche in tutti i santi; in tutti i santi, chiunque essi siano, purchè siano veramente dei santi. E qui è il Godet che, secondo me, ha colto il sentimento dell'apostolo in tutta la sua fine e squisita delicatezza. Nei cristiani migliori che hanno fatto delle penose esperienze nell'esercizio della loro beneficenza, c'è la disposizione a diffidare di quelli che si chiamano «fratelli». specialmente quando si tratti di nuovi convertiti. E forse questo è quel che Paolo teme per quel che concerne Filemone nelle sue relazioni con Onesimo. Intanto egli loda in lui la disposizione contraria a cotesta, poichè sa che «noblesse oblige», e completa l'azione di grazie esprimendo il voto che la benefica attività della fede di lui metta in sempre maggior evidenza tutto il bene che si compie nell'ambito loro, nel nome, per l'onore, per la causa di Cristo. Parlando così, Paolo incoraggia Filemone a non mettere in dubbio la realtà della conversione d'Onesimo. E qui, per dare a ciascuno il suo, debbo dire che il Godet interpreta un po' diversamente da quel che fo io, Filemone 6. E veniamo al dettaglio. Per amor di chiarezza, traducendo, ho messo Filemone 5 prima del v.4.

Informato, da Epafra Colossesi 1:7,8; 4:12, o forse da Onesimo stesso, dell'amore e della fiducia che tu hai nel Signor Gesù ed in tutti i santi.

Paolo nomina prima l'amore di Filemone, perchè è cotesto amore ch'egli vuol qui accentuare, ed è su cotesto amore che fa assegnamento. per la soluzione del problema d'Onesimo. Dopo l'amore nomina la fiducia che Filemone ha in Gesù, e che è l'unica sorgente del vero amore cristiano. Il testo dice fede, πιστις, la qual πιστις può aver vari significati; e fra gli altri anche quello di fiducia, che qui mi pare il significato esatto, dato l'inciso del testo: «Informato dell'amore e della fiducia che tu hai nel Signor Gesù ed in tutti i santi». Per i santi vedi Efesini 1:1; Colossesi 1:2; Filippesi 1:1.

Io rendo del continuo grazie.

Quel del continuo è da qualcuno connesso col «facendo di te menzione» ecc. «Io rendo grazie all'Iddio mio, facendo del continuo di te menzione ecc.» Ma è più naturale e più conforme allo stile dell'apostolo, il connetterlo, come faccio io, col «rendo grazie» 1Corinzi 1:4.

6 Affinchè questa fede che è comune a te ed a me, si addimostri efficace facendo conoscer chiaramente tutto il bene che si compie fra noi per la causa di Cristo

E qui mi son permesso di parafrasare un po'; e la necessità di questo parafrasare risulterà chiara se poniamo mente alla costruzione densa e sintetica del testo. Il testo dice così: «Affinchè la comunione della tua fede diventi efficace nella piena conoscenza (epígnosi) di tutto il bene che è in noi, in vista di Cristo». «La comunione della tua fede» è una costruzione ebraica che vuol semplicemente dire «la tua partecipazione alla fede» e più chiaramente ancora ...affinchè questa fede, che è comune a te ed a me... «diventi efficace nella piena conoscenza, nella epígnosi»... Quel nella è stromentale; vale dunque: «diventi efficace col far pienamente conoscere», ecc. Per il significato della epígnosi, «piena conoscenza» ecc. vedi Efesini 1:17; Filippesi 1:9; Colossesi 1:9-10; 2:2. L'apostolo prega dunque che questa bella fede cristiana, che è la fede tanto di Paolo quanto di Filemone, possa scrivere un altro trionfo; possa addimostrarsi per quello che è, vale a dire, una efficace energia divina, mettendo in chiara evidenza, in luce meridiana (epígnosi), «tutto il bene che è in noi, o fra noi»; tutto il bene, cioè, che si compie fra noi, «in vista di Cristo»; o, diciamo addirittura con modo nostro: per la causa di Cristo. E qui Onesimo, lo schiavo convertito, non è nominato; ma è evidente che tutto il pensiero e tutta la delicata fraseologia dell'apostolo mirano a disporre il cuor di Filemone favorevolmente a lui.

7 Una gran gioia ed una gran consolazione ho infatti provato a motivo dell'amor tuo; perchè il cuore dei santi è stato in grazia tua, sollevato, o fratello!

