I Cristiani devono avere ogni cosa in comune?

Atti 2:44-45

In At 2:44-45 leggiamo che nella prima chiesa a Gerusalemme, "tutti quelli che credevano... avevano ogni cosa in comune, vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno". Inoltre, At 4:32 ribadisce questo atteggiamento, dicendo, "Non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma tutto era il comune fra di loro", e poi in At 4:34-35, "Non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l'importo delle cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva distribuito a ciascuno, secondo il bisogno", di cui Barnaba ne è un esempio in At 4:36-37.

Però, questi brani descrivono le pratiche della prima chiesa, e non prescrivono queste pratiche come norme per tutti nel futuro. Nessuno fu costretto a vendere quello che aveva, ma tutti lo facevano secondo il proprio desiderio, come Pietro disse a Anania in At 5:4. Anche il "tutti" non può essere assoluto, perché Maria la madre di Marco aveva ancora la sua casa in At 12:12. Però, con questo non dobbiamo rinnegare l'importanza di dare generosamente e gioiosamente a quelli che hanno più bisogno di noi (2Cor 8-9), e anche se possediamo dei beni di metterli a disposizione di altri Cristiani (come fece la madre di Marco). E dobbiamo non soltanto credere che dare sia importante, ma dobbiamo anche dare generosamente, una pratica purtroppo mancante in molte chiese oggi. Una chiesa riempita dallo Spirito Santo risponderà subito a qualsiasi bisogno in mezzo ai membri, per supplire al bisogno. Avere ogni cosa in comune non è necessario per fare questo; solo lo Spirito Santo che possediamo e che cambiare il nostro modo di pensare è necessario, affinché non riteniamo di non possedere niente, ma che Dio possieda tutto e affidi tutto a noi per fare del bene.

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