Nuova Riveduta:

Neemia 5

Neemia fa giustizia ai poveri e rimprovera i notabili
1 «Ci fu un grande lamento tra gli uomini del popolo e le loro mogli contro i Giudei, loro fratelli. 2 Alcuni dicevano: "Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi; dateci del grano perché possiamo mangiare e vivere!" 3 Altri dicevano: "Impegnamo i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per assicurarci del grano durante la carestia!" 4 Altri ancora dicevano: "Noi abbiamo preso del denaro ipotecando i nostri campi e le nostre vigne per pagare il tributo del re. 5 Ora la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli sono come i loro figli; ed ecco che dobbiamo sottoporre i nostri figli e le nostre figlie alla schiavitù, e alcune delle nostre figlie sono già ridotte schiave; e noi non possiamo farci nulla, perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano d'altri".
6 Quando udii i loro lamenti e queste parole, fui molto indignato. 7 Dopo aver molto riflettuto, rimproverai aspramente i notabili e i magistrati e dissi loro: "Come! Voi prestate a interesse ai vostri fratelli?" Convocai contro di loro una grande assemblea 8 e dissi loro: "Noi, secondo la nostra possibilità, abbiamo riscattato i nostri fratelli giudei che si erano venduti ai pagani; e voi stessi vendereste i vostri fratelli, ed è a noi che essi sarebbero venduti!" Allora quelli tacquero e non seppero che rispondere. 9 Dissi ancora: "Quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste piuttosto camminare nel timore del nostro Dio per non essere oltraggiati dai pagani nostri nemici? 10 Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Vi prego, condoniamo loro questo debito! 11 Restituite oggi i loro campi, le loro vigne, i loro uliveti e le loro case, e la percentuale del denaro, del grano, del vino e dell'olio che avete ottenuto da loro come interesse". 12 Quelli risposero: "Restituiremo tutto e non domanderemo loro più nulla; faremo come tu dici". Allora chiamai i sacerdoti, e in loro presenza li feci giurare che avrebbero mantenuto la promessa. 13 Poi, agitando il mio mantello, dissi: "Così Dio scuota dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non avrà mantenuto questa promessa, e sia egli scosso e resti senza nulla!" Tutta l'assemblea disse: "Amen!" Poi celebrarono il SIGNORE. E il popolo mantenne la promessa.

Disinteresse di Neemia
14 «Dal giorno in cui venni nominato governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, per dodici anni, né io né i miei fratelli godemmo del compenso assegnato al governatore. 15 I governatori che mi avevano preceduto avevano gravato il popolo, ricevendone pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento; perfino i loro servi angariavano il popolo; ma io non ho fatto così, perché ho avuto timor di Dio. 16 Anzi, ho messo mano ai lavori di riparazione di queste mura, e non abbiamo comprato nessun campo, e tutta la mia gente si è raccolta là a lavorare. 17 Avevo a tavola con me centocinquanta uomini, Giudei e magistrati, oltre a quelli che venivano a noi dalle nazioni circostanti. 18 Ogni giorno venivano preparati per me un bue, sei montoni scelti e del pollame; e ogni dieci giorni si preparava grande abbondanza di vini di ogni qualità; tuttavia io non chiesi mai il compenso dovuto al governatore, perché il popolo era già gravato abbastanza a causa dei lavori.
19 O mio Dio, ricòrdati - per farmi del bene - di tutto quello che ho fatto per questo popolo.

C.E.I.:

Neemia 5

1 Si alzò un gran lamento da parte della gente del popolo e delle loro mogli contro i loro fratelli Giudei. 2 Alcuni dicevano: «Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi; ci si dia il grano perché possiamo mangiare e vivere!». 3 Altri dicevano: «Dobbiamo impegnare i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per assicurarci il grano durante la carestia!». 4 Altri ancora dicevano: «Abbiamo preso denaro a prestito sui nostri campi e sulle nostre vigne per pagare il tributo del re. 5 La nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli sono come i loro figli; ecco dobbiamo sottoporre i nostri figli e le nostre figlie alla schiavitù e alcune delle nostre figlie sono già state ridotte schiave; noi non abbiamo via d'uscita, perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano d'altri». 6 Quando udii i loro lamenti e queste parole, ne fui molto indignato. 7 Dopo aver riflettuto dentro di me, ripresi duramente i notabili e i magistrati e dissi loro: «Dunque voi esigete un interesse da usuraio dai nostri fratelli?». Convocai contro di loro una grande assemblea 8 e dissi loro: «Noi, secondo la nostra possibilità, abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che si erano venduti agli stranieri e voi stessi vendereste i vostri fratelli ed essi si venderebbero a noi?». Allora quelli tacquero e non seppero che rispondere. 9 Io dissi: «Quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere scherniti dagli stranieri nostri nemici? 10 Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Ebbene, condoniamo loro questo debito! 11 Rendete loro oggi stesso i loro campi, le loro vigne, i loro oliveti e le loro case e l'interesse del denaro del grano, del vino e dell'olio di cui siete creditori nei loro riguardi». 12 Quelli risposero: «Restituiremo e non esigeremo più nulla da loro; faremo come tu dici». Allora chiamai i sacerdoti e in loro presenza li feci giurare che avrebbero mantenuto la promessa. 13 Poi scossi la piega anteriore del mio mantello e dissi: «Così Dio scuota dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non avrà mantenuto questa promessa e così sia egli scosso e vuotato di tutto!». Tutta l'assemblea disse: «Amen» e lodarono il Signore. Il popolo mantenne la promessa.
14 Di più, da quando il re mi aveva stabilito loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, durante dodici anni, né io né i miei fratelli mangiammo la provvista assegnata al governatore. 15 I governatori che mi avevano preceduto, avevano gravato il popolo, ricevendone pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento; perfino i loro servi angariavano il popolo, ma io non ho fatto così, poiché ho avuto timore di Dio. 16 Anzi ho messo mano ai lavori di queste mura e non abbiamo comperato alcun podere. Tutti i miei giovani erano raccolti là a lavorare. 17 Avevo alla mia tavola centocinquanta uomini, Giudei e magistrati, oltre a quelli che venivano a noi dalle nazioni vicine. 18 Quel che si preparava a mie spese ogni giorno era un bue, sei capi scelti di bestiame minuto e cacciagione; ogni dieci giorni vino per tutti in abbondanza. Tuttavia non ho mai chiesto la provvista assegnata al governatore, perché il popolo era già gravato abbastanza a causa dei lavori. 19 Mio Dio, ricordati in mio favore per quanto ho fatto a questo popolo.

Nuova Diodati:

Neemia 5

Lamenti del popolo per la loro triste condizione peggiorata dall'usura dei notabili
1 Or si levò un gran lamento da parte del popolo e delle loro mogli contro i Giudei, loro fratelli. 2 Alcuni dicevano: «Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi; ci procureremo quindi del grano perché possiamo mangiare e vivere!». 3 Altri dicevano: «Abbiamo ipotecato i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per comprare grano durante la carestia!». 4 Altri ancora dicevano: «Abbiamo preso denaro in prestito per pagare il tributo del re sui nostri campi e sulle nostre vigne. 5 Anche se la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli e i nostri figli sono come i loro figli, siamo in realtà obbligati a fare diventare schiavi i nostri figli e le nostre figlie; alcune delle nostre figlie sono già state ridotte in schiavitù e non abbiamo alcuna possibilità di riscattarle, perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano di altri». 6 Quando udii i loro lamenti e queste parole, io mi indignai fortemente. 7 Dopo aver ben riflettuto sulla cosa, ripresi i notabili e i magistrati e dissi loro: «Ciascuno di voi esige un interesse da usuraio dal proprio fratello». Così convocai contro di loro una grande assemblea 8 e dissi loro: «Secondo la nostra possibilità noi abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che si erano venduti ai Gentili; ma ora vendereste i vostri fratelli, o dovrebbero essi vendersi a noi?». Allora essi tacquero non trovando parole da dire. 9 Io aggiunsi: «Ciò che state facendo non è buono. Non dovreste invece camminare nel timore del nostro DIO per evitare l'oltraggio delle nazioni nostre nemiche? 10 Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo prestato loro denaro e grano. Vi prego, smettiamo di esigere l'interesse di questo! 11 Restituite loro oggi stesso i loro campi, le loro vigne, i loro uliveti e le loro case, e anche la centesima parte del denaro, del grano, del vino e dell'olio che avete loro richiesto». 12 Essi risposero: «Restituiremo e non richiederemo più nulla da loro; faremo come tu dici». Allora chiamai i sacerdoti e davanti a loro li feci giurare che avrebbero fatto secondo questa promessa. 13 Scossi quindi la piega del mio vestito e dissi: «Così scuota DIO dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non manterrà questa promessa! Così sia egli scosso e svuotato di tutto!». Tutta l'assemblea allora disse: «Amen!», e lodarono l'Eterno. Il popolo fece secondo quella promessa.

L'esempio altruista di Nehemia
14 Inoltre dal giorno in cui fui designato ad essere loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, per dodici anni, io e i miei fratelli non mangiammo della provvigione del governatore. 15 Invece i passati governatori che mi avevano preceduto avevano gravato il popolo prendendo da esso pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento. Perfino i loro servi spadroneggiavano sul popolo; ma io non ho fatto così, perché ho avuto timore di DIO. 16 Anzi mi sono grandemente impegnato nel lavoro di riparazione di queste mura e non abbiamo comprato alcun terreno; inoltre tutti i miei servi si sono radunati là a lavorare. 17 Avevo pure alla mia mensa centocinquanta Giudei e magistrati, oltre quelli che venivano a noi dalle nazioni circonvicine. 18 Ciò che veniva preparato ogni giorno era un bue e sei capi scelti presi dal gregge; per me venivano pure preparati uccelli, e ogni dieci giorni si forniva ogni sorta di vini in abbondanza; tuttavia, nonostante questo, non ho mai chiesto la provvigione del governatore, perché su questo popolo pesava già la servitù. 19 Ricordati di me, o mio DIO, per tutto il bene che ho fatto per questo popolo.

Riveduta 2020:

Neemia 5

Lamenti del popolo contro l'avidità dei notabili. Disinteresse di Neemia
1 Si diffuse un grande lamento tra gli uomini del popolo e le loro mogli contro i Giudei, loro fratelli. 2 Alcuni dicevano: “Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi; dateci del grano perché possiamo mangiare e vivere!”. 3 Altri dicevano: “Ipotechiamo i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per assicurarci del grano durante la carestia!”. 4 Altri ancora dicevano: “Noi abbiamo preso del denaro in prestito sui nostri campi e sulle nostre vigne per pagare il tributo del re. 5 Ora la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli sono come i loro figli; ed ecco che dobbiamo sottoporre i nostri figli e le nostre figlie alla schiavitù, e alcune delle nostre figlie sono già ridotte schiave; e noi non possiamo farci nulla, poiché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano ad altri”. 6 Quando udii i loro lamenti e queste parole, io mi irritai fortemente. 7 Dopo una lunga riflessione, ripresi aspramente i notabili e i magistrati, e dissi loro: “Come! voi prestate a interesse ai vostri fratelli?”. E convocai contro di loro una grande assemblea, 8 e dissi loro: “Noi, secondo la nostra possibilità, abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che si erano venduti ai pagani; e voi stessi vendereste i vostri fratelli, ed essi dovrebbero vendersi a noi!”. Allora quelli tacquero, e non seppero che cosa rispondere. 9 Io dissi anche: “Quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere ingiuriati dai nostri nemici pagani? 10 Anch'io e i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Vi prego, condoniamo loro questo debito. 11 Restituite oggi i loro campi, le loro vigne, i loro uliveti e le loro case, e la percentuale del denaro, del grano, del vino e dell'olio, che avete riscosso da loro come interesse”. 12 Quelli risposero: “Restituiremo tutto, e non domanderemo più nulla da loro; faremo come dici tu”. Allora chiamai i sacerdoti, e in loro presenza li feci giurare che avrebbero mantenuto la promessa. 13 Poi scossi il mio mantello, e dissi: “Così Iddio scuota dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non avrà mantenuto questa promessa, e così egli sia scosso e resti senza nulla!”. Tutta l'assemblea disse: “Amen!”, poi celebrarono l'Eterno. E il popolo mantenne la promessa. 14 Inoltre, dal giorno che il re mi stabilì loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, durante dodici anni, io e i miei fratelli non mangiammo della provvigione assegnata al governatore. 15 I governatori che mi avevano preceduto avevano gravato il popolo, ricevendone pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento; perfino i loro servi opprimevano il popolo; ma io non ho fatto così, perché ho avuto timore di Dio. 16 Anzi ho messo mano ai lavori di riparazione di queste mura, e non abbiamo comprato nessun campo, e tutta la mia gente si è radunata là a lavorare. 17 Avevo alla mia mensa centocinquanta uomini, Giudei e magistrati, oltre a quelli che venivano da noi dalle nazioni circostanti. 18 Ogni giorno venivano preparati per me un bue, sei montoni scelti dal gregge, e degli uccelli; e ogni dieci giorni si preparava ogni sorta di vini in abbondanza; tuttavia, io non ho mai chiesto la provvigione assegnata al governatore, perché il popolo era già gravato abbastanza a causa dei lavori. 19 Mio Dio, ricòrdati, per farmi del bene, di tutto quello che ho fatto per questo popolo.

Riveduta:

Neemia 5

Lamenti del popolo contro la cupidiglia de' grandi. Disinteresse di Nehemia
1 Or si levò un gran lamento da parte di que' del popolo e delle loro mogli contro ai Giudei, loro fratelli. 2 Ve n'eran che dicevano: 'Noi, i nostri figliuoli e le nostre figliuole siamo numerosi; ci si dia del grano perché possiam mangiare e vivere!' 3 Altri dicevano: 'Impegnamo i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per assicurarci del grano durante la carestia!' 4 Altri ancora dicevano: 'Noi abbiam preso del danaro a imprestito sui nostri campi e sulle nostre vigne per pagare il tributo del re. 5 Ora la nostra carne è come la carne de' nostri fratelli, i nostri figliuoli son come i loro figliuoli; ed ecco che dobbiam sottoporre i nostri figliuoli e le nostre figliuole alla schiavitù, e alcune delle nostre figliuole son già ridotte schiave; e noi non possiamo farci nulla, giacché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano d'altri'. 6 Quand'udii i loro lamenti e queste parole, io m'indignai forte. 7 E, dopo matura riflessione, ripresi aspramente i notabili e i magistrati, e dissi loro: 'Come! voi prestate su pegno ai vostri fratelli?' E convocai contro di loro una grande raunanza, 8 e dissi loro: 'Noi secondo la nostra possibilità, abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che s'eran venduti ai pagani; e voi stessi vendereste i vostri fratelli, ed essi si venderebbero a noi!' Allora quelli si tacquero, e non seppero che rispondere. 9 Io dissi pure: 'Quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere oltraggiati dai pagani nostri nemici? 10 Anch'io e i miei fratelli e i miei servi abbiam dato loro in prestito danaro e grano. Vi prego, condoniamo loro questo debito. 11 Rendete loro oggi i loro campi, le loro vigne, i loro uliveti e le loro case, e la centesima del danaro, del grano, del vino e dell'olio, che avete esatto da loro come interesse'. 12 Quelli risposero: 'Restituiremo tutto, e non domanderemo più nulla da loro; faremo come tu dici'. Allora chiamai i sacerdoti, e in loro presenza li feci giurare che avrebbero mantenuta la promessa. 13 Io scossi inoltre il mio mantello, e dissi: 'Così scuota Iddio dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non avrà mantenuto questa promessa, e così sia egli scosso e resti senza nulla!' E tutta la raunanza disse: 'Amen!' E celebrarono l'Eterno. E il popolo mantenne la promessa. 14 Di più, dal giorno che il re mi stabilì loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, durante dodici anni, io e i miei fratelli non mangiammo della provvisione assegnata al governatore. 15 I governatori che mi avean preceduto aveano gravato il popolo, ricevendone pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento; perfino i loro servi angariavano il popolo; ma io non ho fatto così, perché ho avuto timor di Dio. 16 Anzi ho messo mano ai lavori di riparazione di queste mura, e non abbiamo comprato verun campo, e tutta la mia gente s'è raccolta là a lavorare. 17 E avevo alla mia mensa centocinquanta uomini, Giudei e magistrati, oltre quelli che venivano a noi dalle nazioni circonvicine. 18 E quel che mi si preparava per ogni giorno era un bue, sei capri scelti di bestiame minuto, e dell'uccellame; e ogni dieci giorni si preparava ogni sorta di vini in abbondanza; e, nondimeno, io non ho mai chiesta la provvisione assegnata al governatore, perché il popolo era già gravato abbastanza a motivo dei lavori. 19 O mio Dio, ricordati, per farmi del bene, di tutto quello che ho fatto per questo popolo.

Ricciotti:

Neemia 5

1 Ed ecco levarsi un gran lamento dal popolo e dalle sue donne, contro i fratelli Giudei. 2 Alcuni dicevano: «Troppi sono i nostri figliuoli e figliuole, vendiamoli, per comprarci del grano, e mangiare, e vivere». 3 Altri dicevano: «Diamo in pegno i campi e le vigne e le case, e prendiamo del grano per campare». 4 Ed altri dicevano: «Prendiamo in prestito di che pagare i tributi al re, e diamo i campi e le vigne. 5 Eppure, la carne di quei nostri fratelli è come la nostra, e i nostri figliuoli son come i loro. Ecco che dobbiamo assoggettare alla schiavitù i nostri figliuoli e figliuole; abbiamo delle figliuole schiave, e non abbiamo da riscattarle; i nostri campi e le nostre vigne stanno in mano di altri». 6 Quando udii tali lamenti, mi sdegnai oltremodo. 7 E consigliatomi fra me medesimo, sgridai gli ottimati ed i magistrati, dicendo loro: «Dunque ognuno di voi carica di usure i fratelli?». Riunii contro di loro una grande adunanza; 8 e dissi loro: «Noi, come sapete, abbiamo riscattato secondo la nostra possibilità i fratelli nostri Giudei venduti alle genti; e voi venderete i vostri fratelli perchè noi li riscattiamo?». Tacquero, e non seppero che cosa rispondere. 9 Dissi loro: «Non è bene quel che voi fate; perchè non camminate nel timore del nostro Dio, affinchè le nazioni nostre nemiche non ci vituperino? 10 Tanto io quanto i miei fratelli e quelli di casa mia, abbiamo imprestato a molti e danaro e frumento; tutti d'accordo, non lo richiediamo, e condoniamo il debito che ci sarebbe dovuto. 11 Rendete oggi a' debitori i campi, le vigne, gli oliveti, le case; che anzi, quella centesima del danaro, del frumento, del vino e dell'olio, che siete soliti esiger da loro, datela voi in loro vece». 12 Quelli dissero: «Renderemo; niente da loro richiederemo; faremo come tu hai detto». Allora chiamai i sacerdoti, ed a quelli feci giurare che avrebbero fatto come avevo detto. 13 Per di più, scossi la mia veste, e dissi: «Così scuota Iddio dalla sua casa e da' suoi beni chiunque non osserverà questa promessa; così venga scosso, e resti privo di tutto». La moltitudine tutta quanta rispose: «Così sia». E lodarono il Signore. Tutti poi fecero come era stato detto. 14 Da quel giorno nel quale il re m'aveva nominato governatore della terra di Giuda, cioè dall'anno venti all'anno trentadue del regno d'Artaserse, in quei dodici anni, nè io nè i miei fratelli ci approfittammo delle cibarie dovute ai governatori. 15 Quelli che governavano prima di me avevano aggravato il popolo, e ne ricevevano ogni giorno, tra pane, vino, e danaro per quaranta sicli; i loro ministri poi opprimevano il popolo. Ma io, temendo Dio, non feci così; 16 che anzi lavorai alla riedificazione delle mura, non mi comprai campi, e la mia gente tutta insieme lavorava. 17 Inoltre, i Giudei ed i magistrati, centocinquanta, e quelli che a noi venivano di fra le genti nostre confinanti, stavano alla mia mensa. 18 Facevo preparare ogni giorno un bove, sei arieti scelti, e volatili in più; ogni dieci giorni si rinnovavano i vini, e tante altre cose provvedevo. Nè ho mai richiesto la paga del mio governo, essendo il popolo in grandi strettezze. 19 Ricordati di me, Dio mio, e siimi propizio, per tutto quello che ho fatto a questo popolo!

