Nuova Riveduta:

1Timoteo 3

I vescovi e i diaconi
Tt 1:5-9; 1P 5:1-4
1 Certa è quest'affermazione: se uno aspira all'incarico di vescovo, desidera un'attività lodevole. 2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, 3 non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non attaccato al denaro, 4 che governi bene la propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi 5 (perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?), 6 che non sia convertito di recente, affinché non diventi presuntuoso e cada nella condanna inflitta al diavolo. 7 Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, perché non cada in discredito e nel laccio del diavolo.

At 6:1-6; 1Co 4:2
8 Allo stesso modo i diaconi devono essere dignitosi, non doppi nel parlare, non propensi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni; 9 uomini che custodiscano il mistero della fede in una coscienza pura. 10 Anche questi siano prima provati; poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili. 11 Allo stesso modo siano le donne dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi siano mariti di una sola moglie, e governino bene i loro figli e le loro famiglie. 13 Perché quelli che hanno svolto bene il compito di diaconi si acquistano un grado onorabile e una grande franchezza nella fede che è in Cristo Gesù.

Mistero della pietà
Ef 2:19-22 (Gv 1:1, 14; Ro 1:4; 16:25-26)
14 Ti scrivo queste cose sperando di venir presto da te, 15 affinché tu sappia, nel caso che dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 16 Senza dubbio, grande è il mistero della pietà: Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.

C.E.I.:

1Timoteo 3

1 È degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all'episcopato, desidera un nobile lavoro. 2 Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, 3 non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. 4 Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, 5 perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 6 Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. 7 È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.
8 Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, 9 e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. 10 Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. 11 Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto. 12 I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie. 13 Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù.
14 Ti scrivo tutto questo, nella speranza di venire presto da te; 15 ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 16 Dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà:
Egli si manifestò nella carne,
fu giustificato nello Spirito,
apparve agli angeli,
fu annunziato ai pagani,
fu creduto nel mondo,
fu assunto nella gloria.

Nuova Diodati:

1Timoteo 3

Doveri dei vescovi e dei diaconi
1 Questa parola è sicura: Se uno desidera l'ufficio di vescovo, desidera un buon lavoro. 2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, prudente, ospitale, atto ad insegnare, 3 non dedito al vino, non violento, non avaro, ma sia mite, non litigioso, non amante del denaro; 4 uno che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro; 5 (ma se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?). 6 Inoltre egli non sia un neoconvertito, perché non gli avvenga di essere accecato dall'orgoglio e non cada nella condanna del diavolo. 7 Or bisogna pure che egli abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada nell'ingiuria e nel laccio del diavolo. 8 Similmente i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti a molto vino, non avidi di illeciti guadagni, 9 e ritengano il mistero della fede in una coscienza pura. 10 Or anche essi siano prima provati, poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili. 11 Anche le loro mogli siano dignitose, non calunniatrici, ma sobrie e fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi siano mariti di una sola moglie e governino bene i figli e le proprie famiglie. 13 Coloro infatti che hanno svolto bene il servizio si acquistano una buona reputazione e grande franchezza nella fede in Cristo Gesù. 14 Ti scrivo queste cose nella speranza di venire presto da te, 15 affinché, se dovessi tardare, tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 16 E, senza alcun dubbio, grande è il mistero della pietà: Dio è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato tra i gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.

Riveduta 2020:

1Timoteo 3

I requisiti dei vescovi e dei diaconi
1 Certa è questa parola: se uno aspira all'incarico di vescovo, desidera un'opera buona. 2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, rispettabile, ospitale, capace di insegnare, 3 non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non amante del denaro, 4 che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione e in tutta riverenza 5 (perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà avere cura della chiesa di Dio?), 6 che non sia convertito di recente, affinché non inorgoglisca e non cada nella condanna del diavolo. 7 Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada in discredito e nel laccio del diavolo.
8 Allo stesso modo i diaconi devono essere dignitosi, non doppi nel parlare, non propensi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni; 9 uomini che ritengano il mistero della fede in pura coscienza. 10 Anche questi siano prima provati, poi assumano l'incarico di diaconi se sono irreprensibili. 11 Allo stesso modo siano le donne dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi siano mariti di una sola moglie e governino bene i loro figli e le loro famiglie. 13 Perché quelli che hanno svolto bene il servizio di diaconi si acquistano un buon grado e una grande franchezza nella fede che è in Cristo Gesù.

La Chiesa del Dio vivente
14 Io ti scrivo queste cose sperando di venire presto da te, 15 affinché tu sappia, se mai dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità. 16 Senza dubbio, grande è il mistero della pietà: colui che è stato manifestato in carne è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra i Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.

La Parola è Vita:

1Timoteo 3

Regole per la scelta di pastori e diaconi.
1 Se qualcuno desidera avere un incarico di dirigente nella chiesa, bisogna dire che la sua è un'aspirazione buona e lecita. 2 Ma chi dirige una comunità cristiana deve essere irreprensibile, fedele alla propria moglie, e deve avere la testa sulle spalle. Inoltre, deve essere equilibrato, dignitoso, ospitale e capace d'insegnare le Scritture.
3 Non deve bere troppo, né essere violento o attaccabrighe, ma è suo dovere essere gentile e pacifico e non attaccato ai soldi. 4 Bisogna che sappia dirigere bene la propria famiglia e crescere figli ubbidienti e rispettosi. 5 Perché, se uno non sa dirigere la propria famiglia, come farà ad avere cura della Chiesa di Dio?
6 Inoltre bisogna che non sia convertito da poco, perché potrebbe montarsi la testa per essere stato scelto tanto presto, e si sa, l'orgoglio porta al peccato. La caduta di Satana ne è un chiaro esempio. 7 Infine, deve essere stimato anche da quelli che sono fuori dalla Chiesa, ossia dai non credenti, in modo che Satana non possa intrappolarlo con critiche e accuse, impedendogli di condurre liberamente il suo gregge.
8 Anche i diaconi devono essere uomini dignitosi, sinceri nel parlare, non dediti al vino, né avidi di sporchi guadagni. 9 Conservino invece la profonda verità della fede in una coscienza pura. 10 Perciò, prima di diventare diaconi, devono essere messi alla prova con altri incarichi nella Chiesa e, soltanto più tardi, se si comportano come si deve, possono assumere l'incarico di diacono.
11 Inoltre, le loro mogli devono essere dignitose, non pettegole, capaci di controllarsi e fedeli in tutto. 12 Anche i diaconi devono essere fedeli alla propria moglie e devono saper dirigere come si deve figli e famiglia. 13 Quelli che sono stati buoni diaconi, saranno ricompensati sia dal rispetto degli altri, sia dal fatto che aumenterà in loro la sicurezza nella fede in Gesù Cristo. 14 Ti scrivo queste cose ora, anche se spero di venire presto da te, 15 in modo che, se ritardo, tu sappia come bisogna comportarsi nella Chiesa del Dio Vivente, colonna e sostegno della verità.
16 Senza dubbio grande è il mistero della nostra fede:
Cristo venne sulla terra come uomo,
e fu dichiarato senza peccato dallo Spirito Santo.
Egli apparve agli angeli
e fu predicato alle nazioni pagane;
molte persone di questo mondo gli credettero,
credettero in lui che fu elevato alla gloria in cielo.

La Parola è Vita
Copyright © 1981, 1994 di Biblica, Inc.®
Usato con permesso. Tutti i diritti riservati in tutto il mondo.

Riveduta:

1Timoteo 3

Dei vescovi e dei diaconi
1 Certa è questa parola: Se uno aspira all'ufficio di vescovo, desidera un'opera buona. 2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, costumato, ospitale, atto ad insegnare, 3 non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non amante del danaro 4 che governi bene la propria famiglia e tenga i figliuoli in sottomissione e in tutta riverenza 5 (che se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?), 6 che non sia novizio, affinché, divenuto gonfio d'orgoglio, non cada nella condanna del diavolo. 7 Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada in vituperio e nel laccio del diavolo. 8 Parimente i diaconi debbono esser dignitosi, non doppi in parole, non proclivi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni; 9 uomini che ritengano il mistero della fede in pura coscienza. 10 E anche questi siano prima provati; poi assumano l'ufficio di diaconi se sono irreprensibili. 11 Parimente siano le donne dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi siano mariti di una sola moglie, e governino bene i loro figliuoli e le loro famiglie. 13 Perché quelli che hanno ben fatto l'ufficio di diaconi, si acquistano un buon grado e una gran franchezza nella fede che è in Cristo Gesù.

La Chiesa dell'Iddio vivente. I falsi dottori e le apostasie a venire
14 Io ti scrivo queste cose sperando di venir tosto da te; 15 e, se mai tardo, affinché tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa dell'Iddio vivente, colonna e base della verità. 16 E, senza contraddizione, grande è il mistero della pietà: Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra i Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.

Ricciotti:

1Timoteo 3

La scelta dei ministri sacri
1 Parola sicura questa: Se alcuno aspira all'ufficio di vescovo, desidera una cosa bella e buona. 2 Ma il vescovo bisogna che sia irreprensibile; marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, costumato, ospitale, atto ad insegnare; 3 non sia dedito al vino, nè violento, ma mite, pacifico, senza amor di danaro, 4 della propria casa buon direttore e tenga i figliuoli così da essere subordinati con perfetta condotta; 5 se uno non sa governare la propria casa, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 6 Non sia un neofito, perchè non succeda che gonfiandosi d'orgoglio, incorra nella condanna del diavolo. 7 Ancora bisogna ch'egli sia in buona riputazione presso gli estranei, perchè non cada in discredito e nei lacci del diavolo. 8 I diaconi del pari convien che siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino, non avidi di brutto guadagno, 9 ma conservino il mistero della fede con pura coscienza. 10 E anche questi siano prima messi alla prova, e siano addetti all'ufficio di diaconi quando siano inappuntabili. 11 Del pari le donne siano caste, non malediche, sobrie, fedeli in tutto. 12 Anche i diaconi siano mariti di una donna sola, e sappiano tener bene i figliuoli e le case proprie. 13 Quelli che hanno adempito bene il loro ufficio di diaconi, si fanno un posto onorevole e acquistano una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù. 14 Queste cose io ti scrivo, pur sperando di venir presto da te, 15 affinchè, se mi capiterà di tardare, tu sappia come regolarti nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità. 16 Senza contrasto è grande il mistero della pietà. Colui che si manifestò in carne, che fu giudicato nello Spirito, fu visto dagli angeli, fu annunziato alle Genti, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria.

Tintori:

1Timoteo 3

Requisiti per essere Vescovi
1 Parola fedele: se uno desidera d'esser vescovo, desidera un ottimo lavoro. 2 Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non abbia sposato che una sola moglie, sia sobrio, prudente, modesto, pudico, ospitale, capace d'insegnare; 3 non dedito al vino, non violento; ma dolce, pacifico, disinteressato, 4 che governi bene la propria famiglia, da avere i figli soggetti con perfetta onestà. 5 (Che se uno non sa governare la propria casa, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?) 6 Non sia neofita, chè levandosi in superbia, non abbia a cadere nella dannazione del diavolo. 7 Bisogna ancora che sia in buona riputazione presso gli estranei, affinchè non cada nell'obbrobrio e nel laccio del diavolo.

Requisiti per esser diaconi e diaconesse
8 Così pure i diaconi sian pudichi, non doppi nel parlare, non dediti agli eccessi del vino, non avidi di sordidi guadagni; 9 ma conservino il mistero della fede con pura coscienza. 10 E questi pure siano prima provati, ed esercitino il ministero, se trovati irreprensibili. 11 Le donne, parimenti, sian pudiche, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi abbiano sposato una sola moglie, sappiano governare bene i loro figlioli e le loro famiglie. 13 Or quelli che han bene adempito il loro ministero, si acquisteranno un grado onorevole e una gran franchezza nella fede di Gesù Cristo.

Sublime grandezza della Chiesa
14 Ti scrivo queste cose nella speranza di venire presto da te, 15 e perchè tu sappia, dato che tardassi, come diportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa di Dio vivo, la colonna e la base della verità. 16 E senza dubbio è grande il mistero della pietà, «che si è manifestato nella carne, è stato proclamato giusto dallo spirito, è stato conosciuto dagli Angeli, è stato predicato alle Genti, è stato creduto dal mondo, è stato assunto nella gloria».

Martini:

1Timoteo 3

Insegna a Timoteo, quali debbano essere i vescovi, i diaconi, e la diaconesse: e in qual modo debba egli diportarsi nella Chiesa, la quale è colonna della verità: celebra il mistero dell'incarnazione del Signore.
1 Parola fedele: se uno desideri l'episcopato, ei desidera un bel lavoro. 2 Fa dunque di mestieri, che il vescovo sia irreprensibile, che abbia preso una sola moglie, sobrio, prudente, modesto, pudico, ospitale, capace d'insegnare, 3 Non dedito al vino, non violento, ma modesto; non litigioso, non interessato, ma 4 Che ben governi la propria casa, che tenga subordinati i figliuoli con perfetta onestà. 5 (Che se uno non sa governare la propria casa, come mai avrà cura della Chiesa di Dio?) 6 Non neofito, affinchè levandosi in superbia non cada nella dannazione del diavolo. 7 Fa d'uopo ancora, che egli sia in buona riputazione presso gli estranei, affinchè non cada nell'obbrobrio, e nel laccio del diavolo. 8 Similmente i diaconi pudichi, non di due lingue, non dati al molto vino, non portati ai sordidi guadagni: 9 Che portino il mistero della fede in una coscienza pura. 10 E questi pure prima si provino: e poi esercitino il ministero, essendo senza reato. 11 Le donne parimenti pudiche, non date alla detrazione, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi abbiano presa una sola donna: e regolino bene i loro figliuoli, e le proprie loro case. 13 Imperocché quelli, che faranno bene il lor ministero, si acquisteranno un grado onorevole, e una gran fiducia nella fede di Cristo Gesù. 14 Scrivo a te queste cose, avendo speranza di venir presto da te. 15 Affinchè ove mai io tardassi, tu sappia come diportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa di Dio vivo, colonna, e appoggio della verità. 16 Ed è evidentemente grande il mistero della pietà, il quale si è manifestato nella carne, è stato giustificato mediante lo Spirito, è stato conosciuto dagli Angeli, è stato predicato alle gente, è stato creduto nei mondo, è stato assunto nella gloria.

Diodati:

1Timoteo 3

1 CERTA è questa parola: Se alcuno desidera l'ufficio di vescovo, desidera una buona opera. 2 Bisogna adunque che il vescovo sia irreprensibile, marito d'una sola moglie, sobrio, vigilante, temperato, onesto, volonteroso albergator de' forestieri, atto ad insegnare; 3 non dato al vino, non percotitore, non disonestamente cupido del guadagno; ma benigno, non contenzioso, non avaro. 4 Che governi bene la sua propria famiglia, che tenga i figliuoli in soggezione, con ogni gravità. 5 (Ma, se alcuno non sa governar la sua propria famiglia, come avrà egli cura della chiesa di Dio?) 6 Che non sia novizio; acciocchè divenendo gonfio, non cada nel giudicio del diavolo. 7 Or conviene che egli abbia ancora buona testimonianza da que' di fuori, acciocchè non cada in vituperio, e nel laccio del diavolo.
8 Parimente bisogna che i diaconi sieno gravi, non doppi in parole, non dati a molto vino, non disonestamente cupidi del guadagno. 9 Che ritengano il misterio della fede in pura coscienza. 10 Or questi ancora sieno prima provati, poi servano, se sono irreprensibili. 11 Simigliantemente sieno le lor mogli gravi, non calunniatrici, sobrie, fedeli in ogni cosa. 12 I diaconi sien mariti d'una sola moglie, governando bene i figliuoli, e le proprie famiglie. 13 Perciocchè coloro che avranno ben servito si acquistano un buon grado, e gran libertà nella fede, ch'è in Cristo Gesù.
14 Io ti scrivo queste cose, sperando di venir tosto a te. 15 E se pur tardo, acciocchè tu sappi come si convien conversar nella casa di Dio, che è la chiesa dell'Iddio vivente, colonna e sostegno della verità. 16 E senza veruna contradizione, grande è il misterio della pietà: Iddio è stato manifestato in carne, è stato giustificato in Ispirito, è apparito agli angeli, è stato predicato a' Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria.

Commentario abbreviato:

1Timoteo 3

1 Capitolo 3

Le qualifiche e il comportamento dei vescovi secondo il Vangelo 1Tim 3:1-7

E dei diaconi e delle loro mogli 1Tim 3:8-13

Il motivo per cui scrivere di queste e altre questioni ecclesiali 1Tim 3:14-16

Versetti 1-7

Se un uomo desiderava l'ufficio pastorale e, per amore di Cristo e delle anime degli uomini, era pronto a rinnegare se stesso e a subire difficoltà dedicandosi a quel servizio, cercava di essere impiegato in un'opera buona e il suo desiderio doveva essere approvato, purché fosse qualificato per l'ufficio. Un ministro deve dare il minor numero possibile di occasioni di biasimo, per evitare di gettare discredito sul suo ufficio. Deve essere sobrio, temperato, moderato in tutte le sue azioni e nell'uso di tutte le comodità. Sobrietà e vigilanza sono messe insieme nella Scrittura, si aiutano a vicenda. Le famiglie dei ministri devono essere esempi di bene per tutte le altre famiglie. Dobbiamo fare attenzione all'orgoglio: è un peccato che ha trasformato gli angeli in diavoli. Il ministro deve godere di buona reputazione tra i suoi vicini e non deve avere rimproveri per la sua vita precedente. Per incoraggiare tutti i ministri fedeli, abbiamo la benevola promessa di Cristo: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28:20). Egli preparerà i suoi ministri per il loro lavoro, li aiuterà a superare le difficoltà e ricompenserà la loro fedeltà.

8 Versetti 8-13

I diaconi furono inizialmente incaricati di distribuire la carità della chiesa e di gestire i suoi affari, ma tra loro c'erano anche pastori ed evangelisti. I diaconi avevano una grande fiducia in loro. Devono essere uomini gravi, seri e prudenti. Non è opportuno che la pubblica amministrazione sia affidata a qualcuno, finché non lo si ritiene idoneo all'attività che gli è stata affidata. Tutti coloro che sono imparentati con i ministri devono fare molta attenzione a camminare come si addice al Vangelo di Cristo.

14 Versetti 14-16

La chiesa è la casa di Dio; Egli vi abita. La chiesa sostiene le Scritture e la dottrina di Cristo, come una colonna sostiene un annuncio. Quando una chiesa cessa di essere la colonna e il fondamento della verità, possiamo e dobbiamo abbandonarla, perché il nostro interesse per la verità deve essere il primo e il più grande. Il mistero della pietà è Cristo. Egli è Dio, che si è fatto carne e si è manifestato nella carne. Dio si è compiaciuto di manifestarsi all'uomo con il proprio Figlio, assumendo la natura dell'uomo. Pur essendo rimproverato come peccatore e messo a morte come malfattore, Cristo è stato risuscitato dallo Spirito e così è stato giustificato da tutte le false accuse di cui era stato caricato. Gli angeli lo assistettero, perché egli è il Signore degli angeli. I Gentili accolsero il Vangelo che i Giudei avevano rifiutato. Ricordiamo che Dio si è manifestato nella carne per togliere i nostri peccati, per riscattarci da ogni iniquità e per purificare a sé un popolo particolare, zelante delle buone opere. Queste dottrine devono essere dimostrate dai frutti dello Spirito nella nostra vita.

Commentario del Pulpito:

1Timoteo 3

1 

Fedele è il detto, perché questo è un detto vero, A.V; cerca il desiderio, A.V Fedele è il detto vedi sopra,. 1Timoteo 1:15 ,nota Questo si riferisce manifestamente a ciò che segue, non, come Crisostomo e altri, e margine del R.V, al detto che precede, ingetai; 1Timoteo 2:15 . Seeketh ojre letteralmente, allunga le mani dopo. È peculiare nel Nuovo Testamento delle Epistole pastorali e dell'Epistola agli Ebrei, sebbene comune nel greco classico vedi 1Timoteo 6:10; Ebrei 11:16 Il sostantivo urexiv, appetito, desiderio che si trova più volte nella LXX, è usato una volta da San Paolo Romani 1:27 L'ufficio di un vescovo; che significa qui, come ovunque nella Scrittura, quello di un presbitero, o sacerdote. jEpiskoph, nel senso di "l'episcopato", ricorre solo qui Atti 1:20 , dove è reso "vescovato" nell'A.V, e "sorvegliante" a margine del R.V., essendo la traduzione nella LXX del Salmo 108. 109., A.V dell'ebraico wOtd; qup, "il suo ufficio". Altrove, #Luca 19:44; 1Pietro 2:12; 5:6, significa "visita". Ma ejpiskopov, "vescovo" Versetto 2 - tranne che in 1Pietro 2:25 , dove è applicato a Cristo - significa sempre il sorvegliante del gregge particolare, - il presbitero Atti 20:28 ; Filippesi 1:1; Tito 1:7 e ejpiskopein le funzioni di tale ejpiskopov 1Pietro 5:2 rispetto a 1. Fu solo nell'età sub-apostolica che il nome di ejpisjopov fu limitato al capo sorvegliante che aveva "sacerdoti e diaconi" sotto di lui, come Timoteo e Tito. Forse questa applicazione della parola è nata dalle visite degli apostoli, e in seguito di uomini inviati dagli apostoli, come Timoteo e Tito, Tichico e Artema, per visitare le chiese, essendo solo occasionali e temporanee, come quelle dei visitatori. Poiché tale visita occasionale è implicita nel verbo ejpiskeptesqai Matteo 25:36,43; Luca 1:68,78; Atti 7:23, 15:36; Giacomo 1:27 In seguito, quando i bisogni delle Chiese richiesero una sorveglianza permanente, il nome ejpiskopov — vescovo It., eueque Fr., bischof Get., bisceop A.S., aipiskaupus Moeso-Goth., ecc. — divenne universale per il capo sorvegliante della Chiesa. Un buon lavoro kalou ergou, non ajgaqou, come Versetto 10. Kalou significa "onorevole", "divenire", "benefico" e simili

Versetti 1-16.

Il clero

Era uno dei doveri più gravosi affidati a Timoteo, quando fu chiamato ad essere il capo spirituale della Chiesa di Efeso, prendersi cura che i sacerdoti e i diaconi fossero uomini ben qualificati per il loro sacro ufficio. La condizione di una congregazione dipende in larga misura dal carattere spirituale di coloro che vi prestano servizio, che la scelta di persone adatte a servire nel sacro ministero della Chiesa di Dio è una questione di vitale importanza per il benessere del popolo, e richiede la massima saggezza e fedeltà di coloro che hanno la supervisione principale della casa di Dio. Di conseguenza, San Paolo stabilisce con grande cura le qualifiche rispettivamente dei sacerdoti e dei diaconi. Per il sacerdote un carattere irreprensibile sia all'esterno che all'interno della Chiesa, al fine di assicurare il rispetto; una vita di castità, affinché il suo esempio non dia alcun favore a una moralità lassista; rigorosa temperanza nell'uso del cibo e delle bevande, sia per se stesso che come esempio per gli altri; una mente e un comportamento seri e sobri, come si addice a chi vive vicino a Dio e maneggia cose sante; una grande ospitalità, come uno che considera tutto ciò che ha per appartenere alla Chiesa, di cui è servo; attitudine a insegnare le dottrine del Vangelo e piacere nell'insegnare; un'indole placabile e gentile, che aborriva le risse e le liti e studiava la pace con tutti gli uomini; l'assenza di ogni avidità e cupidigia, come uno la cui conversazione è in cielo, e come uno determinato a essere giusto e imparziale in tutti i suoi rapporti con gli uomini; -queste sono le cose necessarie per chi è sacerdote nella Chiesa di Dio. Ma oltre a queste qualifiche strettamente personali deve avere una casa ben ordinata. La sua famiglia deve portare le tracce di una disciplina paterna gentile ma ferma. Colui che è un governante nella casa di Dio deve mostrare di poter governare i suoi propri figli e servitori; e una parte della serietà e della sobrietà dell'uomo di Dio deve essere vista nei membri della sua famiglia. Per quanto riguarda i diaconi, anch'essi devono essere seri nel loro comportamento e nella loro conversazione; in tutti i loro rapporti privati con i membri della Chiesa in cui servono, devono essere vistosamente onesti e ingenui. In tutti i rapporti sociali devono mostrarsi temperati e astemi. Nel maneggiare il denaro pubblico e nel fare l'elemosina dei fedeli, devono chiarire che nessuno si attacca alle loro dita e che non hanno alcun occhio da guadagnare nel ministero che intraprendono. Lo spirito del loro ministero deve essere "tutto per amore e nulla per ricompensa". Né devono essere solo uomini onesti; devono essere credenti devoti nel Signore Gesù Cristo, completamente istruiti nel mistero della fede cristiana, e adornando quella fede con la loro santità personale. Per quanto riguarda le loro famiglie, vale per loro la stessa regola che per i sacerdoti. Come i sacerdoti, essi ricoprono un ufficio nella Chiesa di Dio; essi svolgono il loro ministero in quel tempio dove la pura verità di Dio è fissata e stabilita per sempre; essi sono gli espositori, con i sacerdoti, del grande mistero della pietà, del Verbo incarnato, del Gesù predicato, del Cristo glorificato. Quale doveva essere, allora, il loro carattere; Quanto in alto al di sopra delle cose terrene, quanto strettamente assimilato alla gloriosa santità del cielo!