Il testo dice: «Perché le viscere dei Santi sono state ricreate o confortate ecc.». Per questa espressione: le viscere, vedi Colossesi 3:12; Filippesi 1:8; 2:1. Cfr. 1Corinzi 16:18; 2Corinzi 7:13. Il passo fa, senza dubbio allusione a delle opere di carità compiute da Filemone a pro di fratelli poveri della sua chiesa, ma delle quali non sappiamo assolutamente nulla. Il Godet ci trova l'allusione a una circostanza particolare. «Filemone 7, dic'egli, sembra fare allusione a una circostanza particolare nella quale la generosità di Filemone si sarebbe addimostrata in tutto il suo splendore. Sarà egli stato in occasione del terremoto che avea colpito cotesta regione?». Ed è una delle solite geniali trovate dell'esegeta classico.Una gran gioia ed una gran consolazione ho infatti provato a motivo dell'amor tuo; perchè il cuore dei santi è stato in grazia tua, sollevato, o fratello!

Il testo dice: «Perché le viscere dei Santi sono state ricreate o confortate ecc.». Per questa espressione: le viscere, vedi Colossesi 3:12; Filippesi 1:8; 2:1. Cfr. 1Corinzi 16:18; 2Corinzi 7:13. Il passo fa, senza dubbio allusione a delle opere di carità compiute da Filemone a pro di fratelli poveri della sua chiesa, ma delle quali non sappiamo assolutamente nulla. Il Godet ci trova l'allusione a una circostanza particolare. «Filemone 7, dic'egli, sembra fare allusione a una circostanza particolare nella quale la generosità di Filemone si sarebbe addimostrata in tutto il suo splendore. Sarà egli stato in occasione del terremoto che avea colpito cotesta regione?». Ed è una delle solite geniali trovate dell'esegeta classico.

8 

SECONDA PARTE

LA RICHIESTA DELL'APOSTOLO ED I SUOI MOTIVI

Filemone 8-21

1. L'APOSTOLO CHE PREGA ANZICHÈ COMANDARE: Filemone 8-9.

2. I MOTIVI DELLA RICHIESTA CERCATI NELLA PERSONA PER LA QUALE L'APOSTOLO INTERCEDE Filemone 10-16.

3. LA RICHIESTA: Filemone 17-21.

1. L'apostolo che prega anzichè comandare Filemone 8-9.

Perciò benchè io abbia, in Cristo molta, libertà di comandarti quel che è convenevole, preferisco pregarti a titolo d'amore, io, così come sono, il vecchio Paolo e per di più, oggi, prigione di Cristo Gesù.

«Dopo aver preparato il terreno per la richiesta che ha, in cuor di fare a Filemone, Paolo s'avvicina al soggetto delicato con grande precauzione. È un assedio bell'e buono. Egli si guarda bene dall'enunciare di botto l'oggetto della sua richiesta. Comincia col ricordare a Filemone chi sia colui che a lui si rivolge Filemone 8-9; poi gli parla di colui in favor del quale egli scrive Filemone 10-16; ed è soltanto dopo aver così fatto gli approcci, ch'egli dà l'assalto pronunciando la gran parola προσλαβου, ricevilo Filemone 17,21». (Godet).

Perciò,

«considerando che ho tante prove dell'amor tuo» non ti voglio comandare; preferisco pregarti.

Molta libertà in Cristo.

Quell'in Cristo, che per il Reuss non vorrebbe dir altro che «come cristiano», comprende invece molto di più; comprende la intimità. della loro amicizia cristiana, l'autorità che Paolo ha come apostolo, e gli obblighi che Filemone ha con l'apostolo che fu stromento della conversione di lui Filemone 19.

SECONDA PARTE

LA RICHIESTA DELL'APOSTOLO ED I SUOI MOTIVI

Filemone 8-21

1. L'APOSTOLO CHE PREGA ANZICHÈ COMANDARE: Filemone 8-9.

2. I MOTIVI DELLA RICHIESTA CERCATI NELLA PERSONA PER LA QUALE L'APOSTOLO INTERCEDE Filemone 10-16.

3. LA RICHIESTA: Filemone 17-21.

1. L'apostolo che prega anzichè comandare Filemone 8-9.

Perciò benchè io abbia, in Cristo molta, libertà di comandarti quel che è convenevole, preferisco pregarti a titolo d'amore, io, così come sono, il vecchio Paolo e per di più, oggi, prigione di Cristo Gesù.

