Apocalisse 2

1 Sezione Terza. Apocalisse 2:1-7. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA D'EFESO

Le lettere alle sette chiese sono dettate secondo un medesimo tipo: cominciano col designare l'autore - ripetendo, per lo più, uno dei tratti della visione precedente; viene quindi, il messaggio di lode o di biasimo colle relative esortazioni; da ultimo una promessa in forma simbolica fatta a chi vince, accompagnata da un invito generale a por mente al messaggio rivolto alla chiesa particolare.

All'angelo della chiesa d'Efeso scrivi:

Efeso di cui oggi non resta nulla salvo il sito occupato dalle capanne del villaggio di Aiosoluk, era allora la capitale della provincia senatoriale romana dell'Asia proconsolare, retta da un proconsole; era l'emporio principale di tutta l'Asia Minore, lo sbocco delle strade commerciali che dall'Eufrate facevan capo alle rive dell'Egeo. Era celebre per il culto di Diana il cui tempio era una maraviglia, e anche per lo sviluppo che vi avean preso le arti magiche. Paolo vi fondò la chiesa cristiana rimanendovi tre anni e mezzo e lasciandovi una comunità prospera guidata da un collegio di anziani ai quali rivolse, a Mileto, il discorso riferito in Atti 20. Dipoi, mandò a regger la chiesa e a continuarvi l'opera missionaria il suo fedel Timoteo 1Timoteo 1:3, quindi Tichico 1Timoteo 4:12. Nell'ultima parte del secolo venne a stabilirvisi l'apostolo Giovanni che, secondo i dati più antichi, vi terminò la sua lunga carriera.

Queste cose dice Colui che tiene le sette stelle nella sua destra, e che cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:

I tratti della visione Apocalisse 1:12-13 coi quali il Cristo caratterizza se stesso nel messaggio alla prima chiesa danno la ragione del suo intervento nella storia di tutte le chiese. Egli è Colui che tiene nella sua mano i conduttori delle chiese, che li manda, li protegge, li sostiene, li premia, ed anche li riprende, li toglie, li punisce. Egli è il Vivente, il supremo Pastore e Vescovo delle chiese, sempre attivo nel sovrintendere a tutta la loro vita esterna ed interna, nell'incoraggiare, nel riprendere, nel consigliare, nel sostenere.

2 Io conosco le tue opere.

Questa dichiarazione che traduce in parole il senso del simbolo degli occhi simili ad una fiamma di fuoco, è ripetuta letteralmente o in termini equivalenti al principio di ognuna delle lettere. Il termine opere abbraccia tutta l'attività della chiesa nelle sue svariate manifestazioni esterne e si estende ai moventi spirituali di esse, ai sentimenti del cuore. Alla nozione generale della condotta, fanno seguito delle indicazioni speciali che variano secondo le chiese.

e la tua fatica e la tua costanza,

Come il lavoro fisico costa fatica, così il lavoro spirituale per la causa di Cristo. Paolo loda i Tessalonicesi per 'la fatica della loro carità' ed esorta i Corinzi ad esser 'abbondanti sempre nell'opera del Signore sapendo che la loro fatica non è vana nel Signore' 1Tessalonicesi 1:3; 1Corinzi 15:58. Ci sono sforzi da fare, difficoltà da vincere; ma ci sono pure avversioni, inimicizie, calunnie, persecuzioni da sopportare da parte del mondo nemico; da ciò la necessità della paziente e perseverante costanza.

e che tu non puoi sopportare i malvagi.

La chiesa è stata attiva e perseverante nel bene, ma non indifferente di fronte al male che ha cercato di penetrare in essa. Vi è stata in lei una santa intolleranza verso i malvagi che compromettevano il buon nome della chiesa di fronte ai pagani e inquinavano la sua stessa vita. Li ha notati, li ha ripresi, e se ostinati, li ha espulsi dal suo seno (cfr. 1Corinzi 5:9-12).

e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non lo sono e li hai trovati mendaci;

Essendo la vita intimamente legata alla dottrina, la chiesa ha cercato di tener lontani da essa i seminatori di errori anticristiani che Paolo aveva preannunziato dicendo: «Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi dei lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e di fra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli dietro a sè; perciò vegliate...» Atti 20:29-30. Nella sua I Ep. 1G iovanni 4:1, Giovanni stesso raccomanda di provare gli spiriti per sapere se son da Dio; 'perchè molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo'. Nella lettera a Tiatiri si parla di una donna 'che si dice profetessa e insegna e seduce' i servitori di Cristo Apocalisse 2:20. La chiesa di Efeso ha vegliato, ed ha messo alla prova la dottrina e la vita dei dottori ch'eran venuti a lei spacciandosi per ispirati e inviati di Cristo come gli apostoli autentici, e l'esame dei fatti avea provato la falsità delle loro pretese. Spesso si parla nelle Epistole di persone che si dicevano ispirate 2Tessalonicesi 2:2, che si spacciavano per apostoli 2Corinzi 11:13; 12:11 o profeti e non insegnavano la verità cristiana. Giovanni Giovanni 1:10 raccomanda di non favorirli in alcun modo. Ignazio martire nella sua lettera agli Efesini dice: «Cantico che alcuni son passati da voi recando una cattiva dottrina e non avete loro permesso di seminarla fra voi; vi siete anzi turati gli orecchi per non ricevere quel ch'essi seminavano». Anche l'autore della Didachè raccomanda di 'provare colla vita e colle opere l'uomo che si dice ispirato'.

3 e hai costanza e hai sopportato [molte cose] per amor del mio nome e non ti sei stancato.

Questo vers. facendo seguito alla menzione dei malvagi non tollerati e dei falsi apostoli svergognati, si riferisce in modo particolare alla costanza nell'attaccamento alla verità e alla pazienza con cui la chiesa ha sopportato, per amor di Cristo, le calunnie, l'odio, le vendette di costoro.