OMELIE DI T. CROSKERY

versetto 1.

Il pastorato cristiano è un'opera buona

L'apostolo, dopo aver regolato nel capitolo precedente il culto della congregazione e averlo posto nelle mani degli uomini, non delle donne, procede ora a descrivere le qualifiche dei pastori delle congregazioni, come se implicasse che il pastorato non appartenesse a tutti gli uomini

L 'UFFICIO DI PASTORE È UN BUON LAVORO. "Fedele è il detto: Se uno cerca l' ufficio di pastore o di 'vescovo', desidera un'opera buona".

1. L'ufficio in questione era ricoperto da persone chiamate con i due nomi di vescovo e anziano

1 L'apostolo usa i termini dello stesso ufficio Tito 1:5-7

2 I termini provenivano da due ambienti diversi. Il termine "anziano" o "presbitero" era di origine ebraica, ed era precedente all'altro, essendo stato a lungo in uso nell'amministrazione della sinagoga. Aveva rispetto principalmente per l'età di coloro che presiedevano la comunità religiosa, ma venne di lì a poco, e specialmente nella Chiesa cristiana, a significare il suo capo, ed era un titolo di dignità e gravità. L'altro termine, "vescovo", proveniva dal mondo greco, ed era una designazione dei doveri dell'ufficio che implicavano una supervisione delle Chiese

3 Il termine "vescovo" è, quindi, per lo più impiegato dalle Chiese in Asia più arie, costituite da greci convertiti, ma il termine ebraico "anziano" aveva la precedenza su di esso in quella fase precedente in cui la Chiesa consisteva in un nucleo di ebrei convertiti. A Creta, dove gli elementi greci ed ebrei erano più o meno ugualmente potenti, vengono usati entrambi i termini

2. L'ufficio in questione è un buon lavoro. Questa era una delle parole fedeli dell'apostolo. Era

1 un lavoro, non una sinecura, o titolo d'onore, ma un ufficio laborioso, e quindi i pastori sono chiamati "operai nella Parola e nella dottrina";

2 un'opera buona, essendo eccellente in se stessa e nei suoi scopi per il bene degli uomini e la gloria di Dio

II IL PASTORATO È UN DEGNO OGGETTO DI AMBIZIONE. "Egli desidera un'opera buona". Può essere lodevolmente desiderato, non come un ufficio di profitto o di onore, ma con un riguardo supremo alla gloria di Dio e al benessere dell'uomo, e non dovrebbe essere intrapreso se non da coloro che hanno un vero piacere e piacere nell'agire secondo questi grandi principi.

OMELIE DI R. FINLAYSON

Versetti 1-13.

Qualifiche di tre classi di funzionari

I QUALIFICHE DI UN VESCOVO. Direzione preliminare a Timoteo. "Fedele è il detto: Se uno cerca l'ufficio di vescovo, desidera un'opera buona". L'idea scritturale dell'episcopato è quella della sorveglianza, cioè delle anime. Un vescovo era colui che aveva il dovere di sorvegliare una congregazione nelle questioni spirituali, essendo, per quanto riguarda la gravità e la dignità, chiamato presbitero o anziano. Timoteo doveva incoraggiare chiunque cercasse di entrare nell'episcopato. Nei circoli cristiani c'era da fare affidamento sul detto: "Se uno cerca l'ufficio di vescovo, desidera un'opera buona". Non è una sinecura, ma un lavoro o un'occupazione che mette a dura prova le energie. La sua eccellenza risiede nel rispetto per i più alti interessi degli uomini. Ma se voleva favorire l'ingresso nell'episcopato, non doveva farlo senza tener conto delle debite qualifiche che gli aveva dato. "Il vescovo quindi deve essere irreprensibile". Questa è una qualifica generale. Un ministro non deve essere scelto senza riguardo al carattere. Se un uomo dà giusto motivo di biasimo — non ha carattere dietro i suoi doni — non è adatto per l'ufficio di un ministro, che è quello di influenzare gli uomini nella produzione del carattere cristiano. "Il marito di una sola moglie". Alcune alte autorità ritengono che la contrazione di un secondo matrimonio, anche dopo la morte della prima moglie, costituisse un'interdizione per l'ufficio di vescovo. Ma questo divieto per gli ecclesiastici di ciò che nel Nuovo Testamento è espressamente permesso agli altri, sembra appartenere a un ascesi post-apostolico. Il linguaggio sembra essere diretto contro "qualsiasi deviazione dalla moralità riguardo al matrimonio, sia per concubinato, poligamia o seconde nozze improprie". "Temperato, sobrio, ordinato". Colui che deve essere scelto come ministro deve essere temperante, cioè deve avere padronanza dei suoi desideri e del suo temperamento. Deve anche essere sobrio, cioè deve portare buon senso nella considerazione di tutte le questioni, deve anche essere ordinato, cioè deve avere amore per le buone regole. "Dedito all'ospitalità". Deve essere elevato al di sopra di ogni meschinità verso coloro che dovrebbe intrattenere. Come può egli lodare la generosità di Dio, se è avaro nei suoi affari? "Adatto a insegnare." Questa è una qualifica speciale. Con tutto ciò che è giusto, assennato e persino amabile nel suo carattere, deve avere abilità nell'insegnare, nell'aprire la Parola e nell'applicarla per tutti i suoi usi ai bisogni degli uomini. Per quanto eccellente sia il carattere di un uomo, egli non è adatto ad essere un ministro se non è in grado di maneggiare abilmente la verità divina. "Nessun attaccabrighe, nessun attaccante; ma gentile, non polemico". Una squalifica è essere litigiosi per il vino, e di conseguenza venire alle mani. D'altra parte, deve essere gentile; cioè, mentre deve essere completamente ragionevole, deve essere gentile e tollerante, rinunciando anche ai suoi diritti per ottenere il suo fine come ministro, cioè il bene spirituale di coloro con cui ha a che fare. È una squalifica essere litigiosi, cioè essere nel proprio elemento, e cedere il passo a sentimenti empi, nel combattere. "Non amante del denaro". È un'ulteriore squalifica avere un desiderio strisciante per il denaro, invece di avere un senso di responsabilità riguardo al suo corretto uso. "Uno che governa bene la propria casa, tenendo i suoi figli in soggezione con ogni gravità". Questa è, da un certo punto di vista, una qualifica ordinaria, in quanto è ciò che ci si aspetta da chiunque sia in autorità in una casa. Ci si aspetta anche da un uomo che non è qualificato per insegnare che può governare bene la propria casa, cioè stabilire regole appropriate per la sua casa e fare in modo che vengano eseguite. L'idea dell'apostolo di governare bene la casa, è quella di avere i figli in soggezione con tutta la gravità. "Nella frase 'tutta gravità' egli si riferisce a un tipo di obbedienza che tocca le note più profonde del principio e del carattere. Al contrario, c'è un'obbedienza senza principio, che è obbedienza con tutta la leggerezza; ciò che è pagato alla mera volontà e alla forza; quello che è un altro nome per la paura; ciò che si compra con promesse e si paga con le indulgenze; ciò che rende un servitore del tempo, o un codardo, o un impostore bugiardo, a seconda dei casi, e non un cristiano. Quest'ultimo, ciò che rende un cristiano, è lo scopo di ogni vero governo, e non dovrebbe mai essere perso di vista per un'ora. Parentesi che mostra come un vescovo dovrebbe essere in grado di governare bene la propria casa. "Ma se uno non sa governare la propria casa, come avrà cura della Chiesa di Dio?" Un vescovo deve gestire gli uomini. La Chiesa di Dio è la famiglia allargata e accresciuta. Se uno fallisce nella sfera inferiore, come ci si può aspettare che riesca nella sfera superiore? Anche Confucio aveva detto prima di allora: "È impossibile che chi non sa come governare e riformare la propria famiglia debba governare e riformare correttamente un popolo". "Non un novizio, per non cadere nella condanna del diavolo essendo gonfio". Per un novizio dobbiamo intendere un recente convertito al cristianesimo. Un tale essere necessariamente inesperto nella verità, e anche nella malvagità del proprio cuore, era inadatto all'ufficio. E la sua nomina in carica era destinata ad avere un effetto negativo su di lui. L'introduttore del male nell'universo era in una posizione elevata, ma cedeva a un sentimento di orgoglio. Il modo in cui operava questa sensazione è descritto da una parola, che significa avvolto dal fumo, come se questo fosse il tipo di atmosfera che l'orgoglio getta intorno a una persona. In qualche questione in cui era coinvolto il suo rango, sotto l'annebbiamento dell'orgoglio, invece di piegarsi alla volontà di Dio, che sarebbe stata la sua approvazione, egli affermava la sua presunzione, che era la sua condanna. Cantici il novizio, invece di essere appesantito dalle responsabilità dell'ufficio, è più probabile, sotto l'offuscamento dell'orgoglio causato dalla sua elevazione, di cadere nella condanna del diavolo. "Inoltre, egli deve avere una buona testimonianza da quelli che sono senza, per non cadere nel biasimo; e il laccio del diavolo". Deve essere in grado di ottenere il rispetto dei non cristiani, specialmente per il suo agire in modo coerente con le sue professioni. Poiché se cade così in basso da non essere rispettato da quelli, allora questa mancanza di rispetto sarà sicuramente usata come un laccio da Satana per la sua distruzione

II QUALIFICHE DEI DIACONI. "Diaconi allo stesso modo". I diaconi, originariamente gli elemosinieri della Chiesa, vennero considerati come assistenti degli edredoni, avendo la supervisione degli affari temporali come questi degli affari spirituali di una congregazione. "Dev'essere grave." Devono sentire la responsabilità della vita, e specialmente la responsabilità connessa con il loro ufficio. "Non doppiogiochista, non dedito a molto vino, non avido di sporco guadagno". Delle tre interdizioni, la prima riguarda una tentazione connessa con il desiderio del favore pubblico, la seconda riguarda una tentazione connessa con il godimento dell'ospitalità, la terza riguarda una tentazione connessa con l'uso dell'ufficio. Chi serve Dio nella gestione delle cose temporali di una congregazione deve essere libero da ossequiosità, da abitudini intemperanti, da avarizia. "Custodire il mistero della fede in una coscienza pura". Il loro dovere verso la verità, considerata come l'oggetto della fede che prima era nascosta agli uomini, non era quello di insegnarla, ma di custodirla in una vita santa, caratterizzata dal potere che ha a che fare con la sua produzione. "E anche questi siano prima provati; Servano dunque come diaconi, se sono irreprensibili". I diaconi, non più dei vescovi, dovevano essere messi improvvisamente in carica. Doveva essere data l'opportunità di metterli alla prova e, se si fosse trovato irreprensibile nella stima di coloro che avevano avuto l'opportunità di osservare la loro condotta, dovevano essere nominati al servizio

III QUALIFICHE DELLE DIACONESSE. "Le donne allo stesso modo". L'apostolo non ha ancora dato tutte le qualifiche dei diaconi; Dobbiamo, quindi, pensare a queste donne come strettamente associate al diaconato. Potremmo pensare alle mogli dei diaconi, ma, poiché non è stato detto nulla sulle mogli dei vescovi, e poiché l'inserimento della frase "in modo simile" ci porta a pensare all'elezione delle donne all'ufficio, è meglio pensare alle diaconesse. Abbiamo un esempio di diaconessa in Febe di Cencrea, menzionato in Romani 16:1 . Probabilmente erano assistenti allo stesso modo dei diaconi, in quanto avevano la cura dei malati e degli indigenti. "Deve essere serio, non calunniatore, temperante, fedele in ogni cosa". Era giusto che coloro che erano impegnati in tale servizio fossero donne serie o libere da frivolezze. Non dovevano andare in giro di casa in casa come portatori di cattive notizie. Dovevano essere moderati, o liberi da ogni eccitazione empia. Ed essi dovevano essere fedeli in ogni cosa, non abusando del loro incarico

IV RIPRESERO LE QUALIFICHE DEI DIACONI. "I diaconi siano mariti di una sola moglie, governando bene i loro figli e la loro casa". In questi due particolari l'apostolo esige dai diaconi le stesse qualifiche che dai vescovi. "Poiché quelli che hanno servito bene come diaconi acquistano per se stessi una buona reputazione e grande franchezza nella fede che è in Cristo Gesù". Qui è preferibile l'antica traduzione: "acquistano a se stessi un buon grado". L'idea è che ottengano per se stessi un gradino, o che si alzino più in alto. A quei tempi questo poteva significare la loro elevazione all'episcopato. Ottengono anche l'intrepidezza cristiana, come era particolarmente richiesta in quei giorni di pericolo. Per alzarsi e incontrare difficoltà maggiori, andate insieme.

2 

I fori, A.V; quindi per allora, A.V; senza rimprovero per l'irreprensibile, A.V; temperato per vigile, A.V; sobrio per sobrio, A.V; inserviente per di buona condotta, A.V Il vescovo vedi nota al Versetto 1; "un vescovo" è un inglese migliore. Senza rimprovero ajnepilhptov; solo qui 1Timoteo 5:7 e 6:14 nel Nuovo Testamento; non si trova da nessuna parte nella LXX, ma usato da Tucidide, Euripide e altri, nel senso di "non attaccabile", "irreprensibile". Si dice anche se negata da altri che la metafora provenga dalla lotta o dalla boxe, quando un uomo non lascia nessuna parte del suo corpo esposta all'attacco del suo avversario. Il marito di una sola moglie comp. Tito 1:6 Tre sensi sono possibili. Il passaggio può essere compreso

1 come richiedere a un vescovo o presbitero di avere una moglie, e così alcuni lo presero anche al tempo di Crisostomo sebbene egli non lo capisca così, e così lo intende la Chiesa russa;

2 nel senso che gli vieta di averne più di uno alla volta;

3 come proibizione delle seconde nozze per sacerdoti e vescovi. Il vescovo Wordsworth, il vescovo Ellicott e il decano Alford, tra i commentatori inglesi, sono tutti d'accordo nel pensare che 3 sia il significato dell'apostolo. Nonostante tale consenso, sembra al massimo grado improbabile che San Paolo abbia posto una tale condizione per il sacerdozio. Non c'è nulla nei suoi scritti quando tratta espressamente delle seconde nozze Romani 7:2,3; 1Corinzi 7:8,39 che suggerisca l'idea che ci sia qualcosa di disdicevole in un secondo matrimonio, e ovviamente getterebbe un grande insulto sulle seconde nozze se fosse stabilito come principio che nessuno che si è sposato due volte è degno di essere un ejpiskopov. Ma se consideriamo il generale lassismo riguardo al matrimonio, e la facilità del divorzio, che prevaleva tra gli ebrei e i romani in quel tempo, deve essere stata una cosa comune per un uomo avere più di una donna vivente che era stata sua moglie. E questo, come una chiara violazione della legge primordiale, Genesi 2:24 sarebbe propriamente un ostacolo per chiunque fosse chiamato all'"ufficio di vescovo". Lo stesso caso è supposto in 1Corinzi 7:10-13 . Ma è del tutto privo di supporto da parte di alcun passaggio della Scrittura che un secondo matrimonio debba squalificare un uomo per il sacro ministero. Per quanto riguarda l'opinione della Chiesa primitiva, essa non era affatto uniforme, e tra coloro che sostenevano che questo passaggio proibiva assolutamente le seconde nozze nel caso di un episcopus, era semplicemente una parte dell'ascetismo dell'epoca. Naturalmente, scrittori come Origene e Tertulliano lo sostenevano. L'opinione molto antica che Giuseppe, il marito di Maria, abbia avuto figli da una precedente moglie, che trova posto nel Protovangelo di Giacomo 9 , è poco coerente con la teoria della discredito delle seconde nozze. Allo stesso modo, la frase in 1Timoteo 5:9 , ejnov ajndro, è meglio spiegata in conformità con la dottrina dell'apostolo circa la liceità del secondo matrimonio di una donna, nel senso che era il marito di un solo uomo, finché il marito era in vita. Per le principali opinioni patristiche sull'argomento, vedi la nota del vescovo Wordsworth, e le "Antichità cristiane" di Bingham, libro 4. 1Timoteo 5 . Temperato nhfalion; peculiari delle Epistole pastorali, vedi Versetto 11 e Tito 2:2 , ma si trovano in greco classico. Il verbo nhfein significa "essere sobrio" 1Tessalonicesi 5:6; 2Timoteo 4:5; 1Pietro 1:13; 4:7; 5:8 Denota quell'uso moderato di cibo e bevande che mantiene la mente vigile e vigilante, e poi lo stato d'animo stesso prodotto in tal modo. Lo stato d'animo opposto è descritto infrona; Luca 21:34 . Sobrio sw nel Nuovo Testamento solo qui e in Tito 1:8;2:2,5 . Ma lo swfrone si trova nei Vangeli e nelle Epistole; swfronizw swfronismov swfronwv, nelle Epistole pastorali; e swfrosunh in 1Timoteo 2:15 dove vedi nota Orderly kosmion vedi 1Timoteo 2:9 ,nota Data to hospitality filoxenon; come Tito 1:8 e 1Pietro 4:9 Il sostantivo filoxenia si trova in Romansn; Ebrei 13:2 . Adatto a insegnare didaktiko solo qui e 2Timoteo 2:24 , e Filone, ' Deuteronomio Proemio. et Virt.,' 4 Huther. La parola classica è didaskalikov, anche se principalmente applicata alle cose. Nel passo sopra citato di 1Pietro 4 . i doni del parlare e del ministrare sono, come qui, posti accanto a quello dell'ospitalità

Le qualifiche positive del pastore cristiano

L'apostolo espone prima quelle qualifiche che rispettano la vita personale del pastore, e poi quelle che riguardano la sua vita familiare. Le sue qualifiche personali sono quelle di un ordine spirituale e morale presentato positivamente

DOVREBBE ESSERE IRREPRENSIBILE. Può essere difficile per un uomo fedele evitare la censura di una società critica, ma deve essere irreprensibile in quanto non colpevole di alcuno scandalo e, soprattutto, libero dai vizi enumerati sotto l'aspetto negativo delle sue qualifiche. Deve essere tenuto in alta reputazione morale dalla comunità che lo circonda

II DEVE ESSERE IL MARITO DI UNA SOLA MOGLIE

1. Questo condanna la regola del celibato nella Chiesa di Roma. È del tutto assurdo dire che "l'unica moglie" è la Chiesa; poiché il contesto considera il ministro come avente relazione sia con una Chiesa che con una moglie Versetto 5. Inoltre, queste idi romane avrebbero reso la Chiesa la moglie di molti mariti. Dove l'apostolo, nel settimo capitolo di 1 Corinzi, sembra favorire una condizione di celibato "a causa dell'attuale angoscia", non è a causa di una santità superiore appartenente allo stato di celibe, ma perché a volte offre una migliore opportunità di perseguire l'opera cristiana in condizioni difficili

2. Non obbliga necessariamente i pastori a sposarsi, come la Chiesa greca, che tuttavia riserva in modo incoerente i suoi vescovati ai monaci non sposati. Ma dà chiaramente la preferenza a un ministero coniugale

3. Ciò non significa che un pastore debba evitare un secondo matrimonio - come generalmente lo intendevano i Padri greci sotto la crescente influenza dell'ascetismo orientale - perché l'apostolo autorizza tali matrimoni; 1Corinzi 7:1 e, in secondo luogo, perché un nuovo matrimonio non fa di un pastore più del marito di una sola moglie

4. Sembra, quindi, che il pastore dovesse essere "il marito di una sola moglie", evitando la poligamia che era allora così comune tra gli ebrei, e il sistema di divorzio ancora così comune in quell'epoca, e rimanendo fedele alla moglie di sua scelta

III SOBRIO. Deve essere non solo così nel mangiare e nel bere, ma vigilare su se stesso, sul suo lavoro e sulle sue azioni

IV DISCRETO. Con un buon giudizio e una buona comprensione, capace di dirigersi saggiamente in mezzo a situazioni difficili

V ORDINATO. Con una debita proporzione nella sua vita, modesto nel portamento, cortese con tutti, di temperamento calmo e di contegno grave

VI DEDITO ALL'OSPITALITÀ. In un'epoca in cui i cristiani viaggiavano da un luogo all'altro ed erano esposti ai rischi della cattiva compagnia nelle locande pubbliche, era importante che i pastori fossero in grado di mostrare ospitalità e di assistere con i loro consigli così come con le necessità della vita

VII ADATTO A INSEGNARE. Il pastore deve avere la capacità di impartire la conoscenza cristiana, la capacità di interpretare la Scrittura, di spiegare le sue dottrine, di far rispettare i suoi precetti e di difenderla contro gli errori di ogni classe. Deve possedere i doni della parola e della conoscenza. Deve avere sia "abilità che volontà, abilità e destrezza, non essendo né ignorante del suo dovere né negligente nell'adempimento di esso". —T.C

3 

Nessun attaccabrighe per non dato al vino, A.V; il R.T. omette la clausola mh aijsxrerdh; delicato per il paziente, A.V; polemico per un attaccabrighe, A.V; non amante del denaro, perché non avido, A.V Nessun attaccabrighe mhroinon; solo qui andniov, Tito 1:7 ; ma, così come paroi comune nel greco classico, nel senso di "litigante per il vino". In Matteo 11:19 e thv. Luca 7:34 "bevitore di vino" è oijnopo Ina. 1Pietro 4:3 la parola per "eccesso di vino" è oijnoflugi No striker mhkthn; solo qui e Tito 1:7 . È usato, anche se raramente, in greco classico per indicare un "attaccante", "attaccabrighe". C'è solo una debole autorità manoscritta per la lettura nel T.R., mh aijscrokerdh, non data al sudicio guadagno, che si pensa sia derivato da Tito 1:7 v.. L'evidenza interna, tuttavia, è a suo favore, poiché si vuole che qualcosa corrisponda ad ajfilarguron, proprio come paroinon e plhkthn corrispondono rispettivamente a ejpieikh e at, amacon. Gentile ejpieikh; come Tito 3:2 . Cantici è reso anche nell'A.V di Giacomo 3:17 ; a 1Pietro 2:18 . È molto comune nel greco classico, nel senso di "giusto", "adatto", delle cose; e di "giusto", "gentile", "gentile", delle persone. Il sostantivo ejpieikei significa "clemenza", "gentilezza", #2Corinzi 10:1 Non controverso amacon; solo qui e Tito 3:3 nel Nuovo Testamento, e in Eccl. 19:5 nell'edizione Complutense. È usato in questo senso anche in Eschilo, 'Persse', 955, sebbene il suo significato più comune nel greco classico sia "invincibile". Non amante del denaro ajfilarguron; solo qui e Ebrei xiii,5. JAfilarguria si trova in Ippocrate. Il filargurov positivo, filarguria, si verifica in 1Timoteo 6:10; 2Timoteo 3:2; Luca 16:14 . Né l'A.V né la R.V conservano del tutto la forma della frase originale, dove le tre qualità negative mhroinon mhkthn mh aijscrokerdh, T.R sono seguite da tre qualità positive ejpioikh amacon ajfilarguron: "gentile", "pacifico" e "indifferente al denaro"

Le qualifiche negative del pastore cristiano

NON SONO VIOLENTO PER IL VINO. Alludendo non tanto all'ubriachezza quanto al temperamento rumoroso e litigioso che si genera bevendo vino. La parola condanna implicitamente sia la causa che l'effetto

II NESSUN ATTACCANTE. In evidente allusione al precedente temperamento. Il pastore non deve mai alzare la mano in segno di rabbia o violenza

III TOLLERANTE. Ragionevole e gentile, piuttosto disposto a prendere il torto che a vendicarlo

IV NON CONTROVERSO. Né litigioso né litigioso, che cerca la pace con tutti gli uomini

V NON AMANTE DEL DENARO. Deve sembrare perfettamente disinteressato, non mercenario nei suoi scopi, non cercando le sue cose piuttosto che le cose di Gesù Cristo; ma, al contrario, egli stesso deve essere generoso, ospitale e gentile, con un cuore e una mano sempre pronti ad alleviare l'angoscia. — T.C

4 

Uno che governa bene la propria casa. L'ejpiskopov è colui che deve presiedere e governare proistasqai la casa di Dio 1Timoteo 5:17; Romani 12:8; 1Tessalonicesi 5:12 come sommo sacerdote era chiamato "capo della casa di Dio" 1Cronache 9:11; Neemia 11:11 Cantici in Giustino Martire il vescovo è chiamato oJ proestwv twn ajdelfwn 'Apologia', 11 e semplicemente oJ proestwv, e similmente inmenoi Ebrei 13:7 il clero è oiJ hJgou uJmwn, "colui che ha il dominio su di te". Quanto è necessario, dunque, che egli governi bene la sua casa e abbia i suoi propri figli in soggezione! La testimonianza data in questo passaggio a un clero sposato è troppo chiara per aver bisogno di qualsiasi commento. In soggezione ejn uJpotagh; come sopra, 1Timoteo 2:11 , dove vedi nota. Per il senso, comp.thtov, Tito 1:6 , che ci porta ad applicare le parole, con tutta la gravità semno al contrario di "tumulto", ajswtia, ai bambini. I figli dell'ejpiskopov devono mostrare quella serietà e sobrietà di condotta che è in accordo con l'ufficio del loro padre, meta, insieme, come in 1Timoteo 1:14

Versetti 4, 5.

