![]() |
||||||
Commentario:Colossesi 1:248. Un'esperienza personale dell'apostolo ed il concetto ch'egli s'è fatto del ministerio evangelico e del messaggio che Dio gli ha confidato Colossesi 1:24-27. Ora, Io mi rallegro nelle mie sofferenze a pro vostro; e nella mia carne completo quel che mi manca delle afflizioni di Cristo pel bene del corpo di lui che è la Chiesa, della quale io sono stato fatto ministro, secondo l'ufficio datomi da Dio per voi; il quale ufficio è quello di annunziare nella sua pienezza la parola di Dio; il mistero, voglio dire, occulto da secoli e da età, ma ora svelato ai santi di lui, ai quali Iddio ha voluto far conoscere quale sia la gloriosa ricchezza di cotesto mistero fra i Gentili: cioè, Cristo fra voi la speranza della gloria. L'apostolo ci parla di una sua esperienza personale: Ora, io mi rallegro nelle mie sofferenze a pro vostro; e nella mia carne completo quel che mi manca delle afflizioni di Cristo pel bene del corpo di lui che è la Chiesa. E in che consiste ella questa sua esperienza? Al centro del concetto apostolico sta qui l'idea delle «afflizioni di Cristo»; delle afflizioni, cioè, che Cristo ha patite durante il suo ministerio terrestre. Le afflizioni di Cristo possono esser considerate da due punti di vista, che chiamerei «teologico» il primo, e «storico» il secondo. Per il senso «teologico», le sofferenze di Cristo sono state la causa della nostra redenzione. Esse cominciano dal momento in cui Cristo «spogliò se stesso prendendo forma di servo» Filippesi 2:7, e finiscono sulla croce con la sublime parola: «Padre, io rimetto lo spirito mio nelle tue mani» Luca 23:46. Alle afflizioni di Cristo, considerate a questo modo, l'uomo non può nè togliere nè aggiungere nulla. Ma le medesime afflizioni possono esser considerate da un altro punto di vista, che ho chiamato «storico»; e di queste sofferenze, così considerate, è necessario che ogni credente prenda la sua parte Ebrei 13:13; Matteo 10:24; 20:23; 1Pietro 4:13; Romani 8:17. Ogni credente, e soprattutto ogni ministro di Cristo, ha ricevuto da Dio una certa definita misura, un certo determinato «calice» Matteo 26:39 di codeste afflizioni. Il «calice» non è per tutti lo stesso; è più capace per gli uni, è meno capace per altri; non importa; quel che importa si e che, in tutti i casi, il calice dev'esser empito fino all'orlo. Or Paolo s'ebbe un calice ben ampio, se potè scrivere quel che scrisse in 2Corinzi 11:24-28; ma il calice dell'apostolo è tutt'altro che pieno, nell'atto in cui egli sta scrivendo le parole che studiamo. Egli è in prigione per l'Evangelo; e in prigione, dimentico di se stesso, è angustiato da quella preoccupazione che traspare da tutta quanta questa sua lettera. A Colosse, a Laodicea, a Jerapoli, ci son delle chiese che il vento d'una falsa filosofia tenta sviare dal retto sentiero; che un fanatico misticismo minaccia di contaminare; che i soliti giudaizzanti, nemici implacabili dell'apostolo, fanno di tutto per subornare. E chi può ridire lo spasimo d'un apostolo come Paolo, che sa vitto questo e non può volare in Frigia, a soccorrere i suoi fratelli nella fede, perchè trattenuto a forza nel fondo d'una prigione a Roma? Ma Paolo è cristiano; non si ribella contro le spesso incomprensibili dispensazioni della Provvidenza, ed esclama: «Io finisco di riempire il calice che m'è toccato come mia parte delle afflizioni di Cristo; e in questo pensiero mi riposo; non solo, ma mi rallegro in mezzo alle mie sofferenze, perchè sento che «la sua grazia mi basta» 2Corinzi 12:9, e perchè so che le mie sofferenze produrranno qualche benedizione per voi e per quella Chiesa che è il corpo di Cristo». E la Chiesa, infatti, anche oggi gode con animo commosso di codeste benedizioni; e meditando le lettere che Paolo scriveva dal carcere, entra più che mai nei misteri della propria vita morale, cresce nella conoscenza dell'amore di Cristo, e si persuade ogni giorno di più che l'Evangelo non è una fredda esposizione di dottrine astratte, ma una «potenza di Dio che salva ogni credente» Romani 1:16. Così, «come le sofferenze di Cristo abbondarono in Paolo, oggi, per mezzo di Cristo, abbonda la consolazione della Chiesa» 2Corinzi 1:5. L'allusione alla Chiesa, che è «il corpo di Cristo» cfr. anche Colossesi 1:18, trae ora l'apostolo a spiegare qual sia il concetto ch'egli s'è fatto di quel ministerio al quale Iddio l'ha chiamato. Riferimenti incrociati:Colossesi 1:24Mat 5:11,12; At 5:41; Rom 5:3; 2Co 7:4; Ef 3:1,13; Fili 2:17,18; Giac 1:2 Dimensione testo: Indirizzo di questa pagina: |