Nuova Riveduta:

Matteo 26:36

Agonia di Gesù nel giardino di Getsemani
=Mr 14:32-42; Lu 22:39-46; Gv 18:1 (Eb 5:7)
Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani e disse ai discepoli: «Sedete qui finché io sia andato là e abbia pregato».

C.E.I.:

Matteo 26:36

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».

Nuova Diodati:

Matteo 26:36

Gesù nel Getsemani
Allora Gesù andò con loro in un luogo, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».

La Parola è Vita:

Matteo 26:36

Allora Gesù li portò in un orto, detto Getsemani, e disse loro di sedere ed aspettare mentre andava avanti a pregare.

La Parola è Vita
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Riveduta:

Matteo 26:36

Gesù nel Getsemani
(Marco 14:32-42; Luca 22:39-42; Giovanni 18:1)
Allora Gesù venne con loro in un podere detto Getsemani, e disse ai discepoli: Sedete qui finché io sia andato là ed abbia orato.

Diodati:

Matteo 26:36

ALLORA Gesù venne con loro in una villa, detta Ghetsemane, e disse a' discepoli: Sedete qui, finchè io sia andato là, ed abbia orato.

Commentario abbreviato:

Matteo 26:36

Versetti 36-46

Colui che ha espiato i peccati dell'umanità, si è sottomesso in un giardino di sofferenza alla volontà di Dio, alla quale l'uomo si era ribellato in un giardino di piacere. Cristo portò con sé, in quella parte del giardino dove soffrì la sua agonia, solo coloro che avevano assistito alla sua gloria nella trasfigurazione. Sono meglio preparati a soffrire con Cristo coloro che per fede hanno visto la sua gloria. Le parole usate denotano il più completo sconforto, lo stupore, l'angoscia e l'orrore della mente; lo stato di chi è circondato da dolori, sopraffatto da miserie e quasi inghiottito dal terrore e dallo sgomento. Cominciò ad essere addolorato e non smise di esserlo finché non disse: "È finita". Pregò affinché, se possibile, il calice passasse da lui. Ma mostrò anche la sua perfetta disponibilità a sopportare il carico delle sue sofferenze; era disposto a sottoporsi a tutto per la nostra redenzione e salvezza. Secondo questo esempio di Cristo, dobbiamo bere il calice più amaro che Dio mette nelle nostre mani; anche se la natura lotta, deve sottomettersi. Dovremmo preoccuparci più di santificare i problemi e di appagare i nostri cuori sotto di essi, che di eliminarli. È bene per noi che la nostra salvezza sia nelle mani di Colui che non dorme e non riposa. Tutti sono tentati, ma noi dovremmo avere molta paura di entrare in tentazione. Per essere al sicuro da questo, dobbiamo vegliare e pregare, e guardare continuamente al Signore affinché ci sostenga per essere al sicuro. Senza dubbio nostro Signore aveva una visione chiara e completa delle sofferenze che avrebbe dovuto sopportare, eppure ha parlato con la massima calma fino a questo momento. Cristo era un garante, che si impegnava a rispondere dei nostri peccati. Di conseguenza, si è fatto peccato per noi e ha sofferto per i nostri peccati, il Giusto per l'ingiusto; e la Scrittura attribuisce le sue sofferenze più pesanti alla mano di Dio. Egli aveva piena conoscenza dell'infinita malvagità del peccato e dell'immensa portata della colpa per la quale doveva espiare; aveva una visione terribile della giustizia e della santità divine e della punizione meritata dai peccati degli uomini, che nessuna lingua può esprimere né la mente concepire. Allo stesso tempo, Cristo soffriva per essere tentato; probabilmente Satana gli suggeriva pensieri orribili che tendevano alla cupezza e a ogni terribile conclusione, che sarebbero stati tanto più difficili da sopportare a causa della sua perfetta santità. E il peso della colpa imputata gravava così tanto sull'anima di Colui di cui si dice: "Egli sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza"? In quale miseria devono sprofondare coloro i cui peccati sono lasciati sulla propria testa! Come potranno sfuggire coloro che trascurano una così grande salvezza?

Riferimenti incrociati:

Matteo 26:36

Mar 14:32-35; Lu 22:39-46; Giov 18:1-11
Mat 26:39,42; Sal 22:1,2; 69:1-3,13-15; Eb 5:7

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