Il pastore cristiano nella sua vita domestica

L'apostolo si rivolge qui alla vita familiare del pastore come a un elemento importante che influenza l'esame pubblico del suo carattere

I L'IMPORTANZA DI UNA CASA BEN ORDINATA. "Uno che governa bene la propria casa, tenendo i suoi figli in soggezione con ogni gravità".

1. Il pastore non è un recluso ascetico, ma partecipa alla vita quotidiana del mondo

2. Deve avere fermezza e autorità per governare la sua famiglia: moglie, figli e servi; non pigro nel suo governo come il vecchio Eli, ma fedele come Abramo, che non solo insegnò, ma comandò ai suoi figli e alla sua casa di osservare la via del Signore

3. Egli deve governare con dolcezza ma con fermezza, in modo che, pur assicurando la sottomissione nella sua casa, crei quella gravità di comportamento che accompagna la grazia dell'obbedienza nei bambini allevati sotto una padronanza saggia e amorevole

II LA CASA BEN ORDINATA LA PROVA DI IDONEITÀ AL GOVERNO DELLA CASA DI DIO. "Se infatti uno non sa governare la propria casa, come avrà cura della Chiesa di Dio?"

1. L'argomento è dal meno al maggiore. La famiglia è la sfera minore, la Chiesa la famiglia più grande. La famiglia ha bisogno di molta prudenza, di cura, di previdenza, di affetto. Ma mentre è la sfera più ristretta, è governata con vantaggi particolari, derivanti dai sentimenti di amore e di dipendenza da parte dei figli. Se qui c'è un fallimento, c'è un'evidente inadeguatezza per l'amministrazione più ampia e complessa della Chiesa

2. La Chiesa di Dio deve essere oggetto di ansiosa cura per il pastore. La parola greca implica questo pensiero. L'apostolo stesso aveva su di sé la cura di tutte le Chiese. Ma il pastore ha cura dei singoli membri del suo gregge, di cercare la conversione dei peccatori, di istruire gli ignoranti, di guidare i perplessi, di confortare i dubbiosi, di controllare i ribelli e di difendere il gregge dagli errori. "Chi è sufficiente per queste cose?" —T.C

5 

Ma per per, A.V, sa per sapere, A.V

6 

Gonfio per sollevato d'orgoglio, A.V Un novizio neofuton; solo qui nel Nuovo Testamento, ma si trova ripetutamente nella LXX nel suo senso letterale di "un albero" o "piantagione" appena piantato Salmi 127:3;128:3 ,A.V; 144:12; Isaia 5:7 Qui il novizio o neofita è uno che si è convertito di recente ed è stato accolto nella Chiesa comp. Isaia 61:3 Come tale non è ancora adatto ad essere un governante e un maestro dei fratelli. Il motivo è il seguente. Per non essere gonfio, egli cade nella condanna del diavolo. Tufwqeiv, gonfio, è peculiare nel Nuovo Testamento delle epistole pastorali 1Timoteo 6:4; 2Timoteo 3:4 da tufov, fumo comp. linon tufomenon, "lino fumante", Matteo 12:10 L'idea sembra essere "leggerezza", "vuoto" ed "euforia". Alcuni aggiungono quello di "oscuramento" come per fumo; tufow, avvolgere nel fumo; tetufwmai, essere avvolto in nuvole di presunzione e follia Liddell e Scott. La condanna del diavolo. Una frase un po' oscura. Significa che o

1 la stessa condanna in cui il diavolo è caduto per orgoglio, - e così la prendono Crisostomo, Olshausen, il vescovo Ellicott, Wordsworth, Alford, ecc.; o

2 La condanna o l'accusa del diavolo. In quest'ultimo caso, krima sarebbe usato nello stesso senso di krisiv in Giuda 1:9 , e significherebbe l'accusa preferita contro di lui da "l'accusatore dei fratelli" Giobbe 1:9; 2:4,5 Uno dei significati di krinw è "accusare", come kathgorein Liddell e Scott. E questa visione concorda con l'ojneidismon kaida tou diabolou nel Versetto 7, che significa non la trappola in cui è caduto il diavolo, ma la trappola tesa dal diavolo. Rimane dubbio quale sia il vero senso, ma

3 sembra, nel complesso, il più probabile. Il diavolo tou diabolou può significare solo Satana, Matteo 4:1;13:39 ,ecc., anche se forse concepito come se parlasse per bocca di traditori e diffamatori della Chiesa, come in Versetto 7

Il pastore non deve essere un novizio

"Non è un principiante."

I VANTAGGI DELL'ESPERIENZA IN UN PASTORE. L'apostolo non si riferisce alla giovinezza, ma all'inesperienza. Eppure la qualifica deve essere considerata in modo relativo; a seconda delle circostanze, potrebbe essere necessaria una prova più lunga o più breve. La Chiesa di Efeso era stata stabilita abbastanza a lungo da ammettere che fosse stata fatta una selezione di uomini di esperienza e saggezza cristiana. È significativo notare che non viene assegnata un'età definita per i candidati al ministero. In una Chiesa come quella di Efeso, minacciata dall'eresia all'interno e dalla violenza all'esterno, era necessario che gli anziani fossero uomini con una rara comprensione dei misteri della fede e con un grande fondo di esperienza santificata

II LA RAGIONE O IL FONDAMENTO DEL CONSIGLIO DELL'APOSTOLO. "Per timore che, essendo infatuato dell'orgoglio, cada nella condanna del diavolo".

1. Il rischio del novizio è un'indebita esaltazione, derivante dal pensiero della dignità del suo ufficio e della stima in cui è tenuto a motivo dei suoi doni. Il suo giudizio si offuscherebbe così ed egli non riuscirebbe a vedere la vera relazione delle cose

2. La conseguenza sarebbe la sua caduta sotto la stessa condanna pronunciata contro il diavolo. Così un orgoglio accecante avrebbe ricevuto la sua giusta punizione

3. È evidente che l'apostolo credeva nell'esistenza di uno spirito maligno personale, l'avversario di Dio e dell'uomo. È altrettanto evidente che egli considerava la caduta del diavolo come un indizio dell'orgoglio, e che lo considerava il tentatore dell'uomo.

7 

Buona testimonianza da per un buon rapporto di, A.V; quello per cui, A.V Buona testimonianza marturian kalhn vedi 1Timoteo 5:10 Cantici si dice di Timoteo stesso che ejmartureito, "era ben ricordato dai fratelli" Atti 16:2 In conformità con questa regola, sono richieste lettere di testimonianza a tutte le persone da ordinare, all'importanza del carattere in un ecclesiastico comp. 2Corinzi 6:3 Coloro che sono senza twn exwqen; usato in Matteo 23:27; Luca 11:39; 1Pietro 3:3; Apocalisse 11:2 , ecc., di ciò; che è esterno o esterno letteralmente, come l'esterno della coppa, l'ornamento esterno del corpo, l'esterno del sepolcro, il cortile esterno del tempio. È sinonimo della forma più comune, e Per la frase "quelli che sono fuori" oiJ exw, applicata a coloro che non sono membri della Chiesa, vedi Marco 4:11; Giovanni 9:34,35; 1Corinzi 5:12,13; Colossesi 4:5; 1Tessalonicesi 4:12 Il contrario è esw eswqen 1Corinzi 5:12; Matteo 23:25 ,ecc. Cantici essoterici ed esoterici, di dottrine destinate rispettivamente al mondo esterno o alla cerchia ristretta dei discepoli. Biasimo ojneidismon; i rimproveri contro le ingiurie lanciate su di lui dai non credenti Romani 15:3; Ebrei 10:33;11:26;13:13 Il verbo ojneidizein ha lo stesso senso 1Timoteo 4:10; Matteo 5:11; Marco 15:32; Luca 6:22; 1Pietro 4:14 e così in greco classico. Questo rimprovero è ulteriormente descritto come il laccio del diavolo comp. 1Timoteo 6:9; 2Timoteo 2:26 perché è attraverso queste ingiurie che il diavolo cerca di indebolire il potere del suo ministero e di spaventarlo dall'esercizio di esso. Il genitivo tou diabolou dipende solo da pasida, non da ojneidismon. Il kai non indica che ci sono due cose separate in cui cade, ma aggiunge, come descrizione dell'ojneidismov, che è "una trappola del diavolo". L'idea in 1Pietro 5:8 è analoga. Lì è con le afflizioni che il diavolo cerca di divorare il discepolo che è debole nella fede. Quelle afflizioni potrebbero essere descritte come pagida tou diabolou, "una trappola del diavolo", tesa per le anime deboli

Il pastore deve avere una preparazione onesta davanti al mondo

Deve stare bene sia fuori che dentro la Chiesa

I L'IMPORTANZA DI UNA REPUTAZIONE SENZA MACCHIA. "Ma deve anche avere una buona testimonianza da quelli che sono di fuori".

1. È un errore ignorare o sfidare l'opinione del mondo in questioni che rientrano equamente nel suo giudizio. Ciò che facciamo non solo dovrebbe essere "accettevole a Dio, ma approvato dagli uomini" Romani 14:18 "Non si parli male del vostro bene" Romani 14:16 Il mondo comprende i principi della giustizia naturale. Il ministro non può violarli senza perdere la reputazione e l'influenza

2. Una vita irreprensibile è calcolata per fare una profonda impressione sul mondo. "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" Matteo 5:16 Il vostro santo cammino deve attirare "quelli che sono di fuori" nella felice comunione della Chiesa

3. È un grande male distruggere la reputazione dei ministri cristiani, perché mina la loro influenza per il bene

II I PERICOLI DI UNA DUBBIA REPUTAZIONE DAVANTI AL MONDO. "Per non cadere nell'obbrobrio e nel laccio del diavolo". Sarebbe un grande rischio introdurre nel ministero uno che una volta aveva seguito una vita dissoluta, perché coloro che conoscevano la sua storia sarebbero pronti a sospettare la purezza della sua congregazione dalla reputazione macchiata del suo pastore. L'effetto nel ministro potrebbe essere diverso

1. Potrebbe essere eccitato da un risentimento rabbioso per tali attacchi sgradevoli

2. Potrebbe cadere nella disperazione, e quindi diventare sconsiderato, e in definitiva giustamente le peggiori imputazioni del mondo

3. Potrebbe smettere di rimproverare i trasgressori perché non ha avuto il coraggio di condannare le colpe che erano fin troppo osservabili in lui. Così il diavolo gli avrebbe teso intorno i lacci per la sua rovina. Quando a Giorgio III fu chiesto di dare un vescovato a un ecclesiastico che aveva commesso una grave perdita di virtù, e gli fu detto che l'ecclesiastico se ne era pentito da tempo, la sua risposta appropriata fu: "Preferirei nominare vescovi che non hanno quel particolare peccato di cui pentirsi". —T.C

8 

I diaconi allo stesso modo devono, perché allo stesso modo devono essere i diaconi, A.V Grave semnouv; inv. Filippesi 4:8 reso "onesto" nell'A.V, e "onorevole" nell'R.V, e "venerabile" a margine. Nessuna delle parole è soddisfacente, ma "onesto" nel senso di honnete, cioè "rispettabile", "che diventa la dignità di un uomo", si avvicina di più al significato di semno Anhr Semnov è un uomo che ispira rispetto con la sua condotta e il suo comportamento. Ricorre di nuovo in Versetto 11 e in Tito 2:2 . Doppia lingua dilo solo qui nel Nuovo Testamento, o addirittura ovunque. Il verbo dilogein e il sostantivo dilogia si trovano in Senofonte e Diodoro Siculo, ma in un senso diverso: "ripetere", "ripetere". Qui dilogov è usato nel senso di diglwssov Proverbi 11:13; 28:13 , "un calunniatore", "un uomo dalla lingua falsa", che, come Teofilatto ap. Schleusner spiega bene, pensa una cosa e ne dice un'altra, e dice cose diverse a persone diverse. La cautela qui data è di incalcolabile importanza per i giovani curati. Non devono permettersi di essere né ricettacoli né veicoli di scandalo e di distrazione. Il loro discorso sia ai ricchi che ai poveri deve essere perfettamente sincero e ingenuo. Non portato a molto vino. L'effetto del miglior sermone può essere annullato, e più che disfatto, se il predicatore sprofonda nel compagno di pentole dei suoi ascoltatori. Egli cessa subito di essere semnov, per ispirare rispetto comp. Tito 2:3 dove viene introdotta l'idea aggiuntiva, verissima, della schiavitù degli ubriaconi, avido di sporco guadagno aijscrokerdeiv; solo qui e in Versetto 3 T.R. e Tito 1:7 . L'avverbio aijscrokerdwv ricorre in 1Pietro 5:2 , ed è uno dei molti punti di somiglianza tra le Epistole pastorali e 1 Pietro. Balsam, Gheazi e Giuda Iscariota sono i tre esempi principali di professanti servitori di Dio amanti del lucro sporco. Acan Giosuè 7:21 è un altro 1Timoteo 6:10 Quando il guadagno è il prezzo per fare il male, è "sporco". Quando si cerca il profitto in occasioni in cui non è dovuto, è "sporco"; e quando il desiderio di guadagni anche giusti è eccessivo, cessa di essere puro

Versetti 8, 9.

Le qualifiche dei diaconi

L'apostolo procede poi a dirigere Timoteo riguardo al carattere e alla nomina di un'altra classe di funzionari

I L'ORDINE DEI DIACONI

1. La loro origine. Troviamo la prima traccia dell'ordine circa due anni dopo l'Ascensione: Atti 6:1-4 Doveva la sua origine a una necessità che nasceva dall'estensione della Chiesa. Sette diaconi furono nominati elemosinieri. Non sono così chiamati, ma il loro nome è rintracciabile nei due termini che indicano la sfera del loro ufficio, "tavole di servizio" e "ministero" diakonia diakonein trapezaiv

2. La loro sfera di dovere. Esso si distingue espressamente dal " ministero della Parola" e dalla "preghiera" Versetto 4, ed era quindi, come significa il "servire le mense", un ufficio per la cura dei poveri e degli stranieri che potevano essere collegati con la Chiesa. Il diaconato era, quindi, un ufficio puramente secolare

3. Avvisi storici dei diaconi. Le prime notizie dell'ordine si trovano apparentemente in, Romani 12:7 , "O diaconato di ministero aspettiamo il nostro ministero" diaconato; inyeiv; 1Corinzi 12:28" , aiuta" ajntilh e in un secondo momento in. 1Pietro 4:11 , "Se qualcuno ministra" diakonei Leggiamo in Filippesi 1:1 di "i vescovi e i diaconi", e in Romani 16:1 di Febe come "una diaconessa" della Chiesa di Cencrea

II LE QUALIFICHE DEI DIACONI

1. "Tomba". Di un comportamento serio, che si addice alla posizione di responsabilità che ricopre

2. "Non doppia lingua". Non dire una cosa a una persona e un'altra a un'altra, sotto la pressione, forse, delle domande di assistenza; oppure, non promettendo aiuti che vengono poi negati. Le incomprensioni nascerebbero necessariamente da qualsiasi tipo di prevaricazione

3. "Non dipendente da molto vino". I diaconi non devono essere dediti ai piaceri della tavola, che rendono le persone inadatte a un dovere sgradevole e tentano al consumo delle ricchezze affidate alla loro custodia

4. "Non amanti del guadagno di base". Altrimenti potrebbe sorgere un Giuda tra i diaconi per appropriarsi indebitamente dei fondi della Chiesa

5. "Custodire il mistero della fede in una coscienza pura".

1 Il mistero è ciò con cui la fede ha familiarità, una cosa un tempo segreta, ma ora rivelata dal vangelo di Cristo; chiamata variamente "il mistero di Dio", "il mistero di Cristo", "il mistero della sua volontà", "il mistero della pietà" e "il mistero del vangelo", che è il grande argomento della predicazione del vangelo. Era il mistero della redenzione attraverso il sangue di Cristo

2 Il mistero della fede non doveva essere sostenuto e mantenuto speculativamente, ma praticamente. "In una coscienza pura". I diaconi dovevano essere sinceramente attaccati alla verità e rendersi conto del suo potere pratico nella loro vita e nella loro esperienza

3 Devono 'trattenere il mistero', non predicarlo. Non c'è alcun indizio che i diaconi, in quanto tali, fossero predicatori, anche se due di loro Stefano e Filippo si trovano in seguito ad agire come evangelisti

III IL METODO DELLA LORO NOMINA. "E anche questi siano prima provati; Servano dunque come diaconi, se sono irreprensibili".

1. L'elezione dei sette diaconi fu lasciata nelle mani del popolo cristiano stesso Atti 6:3

2. Non esiste un metodo formale prescritto per testare le loro qualifiche. La loro idoneità potrebbe essere facilmente giudicata senza alcuna indagine regolare. L'elemento morale, tuttavia, doveva essere supremo in tali nomine; poiché non sono stati scelti a meno che non fossero "irreprensibili".

3. La loro nomina formale al servizio. Che prestino servizio nei vari rami del loro ufficio come diaconi. — T.C

9 

Custodire il mistero della fede in una coscienza pura. Mustrione, un mistero, è ciò che, essendo stato a lungo nascosto, viene finalmente svelato, sia agli uomini in generale che ai discepoli eletti. Deriva da muew, iniziare, di cui il passivo mueomai, essere istruito o iniziato, si trova in Filippesi 4:12 , ed è comune nel greco classico, essendo a sua volta derivato da mu "chiudere le labbra come nel pronunciare la sillaba mu", da cui anche taurus. L'idea è di qualcosa di segreto, di cui non si potrebbe parlare. Nel Nuovo Testamento abbiamo "i misteri del regno dei cieli" Matteo 13:11; Luca 8:10; Marco 4:11 e San Paolo mettono in evidenza tutta la forza della parola quando parla di Romani 16:25 del "mistero che è stato tenuto segreto sesighmenou fin dal principio del mondo... ma ora è fatto conoscere a tutte le nazioni per l'ubbidienza della fede" vedi anche Efesini 3:3-6; Colossesi 2:2-6 ,ecc. "La fede" è equivalente a "il vangelo", o "il regno dei cieli", o la "pietà" di Versetto 16 dove vedi nota; e "il mistero della fede" potrebbe essere parafrasato da "la verità rivelata del cristianesimo". Ciò che viene aggiunto, "in una coscienza pura", ci insegna che l'ortodossia senza santità personale vale poco. Sostenere "la verità nell'ingiustizia" è severamente condannato da San Paolo Romani 1:18 Egli dice di se stesso, Atti 23:1 "Ho vissuto in tutta buona coscienza davanti a Dio fino ad oggi" comp. Atti 24:16; 2Corinzi 1:12; 1Timoteo 1:5,19 ,ecc. È molto da osservare come San Paolo, il grande maestro della dottrina della grazia, pone costantemente l'accento sulle funzioni della coscienza e sulla necessità di avere una coscienza pura

10 

Servire come diaconi per l'uso dell'ufficio di un diacono, A.V; se sono per essere trovati, A.V E che anche questi, ecc. C'è un'ambiguità nell'inglese qui. Non si tratta di "anche questi" – questi in aggiunta ad altri, cioè i vescovi prima nominati – ma "anche questi devono essere provati per primi". Il loro carattere generale, come descritto in Versetti. 8, 9, non devono essere presi per sentito dire, ma devono essere messi alla prova con un esame, con una testimonianza speciale, con un'indagine, e poi, se sono ajnegklhtoi, non accusati, non esposti a colpa giusta, irreprensibili, siano ammessi a servire come diaconi vedi Versetto 13, nota. La Chiesa d'Inghilterra agisce scrupolosamente secondo queste indicazioni richiedendo testimonianze scritte, con indagini personali fatte dal vescovo, dal Si quis, con l'appello alla congregazione nel Servizio di Ordinazione: "Fratelli, se c'è qualcuno di voi che conosce qualche impedimento, o crimine notevole, in una di queste persone presentate per essere ordinate diaconi, per il quale non dovrebbe essere ammesso a quell'ufficio, si faccia avanti nel nome di Dio, e mostri qual è il crimine o l'impedimento; " così come con l'attento esame dei candidati. Comp. irreprensibile ; Tito 1:6,7 ajnegklhtov, reso nella Vulgata nullum crimen habentes che sembra spiegare il "notevole crimine" del Servizio di Ordinazione, e in Colossesi 1:22 "irreprensibile" sia nell'A.V che nel R.V L'intero passaggio, dal Versetto 2 al Versetto 13, mostra l'importanza suprema di una conversazione santa e irreprensibile nel clero

Il tesoro della verità affidato alla custodia della Chiesa

IO È CRISTO IN TUTTE LE SUE RELAZIONI COME MISTERO DELLA PIETÀ. Ciò implica che egli è la Rivelazione di Dio all'uomo; perché Dio "ha fatto conoscere qual è la ricchezza della gloria di questo mistero fra le genti, che è Cristo in voi, la speranza della gloria" Colossesi 1:27 Così il cristianesimo è Cristo. Egli è il Centro della teologia cristiana, in quanto è l'Oggetto della fede e dell'amore cristiani

II LA MANIFESTAZIONE DELLA PERSONA DI CRISTO. Egli è presentato come la Vita della Chiesa, e se non fosse Dio oltre che l'uomo, il mistero non sarebbe così ovvio per la nostra comprensione

1. Egli fu "manifestato nella carne". Questa stessa espressione implica la divinità di Cristo; perché sarebbe superfluo, se non assurdo, dire queste parole di un semplice uomo. Le parole implicano

1 che era la Divinità essenziale che si manifestava;

2 che era una manifestazione fatta, non alla nostra intelligenza, ma ai nostri sensi;

3 che ci fu una vera incarnazione, poiché egli si manifestò nella carne, o, come dice Giovanni, "Il Verbo si fece carne". Non era solo per la carne, ma nella carne