«Dopo aver preparato il terreno per la richiesta che ha, in cuor di fare a Filemone, Paolo s'avvicina al soggetto delicato con grande precauzione. È un assedio bell'e buono. Egli si guarda bene dall'enunciare di botto l'oggetto della sua richiesta. Comincia col ricordare a Filemone chi sia colui che a lui si rivolge Filemone 8-9; poi gli parla di colui in favor del quale egli scrive Filemone 10-16; ed è soltanto dopo aver così fatto gli approcci, ch'egli dà l'assalto pronunciando la gran parola προσλαβου, ricevilo Filemone 17,21». (Godet).

Perciò,

«considerando che ho tante prove dell'amor tuo» non ti voglio comandare; preferisco pregarti.

Molta libertà in Cristo.

Quell'in Cristo, che per il Reuss non vorrebbe dir altro che «come cristiano», comprende invece molto di più; comprende la intimità. della loro amicizia cristiana, l'autorità che Paolo ha come apostolo, e gli obblighi che Filemone ha con l'apostolo che fu stromento della conversione di lui Filemone 19.

9 Per tutti cotesti motivi, l'apostolo, se avesse voluto così fare, sarebbe stato in diritto di comandare. Ma no; egli preferisce pregare.

Il vecchio Paolo.

Il Reuss dice: «L'apostolo ch'era ancora giovane al tempo della morte di Stefano Atti 7:58 non poteva aver più di 48 o 50 anni quando scriveva questa lettera». Il Godet, invece: «Se Paolo al momento della sua conversione era d'età dai 30 ai 35 anni, se cotesta conversione avvenne verso il 37, e se quando scriveva questa lettera era l'anno 62 o 63, egli doveva avere circa 60 anni». Ma è conclusione che sta poco bene in gamba appoggiata così com'è, sopra tre se. Il fatto è che è impossibile di precisar qui l'età di Paolo; ma 50 o 60 anni ch'egli avesse, egli potea pur sempre chiamarsi «un vecchio» scrivendo a persona più giovane di lui. Il termine «vecchio», qui, è evidente che è non assoluto, ma relativo. Per il prigione di Cristo Gesù cfr. Filemone 1; Efesini 3:1; 4:1; 2Timoteo 1:8.

10 2. I motivi della richiesta cercati nella persona per la quale l'apostolo intercede: Filemone 10-16.

Preferisco pregarti, dico, per mio figlio che ho generato durante la mia prigionia, per Onesimo, che altre, volte t'era inutile, ma che ora sarà utilissimo a te ed a me; io te l'ho rimandato; lui, il cuor mio.

Ai motivi tratti dalla persona che domanda, Paolo aggiunge ora quelli che trova nella persona per la quale intercede. Si tratta del suo figliuolo in fede, ch'egli ha generato spiritualmente durante la sua prigionia; di colui che finora, è purtroppo vero, non ha meritato il nome di Onesimo che porta (l'utile), ma che, oramai n'è diventato così degno, che l'apostolo l'avrebbe volentieri trattenuto seco per giovarsene nell'opera missionaria e perch'egli facesse per lui, Paolo, quel che Filemone stesso avrebbe fatto, se gli fosse stato vicino; non l'ha voluto fare, però, senza chiedere il parere di Filemone. Si tratta, finalmente, di colui che, dopo essere stato per qualche po' di tempo perduto per Filemone come schiavo, è adesso da Filemone ricuperato come fratello, e come un fratello per la eternità; fratello amato da Paolo, e quanto più da colui che già l'aveva amato come padrone! (Godet).

Per mio figlio, che ho generato durante la mia prigionia.

Delicatissima allusione ad Onesimo, che Paolo esita a chiamar per nome. Le espressioni figlio e generare son qui usate in senso spirituale. Cfr. 1Corinzi 4:14,17; Galati 4:19; 1Timoteo 1:2,18; 2Timoteo 2:1. In Sanhedr. fol. 19, 2 (citato dal Thayer e dal Vincent) si legge: «se uno insegna la legge al figliuolo del suo vicino, la Scrittura conta il fatto come se quel tale avesse generato cotesto figlio».