4 Ma ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore.

La chiesa ha conservato la sua purezza morale e dottrinale, ha dimostrato costanza nelle prove e attività indefessa; ma lo sguardo del suo Signore penetra al di là di quel che si vede, fino alla fonte stessa della vita, al cuore; e il cuore non ha più i palpiti di una volta, il fervore di prima: l'amore pel Cristo redentore, l'amore pei fratelli che n'è la conseguenza si sono affievoliti, e quando il cuore si fa debole la vita intera n'è gravemente minacciata. Non per nulla il Nuovo T. intero fa dell'amore il dovere supremo che riassume tutti gli altri ed è l'anima di tutti. Col primo amore s'intende l'amore che avea caratterizzato la vita della chiesa nei suoi primordi. Si confr. l'esuberanza di amor fraterno manifestatasi tra i cristiani di Gerusalemme Atti 2:42-47; 4:34-36. L'espressione pare alludere a quelle di Geremia 2:2 ove l'Eterno rivolgendosi ad Israele come alla sua sposa e considerando il patto stretto al Sinai come un matrimonio, esclama: «Io ricordo l'amore che mi portavi al tempo del tuo sposalizio, quando tu camminavi dietro a me nel deserto, in terra non seminata». Per l'anima cristiana lo sposalizio con Cristo ha luogo quand'essa, pentita, si getta con fede nelle braccia del suo Salvatore consacrandosi a lui. Il senso profondo dell'amor di Cristo, la riconoscenza, la gioia del sentirsi salvata fanno sorgere nell'anima gli slanci del primo amore. La chiesa ha provato e manifestato nelle opere quell'amore; ma coll'andar del tempo, sia ch'essa non abbia coltivato come doveva la vita interiore di comunione con Cristo, sia che le defezioni, i tradimenti di parecchi suoi membri, le seduzioni dei falsi apostoli, le lotte impegnate abbiano creato un'atmosfera di sospetti; «E la carità di molti, secondo la parola di Cristo, s'è raffreddata» Matteo 24:12. Però lo stato della comunità non è disperato. In tre parole Cristo le traccia la via da seguire se non vuol scendere verso la morte.

5 Ricordati dunque donde sei caduto, e ravvediti, e fa' le opere di prima;

Deve tornare a considerar l'amor di Dio e del prossimo come l'alto ideale della vita cristiana e risalir verso le altezze da cui è caduta e perciò ravvedersi cioè riconoscere come caduta, come colpa grave l'aver abbandonato il primiero amore, umiliarsene e mostrar la sincerità del pentimento col far le opere di prima ispirate da quel duplice amore.

Se no verrò a te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti ravvedi.

Se la chiesa lascia morir l'amore ch'è la sua vita, essa perde il diritto d'esser contata fra le chiese di Cristo. Egli viene a lei per giudicarla e se non si pente, le ritira la sua luce ed il suo Spirito, considerandola come reietta. Questo venir di Cristo non è però quello dell'ultimo giudizio. «La chiesa d'Efeso restò ancora a lungo una delle grandi chiese cristiane; ma che strano cristianesimo quello dei teologi che condannando Nestorio diedero alla vergine Maria il titolo di madre di Dio e contribuirono a farne, per i cristiani del V secolo, la rivale della Diana efesina! Che strano cristianesimo quello dei dottori che alcuni anni dopo tennero in Efeso un concilio che fu chiamato dei briganti perchè finì in pugilato!» (De Perrot). Oggi, come fu detto, dell'antica città non resta più nulla. La luce del Vangelo è passata ad altre contrade.

6 Ma tu hai questo: che odii le opere dei Nicolaiti, le quali odio anch'io.

Tutto quel che c'è di buono nella chiesa Cristo non lo dimentica; la sua giustizia perfetta deve incoraggiar gli efesini a ravvivare il loro primo amore per lui. Loda il loro odio, non per le persone, ma per le opere dei Nicolaiti. Di costoro si parla nuovamente nella lettera a Pergamo Apocalisse 2:14-15 ove la loro dottrina è assimilata a quella di Balaam «il quale insegnava a Balac a porre un intoppo davanti ai figliuoli d'Israele, inducendoli a mangiar delle cose sacrificate agli idoli e a fornicare». Più oltre Apocalisse 2:20, nella lettera a Tiatiri, è mentovata «quella donna Gesabele che si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perchè commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agli idoli». Da questi dati risulta che c'era in parecchie, se non in tutte, le chiese d'Asia della gente che, sotto coperta di libertà cristiana e di fraternità, spingeva i cristiani a prender parte ai banchetti che accompagnavano i sacrifizi pagani e che si trasformavano in orgie oscene. Contro all'abuso della libertà Paolo a vea messo in guardia i Corinzi 1Corinzi 8-10, i Galati Galati 5:13, i Romani Romani 6 e così aveano fatto Pietro e Giuda nelle loro epistole. Quanto al nome di Nicolaiti non si hanno finora dati sicuri. Una tradizione raccolta nel secondo secolo, da Ireneo e da Ippolito, lo riannoda al diacono Nicola proselita antiocheno mentovato in Atti 6:5; altri lo deriva da un altro Nicolao rimasto ignoto; ed altri infine ci vede un nome simbolico con senso analogo all'ebraico Balaam: 'che consuma il popolo', mentre il greco Nicolaos vale: 'che vince il popolo'. La cosa è scarsamente probabile. Sono però concordi gli antichi scrittori nell'ammettere che la setta, sotto pretesto di libertà, predicava e praticava la licenza dei costumi.

7 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese:

L'avvertimento finale ripetuto nella chiusa di ciascuna delle sette lettere è rivolto a tutti quelli che, nel mondo intero, leggeranno i messaggi di Cristo alle chiese dell'Asia. Infatti il libro di cui fanno parte queste lettere è destinato alla lettura pubblica nelle assemblee cristiane (cfr. Apocalisse 1:3). Ciascun messaggio esprime il pensiero di Cristo di fronte allo stato particolare della chiesa cui è rivolto; ma ognuno che abbia orecchio per udir le cose spirituali e mente da capirle (cfr. Luca 8:8), saprà applicare al proprio stato gl'incoraggiamenti, le esortazioni, i biasimi e le promesse, contenute nelle varie lettere. I messaggi sono parola di Cristo: «Queste cose dice Colui...» e sono ugualmente parola dello Spirito Santo: «Ciò che lo Spirito dice...», perchè lo Spirito è dato a Cristo senza misura, tanto che è chiamato lo Spirito di Cristo e Cristo è 'Colui che ha i sette Spiriti di Dio' Apocalisse 3:1. È dunque come se dicesse: Chi ha orecchio ascolti ciò che io, per mezzo dello Spirito, dico alle chiese.

A chi vince io darò di mangiare dell'albero della vita che sta nel paradiso di Dio.

La ripetizione della formula: A chi vice inculca la grande verità che la vita cristiana è una guerra dalla quale nessuno si può esentare, ma nella quale anche il più debole dei santi può riuscir vittorioso. La vittoria personale sul male, su noi medesimi e sul mondo, è la condizione per poter mangiar del frutto dell'albero della vita. Secondo la narrazione della Genesi 2:9; 3:22,24, l'albero della vita che simboleggiava l'immortalità, era piantato nel mezzo dell'Eden e quando Adamo si rese disubbidiente a Dio, fu cacciato dal paradiso terrestre e gli fu preclusa la via all'albero della vita. Nella nuova Gerusalemme ricompare l'albero della vita sulle rive del fiume della vita e coloro che lavano le loro vesti hanno diritto di mangiare i frutti Apocalisse 22:2,14. Quel che nel C. 22. è chiamato la nuova Gerusalemme è chiamato qui, con allusione all'Eden, il paradiso di Dio. (Cfr. Luca 23:43). L'albero della vita, come l'indica il suo nome, simboleggia la vita nella sua pienezza, nella sua perfezione, la vita eterna nella comunione con Dio.