1. Fu "giustificato nello spirito". Egli fu approvato per essere giusto nel principio superiore della vita spirituale dentro di lui. Non c'è allusione allo Spirito Santo. Lo spirito qui è la controparte della carne. Cristo ha adempiuto ogni giustizia. Se la sua manifestazione nella carne ha mostrato la sua vera e reale umanità, la sua giustificazione nello spirito ha mostrato la sua santità e perfezione. Il passaggio consiste in una serie di proposizioni parallele, di cui ogni due formano una coppia collegata

2. Fu "visto dagli angeli". Nel senso di mostrarsi a loro nella sua incarnazione. Essi annunciarono il suo avvento, assistettero i suoi bisogni, annunciarono la sua risurrezione, lo assistettero nel suo trionfale ritorno in cielo e ora lo vedono nella sua umanità glorificata

1. Fu "predicato tra i Gentili". Qui, di nuovo, c'è un'altra coppia di opposti; gli angeli abitanti di un cielo santo, gli abitanti dei Gentili

2. Di una terra peccaminosa. Era una delle sei glorie del nostro Redentore essere una "Luce per le genti" Isaia 49:6

3. Era "creduto nel mondo". Il cristianesimo è una religione mondiale, abbracciata da uomini di tutte le nazionalità; a differenza del maomettanesimo e del buddismo, che sono limitati all'est. Il Vangelo trova accettazione sia in Oriente che in Occidente

4. Fu "ricevuto in gloria". In riferimento alla storica ascesa di Cristo al cielo in circostanze di meravigliosa gloria. L'ultima coppia di opposti è il mondo e la gloria. Quanto sono distanti! Eppure sono avvicinati dal sangue di Cristo. Questo passo, per la sua struttura antitetica, sembrerebbe essere stato un antico inno della Chiesa, che esponeva i fatti principali della storia messianica. — T.C

11 

Le donne in come matura devono per anche così devono le loro mogli, A.V; temperate per sobrie, A.V Donne. Cosa si intende per queste "donne"? Certamente non le donne in generale, il che sarebbe abbastanza fuori armonia con il contesto. La scelta è tra

1 le mogli dei diaconi, come nell'A.V;

2 le mogli degli episcopi e dei diaconi;

3 diaconesse

Quest'ultimo, nel complesso, è il più probabile. Si era appena parlato dei diaconi maschi, e così l'apostolo continua a parlare dei diaconi femmine a diakonoi, Romani 16:1 Egli concepisce l'ufficio del diacono come costituito da due rami:

1 i diaconi,

2 le diaconesse;

e fornisce le indicazioni appropriate per ciascuno. Bisogna ricordare che l'ufficio del diacono primitivo era in gran parte secolare, cosicché non c'è nulla di strano in quello della diaconessa che vi si accoppia. Il riorientamento nel versetto 12 al diacono maschio è a favore della comprensione delle "donne" delle diaconesse, come dimostrazione che l'argomento del diaconato non è stato risolto. Crisostomo che dice: "Sta parlando di coloro che detengono il rango di diaconesse" e tutti gli antichi commentatori, e Deuteronomio Wette, Wiesinger, Wordsworth, Alford ed Ellicott tra i moderni, quindi lo comprendono vedi note seguenti. Tomba semnav; vedi Versetto 8, nota. Non calunniatori mhlouv, corrispondente al mhgouv di Versetto 8. Questo uso di diabolov, che è quello classico, è peculiare nel Nuovo Testamento delle Epistole pastorali: vedi 2Timoteo 3:3; Tito 2:3 Temperato nhfaliouv; vedi Versetto 2, nota. Corrisponde qui al mhcontav del Versetto 8. Fedele in tutte le cose pistav ejn padin. Questo sembra riferirsi in particolare al loro essere elemosinieri delle opere di carità della Chiesa, e quindi favorisce la spiegazione di "donne" nel senso di diaconesse. Pistov significa soprattutto "fidato" Matteo 24:45; Luca 12:42;16:10 ,ecc

Le qualifiche delle diaconesse

"Le donne in modo simile devono essere serie, non calunniatrici, sobrie, fedeli in ogni cosa". L'allusione non è evidentemente alle mogli dei diaconi, ma alle diaconesse. Perché si dovrebbero esporre i doveri delle mogli dei diaconi quando non vi è alcuna allusione ai doveri delle mogli dei ministri? L'omissione di ogni menzione dei dazi nazionali in questo caso è significativa

I L'ORDINE DELLE DIACONESSE. C'era evidentemente un tale ordine nella Chiesa primitiva. Febe di Cencrea, Romani 16:1 Evodia e Sintiche, Filippesi 4:2 e probabilmente l'associazione con cui Dorcas era collegata a Giaffa, Atti 9:36-41 sembrano appartenere all'ordine. L'ordine non cessò di esistere fino al V secolo nella Chiesa latina e fino al XII nella Chiesa greca. Ebbe la sua origine, probabilmente, nell'estrema gelosia che custodiva i rapporti tra i sessi nei tempi antichi, perché le donne erano relativamente isolate dalla società degli uomini. Le diaconesse erano, quindi, nominate per mantenere i rapporti religiosi delle donne cristiane con una Chiesa il cui ministero era nelle mani degli uomini

II LE QUALIFICHE DELLE DIACONESSE

1. "Tomba". Non dedito alla leggerezza o alle maniere gaie, ma sobrio nel parlare, nei gesti e nel vestire

2. "Non calunniatori". Non troppo pronto ad accusare i poveri, o troppo pronto a usare la lingua per falsa insinuazione

3. "Sobrio". Non per darsi ai piaceri della tavola, ma per mostrare una decorosa astinenza

4. "Fedele in ogni cosa". Fedele in tutti i doveri ecclesiastici

1 Fedele ai poveri, i cui segreti devono essere custoditi gelosamente;

2 fedeli alla Chiesa, che affida i suoi fondi alla loro saggia e discriminata distribuzione;

3 fedele a Dio in tutti gli obblighi religiosi di qualsiasi tipo. — T.C

12 

Diaconi per i diaconi, A.V; mariti per i mariti, A.V Mariti di una sola moglie vedi sopra, Versetto 2, nota. Governare, ecc. proidtamenoi; letteralmente, essere a capo di, presiedere vedi Versetto 4, nota. In Romani 12:8 e skopov 1Tessalonicesi 5:12 è applicato al governante spirituale, l'ejpi o presbuterov della Chiesa. Altrove solo nelle Epistole pastorali di cui sopra, Versetti. 4 e 5; 1Timoteo 5:17; Tito 3:8,14 Le loro case sopra, Versetto 5. "I propri" è in contrasto con "la casa di Dio".

Versetti 12, 13.

Il dovere domestico dei diaconi

L'apostolo qui ritorna per aggiungere alcune ulteriori ingiunzioni sui diaconi, così come per suggerire una ragione per esigere le qualifiche già descritte

I RELAZIONI DOMESTICHE DEI DIACONI

1. "I diaconi siano mariti di una sola moglie". Per i diaconi è necessaria la stessa qualifica che per i vescovi, poiché le loro case dovevano essere esempi di purezza, pace e ordine

2. "Governare bene i propri figli e le proprie case". Il padre di una famiglia amorevole sarebbe il più adatto per l'amministrazione comprensiva dei fondi assegnati ai poveri, mentre l'ordine pio della sua famiglia aumenterebbe la fiducia del pubblico nella realtà del suo carattere religioso

II MOTIVO DELLE VARIE QUALIFICHE DESCRITTE. "Poiché coloro che hanno fatto bene l'opera di diacono, ottengono per se stessi un buon grado e molta franchezza nella fede che è in Cristo Gesù".

1. Il buon grado non si riferisce alla promozione a cariche ecclesiastiche superiori. L'idea, in effetti, sarebbe piuttosto anacronistica

2. Si riferisce al posto d'onore e di distinzione che sarà dato al diacono fedele nel giorno della ricompensa finale. La dottrina delle ricompense è quella della Scrittura, e in particolare delle parabole di nostro Signore Luca 19:11-27

3. C' è l'ulteriore idea della gioiosa fiducia verso Dio che lo caratterizzerebbe in vista di un fedele adempimento dei suoi doveri, una fiducia che scaturisce dalla fede che riposa in Gesù Cristo. — T.C

13 

Servito bene come diaconi per usato l'ufficio di un diacono bene, A.V; guadagnano a se stessi una buona posizione per l'acquisto a se stessi un buon grado, A.V Servivano come diaconi diakonhsantev; come nel Versetto 10. In questo senso tecnico si trova solo in questi due passaggi; il che ben concorda con la data tarda di questa Epistola, quando fu stabilito il senso tecnico di diakonov. Guadagnarsi una buona reputazione. Il senso del passaggio dipende molto dal significato esatto di baqmov. Inv 1Samuele 5:4,5 , nella LXX, baqmo è la traduzione di Tpmi resa aiqrion in, Ezechiele 9:3;10:4 una parola un po' insolita per una "soglia". Inm, 2Re 20:9,10,11 , è la traduzione di hl "un grado sulla meridiana". Quest'ultimo sembra adattarsi meglio al verbo peripoiountai, guadagnano o acquisiscono, che suggerisce l'idea di avanzamento. Non ne consegue che San Paolo avesse in mente il loro avanzamento dall'"ufficio inferiore" ai "ministeri superiori nella Chiesa" Servizio di Ordinazione; potrebbe aver semplicemente voluto dire che l'adempimento dei doveri di un diacono in modo efficiente ed esemplare elevava un uomo ad un'alta stima nella Chiesa, e così gli diede fiducia nel confessare la fede di Gesù Cristo sia con le parole che con le azioni. Guadagno per se stessi peripoiountai; acquisire per acquisto o in altro modo. Frequente nella LXX; ma solo altrove nel Nuovo Testamento inan; Atti 20:28 . Audacia parrhsi molto comune nel Nuovo Testamento comp. Atti 4:13,29,31; Efesini 6:19; Filippesi 1:20 ,ecc. dove è particolarmente applicato all'audacia nel predicare il vangelo di Cristo. Questo sembra implicare che San Paolo contemplasse la predicazione come parte dell'opera del diacono. Sappiamo che Filippo il diacono e Stefano il diacono erano entrambi predicatori

14 

per venire a te, a Efeso, dov'era Timoteo 1Timoteo 1:3

Versetti 14, 15.

L'importanza di una debita regolamentazione dell'ordine ecclesiastico

L'apostolo si aspettava di visitare Efeso di lì a poco, ma nel caso in cui la sua visita fosse stata ritardata per cause necessarie, ritenne giusto dare a Timoteo queste istruzioni per iscritto riguardo alla nomina dei vescovi e dei diaconi, e altri particolari dell'ordine della Chiesa. "Queste cose ti scrivo, sperando che arrivino presto; ma se dovessi indugiare, scrivo loro affinché tu sappia come devi comportarti nella casa di Dio".

I LA NECESSITÀ DI UN GIUSTO ORDINE NELLA CHIESA

1. I Darbyiti suppongono che sia sbagliato per l'uomo prendere disposizioni nella Chiesa di Dio, che sia lo Spirito Santo che dovrebbe regolare l'ordine del culto e del servizio, e che la sua presidenza dovrebbe essere riconosciuta in ogni cosa. In tal caso, perché l'apostolo avrebbe dovuto darsi tanto da regolare anche il ministero dei profeti e degli oratori in lingue a Corinto? Dio è un Dio di pace, non di confusione 1Corinzi 14:33

2. Non era sufficiente che Timoteo suscitasse i propri doni personali e facesse l'opera di un evangelista, ma doveva eseguire l'incarico speciale che aveva ricevuto dall'apostolo, di regolare la nomina dei funzionari della Chiesa e i dettagli del culto della Chiesa. La Chiesa doveva essere guidata nella scelta dei ministri dalle considerazioni suggerite dall'apostolo

3. C'era una ragione speciale per queste istruzioni nell'ascesa delle eresie a Efeso e altrove. 1Timoteo 4:1-3

II LA DIGNITÀ E L'UFFICIO DELLA CHIESA. È "la casa di Dio, che in verità è la Chiesa del Dio vivente, colonna e basamento della verità".

1. È la Chiesa del Dio vivente

1 È così, considerata sia come la congregazione cristiana con un riferimento locale, sia come l'intera Chiesa dei redenti, in comunione con Cristo e con ciascuno dei suoi membri

La sua gloria interna consiste nel fatto che non è un tempio materiale di divinità morte, come l'orgoglioso tempio di Diana che si ergeva sopra i tetti di Efeso, ma una comunità spirituale, che realizza la presenza vivente e personale di Dio in mezzo ad esso

2. È la casa di Dio

1 Questo termine denotava principalmente il tempio di Gerusalemme, e secondariamente il popolo dell'alleanza Numeri 12:7; Osea 8:1 che aveva Dio per Santuario o Dimora Salmi 90:1; Ezechiele 11:16 C'era una mutua dimora: essi in lui ed egli in loro

2 Ora denota la Chiesa di Dio, rappresentata variamente come

a un edificio spirituale che poggia su Cristo come principale pietra angolare; Efesini 2:20

b come il vero tempio in cui Dio dimora; 1Corinzi 6:16

c come la casa o "casa di Dio", sopra la quale è Cristo come Figlio Ebrei 3:6 -"la cui casa siamo noi". Mosè era servo in questa casa, Gesù era un Figlio su di essa; Era, quindi, la stessa casa nelle due dispensazioni. Una prova, in opposizione al Darbyismo, che la Chiesa esisteva ai tempi dell'Antico Testamento, e non è venuta all'esistenza per la prima volta a Pentecoste

3. È il pilastro e il basamento della verità

1 Negativamente, Cristo, e non la Chiesa, è l'unico fondamento della verità. "Nessuno infatti può porre un fondamento diverso da quello che è stato posto, che è Cristo Gesù" 1Corinzi 3:11 Questo passaggio implica che la Chiesa si basa sulla verità piuttosto che che la verità poggia sulla Chiesa. Ma un malinteso nasce dal confondere la verità così com'è in se stessa con la verità appresa dai credenti e riconosciuta davanti al mondo. La verità non deriva la sua autorità dalla Chiesa, ma da Cristo

2 Positivamente, il passaggio stabilisce

a la manifestazione presentativa della verità; poiché "la Chiesa è la colonna della verità". La Chiesa deve presentare le verità salvifiche del Vangelo davanti agli occhi degli uomini. È una colonna inscritta dappertutto con la verità. Senza la Chiesa "non ci sarebbe testimone, non ci sarebbe custode di archivi, non ci sarebbe alcuna base, nulla su cui poggiare la verità riconosciuta". È la Chiesa che detiene il deposito della verità e lo perpetua di generazione in generazione

b Il passaggio espone la stabilità della verità. "La Chiesa è la base della verità". La verità trova il suo vero fondamento nel cuore degli uomini credenti, che propongono le glorie della redenzione in mezzo a tutte le fluttuazioni del mondo. Non c'è nulla in questa esposizione che sancisca le supposizioni della Chiesa di Roma, perché essa deve prima dimostrare le sue affermazioni di essere un'insegnante della verità prima di poter essere considerata come "una colonna e un fondamento della verità". —T.C

Versetti 14-16.

Sostenitore della verità e difesa della grandezza della verità

RAGIONO PER DARE A TIMOTEO ISTRUZIONI SCRITTE. "Ti scrivo queste cose, sperando di venire presto da te; ma se mi trattengo a lungo, affinché tu sappia come gli uomini devono comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità". Paolo sperava di andare presto da Timoteo a Efeso; C'era la possibilità, tuttavia, che la sua speranza non si realizzasse. Nel caso in cui si fosse trattenuto a lungo, Timoteo aveva scritto istruzioni per la sua condotta ecclesiastica . Si riterrebbe di grande importanza che chiunque officiasse nel tempio di Diana fosse in uno stato di salute del corpo e della mente, e avesse dimestichezza con il cerimoniale. Era di gran lunga più importante che Timoteo sapesse quale fosse il comportamento adatto alla casa di Dio. Questo non era il tempio di un idolo morto, ma – passando dalla struttura materiale a ciò che era tipificato da essa – la Chiesa del Dio vivente. Era "una comunità vivente e spirituale, un flusso di vita di credenti in un Dio sempre vivo". Era opportuno, quindi, che ci fossero quelle disposizioni che sono più favorevoli alla vita della comunità. Questa Chiesa del Dio vivente è dichiarata essere la colonna e il fondamento della verità. C'era una singolare appropriatezza nel linguaggio. Le colonne del tempio di Diana erano centoventisette, alte sessanta piedi, ciascuna il dono di un re. Massicci nella loro forma, sostanziali nel loro seminterrato, promettevano che la struttura sarebbe stata mantenuta nella sua integrità attraverso i secoli. E tale sembrava a Paolo che fosse la Chiesa: una struttura colonnare, sostanzialmente fondata, mediante la quale la verità deve essere sostenuta di epoca in età. È un grande onore che Dio abbia posto su credenti imperfetti come noi; e dobbiamo fare in modo di non smentire la rappresentazione, di non fare nulla per togliere forza alla struttura, di preservare la continuità della vita della Chiesa, di testimoniare fedelmente ciò che Dio è e ciò che ha fatto

II GRANDEZZA DELLA VERITÀ SOSTENUTA DALLA CHIESA. "E senza dubbio grande è il mistero della pietà." La verità è qui chiamata "il mistero della pietà". Un mistero è ciò che, essendo nascosto per un certo tempo, viene tirato fuori dall'occultamento da una rivelazione. È anche qualcosa al di sopra della nostra comprensione. E questo significato non è escluso qui. Perché è il mistero della pietà o della pietà. È il mistero di cui si nutre la vita divina nell'anima. Come esseri religiosi, abbiamo bisogno di qualcosa che si estenda all'infinito. Possiamo respirare liberamente solo in un elemento di mistero. Tutte le religioni che sono esistite hanno cercato di provvedere all'appetito per il meraviglioso. E dove non è stato trovato un vero mistero, ci sono state oscure invenzioni. Ma compositamente grande è il mistero che la religione cristiana fornisce per il nostro nutrimento. È pronunciato grande da tutti coloro che sono in grado di giudicare. E anche coloro che la rifiutano lo fanno non di rado sulla base del fatto che è incredibile, o troppo grande per essere vera. Il soggetto del mistero è Cristo. Come esposto nel linguaggio che segue, è interamente Cristo, o i fatti su Cristo. E l'insegnamento è che è meditando su questi fatti che diventiamo pii o religiosi. Dei fatti stessi possiamo afferrare in modo tangibile; È quando cerchiamo di spiegarli a noi stessi che ci eleviamo nella regione in cui i nostri sentimenti religiosi sono eccitati e riceviamo il loro nutrimento. Il modo ritmico in cui sono presentati i fatti ha indotto alcuni a supporre che siano tratti da un inno cristiano esistente al tempo in cui Paolo scrisse. Possiamo credere che siano stati scritti da Paolo. In entrambi i casi hanno il timbro dello Spirito Santo. Devono essere divisi in tre, i primi due in ogni divisione che indicano le relazioni terrene, la terza quelle celesti. Delle relazioni terrene, la prima in ogni divisione è esterna, la seconda interna. Fatti particolareggiati. "Colui che si è manifestato nella carne". C'è una buona ragione per passare da "Dio" a "Colui che". Non dipendiamo dalla vecchia lettura per la prova della divinità di nostro Signore. La manifestazione di Cristo implica un precedente occultamento. E il linguaggio è più suggestivo dell'occultamento della preesistenza che dell'occultamento della non-esistenza. L'inizio del mistero è Cristo che esce da quel nascondiglio. "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Il Creatore è disceso nelle condizioni, nelle circostanze, di una creatura. Era fatto della sostanza di una donna. L'onnipotente Costruttore dell'universotto era un bambino indifeso sulle ginocchia di una madre. Il Figlio eterno era l'infante dei giorni. Scese così in basso che dovette passare dalla debolezza alla forza, dall'ignoranza alla conoscenza. Questo, tuttavia, è solo una parte del mistero. Qui si dice che egli si è manifestato nella carne, e questo significa non la nostra natura come è venuta dalla mano di Dio, ma la nostra natura come ha sofferto per la caduta. Egli discese nella nostra debole, passabile, natura mortale, alla quale l'Adamo non caduto era estraneo. Era in uno stato di totale esaurimento fisico per mancanza di cibo quando fu tentato nel deserto. Si sedette stanco del suo viaggio al pozzo di Giacobbe. Era spesso logorato dalla natura ardua del suo lavoro. La sua compassione portò dolore al suo cuore, che trovò sfogo nelle lacrime, nei sospiri e nei gemiti. Gli atti durarono che la sua carne soccombette, non poté più sopportare il peso che le era stato imposto; e il suo corpo senza vita fu deposto nel sepolcro. Eppure, mentre ci riflettiamo, il mistero si infittisce. Morì non per pagare il debito comune della natura, ma sotto il colpo della vendetta divina. "Svegliati, o spada, contro il mio Pastore, contro l'Uomo che è mio uguale, dice il Signore degli eserciti." Questo non è tanto per la comprensione quanto per il santuario interiore del cuore. Non si tratta tanto di fissarsi nelle parole, quanto di essere meditate, ammirate e sentite. "Giustificato nello spirito". Nella carne non sembrava essere il Figlio di Dio preesistente e l'Inviato di Dio per essere il Salvatore del mondo; ma egli era questo nel suo spirito o natura superiore, ed era giustificato come tale sia nei segni divini che erano stati posti su di lui, sia nel principio che pervadeva la sua vita. All'inizio fu posto un segno su di lui, nel fatto che fu separato dalla macchia della nostra natura mediante il potere dello Spirito Santo. Lo sguardo che abbiamo di lui nella sua giovinezza lo mostra giusto in spirito sia verso il Padre suo che verso i suoi rappresentanti terreni. Atti il suo battesimo non ricevette lo Spirito con misura, e ci fu l'attestazione della voce dalla gloria eccellente: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". Atti All'inizio della sua carriera pubblica, sotto estrema tentazione, egli dimostrò di non essere distolto dalla sua missione. Il suo sentiero stellato di miracoli testimoniava la verità delle sue affermazioni. E non meno la sua apertura della mente di Dio, e l'applicazione della verità ai bisogni umani, testimoniavano l'unicità e l'altezza del suo spirito. C'era una reiterata attestazione dal cielo della sua natura divina e della sua missione alla sua trasfigurazione. Ma soprattutto fu giustificato per il modo in cui morì. Ha resistito fino al sangue, lottando contro il peccato. Come noi, con un certo grado di rassegnazione, possiamo sopportare una prova leggera, così egli con perfetta rassegnazione portò il peso assoluto della vendetta divina. Come noi, con un certo grado di oblio di sé, possiamo lavorare per coloro che ci sono vicini, così egli, con perfetto oblio di sé e magnanimità, si è sacrificato per i peccatori. Quella morte in tutta la sua terribilità, che va ben oltre la nostra concezione, fu ciò che fece di lui una prova preminente, e mostrò che il suo spirito era in perfetto accordo con la volontà di Dio nella salvezza. Infine, egli fu giustificato dalla sua risurrezione. È detto, in Romani 1:4 , che con ciò fu dichiarato con potenza che era il Figlio di Dio. Era Dio che poneva il suo sigillo su tutta la sua carriera. Poiché si compiaceva del modo in cui aveva agito per tutto il tempo, aveva visto i fini della giustizia e della misericordia adempiuti con successo nella salvezza umana, fu perciò che lo risuscitò dai morti. "Visto dagli angeli". Era un oggetto di interesse per il mondo celeste. Troviamo angeli che lo introducono esultanti in questo mondo, alla vista e all'udito degli uomini. Essi appaiono all'inizio del suo ministero, rafforzandolo dopo la sua tentazione. E di nuovo appaiono alla fine, rafforzandolo dopo la sua agonia, e vegliando anche sulla sua tomba. Ma non erano sempre lì dietro il velo? Senza essere visti da noi, vanno in giro per il nostro mondo ministrando agli eredi della salvezza. Non avrebbero forse ministrato, più di quanto si sia visto, all'Autore della salvezza? Si sono fatti avanti sulla scena in momenti critici. Era abbastanza; Possiamo immaginare il resto. Ma il linguaggio sembra indicare anche il fatto che, incarnandosi, Cristo si è fatto vedere agli angeli. Nella forma umana da lui assunta li teneva in uno sguardo rapito. Non potevano distogliere lo sguardo dal contemplare e dal meravigliarsi. Videro il Figlio di Dio in una forma che era livellata per loro, che era anche al di sotto di loro; perché è stato fatto un po' inferiore agli angeli. Quale motivo di meraviglia nel passaggio da quella gloria ineffabile e inavvicinabile a questa fragile carne; da quel Dio altissimo, a questo bambino che giace in una mangiatoia! E man mano che il mistero si sviluppava, come sarebbe aumentata la loro meraviglia! Fu degradato fino a quando non poté più essere degradato a una profondità inferiore. Potrebbero essere sopraffatti dalla meraviglia mentre guardano il Calvario. Avendo il desiderio di esaminare queste cose, come ci viene detto, si perderebbero nel tentativo di spiegarle. Anche quando conoscessero l'oggetto contemplato, si meraviglierebbero di pensare che, per il suo compimento, il Divin Figlio debba scendere in una tale condizione di dolore mortale. "Predicato fra le nazioni". Questo è un interesse abbastanza nuovo. Gli angeli si limitavano a vedere, ammirati da lontano. Erano spettatori che contemplavano ciò in cui non erano direttamente coinvolti. Era diverso con gli uomini. Era per loro oggetto di un evangelo. Egli fu proclamato come il loro personale Salvatore, senza il quale erano perduti, nel quale soli avevano la loro posizione davanti a Dio e la beatitudine eterna. Ma l'accento è posto sul riferimento universale della predicazione. Egli fu predicato non a una nazione, ma fra le nazioni incluse gli ebrei senza distinzione. Questo si stava realizzando come un fatto storico. Veniva proclamato senza rispetto per la distinzione nazionale, senza rispetto per la condizione sociale, senza rispetto per la cultura, semplicemente rispetto al fatto che tutti erano peccatori e bisognosi di salvezza. Dopo aver assunto la natura comune e aver operato la salvezza comune, il messaggio della salvezza veniva trasmesso con la massima imparzialità. Questo faceva parte del mistero che allora veniva svelato, e che gli imparziali concordarono nel chiamare grande. Era impressionante per la Chiesa primitiva assistere alla proclamazione di una salvezza mondiale. "Creduto nel mondo." Dio non ci costringe a credere. Ci deve essere una causa sufficiente per la nostra fede, sufficiente per muovere i nostri cuori e guadagnarci per la nostra fede. La nostra fede deve essere causata in modo razionale, in modo coerente con la natura di Dio e con la nostra stessa natura. La causa deve essere omogenea rispetto all'effetto; spirituale come la fede è un effetto spirituale. Come si può dunque credere in Cristo nel mondo, cioè in ciò che è naturalmente incredulo, che non contiene alcun germe di fede che possa essere coltivato? Come si può far uscire la luce dalle tenebre, come si può far uscire la fede dall'incredulità? Eppure cosa abbiamo qui? C'è una tale potenza nel fatto di Dio incarnato da operare un miracolo morale, da evocare la fede da ciò che è naturalmente incapace di fede. E dove sta la potenza? È nell'amore che il fatto si manifesta. "Il Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me". Non si risparmiò tutta l'umiliazione della morte di croce. Questo è un fatto che richiede di essere contemplato; ma, quando viene contemplata, afferma il suo potere sui cuori, in modo da far sentire gli insensibili, far credere agli increduli. Ora, l'apostolo considera come una gloriosa testimonianza della grandezza del mistero che Cristo dovrebbe essere realmente creduto nel mondo, che ci dovrebbero essere alcuni trofei della potenza del suo amore sull'incredulità, che ci dovrebbero essere alcuni che dovrebbero offrirgli una casa nei loro cuori. "Accolti in gloria". Nelle biografie di grandi uomini ci viene raccontato di un'impresa conquistata dopo l'altra, di un onore conferito dopo l'altro. Ma per quanto lunga e gloriosa sia la pergamena che può essere mostrata, deve finire con il loro lungo addio a tutta la loro grandezza. E, sebbene vengano innalzati monumenti alla loro memoria, ciò non può togliere l'essenziale ingloriosità della fine della loro carriera. Con Cristo è al termine terreno che diventa grande fino all'apparenza esteriore. Dovette infatti, come altri e più di altri, subire l'ingloriosità di morire e di essere deposto nel sepolcro. Ma quell'ingloriosità fu completamente rovesciata dalla sua risurrezione. Egli rimase sulla terra abbastanza a lungo perché la storia attestasse il fatto che era davvero risorto. E poi fece il suo ingresso trionfale in cielo. "Perché saltate, alte colline? questo è il colle in cui Dio desidera dimorare; Sì, il Signore abiterà in esso per eVersetto I carri di Dio sono ventimila, anzi migliaia di angeli: il Signore è in mezzo a loro, come nel Sinai, nel luogo santo. Tu sei salito in alto, hai condotto in cattività la schiavitù". Egli è stato accolto nella gloria, nella gloriosa esaltazione della nostra natura alla destra di Dio, e nella gloria rimane per sempre. Questa è la prova conclusiva della grandezza del mistero. Il diletto divino di soffermarsi e di nutrire la propria vita, non solo con l'umiliazione, ma, oltre a ciò, con l'esaltazione.