11 Onesimo da ονινημι significa utile. E di questo significato va tenuto ben conto per capire il giuoco di parole che l'apostolo fa. Il Vincent nota, col Lightfoot che questo nome era comune fra gli schiavi; come vi eran comuni altri nomi, esprimenti la stessa idea di «utilità»; per esempio: Cresimo, Cresto, Onesiforo, Simforo, Carpo e simili. Il giuoco di parole, qui Filemone 11,20, ricorda quelli analoghi che troviamo così frequentemente nell'Antico T. E il giuoco di parole non è fatto soltanto col nome di Onesimo (utile), ma è fatto anche, come nota il Baur, sul nome di cristiano che Onesimo porterà d'ora innanzi. Come schiavo convertito, Onesimo è stato mutato da αχρηστος (uno che non guadagna nulla e che è anzi o carico del padrone) in un ευχρηστος (buono, facile ad adoperare, utile al padrone ed all'apostolo). E quando si pensi che i pagani invece di dire Χριστος diceano spesso Χρηστος il giuoco di parole è evidente.

12 Io te l'ho rimandato; lui, il cuor mio.

Questo v. 12, nei codici migliori è monco, incompleto. Il testo comune dice col Diodati: «Il quale io ho rimandato; or tu accoglilo, cioè, le mie viscere»; o col Martini: «Il quale io ho rimandato a te. E tu accoglilo come mie viscere». Ma quell'accoglilo, che è nondimeno una interpretazione naturale, dato Filemone 17, qui non è autentico. Paolo, nella rapidità del suo pensiero, ha forse lasciato incompiuta questa sua frase ed è passato all'altra: o, forse, il resto della frase è rimasto nella penna d'un qualche copista. Io ho reso il passo così:

Te l'ho rimandato; lui, il cuor mio; l'originale dice veramente: lui, le viscere mie; per la quale espressione vedi Colossesi 3:12, Filippresi 1:8; 2:1.

«Lui, ch'io amo svisceratamente»; «lui, che è oramai parte di me stesso». Ma tutto considerato, il modo che mi par più vicino a quello dell'originale, è pur sempre questo: «Lui, il cuor mio».

13 Avrei desiderato ritenerlo presso di me perchè mi servisse invece tua, mentr'io son carcerato per l'Evangelo; nondimeno non ho voluto far nulla senza il tuo parere, affinchè, il beneficio che tu farai, fosse non come per costringimento, ma un atto spontaneo.

Il passo è chiarissimo e non ha bisogno di commento. Non si lasci però il lettore sfuggire la finezza, la delicatezza, la squisitezza di quel perchè mi servisse invece tua.

Egli tien per dato ed ammesso che Filemone sarebbe felice di rendere a lui Paolo, per la medianità dello schiavo, il servigio ch'egli non gli può render di persona. E quant'è caro ed eloquente quel mente'io son carcerato per l'Evangelo!

Quale appello al cuore di Filemone!

15 Infatti, forse, egli è per questo che egli è stato per breve tempo separato da te: perché tu lo ricuperassi per sempre; non più come uno schiavo, ma come molto da più che uno schiavo; come un fratello caro sommamente a me, ma quanto più a, te secondo la carne, e secondo il Signore

Osservi il lettore il tatto che è nella espressione per breve tempo separato da, te. Non dice che è fuggito, per non riaccender lo sdegno nel cuor di Filemone. Dice è stato separato; ed usando così la forma passiva, egli connette il fatto della fuga, d'Onesimo coi disegni della Provvidenza «Paolo, dice il Reuss, esprime qui un'idea profondamente cristiana. Chi sa, dic'egli, se in tutta quest'avventura noi non dobbiamo prima d'ogni altra cosa riconoscere la mano della Provvidenza? Onesimo è stato separato da te per qualche tempo (il che è un evidente eufemismo, perchè lo schiavo ha avuto dei torti veri e reali e s'è probabilmente reso colpevole di atti che ledevano gli interessi del suo padrone), perchè ti potesse esser reso per l'eternità.

La salvezza dell'anima sua è avvenuta per un concorso di circostanze indipendenti da ogni umana combinazione; e l'individuo, che potea tutt'al più renderti qualche servigio materiale per un piccol numero d'anni, sarà d'ora innanzi e per sempre tuo fratello in Cristo e partecipe con te della felicità spirituale».