AMMAESTRAMENTI

1. I brevi ritratti delle sette chiese, coi loro lati belli e con quelli riprovevoli, offrono grande varietà; talchè non v'è chiesa dell'oggi che non vi possa scoprire quel che ad essa si applica in modo speciale. E quel che si dice delle chiese si può dire dei loro singoli membri. Ognuno che abbia volontà di ricevere istruzione, di progredire nella vita cristiana, troverà in queste lettere quel che si attaglia al proprio stato spirituale. A ricercare questi ammaestramenti per farne nostro pro siamo dal Signore stesso invitati in modo esplicito: «Chi ha orecchio, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».

2. Cristo non è lontano dalle chiese; egli che n'è il supremo Pastore e Sovrintendente cammina in mezzo ad esse e l'occhio suo ch'è come fiamma di fuoco le scruta e penetra, come penetra ogni singolo cristiano. Una chiesa può goder presso gli uomini buona riputazione, può aver di sè buona opinione, ma non è questo che conta. Quel che conta è il giudicio di Cristo fondato sopra una conoscenza perfetta. «Io conosco le tue opere», non la tua riputazione soltanto, non la fede soltanto che professi, ma le opere che ne sono il frutto, tutte le opere, quelle che si vedono e quelle che non si vedono, le azioni esterne e i sentimenti da cui procedono. Conosco il tuo passato e il tuo presente, conosco il bene e non lo dimentico, ma non chiudo gli occhi al male, anzi l'odio e lo riprendo. Conosco le possibilità, i privilegi, i talenti, le forze, le opportunità, i mezzi materiali di ogni chiesa, di ogni individuo, e il modo in cui tutto questo è adoperato.

Poniamo la nostra vita intera sotto la luce dello sguardo di Cristo. Nessun lato resti nell'ombra. Di ognuno Cristo deve poter dire come disse di Maria: «Ella ha fatto quel che per lei si poteva».

3. Efeso è lodata e quindi degna d'imitazione sotto parecchi aspetti:

a) Ha faticato (conduttori e membri tutti), ha sopportato con costanza molte cose per amor di Cristo: perdite materiali, calunnie, vituperi, angherie per parte dei pagani e dei Giudei o dei falsi cristiani e non si è stancata;

b) ha mostrato e mostra zelo per una sana vita morale della comunità onde il vangelo non sia disonorato dinanzi al mondo: perciò non può tollerare i malvagi nel suo seno, li riprende e, occorrendo, li espelle dalla fratellanza; in particolare odia la condotta dissoluta dei Nicolaiti che abusano della libertà cristiana. Quando una chiesa ha perduto il rispetto di sè e non sente più il torto fatto alla causa di Cristo col tollerare nel suo seno, senza protesta, ogni sorta di peccatori scandalosi, essa è caduta in uno stato pressochè disperato;

c) Efeso ha mostrato zelo anche per la sana dottrina sforzandosi di tener lontani i seminatori di errori che si son presentati, ora come difensori della libertà cristiana (mentre erano schiavi della corruzione), ora addirittura come apostoli di Cristo, da lui mandati e ispirati. Efeso ha sottoposto le pretese, l'insegnamento e la condotta di costoro ad un libero e severo esame in base al vangelo autentico ricevuto da Paolo, e gl'intrusi sono rimasti svergognati.

Quando una chiesa cessa dall'esser base e colonna della verità evangelica (non diciamo di 'scibbolet' senza importanza), essa non risponde più alla missione affida tale da Cristo.

4. «Ho questo contro di te», dice il Signore alla chiesa d'Efeso. Che cosa può esser mai da censurare in una chiesa sana in fatto di dottrina e di vita morale, in una chiesa che fatica e sopporta con costanza le prove? Il male non è di quelli che si vedono. Il corpo è intatto ma l'anima è malata; le membra funzionano, ma il cuore non batte più come dovrebbe. Efeso ha lasciato affievolirsi il suo primo amore. Forse ha trascurato la comunione col Salvatore mediante la preghiera; forse le lotte sostenute per la sana dottrina e per la purezza morale hanno suscitato critiche, dissapori, odii, rancori; forse col tempo gli allettamenti del mondo e del male hanno ripreso forza; fatto sta che la vita spirituale della chiesa è in pericolo. Senza l'amore per Cristo e per i fratelli, quell'amore ch'è l'anima della vita cristiana, che fa trovar lieve ogni fatica e dolce ogni sacrificio, quell'amore che infonde in tutte le opere come una soave fragranza, vana è l'ortodossia, 'lo zelo diventa arido a prepotente, la fermezza degenera in rigidezza, in durezza, la vigilanza in diffidenza, si confondono nello steso odio il peccatore ed il peccato, si dimenticano le sante compassioni del Cristo' (Tophel). Coi doni più alti, colla conoscenza più estesa, colla fede, coll'attività, se uno non ha l'amore, non è nulla. «Quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e quando dessi il mio corpo ad essere arso, se non ho la carità, ciò niente mi giova» 1Corinzi 13:3. Di fronte a quanto lo Spirito dice ad Efeso, che n'è della cristianità divisa, lacerata dagli odi e dalle invidie? Che n'è della nostra propria vita cristiana? L'amore è quel che Cristo apprezza maggiormente.

5. Tuttavia lo stato della chiesa d'Efeso non è disperato. Essa ha bisogno di fermarsi sulla china pericolosa che la conduce alla morte e di risalire verso le alture ov'era prima. E il Signore le indica la via da seguire e ve l'incoraggia nel modo più persuasivo. Si ricordi donde è caduta, dello slancio, dell'allegrezza, della pace che le riempiva il cuore nei tempi del primo amore. Si ravveda umiliandosi della sua caduta. Riprenda a far le opere di prima che ha in parte tralasciate. Consideri il perico lo d'esser reietta da Cristo e privata dell'alta missione affidatale di far risplendere la luce del Vangelo nella regione ove abita. E infine rifletta alla gloriosa promessa fatta a chi lotta contro il male e vince.

8 Sezione quarta. Apocalisse 2:8-11. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI SMIRNE

Il messaggio alla chiesa di Smirne è il più breve dei sette; non contiene biasimo alcuno, ma piuttosto incoraggiamenti e promesse.