15 

Gli uomini dovrebbero comportarsi perché tu devi comportarti da solo, A.V Comportarti bene ajnastrefesqai; variamente reso, sia nell'A.V che nel R.V, "avere la propria conversazione", "vivere", "passare il proprio tempo", "essere usato" Ebrei 10:33 È letteralmente "andare su e giù" in un dato luogo, "avanti e indietro, " quindi "abitare in esso". Il sostantivo ajnastrofh, nei tredici punti in cui ricorre nel Nuovo Testamento, è sempre reso "conversazione" nell'A.V; nella R.V., "modo di vivere", "vita", "questione di vita", "modo di vivere", "comportamento", "vivere". È una parola preferita nelle due Epistole di San Pietro, dove ricorre otto volte. La casa di Dio. Questa frase qui denota, come è spiegato nelle parole seguenti, la Chiesa sulla terra. Cantici Ebrei 3:6 , "Cristo come un Figlio sulla sua casa; di chi siamo noi", dove il riferimento è a Numeri 12:7 , "Il mio servo Mosè ... è fedele in tutta la mia casa". La Chiesa del Dio vivente. Qui c'è di nuovo una notevole somiglianza con la fraseologia dell'Epistola agli Ebrei: "Voi siete venuti al monte Sion e alla città dell'Iddio vivente ... all'assemblea generale e alla Chiesa dei Primogeniti" Ebrei 12:22,23 Tuttavia, la fraseologia non è peculiare dell'Epistola agli Ebrei. Così leggiamo in 2Corinzi 6:16 : "Voi siete il tempio del Dio vivente". L'espressione "il Dio vivente" ricorre sette volte nelle Epistole di San Paolo e quattro volte nell'Epistola agli Ebrei. Ricorre tre volte nei Vangeli, una volta negli Atti degli Apostoli e una volta nell'Apocalisse. Qui è usato da San Paolo per aumentare l'obbligo di un cammino santo e irreprensibile in coloro che hanno la supervisione della sua Chiesa. Il pilastro e il fondamento della verità. Alcuni applicano queste parole allo stesso Timoteo Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno, Basilio, e altri citati da Alford dopo l'analogia ofloi, Galati 2:9 , dove si dice che Giacomo, Cefa e Giovanni sono detti "colonne" stu andlon Apocalisse 3:12 , dove si dice di colui che vince: "Farò di lui una colonna stu nella casa del mio Dio". E così, in Venanzio Fortunato, San Paolo è chiamato "stilus ille". Ma le metafore di "un pilastro" e "un fondamento" non si adattano tutte al verbo ajnastrefesqai; Ed è ben argomentato che l'assenza del pronome se è sfavorevole all'applicazione di "il pilastro e il fondamento della verità" al soggetto della prima frase. È quindi meglio intendere questa clausola come descrittiva della Chiesa di Dio. La Chiesa è il pilastro della verità. Lo sostiene; lo tiene insieme, lega insieme le sue diverse parti. Ed è il fondamento della verità. Mediante essa la verità è resa salda, ferma e fissa. Il terreno eJdraiwma. Questa parola ricorre solo qui; eJdraiov, comune sia nel Nuovo Testamento, nella LXX, sia nel greco classico, significa "fisso", "fermo" o "veloce". Nell'A.V di 1Corinzi 7:37 e 15:58, "saldi"; na, Colossesi 1:23 dove è accoppiato con teqemeliwme "stabilito". Da qui eJdraiow in greco tardo, "rendere fermo o digiuno", e eJdraima, l'"istituzione" o "fondamento" della verità; ciò in cui e per mezzo del quale la verità è posta su una base sicura e fissa

OMELIE di W.M. Statham versetto 15.

Comportamento in chiesa

"Affinché tu sappia come devi comportarti nella casa di Dio". "Comportamento" sembra una parola abbastanza banale, e spesso le assegniamo un posto subordinato nella religione. Si tratta, tuttavia, di una parola grande come "carattere". È un vocabolario in sé. Non è "do" havior, ma "be" havior! Ciò che faccio può essere accidentale; ciò che sono è tutto. Paolo si è rivolto ai pastori, ai diaconi, alle donne che professano la pietà e alle mogli. Si è occupato del matrimonio e del governo dei figli; e ora parla alla Chiesa della condotta degli uomini in chiesa

CHE COS'È IL COMPORTAMENTO? Il comportamento di un uomo rivela molto di ciò che è. Serio o frivolo; delicato o duro; perdonare o non perdonare; egoista o generoso; pietoso o censorio; riconoscente o ingrato. Il comportamento è un sermone che dura ogni ora. Corregge l'idea che la religione di un uomo risieda principalmente nella sua dottrina o opinione, nel suo rituale o cerimoniale. Le buone maniere non devono essere indossate come un abito, né possiamo mascherarci e fingere di essere ciò che non siamo. Piegare il ginocchio non è nulla, se non siamo riverenti nel cuore. Un dono non è nulla, se non viene dato dall'amore. La preghiera non è nulla, a meno che la nostra vita non sia una preghiera. La lode non è nulla, a meno che la nostra vita non sia un abito di lode. Le buone maniere non sono etichetta, né abiti migliori , né cortesie di parola; sono le espressioni di una vita. Sotto questo aspetto la loro potenza è meravigliosa. In chiesa dobbiamo comportarci bene; Non per darci delle arie, come persone ricche, o istruite, o superiori, ma per ricordare che siamo comprati con un prezzo. Ma il comportamento non è molto pensato. C'è l'idea che alcuni uomini siano buoni di cuore, anche se bruschi, se si sa come approcciarli. Questa è un'assurdità. Il fiore non aspetta che io lo apra; non dice: "Se tu sapessi tentare la mia benignità, ti darei incenso profumato". È un fiore dappertutto, per tutti.

Cosa significa "Chiesa"

"Nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente". L'idea di ciò che è la Chiesa, è quella di regolare ciò che è il nostro comportamento. La parola "chiesa" deriva dalle parole greche Kurios oikos. Queste due parole abbreviate fanno "chiesa" o "chiesa".

SE È LA CHIESA DI DIO, NEL NOSTRO COMPORTAMENTO CI DEVE ESSERE RIVERENZA. La riverenza è alla radice di ogni religione. La leggerezza dei modi, l'invoscienza del cuore, distruggeranno il miglior servizio. Leggiamo l'antico comandamento: "Voi rispetterete il mio santuario, dice il Signore"; e ovunque ci incontriamo insieme, anche nella chiesa più umile, "il Signore è nel suo tempio santo", e noi dobbiamo "tacere" o "essere riverenti" davanti a lui

II COMPORTAMENTO SIGNIFICA VITA. È la Chiesa, non solo del Dio di Abramo, o di Isacco, o di Giacobbe, ma del Dio vivente. Non costruiamo templi come monumenti di una gloria passata. Cristo disse: "Fate questo in memoria di me". Prima di partire disse: «Vado via e torno»; e dovunque due o tre sono riuniti nel suo nome, egli è in mezzo a loro. Questa Chiesa di Dio è ulteriormente descritta come la colonna, o il sostegno e il sostegno, della verità; vale a dire, che nessun libro sacro conserverà la religione senza una vita sacra. Gli uomini possono rispondere a un argomento o adottare una teoria, ma la vittoria della Chiesa primitiva è stata ottenuta dalla vita o dal comportamento della Chiesa. "Guardate come questi cristiani si amano gli uni gli altri". Imparate, allora, la grande lezione, che il comportamento è tutto. "Come ci comportiamo in modo irreprensibile", dice Paolo ai Tessalonicesi. "Mi comporterò saggiamente in modo perfetto", dice il salmista. — W.M.S

16 

Colui che per Dio, A.V e T.R.; manifestato per manifesto, A.V; fra le nazioni per i Gentili, A.V; in for into, A.V Senza controversia oJmologoumenwv; solo qui nel Nuovo Testamento, ma usato nello stesso senso nella LXX e nel greco classico, "confessatamente", per confessione comune. Grande è il mistero della pietà. Si dice che ciò accresca la gloria della Chiesa di cui si è appena parlato, alla quale questo mistero è stato affidato, e così imprima ancora di più in Timoteo la necessità vitale di un cammino saggio e santo nella Chiesa. Il mistero della pietà è tutta quella verità che "in altre epoche non fu fatta conoscere ai figli degli uomini, come ora è rivelata ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito". Pietà thv eujdebeiav; cioè la fede cristiana; " ciò che in 1Timoteo 6:3 è chiamato "Le parole del nostro Signore Gesù Cristo, e la dottrina che è secondo la pietà th kat aujsebei didaskalia", e in 2Timoteo 1:1 , "La verità che è secondo la pietà". Nel Versetto 9 è "il mistero della schiuma, dove hj pistiv equivale a hJ aujsebeia. Il vescovo Ellicott, tuttavia, non ammette questo senso oggettivo di hJ pistiv o hJ aujsebeia, ma spiega il genitivo come "un genitivo possessivo puro", il mistero che appartiene alla fede soggettiva e alla pietà, o che ne è la proprietà; ma questo è un uso non confermato da nessun passaggio in cui ricorre la parola "mistero". Si tratta sempre di misteri o misteri del regno di Dio, di Cristo, di Dio, del vangelo, e simili. Nei passaggi seguenti il senso oggettivo di hj pistiv è necessario o di gran lunga il più naturale: Atti 3:7;13:8;14:22;16:5; Galati 1:23; Efesini 4:5; Filippesi 1:27; Colossesi 1:23; 2:7; 1Timoteo 1:19; 5:8; 6:10,21; 2Timoteo 4:7; Tito 1:13; Giacomo 2:1; Giuda 1:3 . Avendo così esaltato il "mistero della pietà", San Paolo prosegue esponendolo. Colui che ov. Questa è generalmente adottata ora come lettura vera, invece di Qeov OS, invece di QS. Il vescovo Ellicott si convinse, con un attento esame personale, che la lettura originale del Cod. Alex. era OS, e che era stato modificato da una mano successiva in QS. Il Cod. Sinait ha certamente ov, e su questo tutte le versioni più vecchie sono d'accordo. La Vulgata ha quod, concordando con sacramentum e rappresentando il greco oJ Accettando questo, allora, come la vera lettura, procediamo a spiegarlo. Ov, che, è un parente, e deve, quindi, avere un antecedente. Ma non c'è un antecedente espresso del genere maschile con cui possa essere d'accordo. L'antecedente, quindi, deve essere compreso, e dedotto dalle parole precedenti, torion thv eujsebeiav. Può essere solo Cristo. Il mistero di tutto l'Antico Testamento, quello che era avvolto in simboli e nascosto sotto veli, era Cristo Colossesi 1:27 Mosè parlava di lui, i Salmi parlano di lui, i profeti parlano di lui; ma tutti parlavano in modo oscuro. Ma nel vangelo "il mistero di Cristo" Colossesi 4:3 è rivelato. Cristo è il mistero del cristianesimo. Non è, quindi, un passo difficile passare dal "mistero" a "Cristo", e fornire la parola "Cristo" come antecedente a "chi". Si è manifestato ejfanerwqh; una parola frequentemente applicata a Cristo: Giovanni 1:31; 1Giovanni 1:2; 3:5,8 ,ecc. L'idea è la stessa in Giovanni 1:14 . Giustificato nello spirito. Questa è un'espressione piuttosto oscura. Ma sembra descrivere l'immacolata giustizia di nostro Signore, forse con particolare riferimento alla sua dichiarazione al suo battesimo: "Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto". Abbiamo lo stesso contrasto tra la carne e lo Spirito di Cristo in 1Pietro 3:18 . E tra la carne e lo spirito di un uomo cristiano in Romani 8:10 , "Il corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustizia". A questa clausola sembra che si applichi l'osservazione di Crisostomo: "Dio si è fatto uomo e l'uomo è diventato Dio". "Lo spirito" sembra significare la natura morale, l'uomo interiore. Visto dagli angeli. Forse alla moltitudine dell'esercito celeste che accolse la nascita di Cristo fu permesso di vedere il Bambino appena nato, come sembra aver fatto lui che lo descrisse ai pastori come "avvolto in fasce" Luca 2:12-14 Gli angeli lo servirono dopo la tentazione, Marco 1:13 e nel giardino del Getsemani, Matteo 22:43 dove è usata la parola fqhw, e alla sua risurrezione Matteo 28:2 L'interesse speciale degli angeli per il "grande mistero" è riferito in 1Pietro 1:12 ; cqh Ebrei 1:6 . Predicato tra le nazioni ejkhru ejn eqnesin. Sarebbe stato meglio mantenere qui la traduzione "Gentili", per marcare l'identità del pensiero con Efesini 3:6,8 , dove, secondo il punto di vista dell'apostolo, la predicazione del vangelo ai Gentili, affinché potessero essere coeredi con gli Ebrei delle promesse di Dio, è una caratteristica principale del mistero comp. 1Timoteo 2:7 Creduto nel mondo. Il passo successivo in questa scala ascendente è l'accettazione di Cristo nel mondo come il suo Salvatore. Il linguaggio qui non è più forte di quello di Colossesi 1:5,6 , "La parola della verità dell'evangelo, che è giunta a voi; come pure in tutto il mondo e porta frutto". E in Colossesi 1:23 , "Il vangelo che fu predicato in tutta la creazione sotto il cielo" comp. Romani 1:8 L'affermazione inxate Marco 16:15-20 potrebbe quasi essere stata nella mente di San Paolo. Si noti l'uso delle parole khru ejkhruxan, tosmon oj pisteusav pisteusasi ajnelhfrh. Ricevuto in gloria. Il cambiamento di "into" A.V in "in" è di dubbia correttezza. Nel Nuovo Testamento il greco ejn, segue frequentemente i verbi di moto, e ha lo stesso significato di eijv, come l'ebraico B. Si dice che Nostro Signore sia asceso in gloria come è apparso alla Trasfigurazione, ma, come dice San Marco, "fu ricevuto in cielo e là si pose a sedere alla destra di Dio", adempiendo Giovanni 17:5 . Questa grande esplosione di insegnamento dogmatico è un po' come quella di 1Timoteo 2:5-7 . Non c'è alcuna prova adeguata che si trattasse, come molti commentatori hanno pensato, di una parte di un inno o di un credo usato nella Chiesa. Implica piuttosto la stessa tensione nella mente dell'apostolo che è evidente in altre parti dell'Epistola comp. 1Timoteo 6:11 e versetti seguenti

Commentario del Nuovo Testamento:

1Timoteo 3

1 

PARTE TERZA

ISTRUZIONI CIRCA I REQUISITI PER IL PRESBITERATO E PER IL DIACONATO

1Timoteo 3:1-13

"Dall'evangelo al culto, e dal culto al ministerio la transizione è breve e naturale. Due cariche costituivano allora il ministerio regolare Filippesi 1:1: l'episcopato e il diaconato. Già nella chiesa di Gerusalemme s'incontra un consiglio d'anziani Atti 11:30; 15:4; 21:18 che troviamo del pari stabilito da Paolo e Barnaba in Asia Minore Atti 14:23; 20:17,28. Cotesti anziani portano pure il nome di vescovi cioè di sorveglianti ed implicitamente quello di pastori (pascete la greggia di Dio...). Accanto a questo ministerio è istituito di già in Gerusalemme un ufficio destinato all'assistenza dei poveri Atti 6:ufficio che non porta ancora il nome di diaconato ma che ritroviamo in Filippi con questo titolo, come già in Corinto sotto quello di "soccorsi" 1Corinzi 12:20 e per le donne sotto quello di "diaconessa" Romani 16:1. Sebbene l'episcopato ed il diaconato fossero di già stabiliti nelle chiese d'Asia, dei nuovi eletti dovevano del continuo prendere il posto di quelli che venivano a mancare; senza contare che si formavano delle nuove comunità. Era quindi utile dar delle direzioni per la scelta di quei funzionari" (Godet, Introd. Ep. Paul.). Il paragrafo si suddivide in due sezioni di cui la prima 1Timoteo 3:1-7 tratta dei requisiti per l'ufficio di sopraintendente e la seconda tratta di quelli richiesti per l'ufficio di diacono 1Timoteo 3:8-13.

Sezione A. 1Timoteo 3:1-7. I REQUISITI PER L'UFFICIO DI SOPRINTENDENTE.

Nel primo versetto, l'apostolo comincia col proclamare l'eccellenza della funzione del sovrintendente.

Certa è questa parola. Se alcuno aspira all'ufficio di soprintendente, egli desidera una buona opera.

L'affermazione solenne qui fatta da Paolo non va considerata come una massima che avesse corso fra cristiani; piuttosto è verità che esce dalla sua mente illuminata e da una esperienza ormai lunga. Il termine επισκοπη (episcopato) designa qui la carica di sovrintendente. Lo troviamo usato nel senso di visita o visitazione di Dio Luca 19:44;1Pietro 2:12. Il verbo è usato Ebrei 12:15 col significato di vegliare su di una cosa, prender guardia. Altrove i tre vocaboli di questa famiglia servono a designare una sovrintendenza ufficiale più o meno vasta che si estende da quella del Signor Gesù su tutta quanta la Chiesa 1Pietro 2:25: "vescovo delle vostre anime", a quella degli apostoli Atti 1:20: "l'ufficio episcopale" di Giuda, e più ordinariamente alla sorveglianza esercitata su di una chiesa locale 1Pietro 5:2 nel testo ord.; Atti 20:28; Filippesi 1:1; Tito 1:7. Nel Nuovo Testamento episcopos non designa mai il vescovo nel senso ecclesiastico odierno. L'episcopato, il presbiterato e il pastorato sono tre nomi di uno stesso ufficio. In Atti 20:28, Paolo raccomanda ai presbiteri od anziani di Efeso riuniti in Mileto di "badare a sè stessi ed a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo li ha costituiti vescovi o sorveglianti per pascere la chiesa del Signore". In Filippesi 1:1 sono nominati al plurale i vescovi e diaconi come preposti alla chiesa di Filippi. In Tito 1:5 (Vedi Nota Tito 1:5) presbitero e vescovo designano la stessa persona. Un principio di distinzione tra i presbiteri l'abbiamo in 1Timoteo 5:17-18, ove si vede che alcuni hanno un dono più marcato di governo, ed oltre al "presieder bene", "faticano nella parola e nell'insegnamento" e sono però degni di maggior considerazione. Le lettere alle sette chiese dell'Asia sono dirette nell'Apocalisse all'angelo di ciascuna chiesa. Ma bisogna scendere giù nel secondo secolo per trovar l'episcopato sopra una chiesa od una provincia concentrato in una sola persona. Il vescovo anglicano Ellicott, mentre riconosce che non si tratta qui dell'episcopato ecclesiastico posteriore, nota che il termine episcopos è stato preso dai Greci ed accenna ai doveri dell'ufficio come gli altri di "pastori", "conduttori", "preposti" Efesini 4:11; 1Pietro 5:1; Ebrei 13:7; 1Tessalonicesi 5:12 mentre quello di presbitero è preso dalla sinagoga e, derivato com'è dall'età richiesta in origine per certe funzioni, accenna piuttosto alla gravità e dignità dell'ufficio. Il gesuita Curci a sua volta scrive: "Quando l'epistola fu scritta, l'organamento della chiesa stava tanto sui suoi inizii che i due gradi gerarchici di Episcopi e di Presbiteri, non dirò che non fossero distinti (ciò è di giure divino (?) e dovettero essere ben distinti fino dai loro inizii); ma certo non si erano appropriati rispettivamente quei titoli: tanto che si attribuivano indifferentemente ad entrambi".