16 Non più come uno schiavo.

Paolo non vuol dire che Filemone abbia a ricevere Onesimo come uno schiavo liberato; no, vuol dire: sia ch'egli rimanga tuo schiavo o no, egli non sarà più considerato come uno schiavo, ma come un fratello diletto. Nell'ambito cristiano, le relazioni fra padrone e schiavo sono mutate. Tanto il padrone quanto lo schiavo sono «in Cristo» 1Corinzi 7:20-24; Colossesi 3:11.

Caro sommamente a me, che l'ho spiritualmente generato; ma quanto più a te che sei suo padrone: e secondo la carne, perchè ti sarà uno schiavo migliore di prima; e secondo il Signore, perchè sarà assorto agli occhi tuoi a dignità di fratello nel, profondo e squisito senso cristiano.

17 3. La richiesta: Filemone 17-21.

Se dunque tu mi tieni in conto d'amico, ricevilo come se foss'io stesso. E se t'ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, l'ho scritto di mio pugno: Pagherà per non dirti che tu sei anche di te stesso a me debitore. Sì fratello, anch'io vorrei da te un qualche utile nel Signore! Da' al cuor mio questo sollievo in Cristo! T'ho scritto fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel ch'io dico.

Ed ecco finalmente la richiesta a cui l'apostolo ha così ben preparato il terreno. Ricevilo; ricevilo come tu riceveresti me stesso.

18 Ma Paolo ha il presentimento che qualcosa potrebbe sorgere nel cuor di Filemone a consigliargli di non ricevere lo schiavo; che Onesimo non soltanto se n'è fuggito; ma fuggendo ha recato al suo padrone un qualche grave danno di cui noi ignoriamo la natura, e che, in omaggio alla giustizia, ha da essere riparato. Ebbene, sicuro, cotesto danno sarà riparato; e sarà riparato da Paolo stesso.

19 Ecco qua la mia obbligazione, scritta di mio proprio pugno.

M'obbligo a pagare.

L'apostolo parlava egli sul serio? Sì e no. No, perchè egli sapea bene che Filemone non avrebbe mai accettato codesto pagamento. Sì, perchè l'offerta sua era destinata a trarre Filemone a farsi questa riflessione che Paolo non si perita a suggerirgli egli stesso: E come mai colui al quale io debbo tutto, la mia salvazione, potrebb'egli essere a me debitore di qualcosa? Remosso cotest'ostacolo, l'apostolo torna alla sua preghiera Filemone 20 con un che non ammette possibilità di rifiuto, e insinuando Filemone 21 ch'egli s'aspetta da Filemone anche di più, di quel che gli chiede. E che s'aspettava egli? È da sperare che Filemone abbia capito l'apostolo meglio di quel che hanno fatto molti degli interpreti di lui (Godet). Quel ch'egli s'aspetta, evidentemente non può esser che questo: che Filemone non soltanto accolga Onesimo e lo perdoni, ma lo affranchi addirittura. E veniamo al dettaglio.

Se dunque tu mi tieni in conto d'amico... Filemone 17.

Amico, io traduco; il Diodati ha «consorte», il Martini «intrinseco». Il greco vale κοινωνοις «partecipe», «socio», «compagno»; insieme all'altro sostantivo κοινωνια «comunione» viene dal verbo κοινωνεω che significa. «ho o faccio qualche cosa in comune». Il κοινωνος, insomma, è uno che ha con un altro comunione d'interessi, d'opera, di sentimenti.

E se t'ha fatto qualche torto... Filemone 18.

E un'ipotesi ma non c'è da sbagliare; qualche torto dev'essere stato fatto: la frase dell'apostolo non lo dice apertis verbis, ma lo lascia capire. È molto probabilmente il torto dev'essere stato questo: O avrà rubato e se la sarà data a gambe per non esser punito, o, scappando, non sarà scappato a mani vuote. Ad ogni modo, anche semplicemente scappando, il torto c'era, perchè Filemone, per cotesta fuga, veniva defraudato di servigi d'Onesimo, ai quali aveva diritto.

Io, Paolo, l'ho scritto di mio pugno: Pagherò Filemone 19.