E all'angelo della chiesa di Smirne scrivi:

Smirne fondata un migliaio d'anni prima di Cristo; patria presunta d'Omero, distrutta dai Lidii nel 6o secolo A.C. e di poi riedificata, occupava ed occupa tuttora uno dei siti più belli in fondo al golfo dell'Egeo che porta il suo nome. Era come Efeso città commerciale e ricca. Il culto di Bacco colle relative feste baccanali vi contribuiva alla corruzione dei costumi. Non abbiamo dati circa la fondazione della chiesa cristiana in Smirne; ma si presume che avvenisse durante il soggiorno di Paolo in Efeso, giacchè Demetrio si lagna Atti 19:26 che l'apostolo «abbia sviato gran moltitudine non solo in Efeso ma quasi in tutta l'Asia (proconsolare) dicendo che quelli fatti con le mani non son dèi». Ora Smirne era la seconda città della provincia, e non distava da Efeso che un 50 chilometri. Parecchi interpreti credono che il conduttore (l'angelo) della chiesa fosse, fin dagli ultimi anni di Domiziano, Policarpo che ad ogni modo fu vescovo di Smirne per lunghi anni fino al suo martirio avvenuto nel 155 o secondo altri nel 160 o 168, in tarda età. Nel 107 Ignazio, mandato a Roma in catene per esservi giudicato, ebbe occasione di fermarsi a Smirne e di farvi la conoscenza di Policarpo e dei cristiani ai quali scrisse poi una lettera in cui li dice «uniti in una fede salda... fermi nella carità», ringraziandoli per l'accoglienza fattagli.

Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita

(lett. visse). Le espressioni colle quali Cristo caratterizza se stesso son tolte da Apocalisse 1:17-18, e sono atte a confortare una chiesa che soffre e che deve prepararsi a sofferenze ancor più gravi. Cristo è l'eterno, 'lo stesso ieri, oggi, e in eterno', ha sperimentato la morte ma è uscito vittorioso dalla tomba; egli può quindi sostener chi è chiamato a sacrificar la vita del corpo, e assicurargli la vita eterna presso di sé.

9 Io conosco la tua tribolazione e la tua povertà (ma pur sei ricco)

Il testo ordinario porta: Conosco le tue opere e...' ma le parole mancano qui, come a Apocalisse 2:13, in due dei migliori codici (A e C) e sono soppresse dai critici più autorevoli. La tribolazione si riferisce alle persecuzioni, per parte sia dell'autorità romana sia dei pagani in genere. La povertà era forse dovuta solo al fatto che l'evangelo era stato occolto dalle classi più povere come a Corinto; ma poteva dipendere anche da spogliazioni patite dai cristiani (Cfr. Ebrei 10:34) durante la persecuzione di Domiziano. Però la povertà di beni materiali era largamente compensata dalla ricchezza spirituale degli smirnioti. Il contrasto tra la povertà materiale e la ricchezza spirituale si ritrova in Matteo 6:20; 2Corinzi 6:10; Giacomo 1:9; 2:5: «Dio non ha egli scelto quei che son poveri secondo il mondo perchè siano ricchi di fede ed eredi del regno che ha promesso a coloro che l'amano?» Più difficile a sopportare della povertà erano le calunnie lanciate contro la chiesa dall'odio dei Giudei, numerosi a Smirne.

e le calunnie lanciate da ( εκ procedenti da...) quelli che dicono d'esser Giudei e non lo sono, anzi sono una sinagoga di Satana.

Diodati tradusse il greco βλασφημιαν bestemmia, e lo si dovrebbe allora riferire, a Dio o a Cristo; ma qui si tratta piuttosto di una delle manifestazioni del malanimo giudaico contro ai cristiani ed è preferibile il senso attenuato ma legittimo di calunnia. Coloro che lanciano le calunnie dicono d'esser Giudei, si vantano discendenti d'Abramo e membri del popolo di Dio, e lo sono secondo la carne, ma, come nota Paolo Romani 2:28-29, «Giudeo non è colui ch'è tale all'esterno... ma Giudeo è colui che lo è interiormente». I veri figli d'Abramo son quelli che imitano la fede e le opere d'Abramo Romani 4; Giovanni 8. Quelli che credono in Cristo, secondo Galati 6:15-16. Sono 'l'Israele di Dio'. Chi si vanta discendente d'Abramo ed è nemico del Cristo che Abramo salutò da lontano, è da Gesù chiamato figlio del diavolo di cui serve la causa. Perciò i Giudei di Smirne, calunniatori dei cristiani, son chiamati una sinagoga di Satana. Mentre Israele era "l'assemblea dell'Eterno" (greco: sinagoga dell'Et. Numeri 16:3; 20:4 ecc.), costoro sono un'assemblea di Satana, l'avversario dell'Eterno, poichè contrastano con ogni mezzo l'estensione del regno del Messia. L'odio dei Giudei contro i banditori del Vangelo è largamente attestato dagli Atti. Cfr. 1Tessalonicesi 2:14-16. Giustino Martire li accusa di maledir nelle lor sinagoghe quelli che credono in Cristo. In Smirne si unirono ai pagani nell'accusare il vescovo Policarpo d'essere 'il distruttore degli dèi, colui che insegnava alla gente a non offrir loro nè sacrifizi nè culto'. Cfr. Atti 17:6. E quando il vecchio pastore fu condannato ad essere arso, i Giudei sebbene fosse sabato, mostrarono uno zelo particolare nel raccoglier legna per il rogo. Tertulliano chiama le sinagoghe giudaiche 'fonti di persecuzioni'.

10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, perché siate provati; ed avrete una tribolazione di dieci giorni.

Smirne è di già provata, ma la sua prova non è finita, anzi sta per diventare più grave; perciò il Signore la conforta a non temere le cose (ἁ ) - saran parecchie - che avrà da soffrire ancora. Alcuni membri della chiesa saranno imprigionati dall'autorità pagana spintavi dalle calunnie dei Giudei, e alla prigione potrebbe seguire la morte, come spesso accadeva. Cfr. Atti 12:1-3. Pagani e Giudei sono considerati come strumenti del più vero e grande nemico del regno di Cristo: il diavolo. Anche Paolo scrive agli Efesini che il combattimento dei cristiani non è tanto contro 'sangue e carne, ma contro... le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti' (Efesini 6:12; Cfr. 1P ietro 5:8). Lo scopo di Satana sarebbe reso meglio se si traducesse: perchè siate tentati (πειρασθητε ) s'intende: tentati a rinnegare Cristo; ma quel che il nemico compie a fin di male è controllato da Dio e fatto volgere a rinsaldare la fede dei credenti col farla uscir vittoriosa dalla prova. Dio regola l'entità e la durata di essa; la tribolazione durerà dieci giorni, il che accenna, se non a dieci giorni in senso letterale, ad un periodo di tempo molto breve. Non è il caso di veder qui predetta una persecuzione di dieci anni e meno ancora le dieci persecuzioni che si contano da Nerone a Diocleziano (64-303). I msc. oscillano tra abbiate (A), avete (C P) e avrete (alef e B2 Vulg. Sir. minusc.), lezione adottata dal Nestle e dalle Rivedute ingl. e franc. come rispondente meglio al contesto.

