Che cosa vale di più?

Marco 8:27-38

Scritto da Richard Wilson.

20/2/2002

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A questo punto nel Vangelo c'è una svolta. I discepoli finalmente capiscono chi è Gesù, adesso devono capire quello che questo significa per il ministero di Gesù, e per quelli che vogliono seguirlo. Così i temi cambiano, invece miracoli ripetuti che spiegano chi è Gesù abbiamo insegnamento ripetuto per spiegare cosa significa.

Il racconto inizia con Gesù che chiede ai discepoli quello che gli altri pensino di lui. Le opinioni sono uguali a quelle di 6:14-15: Giovanni il battista risuscitato (come pensava Erode), Elia (che doveva ritornare per preparare la via Malachia 4:5-6; vedi anche Marco 9:12-13) o un altro profeta. Sono tutte opinioni positive, ma alla fine non sufficienti e quindi sbagliate, perché danno a Gesù un ruolo preparativo invece di un ruolo centrale e definitivo nei propositi di Dio. Pietro invece afferma giustamente che Gesù è il Cristo, il Messia, l'unto di Dio scelto per compiere i suoi piani.

A questo punto, Gesù comincia a spiegare cosa significa essere Cristo, perché i discepoli potevano avere idee sbagliate. In modo particolare, il pensiero comune allora era che il Cristo avrebbe creato un nuovo regno di Israele, come figlio di Davide sarebbe diventato un grande re sulla terra. Per i Giudei che vivevano sotto il dominio dei Romani, significava combattere contro di loro, sconfiggerli e liberare i Giudei. Ma non per Gesù. Invece "era necessario" (nel senso per adempire le Scritture e perché era stabilito da Dio; vedi anche 9:12; 14:21,49 per la stessa idea) che Gesù soffrisse, fosse respinto dai capi dei Giudei, fosse ucciso e risuscitasse. Tutto quello che succederà a Gesù nel resto del libro non è una sorpresa per lui, non è che la sua morte sia il fallimento della sua missione o la vittoria dei suoi nemici, perché la sua missione era proprio di morire.

Questa è la prima di predizioni della morte di Gesù. In 9:31 dice che sarà consegnato agli uomini e ucciso, ma poi risusciterà. In 10:33-34 dice che sarà consegnato ai capi dei Giudei, condannato, consegnato ai Romani, schernito e ucciso, ma poi risusciterà. Subito dopo tutte le tre le predizioni sono, c'è una descrizione dei discepoli che non capiscono quello che Gesù vuole dire, o addirittura si oppongono al suo insegnamento, e dopo questo Gesù spiega ogni volta quello che significa seguire un Messia che muore. Così nel capitolo 8 Pietro comincia a rimproverare Gesù – lo stesso verbo usato in 1:25 e 3:12 di come Gesù ha parlato ai demoni. È invece Pietro che va rimproverato, perché opponendosi al piano divino per il Messia, ha in mente solo le cose umane, anzi le cose di Satana. Perché questo era proprio la tentazione di Gesù da parte di Satana, di seguire la strada di grandi miracoli e potere e dominio per vincere. Ma la strada di Dio per vincere è invece la croce, morire, ed è questo che Pietro e gli altri discepoli devono capire. Ed è questo che cercherà di spiegare nei prossimi capitoli, arrivando al culmine a 10:45 e la guarigione di ancora un altro cieco in 10:46-52, ma questa volta uno che mostra tutti gli attribuiti del vero discepolo, come Gesù avrà spiegato.

Se il Cristo deve soffrire e morire, cosa significa per i suoi seguaci? Gesù lo spiega non solo ai dodici discepoli, ma a tutta la folla (8:34). Ci sono tre azioni: rinunciare a sé stesso, prendere la propria croce e seguirlo. Rinunciare a sé stesso significa abbandonare tutti i propri desideri, piani e ambizioni, sostituendoli con quelli di Gesù. Questo non è facile in una società come la nostra, che è progettata per la soddisfazione dei bisogni individuali, dove guadagniamo per spendere per noi stessi, dove la cosa importante è trovare una cosa che ti fa sentire bene, che va per te personalmente. Bisogna chiederci se facciamo quello che facciamo perché ci piace o ci serve o ci conviene, oppure perché è quello che Gesù vuole che facciamo, quello che Gesù farebbe nel nostro posto. E la caratteristica fondamentale di quello che Gesù fa è morire. Morire in modo orribile – "prendere la sua croce". Per noi che abbiamo reso la croce un oggetto quasi bello, è difficile capire i sentimenti di orrore che un accenno alla croce poteva venire. Gesù non aveva ancora parlato della sua morte sulla croce, quindi quando Gesù ha detto di prendere la propria croce i suoi seguaci avrebbero pensato solo dei criminali, torturati, sfigurati, che morivano lentamente lungo le strade della Giudea. Gesù dice non solo che dobbiamo essere pronti a morire così, ma che dobbiamo proprio morire in quel modo. È una morte voluta – ma non nel senso fisico, ma nel senso di rinunciare a sé stesso, di perdere la propria vita per amore di Gesù e del vangelo, come Gesù spiega nel versetto 36. Non basta neanche rinunciare o sacrificare la propria vita per altri; deve essere per il motivo giusto, cioè per amore di Gesù e del vangelo. 10:29 ne ha un esempio, di lasciare casa e famiglia per questo amore. Ma perché subire questa grande perdita? Perché rinunciare a sé stesso? Perché chi perde la propria vita in questo senso, di rinunciare ad essa, la salverà. Mentre chi vuole vivere per sé stesso, cioè salvare la sua vita per sé stesso, la perderà. Qualcuno ha detto, "L'uomo che abbandona quello che non può tenere per ricevere quello che non può perdere non è affatto uno stolto". Dopotutto, una persona che vive per sé stesso, per guadagnare oggetti, fama, piacere, figura – anche tutto il mondo - perderà tutte queste cose, come pure la sua anima, quando muore. Nella luce dell'eternità, sono nulla e non vale la pena cercarli. Meglio rinunciare a quello che non dura per affermare quello che dura per sempre, cioè Gesù e il vangelo. Come ha detto l'apostolo Paolo, "Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me" (Galati 2:20).

L'ultimo versetto del capitolo dà un avvertimento. Se qualcuno si vergogna di Gesù – probabilmente nel contesto se qualcuno non perde la propria vita per amore di Gesù – Gesù si vergognerà di lui quando ritorna in potenza. Questo rinuncio non è una parte facoltativa della vita cristiana né per solo alcuni, ma è centrale a quello che seguire Cristo significa per tutti. Perché anche Gesù è così. Ma non solo – il fatto che deve soffrire ed essere ucciso non toglie il fatto che è anche il Figlio dell'uomo di Daniele 7:13, il potente sovrano e giudice. Così quando Gesù si vergogna di noi, ha conseguenze terribili, e dobbiamo riflettere seriamente sul nostro atteggiamento verso lui, e se lo seguiamo come lui vuole, come lui ha spiegato in questi versetti.