![]() |
|||||||
Commentario:Ebrei 8:5I quali ministrano [in un santuario] ch'è la figura e l'ombra del celeste, secondo il divino avvertimento ricevuto da Mosè quando stava per costruire il tabernacolo: «Guarda, gli fu detto, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte». I dativi ὑποδειγματι και σκια (alla figura ed all'ombra...) non sono da intendersi dell'oggetto del culto, come quando si tratta di servire a Dio ( τω θεω Ebrei 9:14), e neppure del modo di ministrare (ministrano in figura ed ombra), ma piuttosto, stando al contesto, del luogo in cui ministrano i sacerdoti, come nella versione che ne diamo. La stessa costruzione s'incontra in Ebrei 13:10: «coloro che ministrano al tabernacolo ( τη σκηνη)» cioè, manifestamente, nel tabernacolo, in connessione con esso. Cfr. per un concetto analogo Ebrei 9:23-24. A mostrare che il santuario terreno non era se non la figura imperfetta e come l'ombra del vero ch'è il celeste, lo scrittore cita la parola in Esodo 25:40 ove Mosè riceve per istruzione di costruire il tabernacolo secondo il modello, mostratogli sul monte. Da questo cenno trae la conclusione che Mosè ha dovuto avere sul Sinai la visione del santuario celeste ch'è la gloriosa abitazione di Dio e di cui quello terreno non doveva essere che una miniatura imperfetta. Certo è che abbondano in tutto l'Antico Testamento i passi ove s'insegna che l'Eterno non abita in santuari fatti di mano d'uomini. Cf. 1Re 8:27 e segg. la preghiera di Salomone. Or Cristo ministra nel vero santuario ed il ministerio sacerdotale ch'egli vi compie non è una semplice figura, ma è qualcosa di reale e di efficace. Riferimenti incrociati:Ebrei 8:5Eb 9:9,23,24; 10:1; Col 2:17 Dimensione testo: |