Sii fedele fino alla morte,

fedele all'evangelo fino a soffrir per esso la morte, se necessario. Cfr. Apocalisse 12:11; Ebrei 12:4.

e io ti darò la corona della vita.

L'immagine è tolta dalle gare ove si dava come premio al vincitore una corona corruttibile, mentre Cristo, il Vivente, promette a chi è fedele fino a sacrificar la propria vita corporale, un premio di valore infinito consistente nella vita beata, perfetta ed eterna. "Chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi avrà perduto la propria vita per me, esso la salverà" Luca 9:23-26... "Beato l'uomo che sostiene la prova; perchè essendosi reso approvato, riceverà la corona della vita che il Signore ha promessa a quelli che l'amano" Giacomo 1:12. Altrove si parla della 'corona della giustizia', della 'corona della gloria' 2Timoteo 4:7; 1Pietro 5:4; 1Corinzi 9:25; 2Timoteo 2:5.

11 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà punto offeso dalla morte seconda.

In forma negativa abbiamo qui la medesima promessa contenuta nel 'ti darò la corona della vita'. Chi vince lottando contro la tentazione di apostatare nella persecuzione, non riceverà danno (αδικεω cfr. Apocalisse 6:6; 7:2-3; Luca 10:19) dalla morte seconda che non avrà alcun potere sopra di lui. La morte seconda è così chiamata perchè segue la morte corporale. E mentovata ancora Apocalisse 20:6: 'su loro non ha potestà la morte seconda', Apocalisse 20:14; 21:8, ov'è identificata collo 'stagno di fuoco e di zolfo'. Gesù ha esortato i suoi a non temere coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l'anima; «temete piuttosto, ha soggiunto, Colui che può far perire e l'anima e il corpo nella geenna» Matteo 10:28. La morte seconda è la separazione eterna dell'anima da Dio ch'è la fonte di ogni vita 2Tessalonicesi 1:9; Matteo 25:41,46.

AMMAESTRAMENTI

1. La chiesa di Smirne è povera, eppur ricca: povera di beni materiali, perchè composta di persone non appartenenti ai ceti ricchi, influenti, colti; povera anche perchè spogliata dalla persecuzione; eppure ricca di beni spirituali, più preziosi e permanenti. Tali furono i primi discepoli di Cristo; non avevano nè oro nè argento; ma possedevano una potenza di vita spirituale capace di trasformare il mondo. Tale fu la chiesa di Gerusalemme, tale quella di Corinto e tali migliaia d'altre nel corso dei secoli. La povertà materiale non toglie ad una chiesa nè ad un'animale possibilità d'esser ricca in fede, ricca in amore per il suo Salvatore, in isperanza giuliva, in coraggio, in pazienza nel sostener le prove, in zelo per la causa dal Vangelo, in, umiltà, in amor fraterno, ricca di tutte le virtù che sono i frutti dello Spirito. Sia l'esempio di Smirne un conforto per i cristiani che sono tribolati o poveri. Il Signore conosce le loro prove e ricorda ad essi ed ai loro fratelli più agiati che i beni spi rituali sono di ben altro valore che quelli passeggeri.

2. 'Corruptio optimi, pessima'. I Giudei che son tali soltanto di nome e in virtù della loro discendenza carnale, non sono veri Giudei, membri del popolo di Dio, ma posson diventar una sinagoga di Satana. Così coloro che di cristiani hanno soltanto il nome, ma non hanno nè la fede nè la vita del discepolo di Cristo, non sono in realtà cristiani; e una chiesa composta di tali membri può diventare anticristiana ed essere uno strumento di Satana per calunniare e perseguitare i figliuoli di Dio.

3. La Chiesa di Cristo ha conosciuto nei primi secoli, le tribolazioni, le prigioni, le torture ed ogni sorta di supplizio per opera dei pagani e dei Giudei; ha conosciuto nel medio Evo e di poi sofferenze anche peggiori, infitte spesso da sedicenti cristiani e l'era delle persecuzioni non è peranco finita, giacchè la grande tribolazione avrà per strumento l'anticristo stesso uscito dall'apostasia generale. «Qual fu il segreto dell'eroismo dei martiri?» Lo stesso che quello di Smirne: il ricordo riconoscente delle sofferenze espiatorie di Cristo, la certezza della sua reale e possente presenza e la prospettiva della gloria con lui...: 'Colui ch'è stato morto'! Quante cose in quelle parole! Se Gesù ha sofferto tanto per la Chiesa, la Chiesa non può ella soffrire per Gesù, compier le sofferenze di lui continuando l'opera sua!... A questo s'aggiungeva il sentimento della presenza continua di Cristo in seno alla Chiesa. Gesù mori, ma ora vive, vive per i suoi, vive nei suoi, congioisce con essi, con essi ci piange... Gesù è coi cristiani nelle carceri, nelle miniere, nel deserto, sul rogo o nel circo. 'Con che gioia, iscrive Cipriano, Cristo ha combattuto e vinto nei suoi! E stato presente nel combattimento, rialzando, fortificando, animando i campioni della sua causa. Colui che per noi ha vinto la morte, non cessa dal trionfar d'essa in noi'. E infine, coi ricordi del passato ed il pensiero del presente, c'è stata la visione anticipata dell'avvenire. 'Sii fedele fino alla morte, e io ti darò la corona della vita'. Quante volte, alla vigilia del supplizio, i carcerati non hanno essi veduto in sogno Gesù Cristo stesso che in una mano teneva una corona e coll'altra additava loro la croce e, dietro la croce, il cielo!... Senza croce, non v'è corona! Perchè Cristo possa, se così bisogna, soffrire in noi, convien che fin d'ora egli viva in noi e noi in lui! Ivi è la forza, ivi la felicità in mezzo alle tribolazioni; ivi la pazienza! Ivi altresì sarà il segreto del coraggio per tutti quelli che hanno da sopportare le piccole persecuzioni nel laboratorio, nell'ufficio, nella famiglia! Cerchiamo di esser fedeli nella pazienza, nella carità, nell'umiltà, fedeli nelle piccole come nelle grandi cose e riceveremo un giorno la corona della vita» (Da Tophel).