Queste parole l'apostolo scrisse di propria mano. Ch'egli scrivesse di propria mano tutta quanta la lettera, è congettura del Lightfoot del De Wette e dell'Alford e d'altri: ma, più in là d'una mera congettura non si può andare. Per non dirti che tu sei anche di te stesso a me debitore. Quell'anche significa: «Per non dirti che tu sei a me debitore non soltanto di una somma per la quale io mi dichiaro responsabile, ma anche di te stesso: perchè è a me che dopo che a Dio, tu devi la tua conversione».

20 Anch'io vorrei da te un qualche utile nel Signore

E qui torna il giuoco di parole fra Onesimo (utile) e lo οναιμην εν κυριω che vuol dire utile nel Signore. Il giuoco di parole si potrebbe render così: «Io vorrei che, pagandomi il debito che mi devi con l'accordarmi quel che ti chieggo, tu diventassi per me un Onesimo nel Signore».

Nel Signore.

Vorrei che, facendo quel che ti dico, tu mi arrecassi un «utile» non in senso materiale, ma in senso spiritualmente cristiano.

Dà al cuor mio questo sollievo in Cristo:

Letteralmente: «Ricreami le viscere in Cristo»; e per questa espressione vedi Filemone 7,12.

21 Sapendo che farai anche più di quel ch'io dico.

Il Meyer ed il Wiesinger suppongono che Paolo s'aspetti per il suo protetto un beneficio qualsiasi oltre la buona accoglienza ch'egli domanda per lui. Il von Soden intende: «Farai per lui al di là di quel ch'io penso», senza ch'egli abbia in mente alcun che di determinato. Il Weiss pensa che forse l'apostolo insinua qui l'idea che Filemone dovrebbe affrancare Onesimo. Il Reuss dice chiaro e tondo: «Tu farai più di quello ch'io ti domandi; tu gli darai la libertà!» E come si fa, esclama il Glodet, a dubitare che quest'ultimo sia il vero senso del passo? Al di là d'un'accoglienza pari a quella che si potrebbe fare a Paolo stesso, che altro può darsi se non il dono della libertà? E quest'idea non era ella già preparata da quel «molto da più che uno schiavo» di Filemone 16? E Onesimo com'avrebbe egli potuto mettersi al servizio di Paolo nell'opera missionaria, se non fosse stato prima emancipato?

22 

TERZA PARTE.

CONCLUSIONE

Filemone 22-25

1. UNA COMMISSIONE: Filemone 22.

2. I SALUTI: Filemone 23-24.

3. La BENEDIZIONE APOSTOLICA: Filemone 25.

1. Una commissione: Filemone 22.

Al tempo intesso, preparati a, darmi anche l'ospitalità, poichè spero d'esservi reso mercè le vostre preghiere.

Al tempo istesso della benevola, accoglienza che farai ad Onesimo, preparati a darmi anche l'ospitalità. L'apostolo spera d'esser presto liberato, come in Filippesi 2:24. Secondo Filippesi 1:14 Paolo, se fosse liberato, si proponeva d'andare in Macedonia: qui, esprime invece il desiderio di recarsi immediatamente a Colosse. Ma, osserva il Vincent, nel lasso di tempo che separa la redazione delle due lettere, egli può aver avuto ragione di cambiar idea; ovvero, egli poteva fermarsi a Filippi mentr'andava da Roma a Colosse, da che Filippi si trovava sulla grande strada maestra che univa l'Europa all'Asia.

Mercè le vostre preghiere.

Cfr. Filippesi 1:19.

23 2. I saluti: Filemone 23-24.

Epafra, il mio compagno di carcere in Cristo Gesù, ti saluta; lo stesso fanno Marco, Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori.

Per le persone nominate in questi saluti, vedi Colossesi 4:7-14.

25 3. La benedizione apostolica: Filemone 25.

La grazia del Signor Gesù Cristo sia con lo spirito vostro:

La forma della benedizione è qui identica a quella della benedizione in Galati 6:18; cfr. 2Timoteo 4:22.

Con lo spirito vostro;

allude alle persone mentovate nel saluto con cui s'apre la lettera Filemone 1-2.