Tintori:

Neemia 5

Nehemia reprime l'usura e benefica il popolo
1 Or si levò un gran lamento del popolo e delle loro mogli contro dei loro fratelli Giudei. 2 Ve n'eran di quelli che dicevano: «Sono troppi i nostri figli e le nostre figlie, prendiamo col loro prezzo del grano per mangiare e vivere». 3 Ve n'erano altri che dicevano: «Impegnarne i nostri campi, le nostre vigne, le nostre case, e prendiamo del grano per la fame». 4 Altri dicevano: «Prendiamo in prestito del danaro per i tributi del re, e impegniamo i nostri campi e le vigne. 5 Or la nostra pelle vale quanto quella dei nostri fratelli, i nostri figli quanto i loro figli, ed ecco noi siam costretti a dare come schiavi i nostri figli e le nostre figlie; alcune delle nostre figlie sono già schiave, e noi non abbiamo con che riscattarle, che i nostri campi e le nostre vigne sono in potere d'altri». 6 Io restai grandemente indignato nel sentire il lor lamento e queste parole, 7 e dopo averci ben pensato col mio cuore, ripresi aspramente i grandi e i magistrati e dissi loro: «Come? Voi esigete l'usura dai vostri fratelli?» Poi adunata contro di essi una grande assemblea, 8 dissi loro: «Noi, come sapete, abbiamo, secondo la nostra possibilità, riscattato i Giudei che erano stati venduti alle genti: dunque voi venderete i vostri fratelli e noi dovremo ricomprarli?» Essi tacquero non sapendo che rispondere. 9 Allora, io dissi loro: «Non è ben fatto quello che fate voi. Perchè non camminate nel timore del nostro Dio, per non essere scherniti dalle genti che ci sono nemiche? 10 Ecco, io, i miei fratelli e la mia gente abbiamo dato in prestito a moltissimi danaro e grano: accordiamoci tutti a non richiederlo e condoniamo i debiti. 11 Rendete loro oggi i loro campi, e le vigne e gli uliveti e le case, e di più anche la centesima del danaro, del grano, del vino, dell'olio, che solete esigere da loro, datela per essi». 12 Ed essi dissero: «Renderemo; nulla cercheremo da loro, e faremo come tu dici». Allora chiamai i sacerdoti e dopo averli scongiurati a fare come io avevo detto, 13 scossi la mia veste, dicendo: «Così scuota Dio dalla sua casa e dai suoi beni chi non manterrà la parola; così sia scosso e lasciato vuoto». Tutta la moltitudine rispose: «Amen». E lodarono Dio; e il popolo fece come si era stabilito. 14 Io poi dal giorno in cui il re mi fece governatore del paese di Giuda, dall'anno ventesimo fino al trentaduesimo del re Artaserse, per dodici anni, coi miei fratelli, non mangiai delle provvisioni dovute ai governatori, 15 mentre i governatori che m'avevan preceduto avevan gravato il popolo, ricevendone in pane, vino e danaro quaranta sicli al giorno, e anche la loro gente aveva oppresso il popolo. Ma io non feci così, perchè temevo Dio, 16 che anzi lavorai alla riedificazione delle mura, non comprai alcun campo, e la mia gente si trovava tutta adunata ai lavori. 17 Di più tenevo alla mia mensa, tra Giudei e magistrati, centocinquanta persone, e quelli che venivano a noi dai popoli circonvicini. 18 Ogni giorno mi si apparecchiava un bue, sei montoni scelti, oltre i volatili e, ogni dieci giorni, vini diversi. Io dava molte altre cose, eppure non cercai la provvisione dovuta alla mia carica di governatore, perchè il popolo era grandemente impoverito. 19 Ricordati di me in bene, o mio Dio, per tutto quello che io ho fatto a questo popolo.

Martini:

Neemia 5

Nehemia nella gran miseria riprende i ricchi avari, e proibisce le usure, e dona volontariamente il suo ai miserabili.
1 Allora fu, che il popolo, e le loro mogli alzaron le strida contro de' loro fratelli Giudei. 2 E alcuni di essi dicevano: Noi abbiam troppi figliuoli, e troppe figliuole; prendiamo pel prezzo di essi del grano per mangiare, e vivere. 3 Altri poi dicevano: Impegniamo i nostri poderi, e le vigne, e le nostre case, e prendiamo del grano per cacciar la fame. 4 Altri dicevano: Prendiamo in prestito del denaro per pagare il tributo al re, e impegniamo i nostri campi, e le vigne. 5 Or quale è la carne de' nostri fratelli, tale è la nostra: e i nostri figliuoli sono da quanto i loro: e noi diamo in ischiavitù i nostri figliuoli, e le nostre figliuole, e non abbiamo il modo di riscattare quelle nostre figliuole, che sono schiave, e i nostri campi, e le nostre vigne sono in potere di altri. 6 Quand'io ebbi udite le loro strida, e questa maniera di parlare, ne sentii grande sdegno. 7 E dopo matura riflessione ripresi agramente i magnati, e i magistrati, e dissi loro: Voi adunque, quanti siete, prendete l'usura da' vostri fratelli? E convocai una grande adunanza contro di essi. 8 E dissi loro: Voi sapete, come noi secondo la nostra possibilità abbiam riscattati i Giudei venduti alle genti: e voi venderete i vostri fratelli, perché noi li ricomperiamo? E quelli si tacquero, e non seppero che rispondere. 9 E io dissi loro: Quello, che voi fate, non è ben fatto: per qual motivo non camminate voi nel timore del nostro Dio, affinchè non diventiamo lo scherno delle genti, che ci odiano? 10 Or io, e i miei fratelli, e la mia gente abbiamo a moltissimi dato in prestito grano, e denaro: accordiamoci tutti a non ripetere, e a rimettere tutto questo debito. 11 Rendete oggi ad essi i loro campi, e le vigne, e gli uliveti, e le case: anzi la centesima del denaro, grano, e vino, e olio, che voi solete esiger da loro, pagatela voi per essi. 12 E quelli dissero: Restituiremo, e non cercheremo nulla da loro: e faremo, come tu dici. E chiamai i sacerdoti, e feci, che quelli giurasser di fare, come io avea detto. 13 E io scossi oltre a ciò la mia veste, e dissi: Così scuota Dio chiunque non osserverà questa parola, dalla sua casa, e da' suoi beni: così sia scosso, e resti senza niente. E tutta la moltitudine rispose: Amen. E lodarono Dio. E il popolo fece, come si era detto. 14 E dal giorno, in cui il re mi aveva ordinato, ch'io governassi il paese di Giuda, dall'anno vigesimo sino al trentesimo secondo del re Artaserse, per dodici anni, e io, e i miei fratelli non mangiammo delle vettovaglie, che eran dovute ai governatori. 15 Or i primi governatori, che erano stati innanzi a me, aveano aggravato il popolo, ricevendone pane, e vino (oltre) i quaranta sicli per giorno in denaro: e di più i loro ministri angariavano il popolo. Ma io temendo Dio non feci così. 16 Anzi lavorai alla fabbrica delle mura, e non comprai verun campo, tutta la mia gente era occupata al lavoro. 17 E i Giudei, e i magistrati, centocinquanta persone, e quei, che venivano a noi da' paesi circonvicini, mangiavano alla mia mensa. 18 E si uccideva ogni dì in casa mia un bue, e sei arieti scelti, oltre i volatili, e ogni dieci giorni vini diversi, e molte altre cose io dava: e oltre a ciò non cercai gli stipendi del mio governo: perocché il popolo era grandemente stenuato. 19 Ricorditi di me, Dio mio, per tua bontà, secondo il bene, che io no fatto a questo popolo.

Diodati:

Neemia 5

1 OR vi fu un gran grido del popolo, e delle lor mogli, contro a' Giudei lor fratelli. 2 E vi erano di quelli che dicevano: I nostri figliuoli, e le nostre figliuole, e noi siamo in gran numero; facciasi adunque che riceviamo del grano da mangiare, per vivere. 3 Altri vi erano che dicevano: Noi impegnammo i nostri campi, e le nostre vigne, e le nostre case; facciasi adunque che riceviamo del grano in questa carestia. 4 Altri vi erano che dicevano: Noi abbiamo presi in prestanza, sopra i nostri campi, e sopra le nostre vigne, danari, per pagare il tributo del re. 5 Ed ora, benchè la nostra carne sia come la carne de' nostri fratelli, e i nostri figliuoli sieno come i lor figliuoli; ecco, noi siamo in sul punto di mettere i nostri figliuoli e le nostre figliuole per servi; e già alcune delle nostre figliuole sono in servitù; e noi non abbiamo alcun modo in mano; e i nostri campi e le nostre vigne sono in mano di altri.
6 E quando io ebbi udito il grido loro e queste parole, io mi crucciai forte. 7 Ed avendo preso consiglio fra me stesso, sgridai gli uomini notabili ed i magistrati, e dissi loro: Riscotete voi così i debiti, ciascuno dal suo fratello? Ed io adunai contro a loro la gran raunanza. 8 E dissi loro: Noi abbiamo, in quanto è stato in noi, riscattati i nostri fratelli Giudei che erano stati venduti alle genti; e voi vendereste ancora i vostri fratelli; o essi si venderebbero a noi! Allora essi si tacquero, e non sepper che dire. 9 Ed io dissi: Ciò che voi fate non è buono; non dovete voi camminar nel timor dell'Iddio nostro, per tema del vituperio delle genti nostre nemiche? 10 Io ancora, e i miei fratelli, e i miei servitori, abbiamo prestati a costoro danari, e grano; deh! rimettiamo loro questo debito. 11 Deh! rendete loro oggi i lor campi, le lor vigne, i loro uliveti, e le lor case; e rimettete loro la centesima de' danari, del grano, del vino, e dell'olio, la quale voi riscotete da loro. 12 Ed essi dissero: Noi la renderemo loro, e non domanderemo loro nulla; noi faremo così come tu dici. Allora io chiamai i sacerdoti, e li feci giurare che farebbero così. 13 Oltre a ciò, io scossi il grembo della mia vesta, e dissi: Così scuota Iddio dalla sua propria casa, e dalle sue facoltà, chiunque non metterà questa parola ad effetto; e così sia scosso e vuoto. E tutta la raunanza disse: Così sia. E lodarono il Signore. E il popolo fece secondo quella parola.
14 Eziandio dal dì che il re mi ordinò per esser lor governatore nel paese di Giuda, cioè, dall'anno ventesimo del re Artaserse, fino all'anno trentaduesimo, che son dodici anni, io ed i miei fratelli non mangiammo della provvisione assegnata al governatore. 15 Benchè i precedenti governatori ch'erano stati davanti a me, avessero gravato il popolo, e avessero presa quella da lui, in pane ed in vino; e dipoi in quaranta sicli d'argento; e che anche i lor servitori avessero signoreggiato sopra il popolo; ma io non feci così, per lo timor di Dio. 16 Ed anche io ristorai la parte mia in questo lavoro delle mura, e non acquistammo alcuna possessione; e tutti i miei servitori erano quivi adunati per l'opera. 17 Oltre a ciò, cencinquant'uomini de' Giudei e de' magistrati, e quelli che venivano a noi dalle genti ch'erano d'intorno a noi, erano alla mia tavola. 18 Or quello che mi si apparecchiava per giorno era un bue e sei montoni scelti; mi si apparecchiava ancora dell'uccellame; e di dieci in dieci giorni queste cose si apparecchiavano con ogni sorta di vini copiosamente; e pure, con tutto ciò, io non domandai la provvisione assegnata al governatore; perciocchè quella servitù sarebbe stata grave a questo popolo. 19 Ricordati, o Dio mio, di me in bene, per tutto quello che io ho fatto inverso questo popolo.

Commentario abbreviato di Matthew Henry:

Neemia 5

1 Capitolo 5

Gli ebrei si lamentano Ne 5:1-5

Neemia risponde alle rimostranze Ne 5:6-13

La tolleranza di Neemia Ne 5:14-19

Versetti 1-5

Gli uomini predano i loro simili: disprezzando i poveri rimproverano il loro Creatore. Una simile condotta è una vergogna per chiunque, ma chi può aborrire a sufficienza se adottata da cristiani professanti? Con compassione per gli oppressi, dovremmo deplorare le difficoltà che molti nel mondo stanno sopportando, mettendo le nostre anime al posto delle loro, e ricordando nelle nostre preghiere e nei nostri aiuti coloro che sono oppressi. Ma chi non ha pietà, si aspetti un giudizio senza misericordia.

6 Versetti 6-13

Neemia sapeva che, anche se avesse costruito le mura di Gerusalemme così alte, così spesse o così forti, la città non avrebbe potuto essere sicura finché ci fossero stati degli abusi. Il modo giusto per riformare la vita degli uomini è convincere le loro coscienze. Se camminate nel timore di Dio, non sarete né avidi di guadagni mondani né crudeli verso i vostri fratelli. Nulla espone maggiormente la religione al biasimo quanto la mondanità e la durezza di cuore di chi la professa. Coloro che insistono rigorosamente sui loro diritti, con una grazia molto cattiva cercano di convincere gli altri a rinunciare ai loro. Nel ragionare con gli egoisti, è bene contrapporre la loro condotta a quella di altri liberali; ma è meglio indicare il Suo esempio, che pur essendo ricco, si è fatto povero per noi, affinché noi, attraverso la sua povertà, fossimo ricchi, 2Cor 8:9. Hanno fatto secondo la promessa. Le buone promesse sono buone cose, ma le buone prestazioni sono migliori.

14 Versetti 14-19

Chi teme veramente Dio, non oserà fare nulla di crudele o ingiusto. Tutti coloro che occupano posti pubblici ricordino che sono collocati lì per fare del bene, non per arricchirsi. Neemia lo cita a Dio nella preghiera, non come se avesse meritato un qualche favore da parte di Dio, ma per dimostrare che dipendeva solo da Dio, che gli avrebbe restituito ciò che aveva perduto e che aveva messo da parte per il suo onore. Neemia evidentemente parlava e agiva come uno che sapeva di essere un peccatore. Non intendeva reclamare una ricompensa come un debito, ma nel modo in cui il Signore ricompensa una tazza di acqua fredda data a un discepolo per amor suo. Il timore e l'amore di Dio nel cuore e il vero amore per i fratelli porteranno a ogni opera buona. Queste sono le prove della fede giustificante e il nostro Dio riconciliato considererà le persone di questo tipo come buone, in base a tutto ciò che hanno fatto per il suo popolo.

Commentario del Pulpito:

Neemia 5

1 DIFFICOLTÀ INTERNE E MODO IN CUI NEEMIA LE AFFRONTÒ Neemia 5:1-13 Mentre la costruzione del muro era in corso, ma non, per quanto si dice, in diretta connessione con l'impiego della massa del popolo in un lavoro non remunerato, si manifestarono mali interni che richiedevano pronta attenzione e rimedio. Un gran numero di uomini e donne si lamentarono a Neemia da parte di un gran numero di uomini e donne -- le voci stridule di queste ultime si elevavano all'intensità di un "grande grido" (Versetto 1) -- sul fatto che l'oppressione dei ricchi e dei grandi, combinata con altre cause permanenti o temporanee, li stava privando delle loro case e dei loro appezzamenti di terra. e costringerli a vendere i loro figli e le loro figlie come schiavi (Versetti. 2-5). Secondo il testo esistente, le cause primarie della povertà generale erano tre:

1. Sovrappopolazione (Versetto 2);

2. Una recente carestia (Versetto 3); e,

3. Il peso della tassazione, derivante dalla grande somma richiesta annualmente alla provincia dai Persiani a titolo di tributo (Versetto 4). Poiché non c'è motivo di supporre che il tributo sia stato aumentato di recente, questa causa deve essere considerata come costante. La sovrappopolazione può essere derivata, in parte, dall'afflusso di immigrati, in parte dalla ristretta estensione del territorio che le tribù ritornate erano state autorizzate ad occupare (Ewald, "History of Israel", vol. 5. pp. 80, 115, ss.). La carestia, che è stata attribuita alla chiamata del popolo dalle sue occupazioni ordinarie (ibid. p. 152), difficilmente può aver avuto questa come origine principale se l'intera opera è stata iniziata e terminata, come ci dice Neemia, Neemia 6:15 in meno di due mesi; ma supponendo che ci fosse già una scarsità prodotta da cattivi raccolti, come al tempo di Aggeo, Aggeo 1:9-11 Potrebbe essere stato aggravato da questa circostanza. L'intero risultato fu che le classi più povere furono costrette, prima di tutto, a ipotecare le loro case e le terre che possedevano (Versetto 3), e in secondo luogo a impegnare le persone dei loro figli e delle loro figlie (Versetto 5), al fine di raccogliere denaro, con la prospettiva vicina di dover permettere loro di diventare schiavi se non fossero stati in grado di rimborsare il loro creditore al momento stabilito. In queste circostanze si appellarono al nuovo governatore, probabilmente non molto tempo dopo il suo arrivo, per avere sollievo. L'appello lo mise in una posizione di grande difficoltà. Non era abbastanza ricco da assumersi l'intero fardello; e sebbene egli stesso, e anche i suoi fratelli e servitori personali, prestassero liberamente, dal loro deposito privato, denaro e grano (Versetto 10, con commento), tuttavia questo era ben lungi dall'essere sufficiente: non andava alla radice del male Se si fosse fermato a questo punto e non avesse fatto di più, l'angoscia sarebbe continuata, e con esso il malcontento che la massa della popolazione si sarebbe tenuta lontana da lui con rabbia cupa, e tutta la sua impresa avrebbe potuto essere frustrata. D'altra parte, era impossibile per lui, sotto il sistema di governo persiano, portare avanti le cose con la mano alta, come avrebbe potuto fare un legislatore greco, e ordinare un tetto generale dei debiti. Poteva ricorrere solo alla persuasione, all'argomentazione e all'influenza personale. Perciò, prima di tutto, parlò ai "nobili", che erano gli usurai, li rimproverò e cercò di indurli a desistere dalle loro cattive pratiche (Versetto 7); ma non riuscendo a produrre in questo modo alcun effetto considerevole, portò la questione davanti a un'assemblea del popolo (ibid.). Lì, prima svergognava i nobili adducendo il proprio esempio contrario, e poi li invitava, "per timore di Dio e a causa del biasimo dei pagani", a restituire le terre e le case confiscate ai loro antichi proprietari, a rimborsare tutto ciò che avevano ricevuto in termini di interessi sul denaro prestato, e abbandonare l'intera pratica di prestare denaro su pegno o ipoteca (Versetti. 7-11). Mossi da questo appello pubblico, i nobili fecero segno il loro consenso, al che egli fece loro stringere la promessa con un giuramento (Versetto 12), aggiungendo da parte sua una maledizione se il giuramento non fosse stato osservato, che fu salutato con acclamazione dal popolo. Così l'intera faccenda fu portata a una felice conclusione -- la promessa fatta fu mantenuta -- "il popolo", cioè l'intera nazione, nobili compresi, "fece secondo questa parola" (Versetto 13)

Un grande grido. Confronta il Versetto 6, dove il "grido" si distingue dalle "parole". Bisogna tenere presente l'abitudine orientale di un lamento stridulo: è sempre più acuto quando le donne vi hanno una parte, come in questa occasione. Le loro mogli. Madri, i cui figli erano stati venduti come schiavi, o che prevedevano di perderli in questo triste modo rapidamente (Versetto 5). I loro fratelli, gli Ebrei. cioè gli ebrei più ricchi, che avevano adottato la pratica del prestito su pegno

Versetti 1-13.- Estorsione rimproverata

I governanti degli uomini non hanno un compito facile. Non appena hanno provveduto a un rimedio per un male, ne si presenta un altro. Neemia riscontrò che era così. Aveva preservato la città dai nemici di fuori, e procedeva rapidamente con le fortificazioni che sarebbero state una protezione permanente; ma prima che fossero completati si levò un grido che richiamò la sua attenzione su pericoli altrettanto minacciosi. A che serviva assicurarsi il popolo dal nemico straniero se si distruggeva l'un l'altro con l'estorsione e il dissenso? La saggezza e il coraggio del governatore, tuttavia, si dimostrarono all'altezza della situazione. Osservare-

I LA FORTE LAMENTELA FATTA (Versetti. 1-5). Un gran numero di persone "e delle loro mogli" andarono da Neemia e si lamentarono amaramente della loro condizione e delle estorsioni a cui erano sottoposti dai loro fratelli ricchi e nobili. I lamentatori erano di tre classi. Alcuni che in origine erano poveri si trovarono, con famiglie numerose, impossibilitati a procurarsi il cibo a causa della pressione dei tempi. Desideravano che il grano fosse distribuito tra loro. Altri avevano preso in prestito denaro per procurarsi il cibo e avevano dato in pegno le loro terre e le loro case. Una terza classe aveva seguito una condotta simile per poter pagare le tasse del monarca persiano. Alcuni (probabilmente di ogni classe) erano già stati costretti a procurarsi provviste vendendo figli, e persino figlie, come servi, e non vedevano altra risorsa che vendere altri dei loro figli. Inoltre, contrariamente alla legge mosaica, per i prestiti venivano addebitati forti interessi. I ricchi approfittavano delle necessità dei loro fratelli più poveri per arricchirsi ancora di più, incuranti delle sofferenze e delle umiliazioni che infliggevano. I sofferenti sentivano e dicevano di essere della stessa carne e del stesso sangue dei loro ricchi oppressori, e i loro figli a loro cari

II L'EFFETTO SU NEEMIA DI QUESTA DENUNCIA. "Ero molto arrabbiato" (Versetto 6). Una rabbia giustissima; l'ira di un uomo giusto per un torto flagrante; di spirito nobile e generoso alla base della rapacità; di un amante del popolo, che faceva grandi sacrifici per il suo bene, contro coloro che non si preoccupavano del benessere della comunità, in modo che potessero accumulare ricchezze per sé e per le loro famiglie; di uno che temeva Dio, che il suo nome fosse disonorato dal popolo stesso la cui missione era di esaltarlo

III LA STRADA CHE HA SEGUITO

1. Ha considerato attentamente la questione (Versetto 7)

2. Rimproverava i colpevoli (Versetto 7)

3. Convocò un'assemblea sul caso

4. Ha protestato pubblicamente con i trasgressori

(1) Contrapponendo la loro condotta a quella sua e dei suoi amici più stretti (Versetti. 8, 10). Lui e altri che la pensavano allo stesso modo avevano comprato gli ebrei dalla schiavitù dei pagani, mentre questi vendevano, o facevano vendere, in schiavitù agli ebrei i loro fratelli intorno a loro. Egli, i suoi fratelli e servitori, avevano anche prestato denaro e grano ai bisognosi, ma senza esigere pegno o interesse

(2) Ricordando loro il biasimo che stavano portando sul nome e sulla religione ebraica, e che il timore di Dio avrebbe dovuto impedire loro di incorrere

(3) Supplicarli di cedere ai loro proprietari la proprietà che detenevano in pegno, e di cessare di esigere gli interessi sul denaro loro dovuto (Versetto 11)