12 Sezione Quinta. Apocalisse 2:12-17. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI PERGAMO

E all'angelo della chiesa di Pergamo scrivi:

Pergamo, oggi Bergamah, era città importante della Misia, situata su di un contrafforte dell'Hermos e dominante la valle del Caico. Fu sede di un regno dal 282 al 133 A.C. Il suo ultimo re Attalo III la cedette per testamento ai Romani che ne fecero, secondo alcuni, la capitale ufficiale della provincia d'Asia e ad ogni modo la sede di un tribunale superiore. Patria di Galeno, aveva una rinomata scuola di medicina ed una biblioteca di ben 200000 volumi. Quando fu proibita l'esportazione del papiro d'Egitto, Pergamo inventò la pergamena per trascrivere i libri. Fu città devota ad Esculapio e i malati accorrevano al suo santuario perché vi si compievano delle guarigioni credute miracolose. D'altronde vi si adoravano altre divinità quali Giove Sotèr il cui altare da un'alta terrazza dominava la città, Dionysos o Bacco i cui misteri, come quelli di Venere, erano orge d'immoralità. Fin dal 29 A.C. vi fu eretto un tempio ad Augusto ed a Roma, principio del culto, che poi si vi estese, degli imperatori. Non sappiamo né quando né da chi vi sia stato introdotto il cristianesimo, ma quando le fu rivolto il messaggio di Cristo, la chiesa aveva di già subita vittoriosamente la prova del fuoco.

Queste cose dice Colui che ha la spada acuta a due tagli:

Cfr. Apocalisse 1:16. Cristo si presenta così come colui che riprende colla sua parola e che infligge punizioni come giudice. Vedi Apocalisse 2:16.

13 Io conosco dove tu abiti cioè là dov'è il trono di Satana.

Varie ragioni sono state date per spiegar come Pergamo potesse esser chiamata il trono di Satana, la sede, il centro del suo potere in quella regione. Ne notiamo due che hanno valore speciale: Pergamo era un centro d'idolatria pagana per i suoi molti templi votati a molte divinità, per i misteri che vi si celebravano con gran concorso di gente e scempio d'ogni moralità; Pergamo, come sede ufficiale dell'autorità romana e del tribunale, era luogo ove poteva più facilmente originar la persecuzione contro i cristiani, qualora fossero denunziati come avversi all'adorazione dell'imperatore. Date queste condizioni difficili che Cristo conosce, è tanto più lodevole la fermezza dimostrata dalla chiesa anche in giorni di grave pericolo.

eppur tu ritieni fermamente il mio nome e con rinnegasti la mia fede neppur nei giorni in cui Antipa, il mio fedel testimone, fu ucciso tra voi, dove abita Satana.

Ritener saldamente il nome di Gesù è attenersi alla conoscenza che di lui ci da il Vangelo, un ritenerlo come il vero Figliuol di Dio fatto uomo per salvarci, ed elevato ora alla destra di Dio come Signore di tutte le cose. La fede di Gesù è la fede che ha lui per oggetto, la fede in lui. Di Antipa non sappiamo nulla di sicuro all'infuori di quel che si legge qui; non si può quindi affermar che fosse vescovo e che soffrisse il martirio in un dato modo come vollero le leggende di quattro o cinque secoli più tardi. In quell'occasione, la chiesa s'era trovata in pericolo, ma non aveva rinnegato la sua fede in Cristo.

14 Ma ho alcune poche cose contro di te, cioè che tu hai quivi di quelli che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac a porre un intoppo davanti ai figliuoli d'Israele inducendoli a mangiar delle cose sacrificate agli idoli e a fornicare.

Nei Numeri 25:1-2 si narra che, stando Israele in Sittim, cominciò a fornicare colle figliuole di Moab le quali invitarono gl'Israeliti ai sacrifizi offerti ai loro dèi. Il popolo accettò di prender parte a quei conviti e si prostrò dinanzi a Baal. In Numeri 31:16 vien detto che le figliuole di Madian e di Moab usarono quell'astuzia per trascinar Israele all'idolatria, ad istigazione di Balaam. Di Balac non si parla, ma il consiglio del falso profeta ha dovuto esser comunicato alle moabite per mezzo di Balac. L'espressione dottrina di Balaam vale qui: sistema insegnato e consigliato da Balaam per sedurre il popolo.

15 Così hai anche tu,

come l'Israele antico,

di quelli che in simil guisa professano (lett. ritengono) la dottrina dei Nicolaiti,

i quali come osservammo Apocalisse 2:6, sotto coperta di libertà cristiana, partecipavano ai conviti che seguivano i sacrifizi agli idoli e non rifuggivano dalla fornicazione.

Si trattava di alcuni membri soltanto della chiesa, ma siccome questa non si era mostrata, al pari di Efeso, zelante nel riprenderli, e, quando fosse necessario, nell'espellerli, il Signore la tiene responsabile e l'invita a pentirsi e a cancellare quella macchia.

16 Ravvediti dunque; se no verrò tosto a te e combatterò contro a loro con la spada della mia bocca.

Si è veduto in, queste parole l'annunzio che Cristo susciterebbe in seno alla chiesa dei profeti che, armati della parola di Dio, ridurrebbero al nulla i vani sofismi coi quali i Nicolaiti mascheravano le loro infedeltà. Ma le espressioni di cui il Signore si serve: 'Verrò tosto a te', 'combatterò (o guerreggerò) contro a loro' dinotano un intervento diretto di Cristo per riprendere e punire i colpevoli. La spada della sua bocca' è, sì, la sua parola, ma la parola del giudice che pronunzia sentenze tosto eseguite. Così in Apocalisse 19:15 si legge: 'E dalla bocca gli usciva una spada affilata per percuoter con essa le nazioni'; e in 2Tessalonicesi 2:8 è detto che il Signore distruggerà l'empio «col soffio della sua bocca». Cfr. Isaia 11:4 e anche la punizione minacciata contro la Gesabele di Tiatira e quelli che la seguono Apocalisse 2:20-23. Cf. 1Corinzi 11:30-32.

17 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò della manna nascosta.

A chi vince gli allettamenti del mondo rinunziando a bere «il calice dei demoni» e a «partecipare alla mensa dei demoni» 1Corinzi 10:20-22, Cristo promette un cibo celeste, alimento di una vita superiore di santità e di perfetta beatitudine. Come gl'Israeliti lasciando l'Egitto pagano furon da Dio nutriti di manna, del 'pane degli angeli', del 'pane di Dio', così avverrà all'Israele secondo lo spirito. Cristo provvederà a soddisfare tutti i bisogni e le aspirazioni del suo popolo in un modo che la mente umana non saprebbe attualmente immaginare. La manna celeste è per ora nascosta. Con ciò si allude forse al fatto che della manna del deserto si conservava nell'arca un vaso pieno, come ricordo Esodo 16:32. A mente di altri, sarebbe qui spiritualizzata la tradizione, secondo la quale, prima della distruzione del tempio, Geremia avrebbe salvato e nascosto l'arca con ciò che conteneva, ed essa dovea restar nascosta fino all'avvento, del Messia. Comunque sia di ciò, va esclusa l'idea che la 'manna nascosta' significhi Cristo stesso come in Giovanni 6. ovvero il «cibo spirituale ch'è l'eucaristia nel tempo, pegno e figura dei beni della vita futura» (Allo). La promessa concerne soltanto i beni futuri assicurati da Cristo a chi avrà, nella vita presente, vinto il male.

e gli darò una pietruzza bianca e sulla pietruzza scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve.