L'aspirare all'ufficio non indica necessariamente una brama ambiziosa, ma può esprimere un desiderio nobile di lavorare più direttamente e più assiduamente al bene della chiesa. Una tale aspirazione suppone che l'ufficio era noto ed esercitato da tempo in Efeso. Chi aspira all'ufficio di sovrintendente, desidera un'opera καλον, moralmente bella e nobile perchè voluta da Dio, spesa nell'attuare i suoi disegni d'amore, mirante al bene supremo degli uomini, da compiersi colle armi della verità e dell'amore. Sebbene l'accento sia sulla buona qualità dell'opera, è pur sempre notevole che Paolo chiama la sovraintendenza un'opera (Cfr. 2Timoteo 4:5. Fa l'opera... 1Tessalonicesi 5:12-13; Efesini 4:11-12; Ebrei 13:17; 1Timoteo 5:17-18) e non sono fuori di luogo le osservazioni di S. Agostino: "l'episcopato è il nome non di un onore ma di un'opera"; di Girolamo: "opera, non dignità, non delizie..."; di Bengel: "negotium, non otium". In che consiste quell'opera, lo danno ad intendere i passi che siam venuti citando ed a cui sono da aggiungere Tito 1:9;1Pietro 5:1-4.

2 1Timoteo 3:2-3 enumerano i requisiti morali necessari al soprintendente. Più l'opera è eccellente e più dev'essere elevato il carattere dell'operaio. Noblesse oblige. Chi è chiamato a sorvegliare, a guidare, ad insegnare gli altri deve ispirare il rispetto e la fiducia e non smentire colla vita quanto insegna colla parola. Da ciò il "Bisogna dunque..." che indica una necessità morale.

Bisogna dunque che il soprintendente sia irreprensibile.

Ad evitare equivoci adopriamo la parola soprintendente invece di vescovo che ha, nell'uso, assunto un senso diverso dall'episcopos dell'originale. Il singolare comprende chiunque occupa la carica. Così Tito 1:7. Irriprensibile ( ανεπιλημπτον) vale lett. "che non si può sorprendere" in nulla, perchè non c'è in lui nulla di male da riprendere. Un antico parafrasa così: "che non offre occasione ad accuse". (cfr. 1Timoteo 5:14). Ritroviamo la parola in 1Timoteo 5:7; 6:14. Diodati traduce pure "irreprensibile" l'aggettivo ανεγκλητος di 1Timoteo 3:10 e di Tito 1:6-7 che propriamente vale "non incolpatile", incensurabile, inappuntabile. Non si tratta dell'assoluta impeccabilità dinanzi a Dio, ma dell'assenza di peccati più o meno abituali che cadono sotto lo sguardo altrui e sono dalla coscienza cristiana condannati.

marito d'una sola moglie.

Questo inciso è stato inteso in molte guise. Non lo si può interpretare come contenente l'obbligo del matrimonio per il sovrintendente poichè sarebbe bastato dire: "marito di una moglie" "ammogliato". Certo si è che lo stato matrimoniale, è da Paolo considerato come lo stato normale in cui trovasi ogni presbitero ed ogni diacono 1Timoteo 3:12. Sono gli apostati degli ultimi tempi che "vieteranno il maritarsi" 1Timoteo 4:3. L'imposizione del celibato come condizione per l'esercizio del ministerio è contraria allo spirito ed alla lettera delle istruzioni apostoliche, non meno che alle leggi di natura. Per Paolo il celibato è preferibile solo in date circostanze ed esige un dono speciale di continenza 1Corinzi 7. Qui la vita di famiglia è considerata come la condizione normale in cui il sovrintendente è chiamato a dare il buon esempio alla chiesa, e come la scuola ov'è messa alla prova la sua capacità di governare una famiglia più vasta.

Un numero ragguardevole d'interpreti considerano questa clausola come escludente dal presbiterato chi avesse contratto seconde nozze. Il candidato a questo ufficio non deve avere avuto in passato che una sola moglie, nè può contrarre, in caso di vedovanza, un secondo matrimonio. Così la chiesa greca che interdice ai suoi popi le seconde nozze. Così gli interpreti cattolici. Martini e Curci traducono: "che abbia preso una sola moglie". Così varii esegeti protestanti. Le ragioni che si fanno valere sono le seguenti:

a) il senso delle parole qui usate è precisato dal passo 1Timoteo 5:9 ove, parlando delle condizioni cui deve rispondere la vedova per essere iscritta nel catalogo delle vedove anziane; l'apostolo dice che non deve aver meno di 60 anni, esser stata "moglie di un sol marito", che s'interpreta univira. Accettando questo senso dell'espressione, resta però da vedere il perchè Paolo ponga questa condizione; se perchè consideri l'univira come più rispettabile moralmente, quando a 1Timoteo 5:14 ordina alle giovani vedove di rimaritarsi; o se per riguardo all'opinione generale, o perchè le più estese relazioni di parentela la pongono a riparo dal bisogno.

b) Si fa valere il carattere strano che un tale requisito avrebbe se si trattasse qui semplicemente di stabilire che il vescovo non deve essere poligamo, o adultero, o divorziato per ragioni non ammesse dalla morale evangelica. Soltanto, se andava da sè che non dovesse essere poligamo doveva pure andar da sè che dovesse essere sobrio, non dedito al vivo eco.

c) Si vede la ragione dell'esclusione delle seconde nozze nell'opinione sfavorevole che se ne aveva in Grecia ed a Roma, mentre la donna univira era ritenuta più onorevole. Il contrarre un secondo matrimonio sarebbe stato giudicato un segno di debolezza, d'insufficiente padronanza di sè. Quindi Paolo volendo che il carattere dei sovrintendenti e dei diaconi 1Timoteo 3:12. fosse superiore ad ogni critica nell'ambiente in cui dovevano esercitare il loro ufficio, avrebbe escluso chi avesse contratto un secondo matrimonio. Sarebbe questa una ragione di opportunità valevole solo in date circostanze e che non sussisterebbe più dove l'opinione non annette biasimo alcuno alle seconde nozze. Ma non è provato che il secondo matrimonio di un vedovo fosse considerato allo stesso modo che quello d'una vedova al tempo di Paolo; e questa considerazione, se pur fondata, c'era egli motivo di farla valere anche nel caso dei diaconi?

d) Si cita infine l'opinione di antichi scrittori contrarii alle seconde nozze, ritenute bensì legittime, ma non consigliabili ai cristiani. Hermas dice: Il vedovo che si ammoglia non pecca, ma se resta solo si acquista grande onore presso Dio. Clemente alessandrino: Paolo permette le seconde nozze. Chi le contrae non pecca... ma non raggiunge la perfezione della regola cristiana secondo l'Evangelo. Tertulliano essendo montanista condanna le seconde nozze in tutti i cristiani. Le Costituzioni Ap.: Chi si è unito in seconde nozze dopo il battesimo non può essere vescovo, presbitero o diacono. Gregorio di Nazianza: Le prime nozze sono legge, le seconde una tolleranza, le terze una trasgressione, le quarte una porcheria. Atenagora chiama il secondo matrimonio un "decente adulterio". Diversi concilii decretarono che fosse lecito ordinare chi era ammogliato, ma non fosse lecito a chi era stato ordinato il contrarre matrimonio o seconde nozze. Queste opinioni posteriori non risolvono però la questione esegetica che ci sta dinanzi; tanto meno che sono controbilanciate da quella degli antichi esegeti Girolamo, Crisostomo, Teodoreto, Teofilatto ed Ecumenio ed emesse quando, nella Chiesa, si accentuava la tendenza ad esaltare il celibato.

Questi antichi interpreti, e con loro i Riformatori e non pochi moderni, considerano la prescrizione apostolica come diretta non contro le seconde nozze, ma contro la poligamia permessa da taluni dottori giudei e praticata spesso dai pagani. La prescrizione è applicabile al caso di infedeltà coniugale in genere, dovendo il presbitero menare una vita ordinata e casta nel matrimonio; ovvero ancora al caso di disordini nati dalla facilità dei divorzi divenuti frequenti fra i Giudei come fra i pagani, perchè determinati da ragioni insufficienti di fronte alla legge di Cristo. Come nota il Godet, una moglie morta non è più una consorte; ma poteva presentarsi il caso di convertiti che fossero vissuti a lungo in relazioni illecite con una persona tuttora vivente; o la cui prima moglie, di poi divorziata, non fosse ancora morta. L'apostolo esige che la famiglia del vescovo sia cristianamente costituita, come vuole che sia cristianamente governata. Il pregiudizio che s'incontra nei secoli posteriori cortro le seconde nozze non ha fondamento nell'insegnamento di Paolo il quale autorizza esplicitamente, in conformità colla legge, le seconde nozze Romani 7:1; 1Corinzi 7:9,39-40 purchè "nel Signore"; anzi ne fa quasi un dovere alle giovani vedove 1Timoteo 5:8-14. Il proibirle al sovraintendente sarebbe in contraddizione colla morale evangelica ed esporrebbe il presbitero ai pericoli del celibato forzato. Non ci sono nel N.T. due morali; una per il "clero" e l'altra per i laici; e infatti i requisiti morali qui enumerati sono quelli della vita cristiana in genere. Non basta la condizione sociale, la ricchezza, la coltura o l'età per il presbiterato, qualora faccia difetto qualche importante requisito morale o religioso.

sobrio!

Diodati traduce "sobrio e vigilante"; ma per quanto i due concetti siano strettamente uniti e si trovino spesso accoppiati (1Tessalonicesi 5:6-8; 1Pietro 1:13; 5:8 e per il verbo solo 1Pietro 4:7; 2Timoteo 4:5), l'aggettivo νηφαλιος non esprime che il primo. Cfr. 1Timoteo 3:11 con Tito 2:2. E non è neanche necessario di intenderlo in senso traslato della sobrietà o moderazione nei sentimenti e nelle parole; basta il senso ordinario dell'esser regolato e parco in ogni cosa, specie nel mangiare e nel bere.

assennato

cioè sano e sobrio di mente, quindi non eccentrico od impulsivo, ma pieno di buon senso, ponderato, capace di serbar nelle cose la giusta misura. Cfr. 1Timoteo 2:9 e Tito 2:6 note.

dignitoso

esprime, secondo Teodoreto la esterna manifestazione, nel portamento, negli sguardi, nell'andatura, nel modo di trattare, della interna sobrietà di mente. È il contegno decoroso, convenevole, per bene.

ospitale

lett. amico dei forestieri e quindi disposto ad accogliere generosamente i cristiani perseguitati od in viaggio, i quali, in un tempo in cui la civiltà non offriva le comodità attuali, avevano speciale bisogno di trovare dove albergare in case amiche. I fratelli di passaggio erano naturalmente raccomandati ai presbiteri della chiesa. L'ospitalità è largamente raccomandata nel Nuovo Testamento. Matteo 25:35; 1Pietro 4:9; Ebrei 13:2; Romani 12:13; Tito 1:8.

atto ad insegnare

il che implica una conoscenza sufficiente della verità cristiana e degli errori ad essa contrarii. In Tito 1:9 il concetto è così espresso: "che si attenga fermamente alla fedel parola ch'è secondo la dottrina, affinchè sia capace d'esortare nella sana dottrina e di convincere i contradittori". Implica un qualche dono di parola per poter comunicar la conoscenza, ed anche la disposizione a far parte agli altri di quel che uno ha conosciuto e sperimentato per sè, ed a farlo con mansuetudine e pazienza: cfr. 2Timoteo 2:23-25. Questo requisito non implica però che tutti i sovraintendenti fossero dati all'insegnamento pubblico. Dal passo 1Timoteo 5:17 risulta che una parte soltanto dei presbiteri "faticava nella parola e nell'insegnamento"; ma tutti dovevano avere conoscenza e capacità sufficienti da poter applicare la verità cristiana ai casi pratici che loro si offrivano nell'esercizio delle loro funzioni, quando si trattasse o di riprendere o di correggere o di confortare o di render ragione della propria speranza.

3 non dedito al vino

Cfr. Tito 1:7. A 1Timoteo 3:8 dice "non dedite a molto vino". Etimologicamente παροινος significa uno che sta volentieri presso al vino, a bere: un bevitore. L'intemperanza nel vino anche quando non degeneri, come facilmente avviene, in ubriachezza, va congiunta nelle Epistole coi disordini carnali ed è contraria allo sviluppo della vita spirituale Efesini 5:18; Galati 5:21.

non percotitore

ossia di abitudini violente e manesche proprie di un carattere impetuoso e collerico. L'aggettivo reso: "disonestamente cupido del guadagno" non è autentico.

ma arrendevole

o mite, benigno, che non insiste in modo intransigente sopra ogni suo diritto;

alieno dalle contese

o pacifico, non battagliero. Cfr. Tito 3:2; 2Timoteo 2:24: "il servo del Signore non bisogna che contenda, ma che sia benigno inverso tutti..."

non amante del danaro,

interessato, dominato dalla passione di acquistare o conservare denaro. Cfr. 1Timoteo 6:10; Ebrei 13:5; Luca 16:14. Paolo dice di sè: "Quanto a me volentieri spenderò e sarò speso per le anime vostre..." 2Corinzi 18:15.

4 1Timoteo 3:4-5: si riferiscono alla vita del sovrintendente come capo di famiglia. Nella sfera più ristretta della vita di famiglia ch'è lo stato normale in cui vive e ha da vivere il presbitero, egli deve mostrare quelle attitudini che sono richieste per il governo della chiesa.

che governi bene la propria famiglia, tenendo i figli nella sottomissione congiunta ad ogni onoratezza.

La famiglia include la moglie, i figli, i servi. Ad essa deve presiedere bene il vescovo mostrandosi marito, e padre e padrone cristiano esemplare. In ispecie deve tenere i figli in quella sottomissione rispettosa ed amorevole verso i genitori ch'è il primo dovere dei figli e disciplina salutare per loro Efesini 6:1-3. Le parole che seguono sono riferite da alcuni al sovraintendente, come se indicassero la serietà colla quale ei deve accingersi alla educazione dei suoi figliuoli. Diodati traduce "con ogni gravità" e Martini "con perfetta onestà". Ma la particella μετα (insieme con) non ha senso strumentale e la troviamo spesso nelle Pastorali per esprimere l'idea di congiunzione, di accompagnamento. Esemp. 1Timoteo 1:14; 2:9,15; 4:3-4,14; 6:6; 2Timoteo 2:10 ecc. Si potrebbe quindi parafrasare "sottomissione, accompagnata da, o congiunta ad ogni onoratezza". L'inciso va riferito ai figli che devono unire all'ubbidienza verso i genitori una condotta onesta, onorata di fronte al mondo. Il passo parallelo Tito 1:6 corre così: "avendo dei figli fedeli, che non siano accusati di dissolutezza nè insubordinati".

5 ma se uno non sa governare la sua propria famiglia, come prenderà egli cura della chiesa di Dio?

La famiglia è una piccola chiesa, come la chiesa è una grande famiglia. Per cui se uno si fosse rivelato incapace di governare quella piccola società ch'è la sua famiglia, ove la sua autorità si esercita in modo più diretto e costante, ch'è sua in senso speciale, se ne dovrebbe dedurre ch'egli non è in grado di sovraintendere con cura e diligenza agli interessi della chiesa. La chiama chiesa di Dio per farne rilevare l'alta dignità. Chi non è stato fedele nel poco, potrà egli esserlo nel molto? Chi non ha curato la propria famiglia, avrà egli cura della famiglia di Dio?

6 Il ver. 6 prescrive che il candidato al presbiterato non solo debba essere sinceramente convertito, ma debba possedere un certo grado d'esperienza religiosa.

che non sia un neofito,

lett. una pianta novella, cioè una persona di fresco convertita, nata da poco alla vita della fede. L'apostolo non determina un tempo fisso per misurar il grado della maturità religiosa, perchè non è cosa che dipenda solamente dal tempo; ma vuole che il sovrintendente sia passato per un periodo di prova durante il quale abbia potuto radicarsi nella conoscenza della verità e nell'esperienza della grazia di Cristo, altrimenti sarà come un coscritto chiamato a condurre alla guerra dei soldati più provetti di lui. Ciò non è utile alla chiesa ed è inoltre pericoloso per lui stesso:

che talora gonfiato [di superbia], non incorra nel giudicio [in cui è incorso] il diavolo.

Paolo dice solo gonfiato come di fumo o di vento, ma s'intende di superbia, di orgoglio, per la sua elevazione al presbiterato. L'occupare una carica ecclesiastica quando gli manca l'esperienza della sua propria debolezza, può indurlo a credersi qualcosa mentre non è nulla. Dopo la sua conversione, Paolo avea passato tre anni in Arabia prima d'incominciare veramente il suo apostolato; e gli altri apostoli Gesù li volle con sè per tutto il corso del suo ministerio. Lo zelo ardente che contraddistingue i neofiti può facilmente creare delle illusioni; ma l'entusiasmo non può tener luogo dell'esperienza nel presbitero. Timoteo stesso, chiamato all'evangelizzazione ancor giovane, si era educato al ministerio nella compagnia di Paolo. Il giudicio del diavolo s'intende da alcuni delle accuse della gente nemica del Vangelo e che volentieri diventa "calunniatrice". Ma negli scritti di Paolo "il diavolo" si applica non ai calunniatori in genere ma a colui che personifica la menzogna: Satana Efesini 4:27; 6:11; 2Timoteo 2:26. Si tratta piuttosto del giudicio di condannazione nel quale è incorso il diavolo quando, per orgoglio, si ribellò contro a Dio. (Cfr. Giuda 6,9; 2 Pietro 2:4.)

7 Bisogna ch'egli abbia ancora una buona testimonianza da parte di quei di fuori, affinchè non cada in vituperio e nel laccio del diavolo.

Oltre a tutto il resto che dev'essere evidente più specialmente ai membri della chiesa, conviene che il candidato alla sovrintendenza goda di una buona riputazione presso coloro che non fanno parte della chiesa, che son "di fuori". Cfr. 1Corinzi 8:12-13; Colossesi 4:5; 1Tessalonicesi 4:12. Non importa se lo assalgono per la sua fede cristiana, ma il suo carattere morale deve comandare il rispetto, altrimenti egli non è in condizione da disimpegnare con frutto il proprio ministerio. Cade in vituperio, è esposto, cioè, ai vituperii di coloro che lo conoscono e gli rinfacciano la sua condotta presente o passata. Ci son dei casi in cui la confessione aperta dei peccati anche gravi di prima ha reso possibile ai convertiti l'esercizio del ministerio: esempi: Paolo stesso, Agostino, ecc.; ma ci sono pure dei casi in cui la natura disonorevole dei peccati passati rende impossibile al convertito l'entrata nel presbiterato. Altrimenti espone sè e la chiesa al vituperio. L'espressione il laccio del diavolo che occorre anche 2Timoteo 2:26 accenna all'astuzia ed abilità colle quali il diavolo sa valersi di ogni circostanza per nuocere ai fedeli ed all'opera di Dio. Egli è come un cacciatore che tende i suoi lacci in attesa della preda. Chi, non godendo buona riputazione, fosse scelto a presbitero, incapperebbe nella rete tesagli dal diavolo, poichè gli mancherebbero la sicura coscienza e l'autorità morale necessaria ad esercitare con franchezza il proprio ufficio, e coinvolgerebbe la chiesa nel vituperio al quale verrebbe esposto. Meglio dunque per lui viver da cristiano nella sfera privata. In 1Timoteo 5:22 Paolo torna a raccomandare a Timoteo di "non imporre con precipitazione le mani ad alcuno e di non partecipare ai peccati altrui", come farebbe quando accettasse nel presbiterato persone di non specchiata riputazione.

AMMAESTRAMENTI

1. Di fronte alle varie e complicate gerarchie ecclesiastiche sorte nel corso della storia posteriore della Chiesa, uno resta colpito dalla semplicità della costituzione ecclesiastica dei tempi apostolici. Presbiterato e diaconato sono le due sole cariche di cui facciano parola le Epistole pastorali: l'una destinata alla cura spirituale, l'altra alle cure più materiali di ogni chiesa locale. In Efeso assistiamo al periodo di fondazione, quando la chiesa è diretta da un apostolo, poi a quello di transizione in cui la chiesa possiede di già una organizzazione locale coi suoi anziani e diaconi, ma ha bisogno d'essere ancora guidata da un delegato e collaboratore dell'apostolo, finalmente, quando Timoteo è richiamato da Paolo la chiesa fa da sè. Che a scopo di affratellamento e di ordine, le varie chiese di una regione abbiano poi delle assemblee rappresentative le quali veglino sugli interessi della collettività e deleghino ad eseguire le loro decisioni un collegio d'uomini od un uomo solo, ciò è in armonia collo spirito di ordine, di libertà democratica e di pratica sapienza inculcato dagli apostoli; ma è ben diverso dalla tendenza che prevalse, nei tempi di corruzione, a modellare la costituzione della Chiesa di Dio su quella dell'impero romano, per giungere da ultimo ad accentrare tutti i poteri in un'unica persona.

2. Il presbiterato non è un ufficio decorativo od onorifico ma è un'opera, opera di direzione, di sorveglianza, d'insegnamento, di cura d'anime; è un'opera perchè serve al compimento dei disegni di Dio nel mondo, e mira al bene supremo degli uomini; è quindi legittimamente desiderabile quando lo si brami non per mondana ambizione o per alcun interesse inferiore, ma per meglio servire alla causa di Cristo ed alla salvezza degli uomini. Fa quindi cosa santa chi incoraggia il pio desiderio dei giovani adatti al ministerio, chi sovviene alle necessità dei più poveri, come chi si adopera affinchè le Scuole di Teologia rispondano all'alto loro fine.

3. Paolo esige da chi deve sovraintendere ad una chiesa un carattere moralmente incensurabile ed in armonia colle funzioni cui è chiamato. Esige che abbia una sufficiente conoscenza della verità e la capacità d'insegnarla; che sia di esempio nel governo della sua famiglia, che non sia novizio e goda buona riputazione anche presso gli estranei alla fede. Quanta semplicità, quanta elevatezza morale e quanta ragionevolezza in questi requisiti! Religione e vita morale sono inseparabili e la coscienza umana non accetta come ministro del Vangelo di Cristo se non chi si separa dal male e predica coll'esempio non meno che colle parole. Il divorzio tra la predicazione e la vita rende sterile, anzi nocivo, il ministerio anche di chi ha molte capacità.

Ogni volta che la Chiesa si è scostata da qualcuna di queste prescrizioni, è andata incontro a gravi danni per sè e per coloro ch'essa ha collocati in un ufficio al quale Dio non li avea chiamati. Nè si può dire che l'esperienza del passato abbia preservato del tutto le chiese dei nostri giorni dal fare le loro amare esperienze a questo riguardo.

4:Se era giudicato utile ai tempi apostolici che il Sovrintendente desse l'esempio della vita di famiglia e in quella cerchia più ristretta ed intima fornisse la prova delle sue attitudini a condurre la chiesa, è forse cessata, in oggi, l'utilità anzi la necessità di, un tale esempio e di una tale scuola? La storia del celibato ecclesiastico nelle sue relazioni colle famiglie è una riprova, pur troppo triste, della sapienza delle prescrizioni apostoliche. Tuttavia perchè la famiglia del presbitero possa essere di esempio alle altre, convien che egli abbia gli occhi aperti nella scelta di una consorte, guardando più alle qualità morali ed alla pietà, che non alla bellezza, alla ricchezza, o altri esterni pregi. Conviene del pari che le molteplici occupazioni non l'inducano a tralasciare i doveri verso la famiglia.