IV I RISULTATI

1. L'autoconvinzione dei rei (Versetto 8)

2. La loro promessa di rispettare le sue proposte (Versetto 12). Una promessa solennemente ratificata da

a. Un giuramento prestato dai sacerdoti

b. Una maledizione pronunciata da Neemia, con una cerimonia significativa (Versetto 13)

3. La gioia e la gratitudine del popolo (Versetto 13). Essi risposero "Amen" alla maledizione e "lodarono Geova

4. L'adempimento della promessa (Versetto 13)

Lezioni:

1. L'orrore dell'avarizia. "L'amore per il denaro è la radice di tutti i mali". Qui appare come disumanità, oppressione, violazione della legge divina, disprezzo delle pretese di patriottismo. Particolarmente odioso e dannoso nei nobili e nei governanti, che dovrebbero essere esempi di generosità, protettori dei poveri e promotori in ogni modo del bene generale

2. Il dovere di scontare e sopprimere questo vizio. I governanti e i magistrati sono particolarmente obbligati a farlo

3. Il potere del buon esempio. Dà fiducia nel rimprovero dell'iniquità e nell'esortazione all'emendamento, e forza ai rimproveri e agli appelli

OMELIE DI J.S. EXELL. Versetti 1-13.- I ricchi rimproverati per essersi approfittati dei poveri

IO I POVERI

1. I numeri tendono alla povertà. "Noi, nostri figli e nostre figlie, siamo molti: perciò prendiamo per loro del grano, per poter mangiare e vivere" (Versetto 2)

2. Il prestito tende alla povertà. "Abbiamo ipotecato le nostre terre" (Versetto 3)

3. La tassazione tende alla povertà. "Abbiamo preso in prestito del denaro per il tributo del re" (Versetto 4)

4. La povertà può talvolta essere motivo di protesta contro l'ingiustizia

5. La povertà è vissuta dal popolo di Dio che è impegnato in lavori santi

II I RICCHI

1. I ricchi non devono approfittare indebitamente di circostanze calamitose. "A causa della penuria" (Versetto 3)

2. I ricchi non devono essere sconsiderati. "Ma ora la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli" (Versetto 5)

3. I ricchi non devono essere crudeli. "Le nostre figlie sono ridotte in schiavitù" (Versetto 5)

4. I ricchi non devono violare la legge di Dio. "Non dovreste camminare nel timore del nostro Dio?" (Versetto 9)

III IL RIMPROVERO

1. Arrabbiato. "Ed ero molto arrabbiata"

2. Riflettente. "Mi consultai con me stesso" (Versetto 7)

3. Imparziale. "I nobili e i governanti"

4. Sostenuto. "E ho posto una grande assemblea contro di loro"

5. Argomentativo (Versetto 8)

6. Senza risposta. "Hanno taciuto e non hanno trovato nulla da rispondere"

7. Successo. "Ripristineremo". -E

OMELIE W. CLARKSON Versetti 1-13.- Errore e ritorno

Nel bel mezzo di un apparente successo, quando la Chiesa sta costruendo le sue mura e sembra essere trionfante e sicura, può esserci un male aggravato che sorge e si diffonde nel suo stesso cuore. Questo fu il caso di Gerusalemme quando si alzarono le mura della sua difesa. Quando i sacerdoti e il popolo riparavano le difese, circolava un danno mortale in tutto il corpo. Guardiamo

I IL PEGGIOR MALE DI CUI LA CHIESA DI CRISTO POSSA SOFFRIRE (Versetti. 1-5)

1. Un male interno, sempre più pericoloso e mortale di uno esterno. Meglio un centinaio di samaritani che si lamentano o addirittura cospirano piuttosto che dieci ebrei dentro le mura che portano una maledizione nel petto. Meglio un esercito di cananei in assetto di battaglia che un Acan nella competizione

2. Il male della discordia. Un ebreo si lamentava di un altro, una classe di un'altra classe; i semi del dissenso e della contesa spuntavano e portavano frutti amari. Il male interno in una società cristiana può assumere molte forme -- errore, pigrizia, orgoglio, ss. -- ma la peggiore di tutte è la discordia. Il Maestro non è mai così addolorato come quando il suo primo comandamento viene infranto, e quando coloro che sono particolarmente tenuti ad amarsi l'un l'altro si abbandonano ad "amarezza, ira, ira, clamore, malizia"

3. Discordia che nasce dall' oppressione. Gli ebrei più ricchi avevano approfittato di un periodo di miseria, derivante dalla carestia (Versetto 3), per costringere i bisognosi a (a) ipotecare i loro figli (Versetto 2) e (b) le loro proprietà ancestrali (Versetto 3) al fine di salvare se stessi e le loro famiglie dalla fame (Versetti 2, 3), nonché di pagare il tributo al re di Persia (Versetto 4). Ciò che naturalmente li affliggeva di più era che, a causa della cupidigia e della durezza dei ricchi, erano stati costretti a vendere in schiavitù i propri figli e figlie; Essi dissero, nel loro energico lamento: "Eppure la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli come i loro figli" (Versetto 5). Né furono in grado di riscattarli (Versetto 5). C'è una grande amarezza d'animo quando un membro di una Chiesa cristiana è incurante degli affetti umani naturali di uno qualsiasi dei suoi fratelli: la colpa difficilmente può andare oltre

II LE SUE DEPLOREVOLI CONSEGUENZE (Versetti. 1, 9)

1. Miseria (Versetto 1). "Si levò un gran grido del popolo e delle sue mogli" (Versetto 1). Quando una parte di una società pecca e l'altra parte "pecca", quando la Chiesa è divisa in ingiusti e sofferenti, la miseria scende in profondità. Non c'è gioia del cuore così grande come quando prevalgono l'armonia e l'amore; Così, non c'è miseria dell'anima così completa come quando abbondano l'odio e l'offesa

2. Rimprovero (Versetto 9). "Non è bene che lo facciate; non dovreste camminare nel timore del nostro Dio a causa del biasimo delle nazioni nostre nemiche?" È nostro dovere primario, e dovrebbe essere il nostro più sincero desiderio, far risplendere la nostra luce affinché gli uomini possano glorificare Cristo, per "adornare la dottrina" del nostro Salvatore; quando agiamo in modo tale da indurre il nemico di Dio a bestemmiare, siamo "veramente colpevoli dinanzi a Dio"

III LA VIA DELLA FUGA E DEL RECUPERO (Versetti. 6-13). Fortunatamente, in questo caso, non si è spinto troppo in là, perché non gli è stato permesso to.do il suo lavoro troppo a lungo. C'era

1. Un apprezzamento della sua enormità (Versetto 6). Neemia si arrabbiò moltissimo quando udì il loro grido e queste parole. Arrabbiato, ma certamente non peccaminoso; Efesini 4:26 arrabbiato con una santa ira, suscitato da un profondo senso dell'entità della colpa e del pericolo

2. Autocontrollo (Versetto 7). Si "consultò con se stesso". Invece di agire con fretta dannosa, aspettò di aver ben ponderato la strada migliore da prendere. Quando si scatena l'ira, è davvero bene 'consultarsi con noi stessi' prima di parlare ad altri o di agire di conseguenza

3. Azione concertata (Versetto 7). "Ho posto una grande assemblea contro di loro". Neemia diresse contro il male tutta la forza del sentimento pubblico: la coscienza nazionale

4. Audacia da parte del leader. C'è un tempo per le parole e le azioni decise. "Ho rimproverato i nobili" (Versetto 7). "Noi... abbiamo redento i nostri fratelli; … e venderete anche i vostri fratelli?" (Versetto 8). "Restituite le loro terre, le loro vigne", ss. (Versetto 11). "Ho scosso il mio grembo", ss. (Versetto 13). In tempi di grande defezione o oppressione, quando le cose vanno male con la causa di Dio, non sono le parole affinate, ma il linguaggio del rimprovero che si vuole. "Riprendi, rimprovera, esorta", benché "con ogni longanimità" 2Timoteo 4:2

5. Pentimento da parte di chi ha sbagliato. Ciò include:

(a) Convinzione di peccaminosità - non avere "nulla da rispondere" (Versetto 8), sotto un senso di colpa

(b) Riconoscimento e promessa di riforma (Versetto 12). A ciò si possono accompagnare i voti più solenni pronunciati davanti a Dio (Versetto 12)

c) Emendamento (Versetto 13). E il popolo fece secondo questa promessa

(1) Condanna,

(2) confessione,

(3) il voto solenne,

(4) il passo verso casa: questo è camminare sulla via della guarigione

OMELIE DI R.A. RADFORD Versetti 1-19.- Un esempio di attività di successo per Dio

Una grande riforma pratica portata avanti da un governante religioso sui più alti principi religiosi e con la forza del carattere religioso. Non c'era compito più difficile che affrontare con successo tali circostanze in cui erano coinvolti gli interessi egoistici degli uomini, e le classi ricche sarebbero state contrarie alla riforma. Neemia, con la sua sapienza, la sua audacia e la sua ingenua supplica a Dio, ottenne un meraviglioso successo. Avviso-

I L'appello diretto ai grandi principi morali e religiosi. Non possiamo fare di meglio che mettere gli uomini faccia a faccia con la coscienza

1. Umanità

2. Patriottismo. Sono fratelli

3. Timore di Dio, che non ha riguardo alle persone

Tutti gli ebrei professavano di essere allevatori di Dio. Tutta la legge civile e la vita comune erano basate sulla legge divina. Ciò che era palesemente sgradito a Dio non poteva essere legalmente giusto. Riconosciamo lo stesso principio. Tutta la legge umana si basa sulla parola di Dio. Non possiamo appellarci direttamente alla lettera della Scrittura quando abbiamo a che fare con gli uomini empi, ma possiamo usarla per rendere più chiara la legge di natura

4. La coscienza universale. "Ho posto una grande assemblea contro di loro". Nessun ingiusto può resistere all'appello al comune sentimento del diritto. Educare il sentimento morale della società. e diventa una protezione contro la volontà egoistica degli individui. Vox populi dovrebbe essere vox Dei. In una società veramente progressista lo sarà sempre di più. I grandi leader del pensiero e dell'azione non dovrebbero aver paura di fare il loro appello alle grandi assemblee, nello spirito di Neemia

II UN ESEMPIO DI METODO SAGGIO. Molto dipende dal metodo in ogni riforma di successo

1. I mezzi utilizzati erano morali. Rimostranza, persuasione, appello al cuore e alla coscienza. Nessuna violenza. Nessun mestiere. Non si ricorre a meri espedienti mondani. Nessun compromesso di posizione religiosa. Niente camion per uomini ricchi

2. Il carattere personale è stato esercitato su coloro la cui condotta deve essere cambiata. L'indignazione morale di Neemia ebbe una grande influenza. La sua audace sfida alla trasgressione. Il suo appello al proprio esempio e a quello degli altri. Il suo tenero interesse per i poveri e l'implorazione di serietà per la loro causa

3. Mentre agisce come un governante, e con l'autorità di un governante, il sentimento pubblico, è arruolato a sostegno della riforma. È una grande questione ottenere la simpatia della maggioranza

4. In tutte le misure pratiche e le riforme sociali dovremmo sforzarci di unire le due forze del diritto religioso e civile. "Ho chiamato i sacerdoti e ho fatto loro giuramento che avrebbero fatto secondo questa promessa". Con solenne appello a Dio e alla presenza di tutta la congregazione che "disse Amen e lodò l'Eterno", Neemia ordinò agli ingiusti di mettere in pratica la loro parola

III Un'illustrazione dell'effetto benefico di una riforma decisiva e rapida quando viene effettuata in base a principi religiosi e con metodi saggi

1. Liberazione dell'energia umana, sia per la Chiesa che per lo Stato. Che cosa poteva fare il popolo quando era così oppresso? Come potevano lavorare con uomini che le trattavano così crudelmente? Ogni vera riforma è la liberazione del potere per il futuro. Non dobbiamo guardare agli inconvenienti temporanei, ma ai benefici permanenti

2. Il valore dei grandi precedenti morali e politici. Un tale esempio di eroico campionato per la causa di Dio e dell'umanità diventa un tesoro inestimabile per le generazioni future. Che potere c'è nella storia di tutte le grandi riforme!

3. Non possiamo dubitare che, sotto la guida dello Spirito di Dio, l'opera morale e sociale compiuta da Neemia aveva lo scopo di preparare la via per quell'opera più direttamente religiosa che seguì. Ogni vera riforma è una preparazione per l'avanzamento. Giovanni Battista annuncia il regno di Dio

4. Un immenso servizio alla causa della giustizia quando governatori e statisti identificano i loro nomi con grandi movimenti per l'elevazione del popolo. Il loro sacrificio, la loro fedeltà, la loro vittoria diventano parte della parola di Dio. Dio pensa a loro per il bene, e farà in modo che il mondo pensi a loro. Il miglior monumento a un grande uomo è "ciò che ha fatto per il popolo". -R

2 C'erano quelli che dicevano: Noi, i nostri figli e le nostre figlie, siamo molti. Coloro che avevano famiglie numerose erano i primi a lamentarsi. Trovarono nella loro numerosa progenie non la benedizione che l'abbondante progenie è ordinariamente considerata nella Sacra Scrittura, ma un peso e un'ansia. Perciò prendiamo il grano per loro. Siamo obbligati a procurare loro del grano, altrimenti morirebbero e si indebiterebbero per questo. Sembra che il grano, il vino e l'olio siano stati prestati, non meno del denaro (Versetto 11)

3 A causa della scarsità. Alcuni, che non potevano dire che le loro famiglie erano numerose, chiedevano sollievo a causa, a quanto pare, non tanto di un presente quanto di una carestia passata, che li aveva costretti a ipotecare i loro campi, le loro vigne e le loro case. Che la Giudea fosse soggetta a carestie in questo periodo appare da Aggeo 1:6,9-11; 2:16-19

4 Il tributo del re. La Giudea, come le altre province persiane, doveva pagare un tributo, in parte in denaro e in parte in natura, ogni anno al monarca persiano; vedi il commento su Esdra 4:13 ma non c'è motivo di credere che questo peso fosse generalmente sentito come oppressivo, né che fosse più pesante in Giudea che altrove. Ma dai più poveri anche una piccola quantità di tassazione diretta è sentita come un risentimento; e la necessità di soddisfare le richieste dell'esattore delle tasse era spesso nel mondo antico il punto di svolta, che costringeva a contrarre un debito (Liv., 2:23); E così sembra essere stato con questi denuncianti

5 La nostra carne è come la carne dei nostri fratelli. Amiamo la nostra carne e il nostro sangue, poveri come siamo, tanto quanto i nostri fratelli più ricchi; I nostri figli ci sono cari quanto i loro a loro. La necessità che ci costringe a ridurre in schiavitù i nostri figli e le nostre figlie è quindi molto grave per noi. Alcune delle nostre figlie sono già state ridotte in schiavitù. Sul potere dei padri di vendere le loro figlie, vedi Esodo 21:7. Né è in nostro potere redimerli. Letteralmente, "né nulla è in potere delle nostre mani" vedi Genesi 31:29 Non abbiamo rimedio; Non è in nostro potere effettuare alcun cambiamento

Uguaglianza umana

"Eppure ora la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli come i loro figli". Le dottrine della parentela e dell'uguaglianza di tutte le classi di uomini hanno un suono terribile quando escono dalle labbra di una moltitudine affamata in tempi di angoscia generale, e sono suscettibili di assumere nelle loro menti una forma esagerata, e di essere spinte a pericolosi estremi; ma contengono tuttavia una verità sostanziale, che, affinché non possa essere pervertita in male in tempi difficili, dovrebbe essere ben appresa, ponderata e applicata alla pratica in tempi tranquilli da coloro che sono elevati al di sopra dei loro simili in ricchezza e posizione

I L'UGUAGLIANZA ESSENZIALE DEGLI UOMINI

1. In natura

(1) Hanno corpi simili. "La nostra carne è come la carne dei nostri fratelli". Simili per origine, composizione, organizzazione, bisogni, suscettibilità; provando ugualmente dolori e piaceri

(2) Hanno menti simili. Con facoltà, capacità, ss. simili: intellettuali, emotive, morali, spirituali. Se i cristiani, sono allo stesso modo "partecipi della natura divina"

2. Nelle relazioni

(1) Divino. Hanno lo stesso Creatore, Giobbe 31:15; Proverbi 22:2 lo stesso Redentore. Così come i peccatori hanno bisogno di salvezza

(2) Umano. I legami familiari come reali e preziosi. "I nostri figli come i loro figli". Sono similmente legati allo stato, e di pari valore ad esso. Se i cristiani sono figli di Dio, membri di Cristo, "fratelli" gli uni degli altri

3. Negli affetti

(1) Avere lo stesso affetto naturale. "I nostri figli come i loro figli", ugualmente amati. I poveri come i ricchi si rallegrano delle gioie dei loro figli, si addolorano per i loro dolori, sono addolorati per la loro degradazione

(2) Sono simili, quando rigenerati, negli affetti religiosi

1. In prospettiva. Deve allo stesso modo morire e comparire davanti alla sbarra di Dio. Se accettato, occuperà lo stesso cielo; se condannato, sia consegnato allo stesso inferno

2. Nei diritti. Il che deriva da quanto è stato detto. I poveri e i ricchi dovrebbero essere "uguali davanti alla legge", come lo sono in ogni comunità ben governata, civile o ecclesiastica. Hanno diritto a una giustizia sociale paritaria; Dovrebbero ricevere la stessa simpatia, la considerazione fraterna e l'aiuto nei momenti di perdita e sofferenza

II GLI OBBLIGHI CHE NE DERIVANO

1. Cosa sono

(1) Rispetto reciproco e buona volontà. "Onorate tutti gli uomini", come esseri umani. "Amate la fratellanza", come compagni di fede. "Ama il prossimo tuo come te stesso", perché egli merita ugualmente amore

(2) Considerazione reciproca e simpatia. Gli uomini, i più diversi sotto molti aspetti, dovrebbero essere in grado, molto meglio di quanto spesso non facciano, di capirsi l'un l'altro, e di entrare nei sentimenti l'uno dell'altro, a causa della loro somiglianza essenziale. E dovrebbero considerarsi l'un l'altro, per potersi apprezzare e simpatizzare l'uno con l'altro. Questi ricchi creditori non avrebbero trattato così duramente i loro poveri debitori se avessero cercato di rendersi conto di quanto sarebbe stata per loro la perdita di tutti i beni e la vendita dei loro figli

(3) Aiuto reciproco. Gli uomini sono fatti di varie capacità e condizioni per poter formare nella società un'unità più perfetta, ed essere in grado di servirsi l'un l'altro meglio 1Corinzi 12:14-26

2. Da chi è debitore. I poveri sono quindi tenuti a sentire e ad agire verso i ricchi, così come i ricchi verso i poveri; i dipendenti nei confronti del datore di lavoro, così come il datore di lavoro nei confronti dei dipendenti, e i primi sono propensi a trascurare questi doveri tanto quanto i secondi. L'egoismo non è limitato a nessuna classe. Coloro che, tuttavia, dalle loro circostanze hanno acquisito la maggior parte dell'intelligenza e della cultura, e hanno il maggior potere individualmente, ci si può aspettare che prendano l'iniziativa nella comprensione e nell'applicazione pratica delle verità e dei doveri appena enunciati. Così facendo mostreranno una tenera considerazione per i sentimenti dei poveri; si preoccuperanno della loro elevazione, del loro miglioramento e della loro salvezza; non useranno i loro vantaggi egoisticamente o duramente (anche se legalmente); non spingeranno troppo in là le dottrine dell'economia politica, e si sentiranno abbastanza contenti di gonfiare le proprie fortune dando a persone indifese salari da fame, o prestando denaro a tassi rovinosi per il mutuatario, solo perché la legge della "domanda e dell'offerta" li giustifica; il loro potere sarà usato per rimproverare, frenare e porre rimedio all'oppressione; proteggere e aiutare i deboli; per ammorbidire le disuguaglianze della vita con la gentilezza e la carità premurosa; e, in generale, benedire gli altri piuttosto che ingrandire se stessi. Agendo in tal modo, obbediranno ai dettami della prudenza così come a quelli del cristianesimo, e contribuiranno a unire la società con legami molto più forti degli atti del Parlamento, degli eserciti o dei regolamenti di polizia, legami che la tensione dei tempi più calamitosi non spezzerà

6 Ero molto arrabbiata. Non è chiaro se la lettera della legge sia stata violata, a meno che non si trattasse di una presa di interessi (Versetto 11), di cui il popolo non si era lamentato. Che gli uomini potessero vendere le loro figlie per farle concubine o mogli secondarie è chiaro da Esodo 21:7 ; ed è quindi probabile che vendessero i loro figli come servi. Ma la servitù potrebbe durare solo sei anni" Esodo 21:2 e se un anno giubilare si verificava prima della fine del periodo sessenniale, il servizio era terminato Levitico 25:10 Anche la terra poteva essere ipotecata o venduta (ibid. Versetti. 14-16), ma a condizione che tornasse al venditore, o comunque alla sua tribù, nell'anno giubilare (ibid. Versetti. 10, 13). Lo spirito, tuttavia, della legge, il comandamento: "Non vi opprimerete gli uni gli altri" (ibid. Versetti. 14, 17) -- fu trasgredito dalle azioni dei ricchi. Era loro dovere, in un momento di carestia, non fare pressione sui loro fratelli più poveri, ma alleviare liberamente le loro necessità. Neemia, i suoi parenti più stretti e i suoi seguaci lo avevano fatto al massimo delle loro forze (Versetto 10, con il commento). I ricchi avevano agito diversamente e avevano tratto tutto il profitto che potevano dal bisogno dei loro compatrioti. Da qui l'ira di Neemia