Nell'antichità le pietruzze o calcoli bianchi servivano a vari usi: erano il voto d'assoluzione di un accusato, la tessera d'ingresso agli spettacoli, ai banchetti, con sopra scritto il nome dell'invitato. Più probabilmente si allude qui all'uso di dare ai vincitori delle gare olimpiche una pietruzza bianca (color della vittoria) con sopra il nome del vincitore. Una tale tessera dava al vincitore il diritto a vari onori e privilegi quando facea ritorno alla sua città. A chi vince nella gran lotta terrena, sono da Cristo assicurati gli onori e la gloria nella patria celeste. Coloro che vengono dalla gran tribolazione son vestiti di vesti bianche ed hanno delle palme in mano e stanno davanti al trono di Dio per servirlo nella piena felicità del cielo Apocalisse 14:9-17. Il nome nuovo sarebbe semplicemente un nome dato da Dio al vincitore e caratterizzante la lotta sostenuta e la vittoria da lui riportata mercè la grazia di Cristo. Così Giacobbe dopo la lotta di Peniel fu chiamato Israele (che lotta con Dio). Nessuno lo conosce se non colui che lo riceve, perchè le lotte e le vittorie di un'anima sono cosa d'esperienza individuale che solo Dio conosce. «Vuoi tu sapere qual sarà il nuovo nome che riceverai? Vinci. Prima, tu lo chiederesti invano; dopo la vittoria, lo leggerai subito sulla pietruzza bianca» (Bengel).

AMMAESTRAMENTI

1. Vi sono sulla terra dei luoghi ove Satana abita, delle città che sono il suo 'trono', delle società o comunità che son sinagoghe di Satana; luoghi e società ove la potenza del male si spiega in modo più completo sia coll'oscurar le menti, sia col corrompere i cuori ed i costumi, sia coll'opporsi, con ogni mezzo, alla verità ed a coloro che l'abbracciano. Portar l'evangelo in cotali fortezze di Satana richiede eroismo; tenere ivi alta la fiaccola del cristianesimo non è cosa facile; eppure anche in quei luoghi tenebrosi Cristo vuol portare la sua luce, quelle fortezze del nemico le vuol conquistare, ed ai suoi che occupano tali posti pericolosi egli infonde coraggio. col dir loro: 'Conosco dove tu abiti', le tue difficoltà, le tue tentazioni, i tuoi pericoli: non temere, sii fedele, risplenda la tua luce, sii il sale della terra'. Chi potrebbe oggi enumerare le, fortezze di Satana smantellate da Cristo, le tribù abbrutite redente, le terre popolate dai cannibali trasformate in paesi cristiani?

2. Di Antipa non sappiamo altro che questo egli fu ucciso in Pergamo perchè cristiano. Ma l'elogio che di lui fa Cristo, sebbene brevissimo, vale più di tutte le biografie e di tutti gli elogi umani. Dice letter.: "Antipa, il mio testimone, il mio fedele ". Non importa che la nostra vita sia oscura ed umile, l'essenziale è che siamo dei testimoni fedeli di Cristo e ch'Egli ci riconosca per tali. L'eroismo del Milite ignoto è quello che vince le battaglie.

3. La chiesa di Pergamo è lodata per la fermezza dimostrata nei giorni della persecuzione e del pericolo. «Nei giorni in cui tutto è calmo e splende il sole, non è difficile benedire Iddio fra mezzo ai tanti beni materiali di cui siamo circondati. Ma quando incontriamo le tribolazioni, quando appare all'orizzonte la nuvoletta foriera di tempesta, quando crollano i nostri piani lungamente accarezzati, quando si squagliano gli amici e vien meno la salute, allora la nostra fede è messa alla prova e ad una prova difficile. E se fossimo oggi posti nella situazione dei cristiani di Pergamo, quanti riterrebbero fermamente il nome di Cristo e non rinnegherebbero la sua fede»? (Tait).

4. Pergamo è rimasta fedele di fronte alle minacce della violenza e perciò Satana, mutando tattica, cerca di rovinarla corrompendola col mezzo di cristiani rilassati che abusano della libertà: Quel che le persecuzioni durate tre secoli contro la Chiesa antica non avevano ottenuto, l'ottenne la mondanità penetrata largamente in essa, nel IV secolo, con Costantino. Invece di cristianizzare il mondo, la chiesa fu mondanizzata. Chi ha intendimento badi alle lezioni della storia.

E pericoloso scherzare col fuoco e camminar sull'orlo d'un precipizio; così sono pericolosi i compromessi col mondo e non è prudente nè caritatevole verso i fratelli usare della libertà fino all'estremo suo limite. Il Vangelo non fa della casistica, proibendo per es. questo o quel divertimento o passatempo, ma dà delle direttive generali a cui deve ispirarsi la condotta del cristiano: Non amate il mondo; fate tutto alla gloria di Dio; non violate il supremo comandamento della carità; fuggite il male sotto tutte le sue forme.

18 Sezione Sesta. Apocalisse 2:18-29. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI TIATIRI

La lettera alla chiesa di Tiatiri è la più lunga delle sette.

E all'angelo della chiesa di Tiatiri, scrivi:

Tiatiri era stata fondata da Seleuco I come colonia macedone formata dai soldati d'Alessandro Magno e loro figli. Situata nella valle del Lico a Sud-Est di Pergamo, sulla via romana conducente a Sardi, Filadelfia e Laodicea, era dedita al commercio ed all'industria. Vi abbondavano le associazioni o corporazioni operaie fra cui quella dei tintori resasi celebre. Lidia la mercante di stoffe purpuree a Filippi Atti 16:14 era oriunda di Tiatiri. La città, che oggi chiamasi Akhissar, passò sotto il dominio dei romani nel 190 a.C. Vi si adoravano Apollo e Artemide. Non abbiamo dati circa la fondazione della chiesa cristiana ivi esistente. L'attribuirla a Lidia è pura supposizione.