8 Sezione B. 1Timoteo 3:8-13. I REQUISITI PER IL DIACONATO.

Accanto al presbiterato, le chiese apostoliche avevano, come ufficio permanente, il diaconato. Creato per sgravare i banditori del Vangelo dalle cure materiali inerenti alla distribuzione dei soccorsi ai poveri Atti 6, l'ufficio era destinato ad esser come la mano della chiesa recante l'aiuto opportuno al fratello bisognoso, ammalato o forestiere. Il raccoglier le offerte ed il distribuirle, era quindi parte essenziale dei doveri dei diaconi. Ha ragione però il Meyer quando osserva che la sfera di attività dei diaconi non è chiaramente determinata in alcun luogo del Nuovo Testamento, il più esplicito essendo Atti 6. Quanto ai requisiti per l'ufficio, la sezione che esaminiamo è la sola che, con Atti 6:3, ne faccia parola. In Tito 1 non è mentovato il diaconato, forse perchè già stabilito nelle chiese di Creta.

Parimente bisogna che i diaconi siano rispettabili.

Diaconi qui nel senso ufficiale come Romani 16:1. La parola significando propriamente inserviente o servitore, si trova come il verbo ed il sostantivo corrispondenti (diaconia e diaconein) usata nel suo senso generico Matteo 20:26; 22:13; Giovanni 2:5. In Romani 13:4 i magistrati son detti i "diaconi" di Dio e in 2Corinzi 2:15 i falsi apostoli i "diaconi" del diavolo. I predicatori del Vangelo sono chiamati i "diaconi" ossia ministri della Parola. Cfr. 1Timoteo 4:6; 1Tessalonicesi 3:2; Colossesi 1:7,23; 2Corinzi 6:4; 3:6. Il parimente si riferisce ai requisiti enumerati nella sezione antecedente per il presbiterato. Come si deve badare a sceglier per quell'ufficio delle persone atte per ogni verso a disimpegnarlo, così devesi fare rispetto all'altro ufficio permanente, il diaconato. Perchè l'ufficio è diverso, perchè concerne l'amministrazione della beneficenza e degli interessi materiali, non vuol dire che si debbano scegliere con minor cautela le persone. I diaconi sono funzionari della chiesa chiamati a coadiuvare i sovrintendenti in cose delicate e sacre; perciò bisogna che posseggano le qualità e le virtù qui enumerate. Anzi tutto, devono essere persone rispettabili per carattere, onorevoli. La Vulgata "pudicos", seguita dal Martini, limita troppo il senso.

non doppi in parole,

che non dicano oggi sì, domani no; all'uno una cosa ed all'altro il contrario; che mantengano quello che promettono. Revel traduce "scevri di duplicità". "Adulatori e maldicenti son doppi in parole" (Henry). I diaconi essendo chiamati a venire a contatto con molti fratelli, devono essere veritieri e leali se vogliono conservare la fiducia della chiesa. Altrimenti perdono ogni autorità morale e sono esposti ad ogni sospetto.

non dati a molto vino,

sobrii nel bere. Paolo lo esige dal presbitero 1Timoteo 3:3 e lo mentova come dovere speciale delle donne attempate in Tito 2:3. Non si tratta qui delle agapi solamente; ma è dovere generale. Come osserva Meyer, i diaconi dovendo recarsi nelle case dei fratelli potevano esser tentati, se troppo amanti del vino, di approfittare dell'altrui ospitalità per soddisfare questa passione. Inoltre chi non è regolato nel bere, di solito non tiene a freno la propria lingua.

non portati a disonesto guadagno.

Lo stesso composto ritrovasi Tito 1:7 e l'avverbio in 1Pietro 5:2. Parlando di certi cianciatori d'origine giudaica, Paolo dice che insegnano quel che non si deve "per un disonesto (o turpe) guadagno" Tito 1:11. Il Grimm traduce la parola: "avidi di turpe lucro". Implica l'amor del denaro di cui a 1Timoteo 3:3, ma oltre a questo anche la disonestà dei mezzi adoprati per procurarselo. È necessario che il candidato al diaconato abbia mostrato nella sua condotta antecedente, nella gestione dei proprii affari, di essere alieno da ogni guadagno ottenuto con mezzi riprovevoli; altrimenti qual garanzia potrà la chiesa avere ch'egli non faccia come Giuda che teneva la borsa comune ed era ladro? Si richiede in chi deve maneggiare il denaro della comunità, distribuire soccorsi, procurare dei generi destinati ai poveri ecc., la massima delicatezza di coscienza, la più austera onestà. Chi non è fedele nelle piccole cose, non lo sarà nelle grandi.

9 Che ritengano il misterio della fede in una coscienza pura.

Che cosa è il misterio della fede? "Mistero" ( μυστηριον) nel N.T. non significa una cosa incomprensibile per l'uomo; ma semplicemente una cosa che l'uomo non è in grado di conoscere da sè; che gli rimane quindi nascosta finchè Dio non gliela riveli. Taluni fatti o futuri o suprasensibili che fanno parte del piano di Dio sono chiamati dei misteri. Così la restaurazione futura d'Israele; la trasfigurazione dei cristiani viventi all'avvento di Cristo; così l'unione mistica di Cristo e della Chiesa Romani 11:25; 1Corinzi 15:51; Efesini 5:32. Misterio di Dio è pur chiamato il piano eterno di Dio per la salvazione, nascosto alle antiche età, ma rivelato a suo tempo. Dio ne è l'autore, e ne ha regolato la dispensazione, o l'economia 1Corinzi 4:1; Colossesi 2:2; Efesini 1:9; Apocalisse 10:7. Talvolta si chiamerà "il misterio di Cristo", "il misterio dell'Evangelo", perchè Cristo e la salvazione assicurata in lui ad ogni credente, senza distinzione, ne sono il contenuto essenziale Colossesi 4:3; Efesini 3:4. Fede, poi, non significa, negli scritti di Paolo, verità o dottrina cristiana; bensì la fiducia del cuore. L'espressione "mistero della fede" vorrebbe dire, secondo gli uni, il misterio che consiste nella fede stessa, la quale, come dice L. Bonnet, è "misteriosa nella sua natura e nel suo oggetto". Codesta fede spirituale che parte dal cuore e poggia sul Cristo invisibile, che resta pertanto nascosta all'occhio dell'uomo, i diaconi la devono conservare in una pura coscienza. Secondo altri, "mistero della fede" significa misterio afferrato dalla fede, oggetto della fede. Così Reuss: "il misterio della fede è dunque l'insieme dei fatti rivelati dall'apparizione di Cristo e che sono l'oggetto della fede cristiana". In altre parole, è l'Evangelo della grazia. Questo prezioso tesoro ch'è il contenuto o l'oggetto della fede, i diaconi lo devono serbare e custodire in un recipiente adatto ove non corra pericolo di alterarsi o di andar disperso; e questo è una coscienza pura, non macchiata da disonestà o da indelicatezza. Si confr. quanto ha detto 1Timoteo 1:5; 19:20. Come pure 1Timoteo 4:2; 2Timoteo 2:19.

10 Ed anche questi siano prima esaminati; poi servano come diaconi se sono incensurabili.

Per i presbiteri l'apostolo esigeva che la loro fede fosse stata provata per un certo tempo, talchè non fossero novizii in fatto di esperienza religiosa. Anche per i diaconi, è necessaria una simile garanzia, Bisogna che abbiano dimostrato per un tempo sufficiente di possedere i requisiti necessarii all'ufficio. Dicendo che devono esser prima esaminati o "provati", Paolo non vuol parlare di un esame teorico cui si debbano sottoporre i candidati; e neppure esige che facciano per un certo tempo un tirocinio pratico del diaconato; ma vuole che la chiesa, per mezzo dei suoi presbiteri o per mezzo del delegato apostolico, non ammetta al diaconato persone non ancora ben conosciute; che usi nella scelta di molte cautele, facendo sulla loro fede, integrità morale, capacità e condotta, tutte le necessarie investigazioni. Se, da una simile prova od inchiesta, risultano incensurabili, allora servano come diaconi, cioè siano ammessi alle funzioni del diaconato. L'aggettivo ανεγεκλητος (incensurabile) è sinonimo dell'"irreprensibile" di 1Timoteo 3:3 e vale propriamente: che non può essere chiamato in causa od incolpato, quindi incensurabile, inappuntabile.

11 Siano parimente le donne rispettabili, non calunniatrici, sobrie, fedeli in ogni cosa.

È chiaro che parlando qui di donne Paolo non intende ragionare delle donne cristiane in genere e neppure collettivamente delle mogli dei presbiteri e dei diaconi. L'istruzione apostolica si riferisce o alle mogli dei diaconi (le loro mogli, come porta la diodatina), od alle diaconesse come stimarono gli antichi interpreti, seguiti da molti moderni. È da notare che, nè qui nè in Tito 1. Paolo ha detto alcunchè delle qualità delle mogli dei presbiteri; non è quindi probabile che voglia dare delle istruzioni solo per le mogli dei diaconi. Manca infatti nel testo una qualsiasi indicazione che mostri trattarsi qui delle mogli dei diaconi. Perchè non scrivere, in tal caso: "le loro mogli "? D'altra parte è innegabile che nelle chiese apostoliche c'erano delle diaconesse che si occupavano specialmente delle donne Romani 16:1:Plinio parla nella sua lettera a Traiano, di "quelle che son dette ministrae". Ora, data l'esistenza di donne cristiane aventi un tale ufficio non può sorprendere che Paolo faccia cenno dei requisiti che devono possedere e lo faccia nella sezione che tratta del diaconato. Il parimente di 1Timoteo 3:8 che riappare qui, sembra che accenni ad una categoria distinta di funzionari, i quali Paolo è costretto a chiamar donne perchè il greco non ha il femminile "diaconessa". D'altronde, della famiglia del diacono l'apostolo parlerà in 1Timoteo 3:12. Dalle donne cristiane, vedove o maritate, a cui si affidavano le funzioni del diaconato femminile, Paolo esige che siano persone rispettabili per il loro carattere, non calunniatrici. Venendo in relazione con molte famiglie, se avessero il difetto molto comune al loro sesso d'aver la lingua lunga e maldicente; e andassero spargendo di casa in casa, a carico di altri, delle maldicenze, dei giudizii falsi, delle calunnie, invece di far del bene alla chiesa, le farebbero un gran male; tanto più che nell'esercizio delle loro funzioni avrebbero occasione di conoscere molte miserie e debolezze. Quindi non devono essere chiacchierone, ma scrupolosamente rispettose della verità e dell'altrui riputazione. Sobrie cfr. 1Timoteo 3:2,8; Tito 2:3. Fedeli in ogni cosa degne «di piena fiducia così per la loro discrezione, per il loro tatto, come per la loro delicatezza nell'amministrare i soccorsi materiali.

12 Tornando ai diaconi, Paolo prescrive che abbiano ad essere, come i presbiteri, dei modelli nella loro vita di famiglia.

I diaconi siano mariti di una sola moglie,

non ci sia nulla da ridire riguardo al modo com'è costituita la loro famiglia. Cfr. 1Timoteo 3:2.

governando bene i loro figliuoli e le loro proprie case.

Cfr. 1Timoteo 3:4.

13 Perciocchè coloro che avranno ben servito come diaconi, si acquistano un bel grado e molta franchezza nella fede ch'è in Cristo Gesù.

Questa chiusa è intesa a servire d'incoraggiamento ai diaconi il cui ufficio spesso difficile e sempre umile, poteva essere meno desiderato. Nei tempi che seguirono, il diaconato fu ritenuto di molto inferiore al presbiterato e questo a sua volta, distinto dall'episcopato, gli fu ritenuto inferiore. Ma in che consiste la buona posizione od il "bel grado" che i diaconi fedeli si acquistano? Il termine βαθμος vale propriamente un "gradino" di una scala, quindi si è creduto che Paolo accennasse qui alla prospettiva di un avanzamento ad un grado superiore della gerarchia. Ma Paolo non dice; un grado "superiore" ma semplicemente un "buon" grado ed infatti non considera le cariche nella chiesa come degli onori, bensì come delle funzioni rispondenti alle attitudini ricevute. Poi non è nelle sue abitudini di valersi di motivi che sappiano d'ambizione. Nell'età apostolica non v'è traccia di questo passar dall'ufficio di diacono a quello d'anziano. Altri hanno creduto che Paolo volesse parlare di un grado eccellente di gloria nel mondo avvenire, citando come passo analogo 1Timoteo 6:19: "tesoreggiando per sè stessi un buon fondamento per l'avvenire." L'idea non è contraria all'insegnamento di Paolo; ma sarebbe qui espressa in molo poco evidente. Meglio applicare l'immagine alla posizione onorata che il diacono si acquista in mezzo ai suoi fratelli, i quali imparano a rispettare, a stimare, ad onorare l'uomo che ha compiuto fedelmente, per un non breve periodo di tempo, le delicate ed umili funzioni del diaconato. Si sono abbassati nel servire gli altri; ma hanno acquistata per sè la soddisfazione di vedersi circondati dalla stima e dall'affetto della chiesa. Questa loro posizione implica la possibilità di esercitare una più larga influenza per il bene, anche per via di esortazioni pubbliche. I primi diaconi erano stati anche zelanti e potenti evangelisti. Alla cresciuta stima dei fratelli si aggiunge la molta franchezza nella fede ch'è in Cristo G. Non si tratta nè di franchezza nell'insegnamento della verità, nè di sola forza morale o di più saldo coraggio in tutto quel che riguarda la religione; e neppure di franchezza di fronte alla chiesa; bensì della cresciuta libertà filiale dinanzi a Dio; della cresciuta individuale certezza della salvazione, certezza ch'è fondata sempre "nella fede in Cristo" e non esiste fuori di quell'ambiente, ma ch'è pure il frutto, nel credente, della pratica coscienziosa e perseverante del dovere conosciuto. Si confr. per concetto analogo, 2Timoteo 4:6-8; 2Pietro 1:11; 1Giovanni 2:28; 3:21.

AMMAESTRAMENTI

1. Fin dal principio, ispirandosi all'esempio ed ai precetti di Cristo, la Chiesa prese cura dei poveri, degli infermi, delle vedove, degli orfani e dei forestieri. Le cure della beneficenza furono quelle che, diventando troppo gravi per gli apostoli, diedero origine al diaconato in Gerusalemme. Le opere della carità sono uno dei frutti più visibili del cristianesimo. Per quanto faccia, la carità privata non giunge a lenire tutti i dolori ed è necessario, perciò, organizzare la beneficenza, affinchè anche in questo ogni cosa sia fatta con ordine. Ma coloro i quali, diaconi o no, sono la mano della chiesa nel soccorrere, devono essere animati dallo Spirito di Cristo, altrimenti i soccorsi della carità vengono a perdere il loro profumo più soave. Secondo la parola arguta e profonda di Amalia Sieveking: "L'anima della carità è la carità verso l'anima".

2. Molte cose secondarie in quanto concerne la scelta dei diaconi sono lasciate alla libertà ed alla saviezza delle chiese. Tocca a loro decidere quando sia giunto il momento d'istituire dei diaconi nel proprio seno, quale ne debba essere il numero, quale la durata del servizio se il servizio è a tempo. Nulla è prescritto circa la loro età, il loro grado d'istruzione, la loro condizione sociale ecc. Ma le istruzioni apostoliche sono tassative circa la necessità di fare, per i diaconi come per i presbiteri, un'accurata inchiesta per sapere se i candidati posseggano i requisiti indispensabili all'ufficio: rispettabilità, veracità, sobrietà, specchiata onestà, fede sincera, vita di famiglia esemplare. Collo sviluppo delle chiese si sono accresciute le responsabilità dei diaconi, poichè si è dovuto pensare al sostentamento dei ministri della Parola, ai locali del culto, alle istituzioni della beneficenza, alle necessità delle opere missionarie ecc. Sono quindi tanto più indispensabili le qualità richieste da coloro cui è affidata gran parte dell'amministrazione materiale delle chiese. S'intende come dal cuore di un Chalmers preoccupato delle necessità d'una Chiesa separata dallo Stato potesse salire questa preghiera: "Spandi, o Dio, lo Spirito di grazia su quanti tengono un ufficio nella Chiesa; e mentre provvedi operai per la proclamazione del Vangelo, ti preghiamo di provvederne in buon numero e di competenti per tutti gli altri ufficii necessarii alla Chiesa. Più specialmente ti preghiamo di fornirci a sufficienza di diaconi che possano liberare i ministri dalle occupazioni secolari che si accumulano su di loro".

3. Se si considerano le donne di cui a 1Timoteo 3:11 come mogli dei diaconi, ci sarà da ricavare dalle prescrizioni che le riguardano, il dovere per chi cuopre o si prepara a coprire un ufficio ecclesiastico, di scegliere per sua compagna una sorella che gli sia un aiuto convenevole anzichè un inciampo nell'esercizio del suo ministerio. Ma sia in questo, come nell'altro caso più probabile che qui si parli delle diaconesse, è da notare la parte onorevole che il cristianesimo assegna all'attività femminile in seno alla Chiesa. Il Salvatore che volle nascere da una donna, esser nudrito, vestito e curato da una donna nella sua infanzia, ebbe a grado di esser durante il suo ministerio oggetto delle cure quasi materne di alcune donne che "lo servivano coi loro beni", che confortarono colla loro simpatia le sue ore estreme, composero nella tomba il suo corpo, e ricevettero altresì il suo primo messaggio all'alba della risurrezione. I soli profumi che furon versati sul capo e sui piedi di Gesù furono sparsi da mani femminili. Dorcas in Ioppe sparge il profumo delle sue buone opere Atti 9:36; Febe è diaconessa nella chiesa di Cencrea; Priscilla collabora con zelo alle opere missionarie, le diaconesse, le vedove anziane lavorano in Efeso; le figlie di Filippo con altre donne di Corinto son profetesse, le spose, le madri cristiane glorificano Dio nella famiglia... In molte guise confacenti alle sue attitudini è la donna cristiana chiamata a servire il Signore. Ai nostri giorni si sono aggiunte le funzioni dell'insegnamento e dell'educazione dei bambini dei due sessi, mentre il diaconato femminile nelle singole congregazioni va ristabilendosi e si allarga l'azione delle diaconesse che, strette in corporazioni, ministrano ai malati negli ospedali, agli orfani, od ai ricoverati in molteplici rifugii. Non mancano alle donne cristiane libere di sè, e disposte a consacrare le loro forze al Signore, le vie aperte dinanzi a loro.

14 

PARTE QUARTA

ISTRUZIONE SULL'ALTA MISSIONE DELLA CHIESA E SUL COME TIMOTEO VI DEVE CORRISPONDERE

1Timoteo 3:14-4:16.

Stando alla divisione dei capitoli ed all'opinione di parecchi interpreti, gli ultimi versetti del Captiolo III andrebbero connessi col precedente di cui sarebbero la chiusa. Ed è chiaro che quando Paolo dice: lo ti scrivo queste cose..., egli allude anzitutto a quanto ha scritto nei due paragrafi precedenti; ma siccome non c'è ragione per credere che Paolo avesse in animo di terminare qui la sua lettera, il "queste cose "include anche le direzioni che l'apostolo ha in animo di dare nel resto della lettera e che si riferiscono, come le prime, alla condotta di Timoteo qual ministro della Chiesa. D'altra parte, l'accenno alla missione della Chiesa qual colonna della verità non si connette con quel che precede, bensì coll'annunzio che segue al Capitolo IV di future apostasie dalla verità salutare.

1Timoteo 3:14-16 formano dunque la transizione dalla Parte III alla IV, ma vanno posti a capo della quarta perchè contengono una definizione della missione della Chiesa a cui si riannodano, tanto l'annunzio di errori futuri, come le direzioni date a Timoteo qual ministro della verità.

La Parte IV si divide in tre sezioni:

Sez. A. 1Timoteo 3:14-16: La Chiesa colonna e base della verità salutare.

Sez. B. 1Timoteo 4:1-5: Gli errori che minacciano la fede.

Sez. C. 1Timoteo 4:6-16: Ingiunzione a Timoteo di attendere a sè stesso ed all'insegnamento della sana dottrina.

Sezione A. 1Timoteo 3:14-16. LA CHIESA COLONNA DELLA VERITÀ.

Ti scrivo queste cose colla speranza di venire, più presto che posso, da te; ma, se lo tardassi, acciocchè tu sappia come bisogna condursi nella casa di Dio ch'è la Chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità.

Quali fossero i piani di Paolo allorchè scrisse questa lettera non possiamo dire. La speranza ch'egli nutre di venire anche presto (la lezione prescelta dai critici ταχιον si spiega: "più presto che posso", o più presto di quel che ora io creda), ad ogni modo non consente di collocar la lettera poco dopo la partenza di Paolo da Mileto alla volta di Gerusalemme Atti 20, perchè in allora Paolo pensava recarsi in Occidente ed è probabile che in quel viaggio Timoteo, il quale è associato all'apostolo nelle lettere ai Colossesi, a Filemone, ai Filippesi, lo accompagnasse.

15 L'incertezza in cui Paolo si trovava ci ha valso, nella provvidenza di Dio, una lettera piena di preziose direzioni sulla condotta che il ministro deve tenere nella Chiesa di Cristo. A meglio mettere in luce la responsabilità di Timoteo come servo di Dio, la Chiesa è chiamata la casa di Dio. Altrove Paolo la chiama l'edificio, l'abitacolo, il tempio di Dio Efesini 2:19-21; 1Corinzi 3:9 e Pietro una casa spirituale 1Pietro 2:5. Cf. Ebrei 3:2-5. Dio infatti n'è il fondatore ed il proprietario, in essa ei si compiace di abitare e di spiegare le ricchezze della sua grazia. Essa realizza spiritualmente il simbolo del tempio antico ove Dio manifestava la sua presenza ed era adorato. Ogni chiesa particolare è casa di Dio, come lo è, nella sua grande unità spirituale, la Chiesa nel suo insieme. Dio essendo Dio di ordine, di santità, di verità, di amore, tutto nella sua casa deve uniformarsi allo Spirito del Signor della casa. Egli è l'Iddio vivente che tutto vede, che sente, che agisce e che giudica i suoi servi.

Le parole colonna e base della verità sono da alcuni connesse con quel che segue e poste a capo di una nuova frase relativa al mistero di pietà. Così la versione Revel: "Colonna e fondamento della verità e, senza contrasto, grande è il misterio della pietà..." Sè non che, la frase cominciata in modo insolitamente brusco, invece di segnare un crescendo nella descrizione del misterio di pietà andrebbe scemando di forza e si risolverebbe in fine in una tautologia. Cos'è infatti il misterio della pietà se non la verità stessa che ha per centro il Cristo? La verità sarebbe dunque proclamata colonna della verità. Meglio assai, colla maggior parte degli esegeti, connettere le parole in questione colla "chiesa di Dio" e considerarle come una splendida definizione della missione della Chiesa nel mondo. Il rapido passare da una immagine all'altra non può sorprendere in uno scrittore così ricco di pensieri come lo è Paolo. Le colonne sono quelle che nei grandi edifizii, nei templi, sostengono gli archi, il tetto; sono quindi parti importanti dell'edifizio. Cfr. Apocalisse 3:12; Galati 2:9. La parola che rendiamo base ( εδραιωμα), che il Diodati tradusse "sostegno", Mass. Teofilo "puntello" e la Vulgata "firmamentum" indica ciò su cui una cosa è assisa o poggia saldamente; qui ov'è in relazione con una colonna si tratta del piedistallo o della base più larga su cui poggia il fusto della colonna stessa, quasi dicesse: colonna e colonna piantata sopra una salda base.

Gl'interpreti cattolici vedono in queste parole affermata l'autorità, anzi l'infallibilità dottrinale della Chiesa romana. "Il v. 15, scrive il Curci, fu sempre considerato come uno dei testi più efficaci a dimostrare l'infallibilità della Chiesa, nè vi è bisogno di spiegazione; tanto è per sè manifesto! È egli possibile che nella casa di Dio entri mai l'errore? Può mai esserne offesa una istituzione stabilita da Dio per essere sostegno solidissimo della verità"? Il Martini, prima dell'interprete gesuita, commentava così: "Questa Chiesa è la colonna e l'appoggio della verità perchè siccome la colonna sostiene e tiene in alto l'edificio, così la Chiesa sostiene la vera dottrina di fede ed è custode della verità da cui ella non può allontanarsi giammai e questa verità medesima, ella è che la rende visibile a tutti gli uomini". Notiamo in proposito;

1° Che Paolo scrivendo queste parole pensava anzitutto alla chiesa d'Efeso di cui Timoteo era pastore. L'applicarlo alla frazione romana della Chiesa, frazione che costituisce oggigiorno una minoranza della cristianità ed una minoranza che non va distinta nè per coltura, nè per attaccamento alla dottrina apostolica, nè per vita religiosa, è segno di grande audacia si, ma di scarso senso della realtà.