Versetti 6, 7.- Giusta rabbia

"E mi sono arrabbiato molto quando ho sentito il loro grido e queste parole. Allora mi consultai con me stesso e rimproverai i nobili e i governanti". La rabbia è sempre pericolosa, spesso malvagia. È peccaminosa l'ira che ha la sua radice nell'egoismo, che è eccitata da cause lievi, o si mescola con l'odio, o si manifesta con malizia o vendetta, o dura a lungo in qualsiasi forma. Ma c'è un'ira che è giusta, e la cui assenza, lungi dall'essere una mansuetudine lodevole, può essere causata dall'indifferenza verso i grandi principi e verso il benessere generale degli uomini. Il testo illustra:

I LA NATURA DELLA GIUSTA RABBIA

1. Da dove scaturisce. L'amore a Dio e all'uomo; l'amore per la giustizia, l'odio per il peccato

2. Da cosa è eccitato

un. Flagrante trasgressione,

b. conseguente danno alla società, e

c. contrastare gli sforzi per il suo bene

II SUOI USI. Per stimolare a-

1. Il rimprovero e la moderazione dei malfattori

2. Sforzi per la loro riforma

3. La scoperta e l'applicazione di rimedi per il danno che hanno causato

III IL SUO MIGLIOR PRESERVANTE DAL MALE. Riflessione prima di agire. "Mi sono consultato con me stesso". Nessuna passione richiede più padronanza di sé, che non corra all'eccesso, né si affretti a parole e azioni poco sagge e peccaminose. Una pausa di riflessione, e l'esercizio stesso della riflessione, forniranno il correttivo necessario, e ci permetteranno di governare e guidare la nostra rabbia in modo che possa servire ai fini per i quali questa passione è stata data

7 Rimproverai i nobili e i magistrati e dissi loro: Voi esigete l'usura. Cantici la Vulgata, e la maggior parte dei commentatori; ma Bertheau ha dimostrato che l'espressione usata, che è peculiare di Neemia, non può avere questo significato, poiché non è l'assunzione di usura che è stata lamentata, o che Neemia è particolarmente ansioso di fermare, ma il prestito di denaro per la sicurezza di terre, case o bambini. con le sue conseguenze, la confisca delle terre e delle case, con la riduzione in schiavitù dei bambini. Perciò egli traduce: "Ho rimproverato i nobili e i governanti e ho detto loro: Voi prestate in pegno". Ho posto una grande assemblea contro di loro. È evidente che il rimprovero di Neemia non ebbe alcun effetto. I nobili non gli diedero motivo di pensare che avrebbero cambiato la loro condotta. Fu quindi costretto a portare la questione davanti al popolo; non che avessero alcun potere legale, ma sentiva che i nobili potevano vergognarsi o aver paura di continuare la loro oppressione quando veniva apertamente denunciata dal capo del governo civile all'udienza di una grande assemblea di loro compatrioti

Autoconsultazione

"Poi mi sono consultato con me stesso". Il potere di conciliarsi con se stesso è una delle cose principali che distinguono gli uomini dai bruti. Un uomo può essere sia il soggetto che l'oggetto del proprio pensiero; come se ci fossero in lui due persone: una che pensa, una che sente, una che suggerisce, ss.); l'altro osserva i processi, giudica il loro valore e determina di conseguenza. "Il mio cuore si consultò con me", dice Neemia (traducendo letteralmente). "Comunica con il tuo cuore", dice il Salmista Salmi 4:4 L'esercizio di questo potere di autoconsultazione, o riflessione, è della massima importanza per la saggia direzione della nostra vita. "Una mente riflessiva", dice un antico scrittore, "è la sorgente e la fonte di ogni cosa buona", anche se si deve riconoscere che può diventare la fonte della peggiore malvagità. Perché il male che è deliberatamente pianificato è molto peggiore di quello che non è premeditato

SU CIÒ CHE DOVREMMO CONSULTARE NOI STESSI

1. Per quanto riguarda la religione personale. La nostra condizione davanti a Dio, e in vista dell'eternità. I nostri peccati, la loro natura peculiare, le aggravamenti, ss. Il nostro dovere verso Dio e verso noi stessi in vista di essi: pentimento, confessione dei peccati, fede in Cristo, abbandono a Dio, una nuova vita. O, ancora, una vita cristiana più alta e più piena di quella che abbiamo vissuto finora. Cosa dobbiamo incontrare se adottiamo la strada migliore. Una vita cristiana che nasce dalla riflessione sarà più ricca, più nobile, più decisa e più stabile di quella che scaturisce solo dall'emozione

2. Per quanto riguarda il nostro lavoro. Ciò per cui siamo più adatti e abbiamo l'opportunità di fare. Come si può fare al meglio. Quali sono le sue difficoltà e come possono essere superate. Motivi della sua performance. Il lavoro così iniziato e condotto sarà svolto con saggezza e fiducia, e sarà probabile che abbia successo

II LE CONDIZIONI PER IL SUCCESSO DELL'AUTOCONSULTAZIONE

1. Che sia condotto con l'aiuto dei migliori consiglieri. I due dentro di noi che si consultano devono chiamare un terzo: il Dio onnisapiente Comp. Salmi 25:4,5; 139:23,24 E tutto ciò che può aiutarci a comprendere la sua volontà va accolto con favore

2. Che sia accompagnato da uno scopo serio. Fare ciò che è considerato giusto e saggio. "Se uno vuole fare la sua volontà, lo saprà", ecc

3. Che sia seguito da una pratica corrispondente. La considerazione potrebbe essere troppo prolungata. Alcuni passano la vita "considerando", o fingendo di farlo, quanto ai doveri più semplici; Forse anche loro "risolvono e ridecidono", eppure "muoiono lo stesso"

8 Noi, secondo le nostre capacità, abbiamo redento i nostri fratelli. "Noi", qui, può essere sia "noi ebrei della cattività", in contrasto con "voi che siete tornati da molto tempo da essa", sia "noi della mia casa e della mia casa" (equivalente a "io, i miei fratelli e i miei servitori" di Versetto 10), in contrasto con "voi ricchi ebrei non della mia casa". Neemia deve appellarsi a un fatto ben noto, che lui e altri avevano avuto l'abitudine di redimere gli ebrei schiavi tra i pagani. Venderete anche voi i vostri fratelli? An argumenturn ad verecundiam. Farete l'esatto contrario? Fate in modo che i vostri fratelli siano venduti come schiavi? E non ai padroni pagani, ma agli uomini della loro nazione, fino a noi? I creditori romani, se vendevano i loro schiavi debitori, erano tenuti per legge a venderli al di là del Tevere, a uomini di una razza diversa. Si sentiva che all'indegnità della condizione di schiavo si aggiungeva il fatto di dover servire il proprio connazionale, da poco uguale e (forse) conoscente. Tacquero e non trovarono nulla da rispondere. Oppure, "non ho mai trovato una parola. L'argomento ha detto. Non ammetteva risposta. I nobili si vergognarono e non ebbero una parola da dire

9 Anche io ho detto. Mettere a tacere i nobili non era sufficiente. Svergognarli non era abbastanza. Ciò che si voleva era convincerli. Neemia continuò quindi il suo discorso. Non è bene che lo facciate. Non è buono in sé, a parte qualsiasi contrasto con quello che ho fatto. Non dovreste camminare - o, letteralmente, «non camminerete» - nel timore del nostro Dio? Non volete veramente "temere Dio e osservare i suoi comandamenti, non solo nella lettera, ma nello spirito? Non cesserete voi di opprimere i vostri fratelli? Non li tratterete con gentilezza e gentilezza? A causa del biasimo dei pagani, i nostri nemici. Se il solo timore di Dio, il desiderio di sfuggire al suo dispiacere e di ottenere la sua approvazione, non vi influenzerà forse il pensiero della luce in cui apparirete ai pagani? Tu fai professione di religione; Pretendi di essere mosso da nobili motivi; essere misericordiosi, compassionevoli e abnegati. Se ti vedono così avido di guadagno come chiunque di loro, come incurante degli altri, come spietato e oppressivo, quale rimprovero non attirerà questo sulla tua religione! Quale prova non sembrerà essere che tu non sei migliore dei tuoi vicini, e la tua religione, quindi, non è superiore alla loro!

Evitare il rimprovero

"Non dovreste camminare?" ss. Alcuni suppone che il "biasimo" di cui si parla qui sia quello derivante dalla debole condizione degli ebrei, che la condotta di questi rapaci rischiava di perpetuare e accrescere. Meglio, tuttavia, interpretarlo del giusto rimprovero che tale condotta provocherebbe

I RIMPROVERI DEGLI UOMINI CHE NON DEVONO ESSERE CONSIDERATI. Quelli che sono diretti contro:

1. La fede cristiana

2. Confessione cristiana. L'audace riconoscimento di Cristo

3. La vita cristiana e il lavoro. "Non temete l'obbrobrio degli uomini", ecc Isaia 51:7). Vedi anche Romani 15:3; Ebrei 11:26

II RIMPROVERI CHE DOVREBBERO ESSERE CONSIDERATI. Quelli che sono diretti contro le incongruenze manifeste tra la nostra fede e la nostra vita, le nostre professioni e le nostre pratiche. Gli uomini del mondo possono comprendere la nostra religione a sufficienza per discernere dove falliamo. Il loro giudizio su alcune cose della nostra condotta può essere giusto, ed è quindi adatto a ravvivare la nostra coscienza e a condurci a migliorare. "Fas est et ab hoste doceri." Dovremmo stare attenti a non dare solo "occasione ai nemici del Signore di bestemmiare", per il bene della religione, per il bene dei nemici stessi e di altri uomini che possono essere ben disposti, ma per i quali le nostre incoerenze sono una pietra d'inciampo. Tra le occasioni di giusto rimprovero si possono citare:

1. Falsità e disonestà nelle transazioni mondane

2. Insincerità e incapacità nelle espressioni religiose

3. Egoismo e autoindulgenza

4. Dissensi e contese tra i cristiani

5. Censura

6. Tristezza. In contrasto con le nostre rappresentazioni della felicità della religione

7. L'ambizione o la politica mondana nella vita e nel lavoro della Chiesa

III IL MODO PIÙ SICURO PER EVITARE IL GIUSTO RIMPROVERO. "Non dovreste camminare nel timore di Dio". La pietà genuina e abituale, che muove tutta la nostra vita, produrrà frutti tali da raccomandarsi anche agli irreligiosi che non sono nemici maligni di ciò che è buono, e "mettono a tacere l'ignoranza degli uomini stolti". Così, temendo Dio, non avremo bisogno di preoccuparci molto del giudizio degli uomini. Infine, chi rimprovera ai cristiani le loro incoerenze condanna se stesso. La luce con cui lo fanno rivela il loro dovere. Essi sono tenuti ad essere cristiani autentici e coerenti come coloro che rimproverano. L'obbligo alla pietà e alla bontà non scaturisce dalla professione di religione, anche se ciò può rafforzarla; Dipende da tutti coloro ai quali il Vangelo è noto, e se ne sai abbastanza per condannare gli altri, sai abbastanza per insegnarti ciò che dovresti essere e per lasciarti senza scuse

10 Anch'io... potrebbe esigere da loro. Piuttosto, "li hanno prestati". Io e i miei siamo passati alle classi più povere, in questo periodo di miseria, al denaro e al grano, ma non come avete fatto voi, non per sicurezza. Abbandoniamo dunque tutti noi, voi come io, d'ora in poi questa pratica di ipotecare e di prendere impegni

11 Ristabilisci, ti prego, ss. No, di più. Non solo abbandoniamo questa pratica in futuro, ma poniamo rimedio ai suoi mali in passato. Voi siete in possesso di terre e case che sono diventate vostre grazie a queste ipoteche, e avete ricevuto un forte interesse sulle somme di denaro, o sul grano, sul vino e sull'olio che avete anticipato. Ti ordino di ripristinare tutto. Restituisci subito le case e i terreni che dovrai comunque restaurare nell'anno del giubileo. Restituisci l'interesse che hai preso illegalmente, e così, per quanto possibile, annulla il passato; restituisci i tuoi guadagni illeciti, rinuncia anche ai tuoi diritti legali e diventa patriota abnegato, invece di tiranni e oppressori

12 Allora dissero: «Li ristabiliremo». L'eloquenza di Neemia prevalse e portò a un "giorno di sacrifici". I nobili, tutti quanti, si accordarono non solo per restituire gli interessi che avevano ricevuto illegalmente sul grano e sul denaro preso in prestito, ma anche per restituire le terre e le case confiscate, che dovevano essere di valore molto maggiore e alle quali avevano per legge pieno diritto. "Li restituiremo", dissero, "e (in futuro) non chiederemo loro nulla, né interesse né sicurezza, ma faremo come dici". La promessa era ampia nei suoi termini, e probabilmente non insincera; ma Neemia diffidava di tutti gli impulsi improvvisi. Avrebbe qualcosa di più di una promessa. Allora chiamai i sacerdoti e giurai loro (i nobili) che avrebbero fatto secondo questa promessa. cioè giurò ai nobili, alla sacra presenza dei sacerdoti, di mantenere la promessa che avevano fatto

13 Inoltre ho scosso il grembo. Anche il giuramento non sembrò sufficiente al prudente governatore. Avrebbe rafforzato il giuramento con una maledizione, e una maledizione accompagnata da un atto simbolico, per renderlo più impressionante. Tra le nazioni dell'antichità poche cose erano così temute come cadere sotto una maledizione. Le maledizioni di Deuteronomio 28:16-44 furono la sanzione suprema che Mosè ideò per la Legge, di cui era il promulgatore. Le maledizioni proteggevano le tombe e le iscrizioni dei re assiri e persiani, i contratti dei babilonesi e i trattati della maggior parte delle nazioni. La maledizione di Neemia è insolita, ma molto chiara e intelligibile. Prega che chiunque si allontani dalla promessa che gli è stata fatta possa essere scacciato come un vagabondo senza tetto, svuotato di tutti i suoi averi, vuoto come la piega del suo vestito, che prima raccoglie in una specie di borsa o tasca, e poi getta via da sé e così si svuota. A ciò l'assemblea rispose con un caloroso "Amen", e poi lodò il Signore per il lieto fine di tutta la faccenda, in cui piamente tracciarono la mano di Dio che dirigeva e dominava, "frenando la ferocia degli uomini" e "volgendola alla sua lode" Salmi 76:10 - Libro di preghiere

Mantenimento delle promesse

"E il popolo fece secondo questa promessa". Neemia scrisse questo, possiamo esserne certi, con particolare soddisfazione. Sarebbe bene se la storia di tutte le promesse di emendamento, ss. potesse essere conclusa così. Ma è tutt'altro. Gli uomini spesso "dicono e non dicono". Anche i voti fatti a Dio in segreto o davanti alla Chiesa, e con solennità simili a quelle qui riportate, sono, ahimè, spesso infranti. Alla luce di tali fallimenti, può essere utile per coloro che stanno contemplando una solenne professione di religione considerare il modo migliore per assicurarsi di adempiere ai loro voti

HO CURA NEL FARLI

1. Con la giusta comprensione della loro importanza

2. Con profonda convinzione delle verità e dei doveri a cui si riferiscono

3. Con la dovuta deliberazione. Non frettolosamente, sotto l'influenza di emozioni passeggere, ma considerando attentamente ciò che implicano, e calcolando il costo per mantenerle

4. Di libera e cordiale scelta. Non solo a causa delle pressanti sollecitazioni di altri

5. In dipendenza dalla grazia dello Spirito Santo. Con la consapevolezza della debolezza, l'umile fiducia in Dio e la preghiera a lui

II CON IL FREQUENTE RICORDO E IL RINNOVAMENTO DI ESSI. "O anima mia, tu hai detto al Signore: Tu sei il mio Signore". "I tuoi voti sono su di me, o Dio." "Ho giurato, e lo metterò in pratica, che osserverò i tuoi giusti giudizi". Tali esercizi sono particolarmente adatti:

1. Nell'anticipare e celebrare la Cena del Signore

2. Quando si è assaliti da potenti tentazioni

3. Quando chiamato a compiti difficili. Questi, pur richiedendo fatica e abnegazione, sono implicati nella nostra consacrazione professata a Dio

III CON LA COSTANTE VIGILANZA E PREGHIERA. In conclusione, si avvisi:

1. La beatitudine di coloro che fanno secondo le promesse fatte a Dio. Egli manterrà le promesse fatte loro

2. Il senso di colpa per le promesse non mantenute

3. Il conforto, sotto il senso di parziale fallimento, che nasce dalla compassione divina e dalla prontezza a perdonare. "Poiché in molte cose noi offendiamo tutti". Ma il nostro Dio conosce e apprezza lo scopo e l'impegno sinceri. Conosce anche la nostra debolezza. Accetta un servizio imperfetto e perdona le imperfezioni dei suoi servitori sinceri

4. L'obbligo alla pietà e alla santità è indipendente dalle nostre promesse. Questi riconoscono gli obblighi, non li creano. Coloro che "non fanno professione" non devono, quindi, consolarsi come se fossero innocenti

14 RESOCONTO GENERALE DEL GOVERNO DI NEEMIA (Versetti. 14-19). Dopo aver dato questo resoconto delle difficoltà interne che minacciavano di porre fine alla costruzione del muro prima che fosse ben iniziato, e che nel corso di esso furono indotti a parlare della povertà e delle sofferenze della gente comune, Neemia continua non innaturalmente a informarci dei metodi con cui nel suo governo generale si sforzò di alleviare l'angoscia. o in ogni caso per evitare di aumentare gli oneri che gravavano sulle classi più povere. Dal momento in cui assunse il suo incarico, nel ventesimo anno di Artaserse, nel 444 a.C., fino al momento in cui scrisse questa parte del suo Libro, nel trentaduesimo anno dello stesso re, nel 432 a.C., egli aveva vissuto interamente a proprie spese, non avendo bisogno di contribuzioni dal popolo, né in provviste né in denaro, per il sostentamento proprio o della sua corte (Versetto 14). Ciò era del tutto contrario alla precedente pratica dei governatori ebrei (Versetto 15), e in verità dei governatori orientali in generale, sia sotto il sistema persiano che sotto qualsiasi altro, tali persone tassavano quasi universalmente le loro province, a volte molto pesantemente, per le loro spese correnti, e spesso accumulavano fortune principesche con le loro esazioni. Neemia aveva anche mantenuto una nobile ospitalità, di cui può essere scusato per essere un po' orgoglioso, durante questi dodici anni del suo governatorato, intrattenendo ogni giorno alla sua tavola 150 dei principali abitanti di Gerusalemme, oltre a molti ebrei stranieri che di tanto in tanto venivano in visita alla capitale della Giudea (Versetti. 17, 18). Si congettura che egli fosse in grado di seguire questa strada, e di spendere così tanto senza ricevere alcun reddito dalla sua provincia, perché mantenne il suo posto di coppiere, e come tale riceveva un grande stipendio dalla corte persiana (Ewald, 'History of Israel,' vol. 5. p. 150, E. Tr.). Comunque sia, egli certamente sborsò grandi somme di denaro a Gerusalemme, e deve aver fatto qualcosa per alleviare la povertà generale con le sue spese sontuose. Egli si attribuisce inoltre il merito di aver prestato i servizi dei suoi servitori privati ai lavori del muro durante tutto il tempo in cui fu in costruzione (Versetto 16), e di essersi astenuto dall'acquisto di qualsiasi terreno, quando, a causa della povertà generale, avrebbe potuto essere acquistato a basso prezzo da coloro che erano ansiosi di separarsene (ibid.). La sua condotta era senza dubbio in netto contrasto con quella del comune satrapo persiano, o di un altro governatore, e non possiamo sorprenderci che la considerasse con una certa compiacenza. Sentiva di aver fatto molto per il suo popolo. Egli cercava, tuttavia, la sua ricompensa non per loro, non per gli uomini, ma per Dio; e volle che la sua ricompensa non fosse la gratitudine e il ringraziamento presenti, e nemmeno la fama postuma, ma solo l'approvazione e il ricordo di Dio (Versetto 19). "Pensa a me, mio Dio, per il bene, come ho fatto per questo popolo"

Dal giorno in cui sono stato nominato. Letteralmente, "dal giorno in cui egli (cioè Artaserse) mi ha nominato". Dal ventesimo anno. Vedi sopra Neemia 2:1. La nomina, avendo avuto luogo a Nisan, avvenne nel 444 a.C. fino al trentaduesimo anno. Vediamo qui che questo capitolo, e quindi, probabilmente, l'intera prima sezione (capp. 1-7) di questo Libro, non fu scritto fino al 432 a.C., anno in cui Neemia tornò alla corte persiana da Gerusalemme Neemia 13:6 Io e i miei fratelli non abbiamo mangiato il pane del governatore. cioè "non abbiamo vissuto a spese dei nostri sudditi, come fanno ordinariamente i governatori persiani". I fratelli di Neemia qui probabilmente non sono solo i suoi fratelli, ma tutta la sua corte

Versetti 14-19.- Un esempio di disinteresse

In contrasto con l'egoismo degli altri Neemia pone la propria condotta generosa

I LA SUA NOBILE CONDOTTA

1. Rinunciò alle consuete indennità al governatore, per dodici anni governando gratuitamente per i suoi servizi (Versetti. 14, 15)

2. Ha trattenuto coloro che erano sotto di lui dal governo oppressivo ed estorsivo (Versetto 15). Sebbene i governatori precedenti avessero permesso tale governo da parte dei loro servitori

3. Lui e i suoi assistevano i bisognosi senza pretendere il possesso della loro terra (Versetto 16). Questo è forse il significato delle parole "non abbiamo comprato alcuna terra" (comp. Versetto 10)

