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Commentario:Romani 1:16C) L'ARGOMENTO DELL'EPISTOLA (Romani 1:16-17) Paolo si è dichiarato pronto a predicare il Vangelo nella capitale dell'impero ove convenivano, da tutte le parti del mondo conosciuto, potenti e dotti. Una tale prospettiva non ha nulla che lo spaventi. Egli infatti non si vergogna dell'Evangelo. Dopo averlo predicato nei grandi centri dell'Oriente: Gerusalemme, Antiochia., Efeso, Atene, Corinto, agli ben sa che esso è «scandalo ai Giudei e pazzia ai Greci»; ma sa altresì per l'esperienza fattane in sè stesso ed in migliaia di altri, in più di vent'anni di vita missionaria ricca di frutti, che la Parola della croce ch'è «pazzia a coloro che si perdono è, per coloro che si salvano, potenza di Dio» (1Corinzi 1:18 ; cfr. Giacomo 1:21). Egli è quindi pronto ad annunziarla, a fronte alta, con pienezza di convinzione, con entusiasmo d'apostolo, ai membri del Sinedrio giudaico, ai governatori romani in Cesarea, al re Agrippa, all'Imperatore, come allo schiavo Onesimo (cfr. Atti 21-28: Filemone; 2Timoteo 1:8). Le parole con cui Paolo dichiara perchè non si vergogna del lieto annunzio della salvazione, si possono giustamente considerare come l'enunciazione del tema, dell'Epistola. Poichè io non mi vergogno dell'Evangelo (le parole di Cristo sono un'aggiunta inautentica); perchè esso è potenza di Dio per la salvezza d'ogni credente, Malgrado la sua apparenza di debolezza, in quanto è semplice messaggio recato da inermi e deboli banditori, intorno ad un Crocifisso, l'Evangelo è potenza di Dio, cioè: il mezzo potente, pienamente efficace, di cui Dio si serve per salvare. «Quella, parola è come il braccio onnipotente col quale Dio strappa il mondo dalla perdizione e gli comunica la salvezza» (Godet). Per mezzo del Vangelo che non, è parola vana, Dio produce nel peccatore pentimento, pace, vita nuova, allegrezza, e speranza. La natura di quella potenza è indicata dalle parole: a salvezza. Essa ha per iscopo e per risultato la salvazione, ch'è quanto dire la liberazione dallo stato di condannazione e di schiavitù in cui trovasi l'uomo per via del peccato. Le parole: d'ognuno che crede indicano, ad un tempo, la universale destinazione dell'Evangelo, e l'unica, condizione della sua efficacia salutare: la fede. L'Evangelo non è potenza di Dio che operi dal di fuori sull'uomo volente o nolente; ciò non sarebbe conforme alla natura morale dell'uomo. La salvezza è offerta: dev'essere ricevuta dalla mano della fede che si appropria la grazia di Dio. Sotto quell'unica condizione individuale, l'Evangelo è per ogni uomo, senza distinzione alcuna, il mezzo della salvazione. del Giudeo prima, e poi anche del Greco. Salva il pagano come il Giudeo, sebbene a questi, per il privilegio che gli viene dalla vocazione sua di depositario e banditore delle rivelazioni di Dio, spetti l'onore di essere primo evangelizzato. Nato Giudeo, Gesù ha consacrato la sua, attività terrena ai Giudei ed i suoi apostoli hanno cominciato a predicare in Gerusalemme. Paolo stesso, in ogni città, principia l'opera dalla sinagoga per estenderla poi alla popolazione pagana. La missione d'Israele, come popolo, sussiste d'altronde, nonostante l'attuale sua reiezione ed avrà il suo compimento Romani 9-11. Ma come avviene egli che l'Evangelo sia potenza di Dio a salvezza dei credenti? Questo spiega l'Apostolo, in modo molto conciso, in Romani 1:17, con espressioni di cui la prima parte dell'Epistola sarà il necessario commento. Riferimenti incrociati:Romani 1:16Sal 40:9,10; 71:15,16; 119:46; Mar 8:38; Lu 9:26; 1Co 2:2; 2Ti 1:8,12,16; 1P 4:16 Dimensione testo: |