Riflessioni

1. Il Maclaren nota molto giustamente: Se il Nuovo T. non foss'altro che un libro d'ammaestramento dottrinale, questa lettera sarebbe qui fuor di luogo; e se il grande scopo della rivelazione non foss'altro che quello di provveder materiali per la costruzione del Credo, sarebbe difficile l'attribuire un valore qualsiasi ad una lettera semplice e breve come questa, che non contiene affatto nulla nè di teologico nè d'ecclesiastico. Ma se in questa lettera non troviamo alcun che di nuovo per quel che concerne la definizione o la migliore intelligenza della verità cristiana, vi troviamo per converso delle splendide illustrazioni di quel che sia il cristianesimo vissuto e praticato. La lettera ci mostra come operino le nuove energie che Cristo ha create in seno alla umanità, e ce lo mostra per due vie. Prima di tutto, mettendoci dinanzi agli occhi un modello perfetto di amicizia cristiana, nobilitata da un glorioso riflesso di quell'amore del quale Iddio ci ha amati, e arricchita dal profumo di una quantità di delicate cortesie e da quell'intuito sicuro che indovina ciò che all'amico sarà dolce l'udire, senza mai rasentar l'adulazione, senza mai dimenticare di consigliare ciò ch'è alto e doveroso. Poi, gettando un fascio di luce nuova e divina sulle relazioni che passano fra il cristianesimo e la schiavitù (vedi Introduzione); luce, che per riflesso illumina anche le relazioni del cristianesimo con ogni altra sorta di mali sociali e politici, ed è una guida sicura a quelli che vogliono da lei lasciarsi condurre.

2. L'apostolo potrebbe comandare, ma non vuole; preferisce pregare, fare appello all'amor fraterno Filemone 8-9. E qui è una grande lezione, applicabile ad ogni sorta di relazioni sociali. Padri e madri, mariti e mogli, amici e compagni, maestri, dovrebbero farne tesoro e regolare la loro condotta secondo questa suprema legge d'amore. L'autorità è l'arma dei deboli, che non son sicuri di poter essere ubbiditi; o degli egoisti, che preferiscono la sottomissione meccanica alla sottomissione di cuori volonterosi e leali. L'amore è l'arma dei forti, che posson fare a meno dei festoni della superiorità; che più sono sublimi quanto più s'abbassano, che più sono assoluti quanto più rinunziano all'autorità che hanno, e fanno con amore appello all'amore. La gente non va spinta al bene con la violenza. Se non cercate che degli atti meccanici ed esterni, sta bene,»date pur degli ordini corti, secchi, incisivi, alla militare; ma se bramate che un'opera buona sia compiuta col volonteroso e caldo assenso del cuore, converrà che la legge si trasfiguri in amore e diventi così un accenno più imperativo che mai, al dovere: dico più imperativo che mai, perchè si tratta non di cosa scritta su fredde tavole di pietra, ma di cosa scritta «sulle tavole di carne» del cuore (Maclaren).

3. «Ti prego per mio figlio che, ho generato durante la mia prigionia, per Onesimo, che altre volte t'era inutile, ma che ora sarà utilissimo a te ed a me» Filemone 10-11. Onesimo era stato un di quei vagabondi, che costan più di quel che guadagnino. Egli viene in contatto con l'apostolo, che gli annunzia Cristo; e al contatto con la persona vivente di Cristo, questo schiavo; vagabondo, e più che probabilmente ladro, diventa una nuova creatura. Paolo non ha avuto che poco tempo per metterlo alla prova, ma è sicuro che Onesimo e oramai un cristiano. Quest'è un altro esempio tipico della virtù moralmente rinnovatrice dell'Evangelo. Molti cristiani fanno scarsa esperienza di quel che sia e di quel che possa questa energia rinnovatrice e santificatrice dell'Evangelo. Di questi miracoli non se ne vedon molti e non manca chi pensi o dica: «Sì, sì, sta bene, ma cotesti eran miracoli d'allora; oggi, non ne succede più». Ma lasciate che la virtù divina dell'Evangelo pervada liberamente i meandri della vostra vita morale, e li rivedrete cotesti miracoli; in voi stessi li verificherete. Non è la medicina, no, che abbia perduto la sua efficacia salutare, sono i malati che non sanno più prenderla bene! La povertà del nostro cristianesimo moderno non dipende dal fatto che il cristianesimo è invecchiato e divenuto stracco, ma dipende dal fatto che i cristiani, generalmente parlando, non si dànno la pena di, sperimentare, nel santuario della loro vita morale, le cose nelle quali dicon sì di credere, ma pur troppo non credono che di una fede tepida, meccanica, tradizionale, infeconda.