4. Lui e i suoi servi fecero tutta la loro parte di lavoro al muro (Versetto 16)

5. Teneva la tavola aperta con grande spesa per se stesso (Versetti. 17, 18). Così, non solo non prese nulla dal popolo, ma spese liberamente la propria fortuna al loro servizio. Il fatto che avesse i mezzi per spese così grandi rende ancora più evidente la sua pietà e il suo patriottismo nel lasciare la corte di Artaserse e nell'intraprendere un lavoro così arduo a beneficio dei suoi compagni ebrei

II I PRINCIPI IN BASE AI QUALI HA AGITO

1. Il timore di Dio (Versetto 15)

2. Pietà per le persone oppresse (Versetto 18)

3. Speranza della ricompensa divina (Versetto 19)

OMELIE DI W. CLARKSON. Versetti 14-19.- Autostima e magnanimità

In ognuno di questi versetti Neemia fa un riferimento personale. Lui, lo scrittore, è il tema della sua narrazione. Scrive di sé più di quanto sia consuetudine negli autori sacri. Consideriamo:

L 'AUTOSTIMA CHE NON È EGOISMO. Anche se Neemia scrive di se stesso, non c'è nessun doloroso egoismo nei suoi racconti. Non si intromette. C'è un'autostima che non è egoismo. E' giusto e necessario che

(a) Avere un'opinione molto alta della nostra natura spirituale. Non fare questo è il peccato della moltitudine sconsiderata. Il primo dovere di ogni uomo è quello di considerare come egli stesso si pone davanti a Dio, e se sta entrando nell'attività e nella vita in tutte le sante possibilità del carattere morale. A volte è giusto che lo facciamo

(b) parlare o scrivere di noi stessi. Il nostro Divino Maestro senza egoismo parlava molto di se stesso. Non avrebbe potuto compiere la sua opera di redenzione con una certa completezza se non l'avesse fatto. Il suo grande apostolo ebbe occasione di scrivere molto su di sé per chiarire la verità e "per promuovere il Vangelo". Cantici scrive Neemia, usando spesso la prima persona singolare, ma non in vena egoistica. A volte possiamo aiutare la causa di Cristo e servire i nostri simili con un'efficace narrazione personale del motivo, dell'esperienza e dell'opera. Dobbiamo solo ricordare che questo è un percorso allettante, e potremmo facilmente spingerci troppo oltre. Non tutti possono essere autobiografici e altruisti come Neemia. Spesso è nostro dovere

(c) pregare per noi stessi (Versetto 19). Spesso dovremmo pronunciare una preghiera del tipo: "Pensa a me, mio Dio, per il bene". Benché ci assicuri che «il Signore pensa a noi nella nostra povertà» (

Salmi 40:17, e da ciò dobbiamo essere molto incoraggiati, dobbiamo chiedergli di averci nel suo grazioso e generoso ricordo. Ed è giusto che lo facciamo

(d) sperare in una ricompensa personale per le nostre fatiche (Versetto 19), "secondo tutto ciò che ho fatto per questo popolo". Non possiamo essere più evangelici di Paolo, ma con lui possiamo sperare che dopo che il "combattimento sarà combattuto" e la "corsa sarà terminata", il "giusto Giudice" darà la "corona della giustizia" 2Timoteo 4:7 Come Mosè, anche noi possiamo "avere rispetto per la ricompensa della ricompensa" Ebrei 11:26 Ma abbiamo la nostra attenzione richiamata anche su

II LA MAGNANIMITÀ CHE È CRISTIANA (Versetti. 14, 15, 16, 17). Neemia era totalmente diverso da quei governatori che avevano considerato il loro ufficio come un mezzo per assicurarsi l'emolumento. I suoi pensieri si elevarono al di sopra della linea del mercenario e del superficiale. C'era in lui una largità d'animo, e quindi un'apertura di cuore degna di ogni ammirazione e imitazione. Non solo svolse il lavoro che gli era stato assegnato fedelmente ed energicamente (Versetto 16), ma rifiutò di ricevere la consueta remunerazione. Per dodici anni "non mangiò il pane del governatore" (Versetto 14). Oltre a questo, teneva una tavola molto ospitale, ospitando ogni giorno "centocinquanta dei capi dei Giudei, oltre a quelli che venivano dai pagani" (Versetto 17). La generosità può essere dimostrata in molti modi:

(1) in doni grandi e costosi,

(2) nel libero dispendio di tempo e di forze,

(3) in un nobile sguardo sull'offesa,

(4) nel rifiuto di esigere ciò che è giustamente dovuto

A volte è

(a) l'eccesso di disposizione naturale. Troviamo in alcuni uomini empi questa apertura di cuore e nobiltà di condotta. Con Neemia fu in parte, anzi in gran parte,

(b) il risultato della vera pietà (Versetto 15). "Non l'ho fatto Cantici, a causa del timore di Dio". Se animati da questo motivo, non vivremo per noi stessi, ma vivremo per noi stessi

(1) dare liberamente, e

(2) rinunciate lietamente, affinché Dio sia glorificato e promosso il benessere del suo popolo. - C

OMELIE di J.S. Exell Versetti 14-19.- Un uomo di spirito pubblico

CHE HA PIÙ RIGUARDO PER IL BENESSERE PUBBLICO CHE PER LA REMUNERAZIONE PERSONALE. "Inoltre, dal tempo in cui fui nominato loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, cioè dodici anni, io e i miei fratelli non abbiamo mangiato il pane del governatore" (Versetto 14)

II CHE EGLI HA PIÙ RIGUARDO PER LE RIFORME NECESSARIE CHE PER LE USANZE TRADIZIONALI. "Ma i governatori che erano stati prima di me erano a carico del popolo" (Versetto 15). Gli uomini sono a carico dei loro simili

1. Nello stato

2. Nella morale

3. Nella società

4. In famiglia

5. Nella Chiesa

Gli uomini devono spesso pagare e soffrire per i loro governanti

III CHE HA PIÙ RIGUARDO PER LA LIBERTÀ POPOLARE CHE PER LE ESAZIONI OPPRESSIVE. "Sì, anche i loro servi governavano il popolo, ma io non l'ho fatto nemmeno a motivo del timore di Dio" (Versetti 15, 18). Neemia non avrebbe permesso ai pochi di opprimere i molti; fece lavorare i suoi servi (Versetto 16)

IV CHE HA PIÙ RIGUARDO PER L'INDUSTRIA SERIA CHE PER L'INDOLENZA LUSSUOSA. "Sì, anch'io ho continuato nell'opera di questo muro" (Versetto 16)

1. Lavoro personale

2. Lavoro continuo

3. Lavoro efficace

4. Un buon esempio

V CHE HA PIÙ RIGUARDO PER LA SAGGIA BENEFICENZA CHE PER UNA POLITICA MESCHINA. "Ora ciò che mi veniva preparato ogni giorno era un bue e sei pecore scelte; mi sono stati preparati anche dei volatili e una volta ogni dieci giorni ho fatto scorta di ogni sorta di vino: ma per tutto questo non ho avuto bisogno del pane del governatore, perché la schiavitù era pesante su questo popolo" (Versetto 18)

VI CHE EGLI HA PIÙ RIGUARDO PER LA BENEDIZIONE DIVINA CHE PER LA LODE UMANA. "Pensa a me, mio Dio, per il bene, come ho fatto per questo popolo" (Versetti 19)

1. La contemplazione divina dell'uomo

2. La benefica considerazione di Dio per l'uomo

3. Dio ricompenserà coloro che aiutano il suo popolo

4. La misura del favore divino non secondo ciò che abbiamo fatto, ma secondo ciò che Cristo ha fatto in, per mezzo e per noi. - E

15 Gli ex governatori che mi hanno preceduto. Di questi, solo due ci sono noti, Zorobabele ed Esdra; ma è probabile che ce ne fossero stati altri. Erano a carico del popolo. Le parole dell'originale sono più forti, e dovrebbero essere rese "aveva oppresso il popolo" (εβαρυναν, LXX), ed era pesante per loro. Avevo preso da loro pane e vino, oltre a quaranta sicli. Piuttosto, "aveva preso da loro, per pane e vino, più di quaranta sicli". (Cantici, Ewald e Bertheau.) Quaranta sicli al giorno da tutto il popolo sembrerebbero intenzionali, non quaranta sicli all'anno da ogni persona, come alcuni spiegano. Persino i loro servitori reggevano. L'oppressione esercitata dai domestici e da altri seguaci dei governanti è spesso peggiore della loro. Questo è particolarmente vero in Oriente, dove gli eunuchi e gli altri domestici sono stati i tiranni più temibili. Haman sotto Serse, Seiano sotto Tiberio, Narciso sotto Nerone, sono esempi. Cantici non ho preteso denaro, né ho permesso ai miei servi di governare. A causa del timore di Dio. Perché sentivo che sarebbe stato sbagliato, in assoluto o date le circostanze

Il potere pratico del timore di Dio

"Ma non l'ho fatto anch'io, a causa del timore di Dio". -"Il timore di Dio", come descrizione della pietà, è più comune nell'Antico Testamento; "fede" e "amore" nel Nuovo. Ma ognuno include l'altro. Perché questa paura non è mero terrore, ma riverenza

IL TIMORE DI DIO È UN PRINCIPIO PRATICO. Governa la vita

1. Come motivo, Colui che teme Dio deve preoccuparsi di piacergli e obbedirgli. Tutto ciò che è incluso in tale paura tende a questo risultato

(1) Riverenza per le sue gloriose perfezioni, la sua infinita potenza, la sua onniscienza e onnipresenza, la sua santità, giustizia, amorevole gentilezza. Le sue infinite eccellenze, conosciute, ammirate, venerate, imprimeranno la loro immagine nel cuore e nella vita. Il senso della sua presenza, la sua conoscenza del cuore, il suo potere di benedire e di maledire, devono stimolare ad evitare il peccato e a praticare la giustizia

(2) Rispetto per la sua autorità. Come Creatore, Legislatore, Governante, Giudice

(3) Rispetto per le sue leggi

(4) Terrore del suo dispiacere

2. Poiché assicurerà l'assistenza divina

II IL TIMORE DI DIO COME PRINCIPIO PRATICO È SUPREMO E PREDOMINANTE. Riconosce Dio come supremo, considera il suo favore come il più desiderabile, il suo dispiacere come il più da temere. Perciò essa eleva al di sopra dell'ostinazione, del desiderio di piacere agli uomini e dell'influenza degli esempi e dei costumi umani. Neemia consegue che

1. Governare coloro la cui posizione li rende in gran parte indipendenti dagli uomini. Buon per i deboli quando i potenti si governano con questa paura; bene per le nazioni quando i loro governanti, specialmente dove prevale il governo dispotico, rispondono alla descrizione di un buon sovrano data nelle ultime parole di Davide 2Samuele 23:3

2. Astenersi dai peccati comuni. Quelli che non sono generalmente condannati, o sono considerati con molta indulgenza dalla società

3. Incitare a virtù non comuni. La condotta di Neemia fornisce un'illustrazione e una prova di tutte e tre le proposizioni

III COLORO CHE SONO GOVERNATI DAL TIMORE DI DIO GODRANNO DI FELICI RICORDI. Neemia registra con enfasi ed evidente piacere: "Cantici non l'ho fatto", ss. Tali ricordi sono piacevoli, in quanto

1. Dai soddisfazione alla coscienza, che dichiara la condotta giusta e buona

2. Dare prova di sincera pietà

3. Rafforzare la speranza di essere accettati e ricompensati in futuro

4. Risveglia la gratitudine a Dio. Che i giovani comincino presto a vivere nel timore di Dio, e vivranno una vita pura e nobile, alla quale, nella vecchiaia e nella prospettiva della morte, potranno guardare indietro con soddisfazione

16 Ho continuato nel lavoro di questo muro. Letteralmente, "ho riparato", come gli altri Neemia 3:4-31 Non mi occupavo di comprare campi di uomini a basso prezzo, e così di arricchirmi, ma di restaurare e riparare il muro, sul quale esercitavo una costante sovrintendenza. Tutti i miei servi erano radunati qui. Vedere Neemia 4:16

17 Centocinquanta Giudei e governanti. I "centocinquanta" erano, tutti, "governanti". Neemia intende dire che intratteneva continuamente alla sua tavola 150 capi giudei o "governanti" (segdnim), e anche un numero indefinito di ebrei stranieri, che venivano in brevi visite a Gerusalemme

18 Una volta su dieci largle immagazzina tutti i tipi di vino. Letteralmente, "ogni sorta di vino in abbondanza". Il vino veniva probabilmente bevuto tutti i giorni, ma veniva deposto ogni dieci giorni. Eppure, nonostante tutto questo. O, "con tutto questo", nonostante questa grande spesa, non ho preso alcuna indennità come governatore. Perché la schiavitù era pesante su questo popolo. La schiavitù intesa doveva essere quella sotto la corona persiana, poiché né il lavoro al muro né l'oppressione dei creditori durarono durante i dodici anni in cui Neemia fu governatore. Sembra che l'omaggio, già lamentato nel Versetto 4, debba essere stato avvertito come un pesante fardello in questo periodo

19 Pensa a me, mio Dio. Confronta Neemia 13:14,22,31. Questa non è una "preghiera per la fama postuma" (Stanley, "Lectures on the Jewish Church", Terza Serie, p. 135), ma semplicemente un appello a Dio, implorandolo di tenere a mente le buone azioni del richiedente, e di ricompensarle al suo tempo e a modo suo. Come osserva Butler ('Analogy,' Part 1Cronache 3, il senso del bene e del male deserto è inseparabilmente connesso con l'aspettativa di una ricompensa o di una punizione, e quindi con la nozione di una vita futura, dal momento che né i giusti né i malvagi sono adeguatamente ricompensati né i malvagi adeguatamente puniti in questa vita

Preghiera per la memoria divina

"Pensa a me, o mio Dio", ss. Questa e altre preghiere simili del buon Neemia ci colpiscono a prima vista come sconvenienti; e certamente sono più consoni allo spirito dell'Antico Testamento che a quello del Nuovo. Nostro Signore ci insegna a dire dopo le nostre opere migliori: "Siamo servi inutili, abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare". Oltre a ciò, il senso del peccato da una parte, e di tutto il debito verso la grazia divina per tutto il bene che abbiamo e facciamo dall'altra, favoriscono un'umiltà che impedisce il pensiero compiacente delle nostre buone azioni, specialmente davanti a Dio. Tuttavia, la dottrina della ricompensa secondo le opere appartiene al cristiano, così come la religione mosaica. Ci viene insegnato a sperare in una futura ricompensa del bene che abbiamo fatto; e non ci può essere, quindi, alcuna scorrettezza essenziale nel pregare a volte per essa. È una probabile supposizione (Ewald) che Neemia abbia scritto queste preghiere dopo aver appreso per esperienza dolorosa quanto poco di apprezzamento, gratitudine o ricompensa potesse aspettarsi dagli uomini. "Mi dimenticano o mi trascurano, o mi rendono male, ma tu non dimenticare di me"

IO CHE POSSO OFFRIRE UNA TALE PREGHIERA. Coloro che hanno servito il popolo di Dio, e quindi Dio stesso

1. Con sincero riguardo per Dio. La sua volontà, approvazione, ricompensa. Coloro le cui buone opere sono fatte" per essere visti dagli uomini" "hanno la loro ricompensa", ma non possono guardare a Dio per questo

2. Disinteressatamente. Non per egoismo o ambizione

3. Devotamente. Con grande zelo

4. Abbondantemente. Rendere un ottimo servizio

5. Con abnegazione. Agisce con notevole sacrificio di agio, tempo, forza, sostanza, ecc

6. Instancabile

II QUANDO UNA TALE PREGHIERA È ADATTA

1. Quando non ci si può aspettare una ricompensa dagli uomini. O a causa della loro mancanza di apprezzamento per ciò che viene fatto per loro, o per incapacità di essere messi in debito da povertà o altrimenti per ripagarlo adeguatamente

2. Quando gli uomini mostrano un'ingratitudine positiva, o rendono il male per il bene

3. Anche quando gli uomini ricordano e premiano. Perché l'uomo pio sente che senza il favore divino tutto ciò che l'uomo può dare sarà vano e insoddisfacente

III PERCHÉ CI SI PUÒ ASPETTARE UNA RISPOSTA FAVOREVOLE. A causa di

1. La relazione di Dio con il suo servo che prega. "Mio Dio."

2. Il carattere divino. Giusto e amorevole giustizia; e approvando il bene vedi Ebrei 6:10

3. L'unione che esiste tra Dio e il suo popolo. Cantici che considera ciò che viene fatto a "questo popolo" come fatto a se stesso

4. Le promesse divine. Come Matteo 10:42; 25:34-40

Illustratore biblico:

Neemia 5

1 CAPITOLO 5

Neemia 5:1-13

E ci fu un grande grido del popolo. L'amico dei poveri:

(I.) La lamentela dei poveri. A volte si afferma che i poveri hanno una disposizione morbosa a lamentarsi della loro indigenza e delle loro sofferenze; e questo può essere vero per certe classi di esse. Gli ignoranti e i viziosi, gli oziosi e gli intemperanti, sono inclini a lamentare le loro difficoltà con parole querule. Si lamentano amaramente delle miserie della loro sorte, e forse accusano di avere un cuore duro coloro che non danno loro il sollievo che desiderano. Cercano così di suscitare la pietà dei benevoli, o di estorcere i doni di carità che non meritano. Ma è del tutto diverso per i poveri industriosi e pii. I poveri dei figli di Giuda sono manifestamente portati all'estremo della sofferenza prima di rivelare le loro dolorose circostanze; e quando sono costretti a farli conoscere, è in un linguaggio notevole per dignitosa sobrietà e vero pathos. La lamentela di questi poveri Israeliti svela il loro variegato carico di dolore

1.) Alcuni si sono lamentati dell'entità delle loro necessità. "Noi, i nostri figli e le nostre figlie, siamo molti; perciò prendiamo per loro del grano, per poter mangiare e vivere". I richiami della fame erano molti; i mezzi di sostentamento, con la loro eredità, erano scarsi; e dovevano acquistare il mais per il pane da altri. Anche le loro ristrettezze erano aumentate dall'attuale carestia. È una delle molte glorie della religione della Bibbia che fa della benevola cura dei poveri un dovere supremo in tutti coloro che hanno in loro potere di alleviare le loro necessità, e fa rispettare questo dovere minacciando la sua negligenza e promettendo una ricompensa per la sua osservanza

2.) Alcuni dei poveri qui si lamentano anche della gravità degli oneri pubblici. Erano ancora soggetti al re persiano e, per assicurarsi la continuazione del suo favore a Gerusalemme, avevano fatto ogni sforzo possibile per pagare il suo tributo. I loro connazionali più ricchi pagavano questa tassa senza ridurre le comodità domestiche, ma il fardello era pesante per i poveri

3.) I dolori dei poveri erano in questo caso aggravati dal pensiero che erano causati dalla condotta ingenerosa dei loro stessi fratelli. "Ma ora la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli come i loro figli; ed ecco, noi riconduciamo in schiavitù i nostri figli e le nostre figlie perché siano servi, e non è in nostro potere redimerli". Essi possedevano una relazione comune con l'eredità del patto. Avevano lasciato la terra del loro esilio animati dalla stessa fede e si erano imbarcati nella stessa impresa. Molti di loro avevano lasciato le comodità in quel paese straniero, per amore di Gerusalemme, e ora sopportavano le prime prove dei prigionieri tornati. Avevano anche lavorato, con i loro sforzi congiunti, per restaurare la città dei loro padri, invece di cercare ciascuno le proprie cose nella cura della sua eredità patrimoniale. Ci si sarebbe potuto aspettare che, lavorando così per un obiettivo comune, avrebbero condiviso una simpatia comune e sarebbero stati liberi dalla morsa dell'egoismo

4.) Quanto sono misteriose sofferenze come queste, specialmente del povero popolo di Dio impegnato nel suo servizio. Non ci meravigliamo che quegli ebrei che rimasero nella terra degli idoli, dopo essere stati liberi di tornare in Giuda, possano soffrire avversità. Disprezzavano la bontà del Signore nell'offrire la liberazione dall'esilio e preferivano l'agio in un paese straniero alle benedizioni spirituali in terra santa. Non c'è da meravigliarsi, però, che possano essere visitati con prove nella provvidenza, e che possano essere costretti a leggere il loro peccato nella loro sofferenza. Ma qui sopportano l'afflizione quelli che volontariamente hanno lasciato il paese dei pagani, e sono coinvolti in gravi difficoltà mentre rendono un servizio alla città di Dio. Dovremmo pensare che essi confutano la saggezza o la bontà della provvidenza di Dio verso il Suo popolo? Non mostrano piuttosto che i Suoi pensieri sono molto al di sopra dei nostri pensieri, e che la Sua procedura nel realizzare il Suo grande piano è troppo alta perché noi possiamo comprenderli? Non indicano forse chiaramente che Egli mette alla prova la fede dei Suoi servi nel momento stesso in cui accettano il loro amore, e ricompensa il loro affetto non nelle comodità della terra, ma nelle glorie dell'immortalità? È così che il mondo in cui abitiamo è ancora un luogo di pianto, dove i poveri e i bisognosi versano le loro lacrime a fiumi. Migliaia di giusti languiscono nella povertà, o sono perseguitati per la loro fedeltà alla verità di Dio

(II.) L'esposizione di Neemia con i nobili. La prontezza con cui ascolta le lamentele dei poveri fa onore al suo cuore, e il coraggio con cui procede a riparare i loro torti getta lustro sulla giustizia della sua amministrazione. Il grido degli umili per il sollievo dall'angoscia o dall'opposizione è spesso ignorato, sì, si rivela l'occasione per aumentare la loro miseria. E nel suo primo passo per la riforma di questi abusi in Giuda dimostra ancora una volta la fiducia in se stessa di una grande mente. «Allora», dice, «mi sono consultato con me stesso». A questo, in verità, era chiuso a causa delle sue circostanze particolari e difficili