2° Lo scopo di Paolo in questo contesto, non è di esaltare i privilegii e le prerogative della Chiesa di Dio, nè di porre in risalto le promesse a lei fatte. Egli scrive invece per mostrare a Timoteo la condotta da tenere quale ministro della Chiesa e, per fargli sentire tutta la responsabilità che gl'incombe, egli descrive la Chiesa come la casa in cui l'Iddio vivente vuole abitare ed essere onorato e servito, come la colonna e la base della verità ch'essa è chiamata a sostenere, a difendere, a tenere alta ed onorata nel mondo. È questa la nobile missione affidatale e ad essa deve ispirarsi l'attività dei suoi ministri e di tutti i fedeli. "Voi siete la luce del mondo". "Voi mi sarete testimoni". "Predicate l'Evangelo ad ogni creatura". E perciò Timoteo deve nutrir di verità la chiesa, premunirla contro l'errore, combattere tutte le deviazioni dalla verità. Ma altra cosa è il dovere, il compito, la missione cui è chiamata la Chiesa, altra cosa è il modo in cui ella risponde a cotesta missione. I cristiani tutti "sono santi" per vocazione, ma ciò non vuol dire che lo siano in realtà.

3° Dal contesto risulta; che fin d'ora l'errore s'introduce nella Chiesa visibile non solo in Efeso, ma in altri luoghi e che l'avvenire minaccia cose peggiori 1Timoteo 4:1-5. Anzi Paolo annunzia per gli ultimi tempi una apostasia generale della cristianità 2Tessalonicesi 2 nè diversamente insegnano S. Pietro e S. Giovanni. Certo, Dio ha provveduto e provvederà a che vi siano in ogni età, anche nelle più tenebrose, i testimoni e banditori della verità. Come nell'Israele antico è stato il residuo eletto e pio quello che ha corrisposto alla missione affidata al popolo di Dio mentre la massa è diventata spesso idolatra e corrotta e quando è apparito il Cristo essa lo ha reietto e crocifisso, così potrà avvenire nella Chiesa visibile. La massa potrà divenire incredula ed apostata; ma i credenti sinceri e pii nel Signor Gesù, saranno in ogni tempo e in ogni luogo la colonna e la base della verità evangelica. "Il saldo fondamento di Dio sta fermo, portando questo sigillo: "Dio conosce coloro che son suoi" e: "Ritraggasi dall'iniquità chiunque nomina il nome del Signore" 2Timoteo 2:19. "Non è forse la Chiesa (fedele), dice Calvino, la madre degli uomini pii tutti quanti, essa che li rigenera mediante la Parola di Dio, che li educa e li nutre per tutta la vita, che li rafferma, che li conduce fino alla perfezione? Per la stessa ragione ancora è chiamata colonna della verità perchè l'ufficio affidatole da Dio di somministrar la dottrina è l'unico mezzo per conservar la verità ond'ella non sparisca dalla memoria degli uomini". Nobile ed alta missione che la Chiesa non può compiere se non nella misura in cui i suoi ministri ed i suoi membri si attengono fedelmente all'insegnamento del Cristo e dei suoi apostoli.

4° La storia, per chi non la pieghi a fini partigiani, dimostra quanto largamente siensi avverate le previsioni apostoliche circa l'invasione di errori d'ogni sorta in seno alla cristianità; e, per fermo, se c'è una frazione della Chiesa che possa dire d'essere stata nel mondo la colonna e la base della verità cristiana, questa frazione non è la Chiesa romana ove la verità è stata lasciata crollare e giace sepolta sotto l'ignoranza e sotto un cumulo di superstizioni e di errori.

16 La verità salutare di cui la chiesa è colonna e base, vien dall'apostolo descritta in brevi tratti ma significativi. Essa è ben degna d'esser sostenuta saldamente poich'ella è grande ed ha per centro il Figliuol di Dio incarnato e l'opera da lui compiuta.

È grande, per confessione di tutti, è il mistero della pietà.

Il misterio della pietà è il piano eterno di Dio per la salvazione tenuto nascosto nelle antiche età e manifestato ed attuato in Cristo nel compimento dei tempi. È detto mistero della pietà perchè esso è la fonte di ogni vera pietà. Afferrato dal cuore per mezzo della fede, il mistero della redenzione in Cristo suscita ed alimenta la riconoscenza, l'amore per Dio, la libertà e l'ubbidienza filiali. "Noi l'amiamo perchè egli ci ha amati il primo". Per comune consenso di tutti i cristiani, questo misterio, questo piano dell'amor di Dio tradotto in atti da Cristo è grande. Grande per la maestà e profondità del suo contenuto, grande per l'importanza che ha sui destini eterni dell'umanità.

Colui ch'è stato manifestato in carne, è stato giustificato in Ispirito, è stato veduto dagli angeli, è stato predicato fra le genti, è stato creduto nel mondo, è stato elevato nella gloria.

Il testo ordinario coi codd. D3 K L ed alcuni Padri greci legge: "Dio è stato manifestato in carne". Il codice D colla Vulgata legge il quale misterio (ὁ , quod). I codd. A C F G, vers. sir., Gerol. leggono: Colui che (ὁς ) ed è questa la lezione accettata generalmente dalle edizioni critiche. Quella della Vulgata è isolata e non da un senso intelligibile; essa è probabilmente una correzione del pronome maschile per farlo concordare col neutro mysterion. La variante theos (Dio) che non si trova ancora adoprata nelle controversie ariane del IV secolo, ha potuto nascere dalla somiglianza dell'abbreviazione Θ C (Dio) con OC (colui che). Sostanzialmente si tratta sempre di Cristo ch'è il centro del mistero di pietà. La Chiesa ha per missione di sostenere la verità intorno alla persona ed all'opera di Cristo le cui varie fasi sono qui rappresentate da altrettanti fatti che vanno dall'abbassamento dell'incarnazione fino alla gloria della sessione alla destra del Padre. Le sei affermazioni di questo versetto sono da alcuni considerate come citazione di un'antica confessione di fede o di un inno cristiano; ma non è necessaria una tale supposizione per spiegarne la concisione e lo stile poetico quando si pensi che Paolo ha scritto gl'inni che si leggono alla fine di Romani 8, in 1Corinzi 13 e alla fine di 1Corinzi 15. La manifestazione in carne s'intende dell'incarnazione del Figlio di Dio preesistente nel seno del Padre. "Il Verbo è stato fatto carne ed ha soggiornato fra noi". La sua "venuta nel mondo" come uomo simile a noi, ha reso visibile Colui ch'era invisibile (Cfr. Giovanni 1:18; 1Giovanni 1:1-3; 4:2; Filippesi 2:5-7; 2Timoteo 1:10; Romani 8:3). L'incarnazione è il primo fatto nel quale si effettua il disegno di Dio preparato e preannunziato ab antico.

Quegli stesso che col rivestir la nostra natura abbassò sè stesso e prese forma di servo, è stato giustificato nello spirito, cioè per quanto concerne la sua natura superiore, spirituale, divina. Lo splendore glorioso della sua natura divina è stato velato dalla carne; ma pure egli è stato riconosciuto per quel ch'egli era veramente, qual Figliuol di Dio, dal carattere straordinario della sua nascita, dalla sua santità perfetta, dall'insegnamento suo divino, dai suoi miracoli di potenza e di bontà, dalla risurrezione che ha suggellato le dichiarazioni da lui fatte circa il suo vero essere Giovanni 7:46; 2:11; 14:11; Matteo 12:40. In Romani 1:3-4 Paolo dice che il Cristo è nato del seme di David secondo la carne, ma è stato con potenza definito Figliuol di Dio secondo lo Spirito della santità, mediante la risurrezione dai morti. "Noi, dice S. Giovanni, abbiamo contemplata la sua gloria, gloria qual'è quella dell'Unigenito proceduto dal Padre" Giovanni 1:14. Intendiamo l'esser "giustificato" non dell'esser dichiarato o reso giusto, ma dell'esser riconosciuto per quel ch'egli era veramente e dichiarava di essere, cioè il Figliuolo di Dio. Così Gesù dice che "la Sapienza è stata giustificata da tutti i suoi figliuoli" Luca 7:35 o "dalle opere di lei" Matteo 11:19. Va da sè che questa proposizione è stata intesa in altre guise, per es. il Cristo è stato proclamato giusto dallo Spirito Santo che scese su di lui e lo rese poi vittorioso sulla tentazione. O ancora: lo spirito umano di Gesù gli attestò mai sempre la sua perfetta innocenza. L'antitesi manifesta tra carne e spirito, e il parallelismo con Romani 1:3-4 ci fanno preferire la spiegazione sopra esposta. È stato veduto dagli angeli (lett. è apparso) così nel suo stato di abbassamento come nella sua esaltazione in gloria. Pietro dice degli angeli che "bramano scrutare il fondo" del gran disegno della Redenzione. Per loro, l'apparizione di Cristo è stata una nuova rivelazione della "svariatissima sapienza di Dio" 1Pietro 1:12; Efesini 3:10. Essi annunziano la nascita del Salvatore e cantano "gloria a Dio"; lo servono nei giorni della tentazione, lo confortano nelle sue angoscie, ne salutano con allegrezza la risurrezione, ne annunziano l'ascensione ed il ritorno glorioso, ed aiutano come "spiriti ministratori" alla fondazione del regno di Lui. Anche per le intelligenze celesti "grande è il mistero della pietà". Dopo la sua manifestazione nella cerchia più ristretta del popolo giudaico il Cristo è stato predicato fra le genti tutte. Egli è destinato da Dio ad essere il Salvatore, non di un solo popolo, ma dell'umanità intera. La proclamazione della salvazione fra le genti fa parte del piano di Dio, poichè "come crederanno essi in Colui di cui non hanno udito parlare"? "Andate per tutto il mondo, ordinò il Signore ai suoi discepoli, predicate L'Evangelo ad ogni creatura". E quando Paolo scrive, egli può di già attestare che la fede di migliaia d'anime ha risposto dovunque all'annunzio della Buona Novella: È stato creduto nel mondo. Dopo aver enunziato i fatti in cui si è venuto esplicando il piano di Dio sulla terra, l'apostolo, senza attenersi rigorosamente all'ordine cronologico, mentova da ultimo l'esaltazione di Cristo nella gloria: È stato elevato nella gloria coll'ascensione che lo ha introdotto nello stato glorioso in cui spiega l'azione sua regale sull'universo intero. "Così, nota L. Bonnet, l'apostolo in poche parole ci spiega davanti agli occhi l'opera immensa della nostra redenzione. Ogni atto di essa eleva i nostri pensieri in un mondo nuovo di sapienza e di amore divini. La Chiesa di Gesù Cristo regge con mano ferma questa professione della sua fede e per essa vince il mondo e respinge tutte le falsificazioni della Parola della salvezza".

AMMAESTRAMENTI

1. Chi è chiamato a condurre una chiesa cristiana, deve saper come condursi. A tal fine dovrà avere una chiara idea della responsabilità che gl'incombe e per questo dovrà conoscere qual'è la natura, quali sono i privilegii e qual'è la missione della Chiesa, di ciascuna chiesa nel mondo. Ad acquistare rette nozioni della chiesa e del modo di adempiere in essa il proprio dovere, gioverà soprattutto lo studio assiduo degli scritti apostolici; ma non saranno senza utilità lo studio della storia della Chiesa, la lettura delle vite dei pastori fedeli e, specie per i giovani ministri, i consigli e le direzioni dei colleghi più anziani e più sperimentati. Ed è dovere di questi ultimi il far parte ai giovani dei risultati della loro esperienza.

2. Quanto è grande la dignità della Chiesa! Essa è la casa dell'Iddio vivente. Egli è che l'ha fondata; Egli n'è il proprietario ed in essa la sua volontà deve esser legge per tutti i membri della famiglia. In essa Egli abita col suo Spirito ed in essa profonde i tesori della sua grazia e dei suoi cloni. In essa Egli è conosciuto, onorato, amato e servito del continuo. In essa tutto deve informarsi allo spirito di Lui, ed essere come un riflesso delle di lui perfezioni. Egli è luce ed i membri della famiglia sono figli di luce e devono vivere nella santità; Egli è amore e i membri della Chiesa sono fratelli e devono amarsi gli uni gli altri ed in Lui amar tutti gli uomini. Siano tali le varie chiese sorte nella patria italiana.

E quanto alta è la missione della Chiesa! Essa ha da essere colonna e base della verità nel mondo. Essa non è la fonte della verità religiosa e neppure n'è la norma. La fonte della verità è Dio e la norma di essa sta nella. Rivelazione fattane da Cristo e dai suoi apostoli e consegnata negli scritti del Nuovo Testamento che coronano l'edificio delle S. Scritture. Ma la Chiesa ch'è nata dalla predicazione della verità dev'essere della verità la colonna e la base per sostenerla, per renderla visibile, per professarla, propugnarla e difenderla nel mondo, per estenderne il regno nei cuori, nei costumi e nelle leggi degli uomini. La Chiesa non può essere indifferente alla verità, aperta ad ogni sorta di dottrine, ma deve spiegare al vento la bandiera dell'Evangelo apostolico non colle sue confessioni di fede solamente (sebbene queste siano un mezzo utile di professar la verità) ma con l'intera sua attività. Fondata sulla verità, deve nutrirsi costantemente di essa per crescere nella conoscenza e nella pratica della verità, nella verità deve istruire i fanciulli e i giovanetti che saranno un giorno i suoi membri; e presso agli estranei deve farsi missionaria della verità recando l'Evangelo a tutte le nazioni.

In mezzo a quali difficoltà ed infedeltà la Chiesa abbia finora compiuto questa missione, ce lo dicono le pagine della storia. Ad ogni modo, misuri ogni chiesa, con questo criterio apostolico, il grado della propria fedeltà alla missione ricevuta. Le vane teorie, le pretensioni audaci qui non servono a nulla; conviene attenersi ai fatti.

3. Il misterio dell'evangelo, il piano di Dio per la salvazione ha per centro il Cristo, la sua persona e l'opera sua.

Esso è santo perchè indissolubilmente connesso col rilevamento morale dell'uomo: è "il mistero della pietà". Esso mira a produrre vita santa e pia; esso traccia un ideale perfetto di pietà ed infonde nel cuore energie creatrici e nutrici di vera pietà. Nel fatto, non c'è tipo più alto di pietà di quello cristiano.

È un misterio grande. Lo riconoscono i credenti tutti, di tutte le età e di tutti i luoghi e lo proclamano con maggior convinzione coloro che più a lungo e più addentro hanno meditato su di esso. Lo riconoscono gli angeli che vedono nel piano della salvazione la più alta manifestazione della sapienza di Dio e si curvano meditabondi su quell'abisso di amore.

È grande perchè abbraccia l'eternità. Formato ab eterno nel cuor di Dio, le sue conseguenze benefiche si prolungano nell'eternità. La vita ch'esso reca all'uomo è vita eterna.

È grande per il mezzo col quale è stato attuato. Non speculazioni, ma fatti concreti e quali fatti meravigliosi! L'incarnazione del Figlio eterno di Dio; la manifestazione in varie guise, sotto al velo della carne, di una gloria che fu riconosciuta dai discepoli come gloria dell'Unigenito proceduto dal Padre; la predicazione di Lui come Salvatore del mondo, fra tutte le genti senza distinzione, ed il sorgere tra genti diverse per razza, per lingua, per educazione, di un popolo unico di credenti, formant e un unico corpo in Cristo; l'elevazione alla gloria regale del cielo della vittima del Calvario. Quale serie di fatti grandiosi che la mente umana non avrebbe mai immaginati e che non si possono spiegare se non come l'attuazione d'un piano misericordioso di Dio, che lo ha portato ad intervenire nella storia della sua creatura caduta per trarla a salvamento, anzi per farla giungere ai suoi gloriosi destini!

Riferimenti incrociati:

1Timoteo 3

1 1Ti 1:15; 4:9; 2Ti 2:11; Tit 3:8
1Ti 3:2-7; At 1:20; Fili 1:1; Tit 1:7; 1P 2:25
At 20:28; Eb 12:15; 1P 4:15; 5:2
Prov 11:30; Lu 15:10; Rom 11:13; Ef 4:12; 1Te 5:14; Giac 5:19,20

2 Tit 1:6-9
1Ti 3:10; Lu 1:6; Fili 2:15
1Ti 4:3; 5:9; Eb 3:14
Is 56:10; 1P 4:7; 5:8
Rom 12:13; Tit 1:8; Eb 13:2; 1P 4:9
2Ti 2:24

3 1Ti 3:8; Lev 10:9; Is 5:11,12; 28:1,7; 56:12; Ez 44:21; Mic 2:11; Mat 24:45-51; Lu 12:42-46; 21:34-36; Ef 5:18; Tit 1:7; 2:3
2Ti 2:24,25; Tit 1:7
Prov 1:19; 15:27; Is 56:11; Giuda 1:11
1Ti 3:8; 1Sa 8:3; Tit 1:7,11; 1P 5:2
1Ti 6:11; Ec 7:8; 1Te 5:14; 2Ti 2:24; Ap 1:9
Tit 3:2; Giac 4:1
1Sa 2:15-17; 2Re 5:20-27; Ger 6:13; 8:10; Mic 3:5,11; Mal 1:10; Mat 21:13; Giov 10:12,13; 12:5,6; At 8:18-21; 20:33; Rom 16:18; 2P 2:3,14,15; Ap 18:11-13

4 1Ti 3:12; Ge 18:19; Gios 24:15; Sal 101:2-8; At 10:2; Tit 1:6
Fili 4:8; Tit 2:2,7

5 1Sa 2:29,30; 3:13
1Ti 3:15; At 20:28; Ef 1:22; 5:24,32

6 1Co 3:1; Eb 5:12,13; 1P 2:2
De 8:14; 17:20; 2Re 14:10; 2Cron 26:16; 32:25; Prov 16:18,19; 18:12; 29:23; Is 2:12; 1Co 4:6-8; 8:1; 2Co 12:7; 1P 5:5
Is 14:12-14; Lu 10:18; 2P 2:4; Giuda 1:6

7 1Ti 5:24,25; 1Sa 2:24; At 6:3; 10:22; 22:12; 3G 1:12
1Co 5:12; Col 4:5; 1Te 4:12
1Ti 5:14; 1Co 10:32; 2Co 6:3; 8:21; 1Te 5:22; Tit 2:5,8; 1P 4:14-16
1Ti 6:9; 2Ti 2:26

8 At 6:3-6; Fili 1:1
1Ti 3:4
Sal 5:9; 12:2; 50:19; 52:2; Rom 3:13; Giac 3:10
1Ti 3:3; Lev 10:9; Ez 44:21

9 1Ti 1:5,19
1Ti 3:16; 2G 1:9,10

10 1Ti 3:6; 5:22; 1G 4:1
1Ti 3:13; At 6:1,2
1Ti 3:2; 1Co 1:8; Col 1:22; Tit 1:6,7

11 Lev 21:7,13-15; Ez 44:22; Lu 1:5-6; Tit 2:3
1Ti 3:4
Sal 15:3; 50:20; 101:5; Prov 10:18; 25:13; Ger 9:4; Mat 4:1; Giov 6:70; 2Ti 3:3; Tit 2:3; Ap 12:9,10
1Ti 3:2; 1Te 5:6-8; 2Ti 4:5; Tit 3:2; 1P 5:8
1Ti 1:12; 6:2

12 1Ti 3:2,4,5

13 Mat 25:21; Lu 16:10-12; 19:17
Mat 20:28; Rom 12:7,8; 1Co 16:15; Eb 6:10; 1P 4:10,11
At 21:35
At 6:5,8,15; 7:1-53; Fili 1:14; 1Te 2:2; 2Ti 2:1

14 1Ti 4:13; 1Co 11:34; 16:5-7; 2Co 1:15-17; 1Te 2:18; File 1:22; Eb 13:23; 2G 1:12; 3G 1:14

15 1Ti 3:2; De 31:23; 1Re 2:2,4; 1Cron 22:13; 28:9-21; At 1:2
Ef 2:21,22; 2Ti 2:20; Eb 3:2-6; 1P 2:5
1Ti 3:5
1Ti 4:10; 6:16; De 5:26; Gios 3:10; 1Sa 17:26,36; 2Re 19:4; Sal 42:2; 84:2; Ger 10:10; 23:36; Dan 6:26; Os 1:10; Mat 16:16; Giov 6:69; At 14:15; Rom 9:26; 2Co 3:3; 6:16; 1Te 1:9; Eb 3:12; 9:14; 12:22; Ap 7:2
Ger 1:18; Mat 16:18,19; 18:18; Rom 3:2; Ga 2:9
1Ti 3:16; Giov 1:17; 14:6; 18:37; 2Co 6:7; Ga 3:1; Ef 4:21; Col 1:5

16 Eb 7:7
1Ti 3:9; Mat 13:11; Rom 16:25; 1Co 2:7; Ef 1:9; 3:3-9; 6:19; Col 2:2; 2Te 2:7; Ap 17:5,7
Is 7:14; 9:6; Ger 23:5,6; Mic 5:2; Mat 1:23; Giov 1:1,2,14; At 20:28; Rom 8:3; 9:5; 1Co 15:47; Ga 4:4; Fili 2:6-8; Col 1:16-18; Eb 1:3; 2:9-13; 1G 1:2; Ap 1:17,18
1G 3:5
Is 50:5-7; Mat 3:16; Giov 1:32,33; 15:26; 16:8,9; At 2:32-36; Rom 1:3,4; 1P 3:18; 1G 5:6-8
Sal 68:17,18; Mat 4:11; 28:2; Mar 1:13; 16:5; Lu 2:10-14; 22:43; 24:4; Giov 20:12; At 1:10,11; Ef 3:10; 1P 1:12
Lu 2:32; At 10:34; 13:46-48; Rom 10:12,18; Ga 2:8; Ef 3:5-8; Col 1:27
At 14:27; Col 1:6,23; Ap 7:9
Mar 16:19; Lu 24:51; Giov 6:62; 13:3; 16:28; 17:5; At 1:1-9,19; Ef 4:8-10; Eb 1:3; 8:1; 12:2; 1P 3:22

Dimensione testo:


Visualizzare un brano della Bibbia


     

Aiuto Aiuto per visualizzare la Bibbia

Ricercare nella Bibbia


      


     

Ricerca avanzata

Aiuto Aiuto per ricercare la Bibbia

Indirizzo di questa pagina:
https://www.laparola.net/testo.php?riferimento=1Timoteo3&versioni[]=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I.&versioni[]=Nuova+Diodati&versioni[]=Riveduta+2020&versioni[]=Bibbia+della+Gioia&versioni[]=Riveduta&versioni[]=Ricciotti&versioni[]=Tintori&versioni[]=Martini&versioni[]=Diodati&versioni[]=Commentario&versioni[]=CommentarioPulpito&versioni[]=CommentarioNT&versioni[]=Riferimenti+incrociati

Indirizzo del testo continuo:
https://www.laparola.net/app/?w1=bible&t1=local%3Anr&v1=T13_1&w2=bible&t2=local%3Acei1974&v2=T13_1&w3=bible&t3=local%3And&v3=T13_1&w4=bible&t4=local%3Ar2&v4=T13_1&w5=bible&t5=local%3Alpv&v5=T13_1&w6=bible&t6=local%3Aluzzi&v6=T13_1&w7=bible&t7=local%3Aricciotti&v7=T13_1&w8=bible&t8=local%3Atintori&v8=T13_1&w9=bible&t9=local%3Amartini&v9=T13_1&w10=bible&t10=local%3Adio&v10=T13_1&w11=commentary&t11=local%3Acommabbrmh&v11=T13_1&w12=commentary&t12=local%3Acommpulpito&v12=T13_1&w13=commentary&t13=local%3Acommnuovotest&v13=T13_1&w14=commentary&t14=local%3Arifinc&v14=T13_1