4. «Forse, è per questo ch'egli è stato per breve tempo separato da te» Filemone 15. Cotesto forse va notato. «Può darsi», che in tutto questo s'abbia a discernere la provvidenzial mano di Dio; «può darsi», che Dio abbia fatto volgere al bene anche quest'indegno atto d'Onesimo, dice l'apostolo. Ora, che Dio nella sua infinita bontà e sapienza faccia anche i nostri atti più inconsulti e più indegni convergere al trionfo del Vero e del Bene, non è da mettere in dubbio. Quel che e da mettere in dubbio, è la legittimità di quell'accento di certezza assoluta col quale noi siam usi esclamare, in casi analoghi a questo dell'apostolo: «È per questo che Dio s'è servito di questo o di quest'altro fatto, per compier questa o quest'altra cosa»; proprio come se noi fossimo stati a consiglio con Dio, o come se Dio proprio a noi avesse rivelato il segreto del suo intimo pensiero. No; cotesto forse stava bene in bocca, dell'apostolo, e sfa meglio ancora in bocca nostra. Quando si tratta d'interpretare le spesse misteriose vie della Provvidenza, quelle vie che hanno tante uscite e tanti significati, non ci mettiamo subito a fabbricar delle teorie assolute, non dogmatizziamo, ma contentiamoci d'un modesto forse. L'umile forse è spesso mutato dall'evidenza dei fatti in un incoraggiante sicuro!... Ma più spesso ancora sono i nostri sicuro!..., strombazzati con dogmatizzante sicumera, che vanno a finire in tanti miserabili forse.

5. «Io spero di esservi reso merce le vostre preghiere» Filemone 22. Spero. Anche questa limitazione nell'aspettazione dell'apostolo relativamente alla risposta che Dio darà ai fratelli che pregalo per la liberazione di lui, è degna di nota. L'apostolo crede che cotesti fratelli possono non poco aiutarlo, pregando Iddio che lo liberi; ma egli non crede in modo assoluto che cotesta loro preghiera sarà esaudita. E qui udiamo il Maclaren: «In certi circoli cristiani si parla molto di «preghiera della fede» (frase che, strano a dirsi, in cotesti casi è confinata a significar soltanto le preghiere che hanno per oggetto delle benedizioni materiali) e della efficacia della «preghiera della fede» a recar danaro a questa o quest'altra opera designata da colui che prega, o a cacciar questa o quest'altra malattia. Ma il fatto è che non v'è possibilità di fede che là dove esiste una parola di Dio chiara, distinta, definita, alla quale cotesta fede possa attaccarsi come l'edera al tronco. Fede e promessa di Dio son cose correlative; e quand'uno senz'aver da Dio la promessa chiara, esplicita, ch'Ei vorrà guarire A. o B. s'egli pregherà per lui, dice d'esser certo che Dio lo guarirà, cotesta sua certezza non è fede, ma è un qualcosa che merita un nome molto meno nobile di quello di fede. Pregar per fede non è imporre a Dio la nostra volontà, ma è piegar la volontà nostra a quella di Dio. La preghiera che Cristo ci ha insegnata, per quel concerne le cose esteriori, è: «Non la mia volontà, ma la tua sia fatta»! e: «Possa la tua volontà diventar volontà mia». Questa è preghiera della fede, che Dio sempre esaudisce. La Chiesa prega per Pietro, e Pietro fu liberato. La Chiesa pregò senza dubbio per Stefano, e Stefano fu lapidato. Dio rifiutò Egli il suo esaudimento nel caso di Stefano? Certo che no; ma se la preghiera della Chiesa nel caso di Stefano fu davvero preghiera di fede, ella dovette esser fatta con questo intimo sentimento: «Sia fatto come tu vuoi!...» e in questo senso, la preghiera della Chiesa fu accettata ed ebbe l'esaudimento suo. Quando si tratta di cose esteriori o di benedizioni materiali, sia che chi prega preghi per sè o per altri, ogni preghiera dev'esser fatta con sentimento di piena subordinazione a Dio; e il grado più alto di fiducia che si possa nutrire, in codesti casi, è quello che l'apostolo esprime quando dice: «Io spero d'esservi reso merce le vostre preghiere».

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