1.) Egli "rimproverò i nobili e i governanti, e disse loro: Voi esigete l'usura, ciascuno del suo fratello". Per capire appieno la forza di questa accusa, bisogna tenere presente che la legge di Mosè proibiva agli Israeliti di prestare denaro ai poveri con l'interesse. Con gli stranieri, o forse con i ricchi, potevano commerciare in questo modo; ma questa è la legge che proibisce tale pratica con i loro fratelli poveri: "Se presti denaro a qualcuno del mio popolo che è povero per te, non sarai per lui un usuraio, né gli imporrai usura". Questa, quindi, è una grave accusa contro i nobili di violare la legge divina; e cade su orecchie non abituate a parole così chiare. Gli uomini di rango e di ricchezza raramente odono questo linguaggio di rimostranza rivolto a loro, e mal sopportano tali riflessioni sul loro onore. Ma nessuna condizione terrena esenta i trasgressori dal giusto rimprovero; e lo zelo di Neemia per Dio, così come il suo amore per il Suo popolo, lo ispirano con fedeltà. La vera gentilezza verso di loro, non meno della compassione per gli umili oggetti delle loro esazioni, spinse la sua fedele esposizione. Il rimprovero qui fu somministrato con fermezza, ma fu accompagnato dalla prudenza della saggezza, adottando una condotta atta a fortificare la rimostranza e ad assicurarne l'effetto desiderato. "Ho posto contro di loro", dice, "una grande assemblea". Qual era lo scopo di questo atrio? Non possiamo supporre che il servo di Dio intendesse, con questo mezzo, intimidire i nobili con il numero, o costringerli a una decisione contraria alla ragione. Sembra piuttosto che abbia convocato questa assemblea per consentire la libera espressione dei sentimenti sul male lamentato e per portare tutti sotto la salutare influenza dell'opinione pubblica. In nessuna comunità libera l'opinione pubblica può essere messa in disaccordo con la giustizia o con la sicurezza. Può, infatti, essere talvolta corrotta da uomini che progettano, e può essere per un certo periodo influenzata da impulsi pericolosi per il bene comune. Richiede, quindi, di essere corretta e regolata dalla forza della verità. Ma un'opinione pubblica sana, saggiamente formata, rettamente guidata, liberamente espressa, è il baluardo della libertà nazionale e una condizione essenziale del progresso dell'umanità

2.) Neemia rivolse ai governanti di Giuda un argomento persuasivo. Gli argomenti che ha impiegato sono tre. Prima di tutto egli invoca gli sforzi già compiuti per redimere Giuda dalla cattività. E su questa base chiede se è giusto che debbano essere nuovamente venduti come schiavi. "Noi, secondo le nostre capacità, abbiamo riscattato i nostri fratelli, i Giudei, che erano stati venduti alle nazioni; e venderete anche i vostri fratelli?" Questo appello ricorda ai credenti in Cristo il loro dovere, di non tornare schiavi del peccato. "Rimanete saldi nella libertà con la quale Cristo vi ha liberati, e non siate più avvolti dal giogo della schiavitù". Neemia, inoltre, invoca l'esposizione della causa comune al biasimo del nemico come motivo per cui i nobili cessano la loro oppressione. "E io dissi: Non è bene che facciate; non dovreste camminare nel timore del nostro Dio a causa del vituperio delle nazioni nostre nemiche?" Questo è un argomento potente a favore della vigilanza e della coerenza in tutti coloro che amano Sion. Molti sono gelosi della propria reputazione e pronti a cancellare ogni rimprovero da se stessi, mentre hanno poca cura per l'onore di Dio. Neemia, ancora una volta, si appella alla propria condotta come esempio di spirito generoso verso i suoi fratelli poveri. Anche lui avrebbe potuto esigere denaro e grano, ma rinunciò liberamente ai suoi diritti privati per amore del bene pubblico. Non è con spirito vanaglorioso che si riferisce a se stesso e alla condotta di abnegazione che ha perseguito. Forse, inoltre, egli vuole suggerire che egli ha guadagnato molto di più nel godimento di quanto abbia rinunciato nella sostanza. Il fascino potente e suadente è stato coronato da un completo successo. Il risultato di questo appello dimostra anche il potere del motivo religioso nel porre rimedio ai mali sociali. Questi spesso crescono e si diffondono di fronte a tutti gli argomenti dedotti da considerazioni di umanità e di giustizia. Ma qui, a Gerusalemme, la religione versa l'olio dell'amore sulle acque agitate; rivolge un appello vincente ai cuori aperti, e subito la morsa dell'oppressione si allenta. Se si permette che i grandi mali sociali prevalgano dove la religione è professata, è solo trascurando o negando il suo potere. Il cristianesimo o distruggerà ogni iniquità che abbonda in un paese, o declinerà e si allontanerà da un popolo che non ascolterà la sua voce, per spezzare i suoi peccati con la giustizia

(III.) La testimonianza di Neemia della sua condotta disinteressata. (W. Ritchie.)

Coraggiosa compassione:

Ora, Neemia, come abbiamo visto, era un uomo d'affari, un uomo di grande energia e prudenza; e non sarebbe stato strano se avesse rimandato l'esame delle lamentele che gli erano state presentate. Naturalmente avrebbe potuto temere che, trovando ormai da ridire sui nobili e sui governanti, li alienasse da sé, ostacolando così il completamento della sua grande impresa. E così avrebbe potuto dire a questa povera gente: "Vedete che le mie mani sono piene di lavoro; Non posso occuparmi di questa faccenda ora, una cosa alla volta. Senza dubbio avete un rancore, ma prima finiamo le mura, e poi vedrò che cosa si può fare." È così che molti uomini d'affari agiscono nella vita quotidiana. La loro stessa energia li porta a mettere da parte tutto ciò che minaccia di interferire con il loro lavoro attuale. Non sopportano le interruzioni e sono così ansiosamente decisi a raggiungere il loro fine che non possono fermarsi a fare del bene per la loro strada. Ma Neemia era più di un semplice uomo d'affari; Era un uomo dal cuore tenero. (T. C. Finlayson.)

Un grande scisma scongiurato:

(I.) Che l'ingiustizia sociale possa esistere anche tra i compagni di lavoro per una causa grande e buona

(II.) Che l'ingiustizia sociale, se non corretta, minerà la stabilità di qualsiasi causa, per quanto giusta

(III.) Che l'ingiustizia sociale dovrebbe essere considerata da tutti gli uomini buoni con sentimenti di giusta indignazione

(IV.) Che l'ingiustizia sociale, ogni volta che viene scoperta, dovrebbe essere affrontata con calma, ma prontamente,

(V.) Che gli appelli conciliatori sono talvolta più efficaci delle misure coercitive nell'affrontare l'ingiustizia sociale. (Commento omiletico.)

Il grido accusatore dell'umanità:

(I.) La lotta senza fine. Ricchezza e povertà, conoscenza e ignoranza, cervello e muscoli, capitale e lavoro, quando in tutte le epoche non sono entrati in collisione?

(II.) Elementi di amarezza in questa lotta

1.) Dalla parte degli oppressori c'è il potere (vers. 7)

2.) Gli oppressi sono i fratelli degli oppressori

3.) Erano impegnati in una causa comune

(III.) Luce nelle tenebre

1.) Cristo è venuto a proclamare la fratellanza dell'umanità

2.) Segni dei tempi. L'insegnante è all'estero. La società tende al rimedio. (Ibidem)

3 CAPITOLO 5

Neemia 5:3-5

Abbiamo ipotecato le nostre terre.-Le miserie del debito:-

(I.) Disordini mentali

(II.) Degrado sociale

(III.) Rovina di famiglia

(IV.) Un disprezzo di un comando divino: "Non rubare". Applicazione-

1.) I cristiani dovrebbero dare l'esempio al mondo

2.) Guarda gli inizi della stravaganza

3.) Nelle piccole cose così come in un atto più grande secondo i principi cristiani. (Ibidem)

La benedizione e la maledizione delle ipoteche:

La storia dell'ipoteca sarebbe la storia del progresso domestico, sociale, finanziario, politico ed ecclesiastico di tutte le epoche. Sarebbe utile se potessi parlare in modo intelligente e pratico dell'ipoteca come di una benedizione e di una maledizione. C'è molta denuncia assurda e totale del prestito di denaro. Se dovessi chiedere a tutti coloro che non hanno mai chiesto un prestito di alzarsi, non ci sarebbe nessuno di questo pubblico che si alzerebbe a meno che non si trattasse di qualcuno che si è comportato così male all'inizio da sapere che nessuno si fiderà di lui. Agisce all'inizio di quasi tutte le imprese, grandi o piccole, è necessario un prestito. Anni fa un irlandese sbarcò con cinquanta centesimi in tasca sulla Battery, chiese in prestito un dollaro a un completo sconosciuto, e ora è tra i principi di New York. Un'ipoteca è semplicemente la forza presa in prestito da altri per aiutarci nelle crisi della vita individuale o nazionale con la promessa che li pagheremo per l'aiuto reso. Ma ciò che è vero nelle secolarità è più vero negli affari ecclesiastici. Se le chiese non fossero state costruite fino a quando non si fosse potuto raccogliere tutto il denaro, decine di migliaia delle nostre migliori chiese non sarebbero mai state costruite, e milioni di coloro che ora sono cristiani sulla terra o santi in cielo non sarebbero mai stati confortati o salvati. La vecchia linea di piroscafi Collins andò in bancarotta, ma ciò non cambia il fatto che trasportarono centinaia di passeggeri in sicurezza attraverso il mare; e se domani tutte le chiese della cristianità crollassero sotto il colpo del martello dello sceriffo, ciò non impedirebbe il fatto che hanno già trasportato migliaia di persone nel regno e hanno fatto un bene stupendo che tutta la terra e l'inferno non potranno mai disfare. Tutti considerano giusto prendere in prestito per un'istituzione secolare. Non è giusto prendere in prestito per un religioso? È più sicuro prendere in prestito per la Chiesa che per qualsiasi altra istituzione, perché altre istituzioni muoiono, ma una Chiesa raramente. Quando gli Israeliti del mio testo vollero ricostruire le loro case, e vollero prendere in prestito denaro per questo scopo, i mutuatari fecero bene a lasciarglielo avere, anche se avrei voluto che non avessero chiesto il dodici per cento. Ma dopo un po' l'ipoteca di cui si parla nel testo cessò di essere una benedizione, e divenne una piaga. Li aveva aiutati a superare una crisi domestica ed ecclesiastica, ma ora non ce la facevano più e gridavano per essere salvati. Se una benedizione rimane troppo a lungo, diventa una maledizione. Agisce nel primo momento in cui l'agricoltore può togliere l'ipoteca dalla sua fattoria, e il commerciante l'ipoteca dalla sua merce, e il cittadino l'ipoteca dalla sua casa, e l'istituzione caritatevole l'ipoteca dal suo asilo, e la società religiosa l'ipoteca dalla sua chiesa, farebbero meglio a farlo. Ho sentito persone discutere il vantaggio dei debiti individuali e dei debiti nazionali e dei debiti della Chiesa; ma non riuscivo, mentre la discussione era in corso, a controllare le mie risibilità. Si dice che tali debiti tengano occupato l'individuo, la Chiesa e lo Stato nel tentativo di pagarli. Non c'è dubbio. Così i reumatismi tengono il paziente occupato con l'arnica, e la nevralgia tiene il paziente occupato con il cervo, e la tosse con le pastiglie, e il mal di denti con le lozioni; Ma questo non è un argomento a favore dei reumatismi, o delle nevralgie, o della tosse, o del mal di denti. Meglio, se possibile, sbarazzarsi di queste cose e occuparsi di qualcos'altro. (T. Deuteronomio Witt Talmage.)

7 CAPITOLO 5

Neemia 5:7

Poi mi sono consultato con me stesso.-Rabbia precipitosa evitata:-

Ma, sebbene molto arrabbiato, "si consultò con se stesso". Anche la giusta indignazione è spesso troppo precipitosa nella sua espressione, e si sfoga in un furore e in una tempesta che poco o nulla fa bene. Ma il fervido sentimento di Neemia era mescolato con la saggezza pratica. Si consigliò con se stesso su ciò che era meglio fare. (T. C. Finlayson.)

E io misi contro di loro una grande assemblea.- Un'assemblea convocata contro i peccatori: -

Desidero mostrare ai peccatori impenitenti quanto grande possa essere l'assemblea contro di loro. Il fatto che una così grande maggioranza dell'umanità sia dalla parte dell'irreligione, tende potentemente a mantenere una maggioranza da quella parte, perché una gran parte dei giovani di ogni generazione successiva si arruolerà sotto la bandiera del partito più forte. La stessa circostanza opera per indebolire la forza e impedire il successo di quei mezzi e argomenti che Dio impiega per la conversione dei peccatori. Quando l'uomo che trascura la religione si guarda intorno e vede la ricchezza, il rango, il potere e l'influenza schierati dalla sua parte, dice segretamente: "Devo avere ragione, devo essere al sicuro. Se me la caverò bene come la grande massa dei miei simili, me la caverò abbastanza bene." Stando così le cose, è importante che si faccia vedere ai peccatori quale grande assemblea può essere posta contro di loro. Tra coloro che sono contrari, ricordiamo:

(I.) Gli uomini buoni ora nel mondo. Dio non ha un servo, Gesù Cristo non ha un amico sulla terra che non sia contro di te. Il loro esempio è contro di te, la loro testimonianza è contro di te

(II.) Tutti gli uomini buoni che siano mai vissuti nel mondo, gli spiriti degli uomini giusti resi perfetti

(III.) Tutti gli scrittori dell'Antico e del Nuovo Testamento. Con una sola voce gridano: "Guai agli empi! gli sarà fatto del male, perché gli sarà data la ricompensa delle sue mani".

(IV.) I santi angeli

(V.) Il Signore Gesù Cristo. Ogni dottrina che ha promulgato, ogni precetto che ha prescritto, ogni minaccia che ha pronunciato, ogni azione della sua vita, è contro di te. Cristo incontra tutti gli impenitenti e dice: "Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo". Incontra l'incredulo e dice: "Chi non crede sarà dannato". Incontra tutti gli empi e dice: "Senza santità nessuno vedrà il Signore". Egli incontra tutti i non rigenerati ed esclama: "In verità, in verità vi dico: se non siete nati di nuovo, non potete entrare nel regno dei cieli".

(VI.) Dio Padre. (E. Payson, D.D.)

Testimoni contro di voi:

Alcune persone sono sorde alla voce della giustizia fino a quando non viene ripetuta ad alta voce da migliaia di loro simili. Non udranno la voce silenziosa del principio e del diritto, e disprezzeranno il gentile rimprovero di un amico fedele; Ma quando la rettitudine attira l'opinione pubblica dalla sua parte, quando molti sono visti come suoi sostenitori, allora queste stesse persone mostreranno di avere ancora reliquie di coscienza, e cederanno alle giuste richieste perché le vedono non solo giuste, ma popolari. Questo è il punto principale per quelli della specie più debole, e noi capovolgiamo la bilancia se, come Neemia, "poniamo contro di loro una grande assemblea". Ho messo una grande assemblea contro...

(I.) I non convertiti

1.) La grande assemblea di tutti i pii che sono sulla terra. Tutti testimoniano contro di te

(1) Con la loro vita coerente

(2) Dalla loro gioia in Dio

(3) Per il loro stesso orrore per il tuo peccato. Non sopportano di pensare a ciò che vi aspetta. Il santo Whitfield, quando cominciava a toccare quell'argomento, con le lacrime che gli rigavano le guance, gridava: "L'ira a venire! l'ira a venire!" Era troppo per lui. Non poteva far altro che ripetere quelle parole e lì cessare

2.) Tutti gli scrittori ispirati della Bibbia

3.) I santi defunti

4.) L'intera compagnia degli angeli

5.) Dio stesso. "La faccia del Signore è contro quelli che fanno il male, per cancellare dalla terra il loro ricordo".

6.) Gesù Cristo, il Figlio di Dio

(II.) Coloro che dicono che il peccato è una cosa molto piacevole e proficua. Oh, che assemblea sarebbe se potessi far uscire dagli ospedali i disgraziati che soffrono un inferno terreno a causa dei loro peccati! Andate oltre il reparto informale, entrate nella casa del sindacato, passate una serata in una bassa pensione, sedetevi e ascoltate le storie di figli di ministri, di figli di gentiluomini, di figli di nobili, di uomini che un tempo erano mercanti, commercianti, avvocati, medici, che si sono abbattuti con nient'altro che la loro stravaganza e il loro peccato per mangiare il pane del pauperismo

(III.) Coloro che dicono che la vera religione rende le persone infelici. Ho sofferto tanto dolore fisico quanto la maggior parte dei presenti, e conosco anche tanta depressione dello spirito a volte quanto chiunque altro; ma il servizio del mio Maestro è un servizio benedetto, e la fede in Lui fa sussultare di gioia la mia anima. Non cambierei con l'uomo più sano, o con l'uomo più ricco, o con l'uomo più istruito, o con l'uomo più eminente di tutto il mondo, se dovessi rinunciare alla mia fede in Gesù Cristo. È una cosa benedetta essere un cristiano e tutto il popolo di Dio te lo dirà. Per i santi viventi che si rallegrano, e per i santi morenti che muoiono senza paura, io metto un'assemblea contro l'uomo che osa calunniare la vera religione dicendo che non rende felici gli uomini. (C. H. Spurgeon.)

9 CAPITOLO 5

Neemia 5:9

Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio, a causa dell'obbrobrio delle nazioni, nostri nemici?-Gelosia per l'onore di Dio:

C'era molto buon senso e saggezza cristiana nella risposta che una volta fu data a un dignitario della nostra Chiesa da un semplice pastore rurale. Quest'ultimo aveva detto al primo: "Se ti comporti così, che cosa dirà il popolo?" La risposta fu: "Ti interessa quello che dice la gente?" La replica dell'uomo semplice fu: "Mi importa poco come qualsiasi altro uomo di ciò che dice la gente; ma mi interessa molto ciò che il popolo ha il diritto di dire". Quanto basta la distinzione! L'opinione umana non dovrebbe avere alcun peso presso di noi quando contravviene al dovere; ma dovrebbe pesare molto su di noi quando incorriamo nella sua censura per la violazione del dovere. Gli empi giudicheranno principalmente il cristianesimo da coloro che lo professano, e saranno largamente conquistati o scandalizzati dal modo in cui viene adornato o disonorato da loro. (Hugh Stowell, M.A.)

10 CAPITOLO 5

Neemia 5:10

Lasciamo perdere questa usura.- Saggio rimprovero:

Non stava su un piedistallo e non li guardava dall'alto in basso con disprezzo e disprezzo, ma si poneva piuttosto accanto ai colpevoli, per poterli elevare a un livello superiore. Impariamo da questo bellissimo esempio il modo migliore per rimproverare e ristabilire un fratello o una sorella che ha sbagliato. (W. P. Lockhart.)

15 CAPITOLO 5

Neemia 5:15

Ma non l'ho fatto nemmeno io, a causa del timore di Dio.-Un motto per una vita virile:

(I.) Il potere autoregolativo di un movente virile. "Il timore di Dio"; "l'amore di Cristo"; "principio religioso"; "coscienza"; "il senso del dovere"; "l'istinto del diritto" sono tutte variazioni di espressioni dello stesso motivo

(II.) Il coraggio di essere singolari è qui implicito

(III.) Applicazione di questo principio alla vita ordinaria di tutti gli uomini

1.) A se stesso un uomo deve dire: "No!"

2.) Al mondo un uomo deve dire "No!"

3.) Questo è il motto per i giovani

(IV.) La semplicità e l'immediatezza di questo motto di vita

(V.) Questo motto è la nostra guida nelle questioni dubbie. (Commento omiletico.)

Il timore del Signore:

(I.) Sano autocontrollo. C'è sempre la tentazione di correre con la moltitudine. Lo fu in particolare con Neemia

1.) I suoi superiori erano malvagi. Un uomo è disposto a seguire i suoi datori di lavoro o padroni

2.) Il suo ambiente era malvagio. Una persona ottiene il suo tono da ciò che lo circonda

3.) Le sue tentazioni erano al male. Avrebbe guadagnato l'applauso dei suoi simili peccando

4.) Era singolare nelle sue convinzioni, anche quasi solo in una terra idolatrica

(II.) Un motivo onnipotente. "A causa del timore del Signore". Tanto più potente perché invisibile: le forze più potenti sono quelle che l'occhio non può rintracciare. Il timore del Signore è...

1.) Una guida sicura. Ha sicuramente ragione

2.) Un potente incentivo. Ha il potere di gettare all'inferno, e ricompenserà

3.) Una direttiva chiara. Il viandante, anche se stolto, non sbaglierà in ciò. Gli uomini che sono indipendenti nel loro proposito di rettitudine sono la vera nobiltà della terra. Impara a stare da solo per la causa della verità. (Omileta.)

Il principio principale di Neemia:

La religione della Bibbia non è una pianta malata che richiede la forzatura per mantenerla in vita. È un albero resistente che prospera meglio in campo aperto. Il servo di Dio dappertutto è il servo di Dio dappertutto. Poche nozioni hanno fatto più male dell'immaginazione che la pietà appartenga all'armadio e al santuario, al chiostro e alla cella, e che sia troppo eterea per essere fusa nelle occupazioni della vita secolare. Per confutare tali fallacie nulla è più efficace del santo esempio. L'esempio mostra ciò che si può fare, e allo stesso tempo indica il modo in cui può essere realizzato. Per coloro che sono occupati nelle occupazioni del mondo non c'è esempio più appropriato nelle Scritture di quello di Neemia

(I.) Il suo motivo dominante. L'intero tenore della sua conversazione rivelava la supremazia del timore di Dio nella sua anima. Questo capitolo contiene un esercizio impressionante di questo principio. Di coloro che tornarono dalla prigionia, molti erano indigenti e angosciati; La loro povertà li rendeva preda dei loro fratelli più ricchi. I predecessori di Neemia erano molto rigorosi nelle loro esazioni e non lasciarono che la misericordia temperasse la giustizia. Neemia, al contrario, non solo si astenne dall'oppressione, ma non richiese nemmeno ciò che gli spettava. Se non avesse rivelato il principio che lo aveva animato, avremmo potuto riempire il vuoto in questo modo: a causa dei suggerimenti della generosità; o a causa del mio alto senso dell'onore; o a causa del patriottismo che mi ha infiammato il petto; o a causa della compassione che mi ha sciolto il cuore. Ma Neemia non parlò così, ma disse: «Non l'ho fatto anch'io, a motivo del timore di Dio». Questo dava il carattere di pietà alla sua condotta; Questo trasmutò ciò che altrimenti non sarebbe stato migliore di un bel orpello nell'oro fino del santuario

(II.) La natura del timore di Dio. Il timore di Dio nell'Antico Testamento equivale all'amore di Dio nel Nuovo. Il primo indica l'aspetto più severo di un'economia rispetto all'aspetto più grazioso dell'altra. Ciò che è visto da una luce è l'amore visto da un'altra è il santo timore. Non sono altro che aspetti diversi dello stesso principio. Se c'è un vero amore per Dio, non può non esserci il santo timore di offenderlo. Questa paura è quindi l'inizio della saggezza; il custode della santità; il sigillo dell'adozione. Che bisogno c'è che questo principio pervada il mondo mercantile! Esaminata alla luce delle Scritture, la morale di quel mondo, anche nella nostra terra prediletta, si troverebbe spaventosamente difettosa. Oltre a molte cose onorevoli e di buona reputazione tra i nostri principi mercanti, se vi addentrate nei recessi del commercio, noterete spesso un basso e mutevole livello di equità: scoprirete che un migliaio di pratiche sono conniventi e passano correnti negli affari che, quando sono sulla bilancia del santuario, si trovano completamente carenti

(III.) Gli effetti salutari del timore di Dio. Dà alla morale mercantile...

1.) Valore intrinseco

2.) Forza

3.) Stabilità

4.) Universalità

(1) Prendendo la morale del mondo commerciale al massimo, quanto di essa è genuina? Se gli uomini sono retti nei loro rapporti solo perché sono convinti che l'onestà è la migliore politica, e che l'equità risponderà meglio della frode, o se agiscono giustamente semplicemente per un senso dell'onore o per un orgoglio che li eleva al di sopra dell'essere colpevoli di una transazione bassa e vergognosa; o se fanno bene perché istintivamente indietreggiano da tutto ciò che è vile ed equivoco, da tutto ciò che degraderebbe e turberebbe la loro mente, allora tutta la loro imponente schiera di virtù mercantili sono, dopo tutto, terrene, vuote nel profondo e inutili agli occhi di Dio. È solo il timore di Dio che può impartire alla morale mercantile il suo valore intrinseco

(2) Anche le qualità virtuose che esaltano gli uomini nel mondo commerciale devono mancare di realtà e di coerenza quando poggiano su un terreno inferiore. Quindi non è raro trovare un uomo che in un periodo si distinse per onore e integrità, in un altro periodo che fa naufragio di carattere; Mentre la sua barca scivolava nell'acqua calma e le sue vele erano piene di prospere burrasche, egli seguiva una rotta immediata, ma quando si alzavano le tempeste e il suo vascello andava alla deriva tra le sabbie mobili e le secche, abbandonava presto la bussola dell'onestà e si arrendeva alla forza della corrente. La sua rettitudine era la creatura delle circostanze: sostenuta dal successo, con il successo cadde. Fragili nel migliore dei casi sono le virtù che scaturiscono dal cuore non rigenerato

(3) L'energia di questo principio eserciterà una forza e un'universalità di influenza che nient'altro può comandare. Essendo Dio dappertutto, l'uomo che Lo teme Lo temerà dappertutto. È impossibile delineare pienamente l'ampiezza e l'espansività di questo principio di azione. Andrà con l'uomo nel piccolo come nel grande, nel nascosto come nell'aperto; dirà su di lui con uguale forza se altri dissentono o concordano con la sua condotta. Lo eleverà alla libertà e all'indipendenza di carattere. Non sarà come la meridiana, inutile se non alla luce; ma lui sarà Uke l'orologio, che mantiene il tenore del suo cammino sia all'ombra che alla luce del sole. Il santo, come il girasole, possiede il centro di attrazione sia quando è nuvoloso che quando è limpido

(a) Manterrà l'uomo incontaminato fra le contaminazioni della vita pubblica come il puro ruscello che si dice passi attraverso il lago salato e tuttavia conservi la sua freschezza. È una salvaguardia contro il tono, lo spirito e le pratiche degli affari, e impedirà il rispetto degli espedienti, delle manovre e dei sotterfugi del commercio

(b) Una prova difficile per un commerciante devoto è quella di essere considerato tenero e indietro con l'età perché non esagera con il suo prossimo. Quando vede i concorrenti prosperare grazie a espedienti dubbi, o li sente gloriarsi dei loro guadagni equivoci, la sua riflessione e la sua gioia saranno: "Così non ho fatto io, a causa del timore di Dio".

(c) Si tratterrà dalle indulgenze profane dei mondani

(d) Proteggerà contro la profanazione e la profanazione delle ordinanze del Giorno del Signore. (Hugh Stowell, M.A.)

Rettitudine nel trattare:

Se volete applicare una pietra di paragone al carattere, prendete questa come la cosa più ricerca: l'esercizio di quelle grazie che un uomo è più tentato di trascurare, e il rifiuto di quelle iniquità a cui un uomo è più tentato di indulgere. Chi può resistere a questa prova è puro agli occhi di Dio. Considera-

(I.) Alcuni grandi principi che dovrebbero essere presenti in tutte le transazioni mercantili

1.) Un commerciante cristiano dovrebbe amare il suo prossimo come se stesso

2.) "Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, fatelo anche voi a loro". Questo è un codice morale condensato in una frase

3.) Dovete essere fedeli nel piccolo, come nel grande

(II.) Alcune delle deviazioni meno evidenti da questi principi che passano di corrente nel mondo mercantile

1.) Com'è comune per gli uomini frodare la società con l'ozio e l'autoindulgenza!

2.) Con la stravaganza egoistica o con le speculazioni avventate, quanti di loro si sottopongono a passività che le loro risorse non giustificano, o si tuffano in debiti che non hanno alcuna prospettiva di estinguere!

3.) Come si diversificavano gli inganni praticati nel commercio allo scopo di approfittare del compratore! (Ibidem)

Il timore di Dio:

Alcuni principi, realizzati nel cuore, genereranno questa benedetta paura. Consideriamo...

(I.) La maestà di Dio, e questo provocherà il timore della riverenza

(II.) La provvidenza di Dio, e questo indurrà la paura della dipendenza

(III.) I nostri vantaggi, e questo indurrà il timore della diffidenza

(IV.) I nostri obblighi, e questo indurrà una paura di gratitudine e amore. (J. M. Randall.)

Il timore di Dio è un vero principio di vita:

Mette una differenza tra il mondo e il servo di Dio...

(I.) Per quanto riguarda la scelta

(II.) Per quanto riguarda il servizio

(III.) Quanto al culto

(IV.) Per quanto riguarda l'afflizione. L'uomo mondano si agita e mormora; non così i pii

(V.) Per quanto riguarda la condotta pratica della vita quotidiana. (Ibidem)

Così non feci:

(I.) Permettetemi di esprimere il principio fondamentale che si trova qui in queste parole: nulla andrà bene a meno che tu non abbia il coraggio di essere singolare. «Anch'io.» Per quanto comune fosse la pratica, per quanto innocente e riconosciuta la fonte del guadagno, la moltitudine che l'approvava e la adottava, non era nulla per me. Tutto sarà sbagliato se un uomo non ha imparato la grande arte di dire "No". La risoluta inosservanza della prassi comune dovrebbe essere esercitata:

1.) Nel campo dell'opinione. Se ci basiamo sull'opinione tradizionale, non abbiamo davvero alcun fondamento. A meno che la parola ricevuta da altri non sia stata verificata da noi stessi e cambiata, per così dire, in parte del nostro stesso essere, possiamo ingannarci con credi e professioni a cui immaginiamo di aderire, ma non abbiamo alcuna fede

2.) Nella condotta quotidiana della vita. Ci sono molte mani che ci fanno cenno e voci seducenti che cercano di allontanarci. È necessaria una robusta resistenza...

(1) Dalla stessa essenza della nostra natura. C'è una moltitudine di inclinazioni e desideri in ogni uomo che lo spingeranno alla distruzione a meno che non abbia una mano forte sul freno. "Dio te li ha dati sotto chiave", ed è a nostro rischio e pericolo che li lasciamo dominare

(2) Dall'ordine delle cose in cui dimoriamo. Ci troviamo nel mezzo di un mondo pieno di cose che sono sia attraenti che cattive, e che sono severamente proibite e amorevolmente proibite da Dio. E se andate a fare carriera tra i fiori e i frutti che crescono intorno a voi nella vita che vi si sta aprendo, come i bambini di città lasciati liberi per un giorno nei boschi, raccogliendo tutto ciò che è luminoso, e assaggiando qualsiasi cosa sembri dolce, vi avvelenerete con la belladonna e la cicuta

(3) Dal fatto che ognuno di noi è messo più o meno a stretto contatto con persone che vivono come non dovrebbero, e che vorrebbero trascinarci dietro di loro. Per tutti, poi, in ogni periodo della vita, la necessità è la stessa. Dobbiamo imparare a dire "No". Come Giuseppe, come Daniele, come i tre giovani ebrei, come Neemia, dobbiamo osare, se necessario, di essere singolari

(4) La non resistenza o l'obbedienza è di per sé debole e indegna. Che vergogna è che un uomo in possesso di quel terribile potere che, entro limiti e soggetti a condizioni, Dio gli ha dato, di plasmare e determinare il suo carattere, si lasci plasmare e determinare dalla semplice pressione delle circostanze e delle associazioni accidentali! Che vergogna è che un uomo non abbia più volontà in ciò che fa e in ciò da cui si astiene di una di quelle creature gelatinose che galleggiano nell'oceano, che devono muoversi ovunque la corrente le porti, anche se per gettarle sulla riva rocciosa con una marea calante. Che "le circostanze fanno il carattere" debba avere la sua rivendicazione nella vita reale della grande massa degli uomini è solo un'altra prova della debolezza e della depravazione dell'umanità, in cui la volontà è paralizzata, e la scelta cosciente è così raramente esercitata, e un uomo lascia che il mondo faccia di lui ciò che vuole

(5) La vigorosa inosservanza delle tentazioni che ci circondano è rafforzata dal ricordo di quale misera scusa per fare il male si troverà alla fine

(II.) Considerate che non potete resistere al male che vi circonda a meno che non vi doniate a Dio. Nessun uomo resisterà e respingerà mai per tutta la vita il dominio del male a meno che non sia cinto della purezza di Gesù Cristo, come di un'atmosfera in cui tutte le cose velenose svaniscono e muoiono, e attraverso la quale nessuna tentazione può forzare la sua strada. L'unico mezzo per resistere fermamente è una fede incrollabile in Gesù come nostro Salvatore

1.) In Cristo abbiamo un modello del tutto sufficiente. L'unico comandamento che contiene l'intero dovere cristiano, l'intera legge della perfezione morale raggiungibile dall'uomo, è: "Siate imitatori di Dio, come figli amati, e camminate come ha camminato Cristo".

2.) Quel timore di Dio che è tutto trasfuso e mescolato con l'amore di Lui, ci dà poi un motivo onnipotente. L'amore si diletta a piacere; la paura teme di disobbedire

3.) Il timore di Dio ci rafforza per resistere, perché ci dà un potere onnipotente dentro di noi per mezzo del quale resistiamo. "La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte." (A. Maclaren, D.D.)

Resistenza al male:

Neemia è un illustre esempio di un coraggio che è alla portata di tutti noi, un coraggio che osa essere vero quando la verità è impopolare, e fare ciò che è giusto quando il diritto è disprezzato. Come un fiume inesauribile che sfida il caldo e la siccità dell'estate più lunga perché le sue sorgenti si trovano sul margine di una neve perenne, questo coraggio nella sua forma più nobile è indipendente dalle circostanze perché ha la sua sorgente alla presenza di Dio

(I.) Perché dovremmo avere il coraggio di stare da soli e dire al male: "Non lo farò anch'io"?

1.) Perché alla fine è la strada più sicura. La vita è una prova e un'educazione. Nessuno di noi può sfuggire alla tentazione. Plasma e mette alla prova il nostro carattere e ci rende adatti al servizio. Ci sono solo due strade aperte: la conformità o la resistenza. Molti uomini fanno naufragio sull'orlo dell'età adulta per mancanza di coraggio di dire "No" e di determinazione di rimanere soli

2.) È il corso più virile. Che ne pensiamo di uno che si trova in mare aperto, su una barca aperta, che, quando la tempesta si addensa e le onde si alzano alte, lascia cadere i remi, allaccia il timone e si lascia andare alla deriva. È l'uomo coraggioso che, imperterrito dal cielo scuro e dalle onde arrabbiate, lavora a remi e si dirige verso la terraferma. E colui che, colto da una tentazione improvvisa e acuta, si lascia trasportare impotente dalla marea, suscita solo disprezzo e compassione, mentre colui che, come Neemia, affronta la tentazione nella forza di Dio e grida: "Così non farò anch'io", è un vero uomo, un vero eroe e un degno seguace di Gesù Cristo

3.) È la cosa più saggia. Sfuggiamo così alle conseguenze del peccato, e la tentazione stessa a cui resistiamo diventa il mezzo per rafforzare il nostro carattere

(II.) Il segreto di questo coraggio: "Così non feci anch'io, a causa del timore di Dio". Nel rendersi conto della presenza divina, il vescovo Latimer dimenticò la sua paura del re d'Inghilterra e pronunciò parole coraggiose, forti e fedeli di avvertimento e di rimostranza. Nel timore di Dio viveva Lord Lawrence, il grande pro-console britannico, come è stato chiamato, che salvò l'India nel giorno dell'ammutinamento, e il suo marmo nell'Abbazia di Westminster ci dice: "Temeva così poco l'uomo perché temeva così tanto Dio". (F. J. Chavasse.)

Singolarità:

1.) Il nostro testo contiene la molla regolatrice di una vita nobile. Le parole significano di più per i giovani. La prossima generazione preferirà la coscienza e la convenienza e farà di Dio la stella polare della sua vita? Ognuno di noi è importante per Dio, e la consapevolezza di ciò è la madre della virtù e l'ispirazione dell'eroismo. Dio ci vuole. Quando Agostino era in preda all'inquietudine, disse: "Anima, che cosa hai?" E gli sembrò di udire una voce divina in risposta: "Guarda in alto". Voltandosi verso l'alto e notando le stelle che lo guardavano dall'alto, disse: "Stelle, potete dirmi il significato della mia inquietudine?" E le stelle sussurravano: "Guarda in alto". Ricordando le schiere degli angeli di Dio schierate per il servizio o la vigilanza, Agostino gridò: "Ministri di Dio, potete servire una mente inquieta?" E loro cantavano: "Guarda in alto". «Creatore di tutte le cose», disse il riverente ma imperturbabile indagatore, «dimmi il significato di questa insoddisfazione?» E Dio rispose: "Ti ho fatto per me stesso, e la tua anima non può trovare riposo finché non trova riposo in me". Quando a Samuel Webster fu chiesto, mentre era seduto a cena, quale fosse stata l'influenza più formativa che entrò nella sua vita, rispose: "La più grande influenza che abbia mai toccato la mia vita è stato il senso della mia responsabilità verso Dio".

2.) Fare bene significa a volte essere fuori moda. L'altro giorno è morto un uomo d'affari. Scrivendo ai suoi viaggiatori, era solito aggiungere una frase come "Vai dritto". Sapeva che sia il fare il bene che il male erano contagiosi. Il dottor Bushnell disse a un giovane che lo stava consultando riguardo alla chiamata che avrebbe dovuto perseguire: "Afferra il manico del tuo essere". Il tuo gusto o la tua forma fisica sono come un appiglio per le tue facoltà. Trovate la vostra rotta e andate avanti a dispetto dell'opposizione, nonostante i pungiglioni del sarcasmo o l'amarezza dell'abbandono temporaneo. Ricordate Colui che disse: "Sono solo; eppure non sono solo, perché il Padre è con me".

3.) Il potere dei numeri è magico, e così spesso ci viene chiesto di fare come fanno gli altri. Ha detto un infedele dichiarato e istruito a un apologeta cristiano. "Lasciamo che la questione finale sia quella che sia, la maggioranza è contro di voi, e io vado con la maggioranza". Ma il mondo non è sempre stato salvato dalle maggioranze. Riformatori, uomini di Stato, santi, cantori, profeti, sacerdoti, credenti in Dio e nel dovere: questi sono stati i salvatori della società

4.) È un momento di vittoria morale quando un giovane osa dire: "Non me lo posso permettere".

5.) La vita di un uomo non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede, né nel successo esteriore dei suoi sforzi più nobili; consiste nella sua armonia di coscienza con il timore di Dio, nella pace che nasce dall'obbedienza. Whitfield e un compagno furono molto infastiditi una notte da un gruppo di giocatori d'azzardo in una stanza adiacente a quella in cui dormivano. Il loro clamore e la loro orribile bestemmia eccitarono così tanto Whitfield che non riuscì a darsi pace. «Andrò a riprovare la loro malvagità», disse. Il suo compagno protestò invano. Le sue parole di rimprovero erano apparentemente impotenti. Il suo compagno gli chiese: "Che cosa ci hai guadagnato?" «Un morbido cuscino», disse, e presto si addormentò. Il dovere guarda verso l'alto; il dovere implica Dio. Gesù Cristo ha incarnato il dovere. Il dovere è il ministro del cielo. Questa preghiera fu trovata sulla scrivania di uno scolaro dopo la sua morte: "O Dio, dammi il coraggio di non temere nessuno tranne Te". (Giovanni H. Goodman.)

Il timore di Dio:

(I.) Che cosa significa temere Dio

1.) In generale è una passione dell'anima per cui un uomo fugge dal male imminente

2.) In particolare, è...

(1) Servile

(2) Filiale

(II.) Che un uomo che teme Dio non farà come fanno gli altri

1.) Nella questione della loro scelta Matteo 14:7, 8; Ebrei 11:25

2.) In materia di culto Giosuè 24:15

3.) Nella loro vocazione aziendale

4.) In ciò che è loro affidato

5.) Nei loro ristori

6.) Nelle loro afflizioni

7.) Nel loro diritto e proprietà. Lot non volle permettere ad Abramo di avere il suo diritto, anche se era un suo diritto, eppure Abramo, poiché temeva Dio e per amore della pace, rinunciò al suo diritto

(III.) Cosa c'è in questo timore di Dio che dovrebbe equilibrare l'anima e farla non fare come fanno gli altri. Un uomo che teme il Signore...

1.) Ha fini diversi dagli altri

2.) Ha una coscienza più tenera

3.) Ha restrizioni diverse

(IV.) Qual è la questione e la conseguenza del timore del Signore?

1.) Dio tratta bene l'uomo che Lo teme Salmi 1; 112:6-8

2.) Dio si diletterà in lui. Conclusione: Se tu volessi temere il Signore in verità...

1.) Sii umiliato per la mancanza di esso

2.) Chiedi a Dio di adempiere la Sua promessa: "Metterò il Mio timore nei loro cuori".

3.) Osserva cos'è che ti è più vicino e più caro, e rinuncia

4.) Adorare Dio secondo il Suo stesso appuntamento

5.) Fai attenzione a non peccare quando ne hai l'opportunità

6.) Lavora per rafforzare il tuo amore per Dio

7.) Vivere molto e studiare molto sulla dipendenza totale da Dio. Se un uomo si trova su un'alta torre e un altro lo trattiene dal cadere solo per mano, avrà certamente molta paura di offendere colui che lo tiene così

8.) Usa il mondo come se non ne abusasse. Trattare gli uomini come alla presenza di Dio

9.) Lavorare per una maggiore comunione con Lui. Dicevamo: "Troppa familiarità genera disprezzo"; ma qui non è così, perché con la familiarità e la comunione con Dio avremo più dolcezza e più diletto nelle sue vie, più forza nel suo servizio, più conforto nelle nostre afflizioni. (W. Ponte.)

Il timore di Dio è la pietra di paragone:

(I.) Che nella religione cristiana è il motivo che dà valore all'azione

(II.) Neemia qui attribuisce la propria condotta al motivo da cui deve scaturire ogni azione che ottenga l'approvazione di Dio. Avrebbe potuto mostrare la stessa assenza di sé su un principio completamente diverso

1.) Patriottismo

2.) Desiderio di popolarità

Ma il suo rifiuto degli emolumenti dell'ufficio fu "a causa del timore di Dio". Questo è una sorta di riassunto del carattere che include le varie caratteristiche dell'eccellenza spirituale. È un principio divinamente impiantato che fa di Cristo il movente e di Dio il fine di ogni particolare condotta. L'uomo che teme Dio si sforza di agire nella misura della rivelazione di cui è favorito; di appropriarsi dei privilegi, di agire in base ai motivi e di adempiere i doveri della dispensa sotto la quale è posto. Una paura come questa non può sussistere a meno che non ci sia la consapevolezza che "ora siamo noi i figli di Dio". Può darsi che sia stato a causa del "terrore del Signore" che siamo stati portati per la prima volta a pensieri seri, a propositi sinceri e a suppliche ferventi, ma quando abbiamo sentito un po' la consapevolezza del pericolo, ci sarà un motivo mille volte maggiore per lottare per la santità, nell'amore e nella grazia esibiti sul Calvario

(III.) Alcuni esempi importanti di questa verità generale. Nessuna azione può essere approvata agli occhi di Dio che non possa essere ricondotta al Suo timore

1.) L'attenzione ai doveri esteriori e alle forme della religione può derivare dal costume della società, dalla semplice forza dell'abitudine, dall'obbedienza ai desideri degli amici o dal desiderio di dare l'esempio agli altri, senza che vi sia la minima traccia di cristianesimo vitale

2.) Quando diciamo all'uomo di alta moralità e di incrollabile integrità e di alta generosità, ma che è estraneo a Cristo, che non può essere salvato nella sua condizione attuale più di quanto non lo sia uno dei peggiori dissoluti, non stiamo rappresentando la moralità, l'integrità e la generosità come cose di cui l'erede del regno dei cieli deve fare a meno; stiamo semplicemente affermando che esse valgono solo come frutto di un principio divinamente impiantato, e che, se hanno un'altra origine, possono davvero essere benefiche per la società, ma non possono promuovere la salvezza. Chi non sa che c'è in molti uomini una sorta di senso filosofico della bellezza e della dignità della virtù, una ripugnanza innata per ciò che è grossolano e disonorevole, e una sottile simpatia per la sofferenza, che andrà lontano dal produrre ciò che è considerato un carattere esemplare, anche se ci può essere allo stesso tempo una totale ignoranza, e persino il disprezzo delle dottrine del cristianesimo? Dobbiamo essere buoni con buoni principi. (Henry Melvill, B.D.)

Principio:

(I.) Il principio guida della condotta di Neemia: il timore di Dio

1.) Il timore di Dio, come principio di azione, è allo stesso tempo semplice e potente. Guardate i macchinari in alcuni dei vostri mulini. Lì c'è una foresta di alberi, un esercito di ruote, un labirinto perfetto di strumenti astutamente inventati necessari per eseguire i vari processi di fabbricazione. Ma quanto semplice e potente è la forza che muove e controlla l'intera macchina, la forza del vapore! Quanto è immensamente superiore a qualsiasi altra forza motrice finora portata in uso generale! Che vapore c'è in questa relazione, lo è anche il timore di Dio per la morale. Il principio religioso, nella sua influenza su questo complicato meccanismo chiamato uomo, e su queste intricate e sconcertanti vicende umane, ha un'efficacia semplice non solo insuperabile, ma con la quale nessun altro principio può competere

2.) La superiorità di questo principio appare anche nella sua vasta sfera d'azione. Questa sfera comprende tutto ciò che è grande e piccolo che si riferisce alla condotta umana. Abbraccia la vita in tutti i suoi aspetti. Non possiamo quindi parlare di altri principi di azione che gli uomini riconoscono. Prendiamo l'opinione pubblica, per esempio. Se è questo che ci influenza nel corso del nostro perseguimento, la nostra moralità può rivelarsi una cosa molto precaria. È probabile che una vita regolata dall'opinione dei propri simili sia ben ordinata solo fino a quel punto, e per tutto il tempo, che sarà sotto gli occhi del pubblico; che il timore di Dio ci colpisce tanto nell'oscurità della notte quanto nello splendore del giorno meridiano; ci colpisce tanto quando siamo lontani dal brusio della città e dal mercato affollato quanto in mezzo a loro; ci colpisce con la stessa forza nelle solitudini montane e nelle distese d'acqua come quando lo sguardo delle migliaia di persone riunite è su di noi. "La moralità", dice uno scrittore citato in precedenza, "la moralità che si basa sull'interesse personale o sull'opinione degli uomini, non sopporterà le prove più severe. Che cosa accadrebbe se un uomo fosse assalito da una tentazione così grande da comprare il suo presunto interesse personale, e rendere, a suo avviso, più vantaggioso frodare che essere onesto?

(II.) Il funzionamento di questo principio come visto nel capitolo che precede. Spinse Neemia a correggere gli abusi. Neemia adempì un dovere sgradevole con tutta fedeltà. "Ho rimproverato i nobili e i governanti e ho detto loro", ecc. Finora il timore di Dio ha agito su Neemia come principio impellente. Veniamo ora all'incidente con cui il testo è immediatamente collegato, e vediamo l'azione di questo principio come una forza restrittiva. "Non l'ho fatto anch'io, a causa del timore di Dio". Teneva Neemia sotto controllo. (T. Robson.)

Un antico anticonformista:

Le parole che ho letto sono un piccolo frammento della sua autobiografia che tratta di una questione abbastanza prosaica, ma contiene grandi principi. Quando fu nominato governatore della piccola colonia di esuli ritornati in Palestina, scoprì che i suoi predecessori, come i pascià turchi e i mandarini cinesi di oggi, avevano l'abitudine di "spremere" il popolo del loro governo, e che requisivano sufficienti provviste di provviste per mantenere ben apparecchiata la tavola del governatore. Era l'usanza. Nessuno si sarebbe meravigliato se Neemia si fosse conformato ad esso; ma sentiva che doveva avere le mani pulite. La sua religione scendeva nei piccoli doveri della vita comune e gli imponeva un livello molto superiore alle massime che erano prevalenti intorno a lui

(I.) L'atteggiamento nei confronti delle pratiche prevalenti. Che l'inosservanza delle massime e delle pratiche consuete è l'inizio, o, almeno, una delle pietre fondamentali, di ogni nobiltà e forza, di ogni benedizione e potere. Naturalmente, è assolutamente impossibile per un uomo spogliarsi delle influenze che gli vengono esercitate dalle circostanze in cui vive, e dalla tendenza delle opinioni, e dalle massime e dalle pratiche del mondo, nell'angolo e nel tempo in cui la sua sorte è gettata. Ma, d'altra parte, siate certi di questo, che a meno che non siate in un senso molto profondo e per nulla tecnico della parola "non conformisti", non otterrete nulla di buono. È così facile da fare come fanno gli altri; un po' per pigrizia, un po' per vigliaccheria, un po' per l'imitazione istintiva che è in tutti noi. Gli uomini sono socievoli. Molti di noi adottano il proprio credo e le proprie opinioni, e modellano la propria vita, per la sola ragione del fatto che le persone intorno a noi pensano in una certa direzione, e vivono in un certo modo. Ora, vi chiedo di prendere questo chiaro principio della necessità del non rispetto e di applicarlo su tutta la circonferenza della vostra vita. Applicalo alle tue opinioni. Non c'è tirannia come la tirannia di una maggioranza in un paese democratico come il nostro. "Quello che tutti dicono", forse, "è vero". Ciò che la maggior parte delle persone dice, in un dato momento, è molto probabile che sia falso. La verità ha sempre convissuto con le minoranze. Se avete onestamente riflettuto sull'argomento al meglio delle vostre capacità, e siete giunti a conclusioni diverse da quelle che gli uomini come me hanno più care della loro vita, questa è un'altra questione. Ma so che si sta diffondendo molto ampiamente la moda dell'incredulità. Così tanti uomini influenti, leader di opinione, insegnanti e predicatori, stanno abbandonando la fede evangelica vecchio stile, che ci vuole un uomo forte per dire che si attiene ad essa. È una cattiva ragione da dare per il tuo atteggiamento, che l'incredulità è nell'aria, e nessuno crede a quelle vecchie dottrine ora. Un iceberg abbassa la temperatura tutt'intorno a lui, e l'iceberg dell'incredulità è oggi tra noi, e ha raffreddato un gran numero di persone che non sapevano dire perché avessero perso il fervore della loro fede. D'altra parte, permettetemi di ricordarvi che una mera religione tradizionale, che è ortodossa solo perché lo sono altre persone, e non ha verificato le sue credenze con l'esperienza personale, è altrettanto deleteria quanto un'incredulità imitativa. Non è una scusa per pratiche losche nel tuo mestiere dire: "È l'usanza del mestiere; e tutti lo fanno". Neemia avrebbe potuto dire: "Non c'è mai stato un governatore che non abbia preso i suoi quaranta sicli al giorno" - circa 1.800 sterline del nostro denaro - «di provviste da questa povera gente, e non ho intenzione di rinunciarvi a causa di uno scrupolo. È l'usanza, e poiché è l'usanza posso farlo". "Oh", ma tu dici, "questo comporta una perdita". Molto probabile! Neemia era un uomo più povero perché nutriva tutti questi centocinquanta Giudei alla sua tavola, ma non gli importava. Può comportare una perdita, ma tu manterrai Dio, e questo è guadagno. Non siate tentati di seguire quella moltitudine per fare il male. A meno che non siate disposti a dire "No!" a un gran affare che vi verrà sbattuto in faccia in questa grande città, per quanto siate sicuri di vivere, farete naufragare le vostre vite

(II.) Il motivo che spinge a questa robusta inosservanza. Ora, il mio punto è questo, che Gesù Cristo richiede da ciascuno di noi che ci asteniamo, ci limitiamo, rifiutiamo di fare molte cose che vengono fatte intorno a noi. Non c'è bisogno che vi ricordi quanto continuamente parlasse di prendere la croce. Non ho bisogno di fare altro che ricordarvi la Sua parabola delle due vie: "Entrate per la porta stretta, perché la porta è stretta". Solo perché ci sono così tante persone sul sentiero lo sospettano, e si aspettano che il percorso con meno viaggiatori sia probabilmente il migliore e il più alto. Ma per passare da ciò, che cosa intendeva Gesù Cristo con il Suo continuo contrasto tra i Suoi discepoli e il mondo? La società non è organizzata secondo principi cristiani; Lo sappiamo tutti. E fino a quando non lo sarà, se un uomo vuole essere cristiano non deve conformarsi al mondo. "Non sapete che chiunque è amico del mondo è nemico di Dio?" Vorrei insistere sul fatto che il nostro cristianesimo non è nulla se non ci conduce a un modello e a una condotta conforme a quel modello che sarà diametralmente opposto a gran parte di ciò che viene dato una pacca sulla spalla, e accarezzato e lodato dalla società. Ora, c'è un tipo di cristianesimo accomodante che non lo riconosce, e che oggi gode di grande favore presso molte persone; e si chiama "liberalità" e "ampiezza", e "conciliare e raccomandare il cristianesimo agli estranei", e non so cosa altro. Ebbene, mi sembra che le parole di Cristo scendano come un martello su questo genere di cose. La società non pensa molto a questi trimmer. Può non amare un cristiano vero e proprio, ma lo riconosce quando lo vede, e ha per lui una specie di rispetto ostile che gli altri non otterranno mai

(III.) Il potere che ci permette di esercitarlo. "Il timore di Dio" o, prendendo l'equivalente del Nuovo Testamento, "l'amore di Cristo", rende possibile per un uomo, con tutta la sua debolezza e dipendenza dall'ambiente circostante, con tutto il suo desiderio istintivo di essere come la gente che gli è vicina, di assumere quell'atteggiamento coraggioso e di rifiutare di essere uno della folla che corre dietro al male e alla menzogna. Cristo vi renderà capaci di assumere questo atteggiamento necessario perché, in se stesso, vi dà l'esempio che è sempre sicuro seguire. L'istinto dell'invito è piantato in noi per un buon fine, e poiché è in noi gli esempi di nobiltà ci attirano. Egli ce lo rende possibile, perché abbiamo il motivo più forte possibile per la vita che Egli prescrive. Come dice l'Apostolo: "Voi siete comprati a caro prezzo, non siate servi degli uomini". Non c'è nulla che ci libererà dalla tirannia delle maggioranze, e di ciò che chiamiamo opinione generale e consuetudine ordinaria, da sentire che apparteniamo a Lui perché è morto per noi. Gesù Cristo, essendo il nostro Redentore, è il nostro Giudice e, momento per momento, stima la nostra condotta e giudica le nostre azioni man mano che vengono fatte. Il servo di Cristo è il padrone di tutti gli uomini. "Tutte le cose sono vostre, sia Paolo, sia Apollo, sia Cefa, tutte sono vostre, e voi siete di Cristo". (A. Maclaren, D.D.)

La paura espelle la paura:

Quante volte vediamo la paura espellere la paura. La paura di essere bruciata innervosisce una donna a calarsi da un tubo dell'acqua dai piani superiori di una casa in fiamme. La paura di perdere i suoi piccoli ispirerà il timido uccello a gettarsi davanti ai passi di un uomo, attirando la sua attenzione da essi su di sé. Oh! per quell'abito divino dell'anima che concepisce la maestà, la potenza e l'amore di Dio, in modo tale da non peccare contro di Lui, ma preferirebbe sfidare un mondo in armi piuttosto che portare un'ombra sul Suo volto. (F. B. Meyer.)

Il cristiano nel commercio:

È uno spettacolo nobile vedere un uomo, mosso semplicemente da considerazioni religiose, allontanarsi dalle usanze sancite dalla società; andare controcorrente rispetto all'opinione e alla pratica; rinunciando ai profitti mondani; sordo alle suppliche che soddisfano la moltitudine, affermando docilmente un'indipendenza spirituale; rimproverando silenziosamente la peccaminosità e il servilismo dei tempi; attento solo ad assolversi a Dio e a realizzare il suo ideale di integrità morale. Egli è come una sorgente in un arido deserto. Egli è come una stella che risplende luminosa in mezzo a nuvole scure. Il nostro argomento è: "Il cristiano nel commercio". Il commerciante cristiano deve assumere l'atteggiamento di Neemia. I suoi principi devono assumere la forma di riforma e di opposizione. Considera-

(I.) Che cosa richiede il cristianesimo all'uomo nei suoi rapporti con i suoi simili

1.) La più rigida adesione ai principi dell'integrità morale nel commercio

(1) Verità. Questa è la base di tutti i rapporti; La società sarebbe impossibile senza di essa. La verità è una virtù più completa. Comprende molto di più dell'affermazione uterina del fatto. Condanna:

(a) Tutte le false dichiarazioni positive

(b) Tutte le arti con cui una cosa viene spacciata per un'altra

c) Tutte le tabelle e le misure carenti

(d) Tutte le pretese, quando infondate, di accordi speciali, ecc

(e) Tutte le promesse che non possono o non sono destinate ad essere mantenute. E da parte dell'acquirente condanna tutte le pretese...

(a) Che ciò che si vuole non è voluto

(b) Che è stato acquistato a un prezzo più basso altrove

(c) Che è molto inferiore a ciò che è realmente. "Non è nulla, non è nulla", dice il compratore, ma quando se ne è andato per la sua strada, si vanta".

(2) Onestà. Ciò implica l'adempimento di tutte le richieste eque, l'adempimento di tutti gli impegni volontariamente assunti o assunti, il più rigoroso rispetto dei diritti di proprietà

2.) L'esercizio dell'amore e della gentilezza nel commercio. Questo preserverà dal trattare in esclusiva, ecc

3.) Che un uomo conservi la sua anima in pace e pazienza nel commercio

4.) Che il commercio sia consacrato ed elevato dallo spirito di santità

(II.) Perché questa condotta è necessaria nel commercio

1.) Il commercio è una parte molto importante della nostra vita

2.) Il commercio è una parte molto influente della nostra vita

3.) La santità commerciale è imperativamente richiesta dal carattere e dal temperamento dei tempi. (A. J. Morris.)

16 CAPITOLO 5

Neemia 5:16

Né abbiamo comprato alcun terreno.- Neemia un esempio di non mondanità di mente: -

Il popolo di Dio mantiene una certa peculiarità ultraterrena in tutto il suo rapporto con la terra; Non vengono assimilati alla folla attraverso la quale tengono il tenore della loro strada. Come quel limpido ruscello di cui ci viene detto che, entrando in un lago salato e bituminoso, si fa strada attraverso le acque non congeniali, incontaminate e non mescolate, così che sgorga in basso puro come quando è entrato, così la corrente del popolo di Dio, passando attraverso il mare morto di questo mondo, non si mescola con le sue acque, ma corre immacolata verso l'oceano limpido nel cielo. Pensate a come questo spirito ultraterreno si rifletterà sulla vostra condotta quotidiana

(I.) Ti impedirà l'intimità, anche se non puoi evitare i rapporti con gli empi

(II.) Ti distinguerai dal mondo per la moderazione con cui formerai i tuoi piani e perseguirai le tue imprese

(III.) Mostrerai "un altro spirito" nelle amicizie che stringerai e nelle associazioni che sceglierai

Sarete trattenuti da quell'avidità di guadagno che, più che mai, caratterizza il mondo in questa epoca presente

(V.) Avrete una mano grande e aperta per le richieste di Dio, per il servizio della Sua Chiesa e per il sollievo dei poveri e dei bisognosi (Hugh Stowell, M.A.)

19 CAPITOLO 5

Neemia 5:19

Pensa a me, mio Dio.-Il sostegno del santo:-

(I.) La persona che ha presentato la petizione

1.) Titolo generale: "Dio".

2.) Relazione speciale: "Mio".

(II.) Il punto per cui si prega. Lezioni:

1.) Dio il sostegno dei Suoi santi

2.) Dio peculiare per il credente: "Mio".

3.) Dio ha dei ricordi

4.) Dio è presto attratto dai Suoi

5.) La preghiera propria per il proprio bene

6.) Le opere possono essere invocate davanti a Dio

7.) Le opere dell'uomo sono la regola della ricompensa di Dio

8.) Tutto ciò che è ben fatto sarà ricompensato

9.) Il bene fatto al popolo di Dio è molto accettabile. (Wm. Gouge.)

Il ricordo delle buone azioni è un cuscino di riposo per un uomo buono:

(I.) La recensione della vita sarà una recensione di tutta la vita

(II.) La ricompensa della vita sarà resa secondo le sue azioni. (Commento omiletico)

Riferimenti incrociati:

Neemia 5

1 Eso 3:7; 22:25-27; Giob 31:38,39; 34:28; Is 5:7; Lu 18:7; Giac 5:4
Lev 25:35-37; De 15:7-11; At 7:26; 1Co 6:6-8

2 Sal 127:3-5; 128:2-4; Mal 2:2
Ge 41:57; 42:2; 43:8

3 Ge 47:15-25; Lev 25:35-39; De 15:7
Mal 3:8-11

4 Ne 9:37; De 28:47,48; Gios 16:10; 1Re 9:21; Esd 4:13,20

5 Ge 37:27; Is 58:7; Giac 2:5,6
Eso 21:1-11; Lev 25:39-43; 2Re 4:1; Mat 18:25

6 Ne 13:8,25; Eso 11:8; Nu 16:15; Mar 3:5; Ef 4:26

7 Sal 4:4; 27:8
Lev 19:15; 2Cron 19:6,7; Sal 82:1-4; Prov 27:5; 2Co 5:16; Ga 2:11; 1Ti 5:20; Tit 2:15
Eso 22:25; Lev 25:36; De 15:2,3; 23:19,20; 24:10-13; Sal 15:1,5; Ez 22:12; 45:9
2Cron 28:9-13; Mat 18:17

8 Mat 25:15,29; 2Co 8:12; Ga 6:10
Lev 25:47-49
Eso 21:16; De 24:7
Rom 14:15; 1Co 8:11
Giob 29:10; 32:15; Mat 22:12; Rom 3:19

9 1Sa 2:24; Prov 16:29; 17:26; 18:5; 19:2; 24:23
Ne 5:15; Ge 20:11; 42:18; Lev 25:36; At 9:31
Ge 13:7,8; 2Sa 12:14; Ez 36:20; Rom 2:24; 1Ti 5:14; Tit 2:5; 1P 2:12

10 Mic 2:1; Lu 3:13,14; 1Co 9:12-18
2Co 5:11,20; 6:1; File 1:8,9
Ne 5:7; Eso 22:25-27; Sal 15:5; Ez 18:8,13

11 Lev 6:4,5; 1Sa 12:3; 2Sa 12:6; Is 58:6; Lu 3:8
Ne 5:3,4

12 2Cron 28:14,15; Esd 10:12; Mat 19:21,22; Lu 19:8
Ne 10:29; 13:25; 2Re 23:2,3; 2Cron 6:22,23; 15:13,14; Esd 10:5; Ger 34:8-10; Mat 26:63

13 Mat 10:14; At 13:51; 18:6
1Sa 15:28; 1Re 11:29-31; Zac 5:3,4
Nu 5:22; De 27:14-26
1Cron 16:36
2Re 23:3; Sal 50:14; 76:11; 119:106; Ec 5:5

14 Ne 2:1; 13:6
1Co 9:4-15,18; 2Te 3:8,9
Esd 4:13,14; Rom 13:6,7

15 1Sa 2:15-17; 8:15; Prov 29:12
Mat 5:47; 2Co 11:9; 12:13
Ne 5:9; Giob 31:23; Sal 112:1; 147:11; Prov 16:6; Ec 12:13,14; Is 50:10; Lu 18:2-4

16 Lu 8:15; Rom 2:7; 1Co 15:58; Ga 6:9
Nu 16:15; At 20:33-35; 1Te 2:5,6
2Co 12:16-18; Fili 2:20,21

17 2Sa 9:7,13; 1Re 18:19
Is 32:8; Rom 12:13; 1P 4:9,10

18 1Re 4:22,23
Ne 5:14,15
Sal 37:21,26

19 Ne 13:14,22,31; Ge 40:14; Sal 25:6,7; 40:17; 106:4; Ger 29:11
Sal 18:23-25; Mat 10:42; 25:34-40; Mar 9:41

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