Queste cose dice il Figliuol di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco e i cui piedi sono come terso rame:

Il titolo di Figliuol di Dio implicante la natura divina, è dato esplicitamente a Cristo in questo passo solamente del libro; ma è implicito in tutti i luoghi ove si parla di Dio come Padre di lui. Esemp. Apocalisse 2:28; 3:5,21; 14:1. Cristo fu condannato come bestemmiatore per essersi chiamato Figliuol di Dio Luca 22:70. Perchè tale, egli appare in Apocalisse 1:14-15. come avente gli occhi simili a fiamma di fuoco, capaci di penetrare nei più nascosti recessi, d'investigar le reni e i cuori, come dirà in Apocalisse 2:23. I suoi piedi possono ridurre al nulla i suoi nemici.

19 Io conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e il tuo ministerio e la tua costanza.

Tutto quel ch'è degno di lode in Tiatiri è rilevato con cura, perchè seguirà un biasimo. La chiesa possiede le due grandi forze dinamiche produttrici di attività e di costanza: l'amore per Dio e per gli uomini, la fede nel Cristo e nella verità da lui insegnata. L'amore si manifesta nel ministerio ossia nel servizio ( διακονια) che compie a pro dei fratelli poveri, dei malati, degli orfani e delle vedove, dei perseguitati, ecc. Cfr. Romani 15:25-28; 1Corinzi 16:15; Ebrei 6:10; 2Giovanni 5-8. La costanza ch'è frutto di salda fede si palesa di fronte all'odio, agli attacchi, alle persecuzioni dei nemici.

e che le tue opere ultime sono più abbondanti delle prime.

All'opposto di Efeso che declina, Tiatiri progredisce nella quantità e qualità delle sue opere. Non è dunque il caso di rappresentar questa chiesa come moribonda, come sopraffatta dai Nicolaiti e ridotta ad una debole minoranza di fedeli.

20 Ma ho questo contro a te che tu tolleri quella donna Gesabele, che si dice profetessa e insegna e seduce i miei servitori perchè commettano fornicazione e mangino cose sacrificate agli idoli.

Il rimprovero rivolto a Tiatiri rassomiglia quello fatto a Pergamo; solo qui il male è personificato in una donna cui è dato il nome simbolico di Gesabele, la moglie di Acab, che tanto fece in Israele per sostituire al culto dell'Eterno, quello pagano di Baal 1Re 16; 2Re 9:22. Esiste infatti nella chiesa di Tiatiri, e vi è tollerata, una donna, probabilmente influente e ricca, che pretende d'essere profetessa, cioè organo di rivelazioni divine, e sparge colla parola e coll'esempio la dottrina dei Nicolaiti secondo la quale i cristiani dovevano ritenersi liberi di mangiar carni sacrificate agl'idoli e di partecipare ai banchetti che accompagnavano i sacrifizi pagani - banchetti che terminavano per lo più in orgie immorali. Mentre Efeso s'era mostrata zelante nel non sopportare i malvagi, la chiesa di Tiatiri non ha avuto il santo coraggio di riprendere e di espellere dal suo seno, se necessario, la sedicente profetessa, sia che la sua pretesa all'ispirazione fosse accettata a occhi chiusi, sia che si avesse riguardo alla posizione elevata di quella nuova Gesabele. Una parte dei msc. legge: 'la tua moglie Ges.' ( γυν. σου - A. Q. minusc.) e si tratterebbe allora della moglie del soprintendente della chiesa: La maggior parte dei critici, però, considera quella lezione come dovuta a una svista di copista e si attiene al testo dei codici alef C P e min., anche perchè è difficile ammettere che fosse tollerato come vescovo della chiesa chi avesse avuto una tale consorte. D'altronde, più oltre, si parla di lei e dei suoi figli come di gente che non ha legami di parentela col conduttore. Parte degli interpreti vedono in Gesabele, non una donna vera e propria, ma la rappresentazione simbolica di una setta o d'un partito nicolaita formatosi in seno alla comunità cristiana, i cui capi si dicevano ispirati e cercavano di attrarre al loro latitudinarismo i fedeli. Però, quando si tratta di un partito, si dice, come nella lettera a Pergamo Apocalisse 2:14: «tu hai quivi di quelli che professano...», mentre qui le caratteristiche sono personali: 'quella donna che si dice profetessa e insegna e seduce... non vuol ravvedersi... io getto lei sopra un letto... metterò a morte i suoi figliuoli...'. Se una Priscilla, se la 'Signora eletta' della 2Giovanni e tante altre, sono state strumenti di Cristo per la diffusione del Vangelo, non è meraviglia che Satana abbia anch'egli adoprato delle donne per corrompere la dottrina e la morale della Chiesa. Si crede da molti che l'organizzazione degli operai e dei negozianti in corporazioni di mestieri abbia favorito la propaganda nicolaita, giacchè chi voleva fare affari doveva appartenere alle corporazioni, le quali, in occasione di feste o banchetti, assumevano carattere religioso pagano. I cristiani potevano, quindi, esser tentati di paganeggiare.

21 E io le ho dato tempo per ravvedersi ed ella non vuol ravvedersi della sua fornicazione.

La longanimità di Cristo dura da tempo verso la Gesabele di Tiatira; il che prova che da tempo ella sta compiendo la sua opera deleteria. Inviti a pentimento li ha potuti ricevere in varie guise, ma la sua volontà ch'è quanto dire il suo cuore, è rimasta ostinata nel suo peccato ch'è chiamato 'fornicazione' non in senso figurato solamente, ma in senso proprio, come risulta da Apocalisse 2:20,14. Un tale indurimento trae su di essa e sui suoi seguaci il giudicio del Signore.

22 Ecco io getto lei sopra un letto

s'intende di malattia e di dolore Salmi 41:4.

e quelli che commettono adulterio con lei in una gran tribolazione se non si ravvedono delle opere d'essa.

Il testo ord. porta: 'delle opere loro' con A, ma si ritiene una correzione inautentica. Il testo emendato conduce a considerar quelli che commettono adulterio con lei, non come i suoi amanti, ma come i suoi seguaci che accettano la sua dottrina e imitano la sua condotta commettendo le stesse infedeltà (adulterii, nel linguaggio dei profeti dell'Antico Testamento) contro a Cristo, alla sua dottrina e ai suoi comandamenti. Il con lei vale: 'al par di lei'. La gran tribolazione che sta per colpirli perchè accoppiano pratiche pagane e immoralità alla loro professione cristiana, pare designare una qualche grave calamità, forse la pestilenza mentovata in Apocalisse 2:23.

23 E ucciderò colla peste i suoi figliuoli;

Molti vedono nei figliuoli di Gesabele i suoi adepti in senso completo, o li identificano con 'quelli che commettono adulterio con lei'; ma è più semplice il considerarli come suoi figliuoli in senso proprio e il veder nella loro morte un secondo castigo inflitto alla madre colpevole. Non è necessario supporre che fossero figliuoli di fornicazione. Il greco potrebbe tradursi: ucciderò colla morte (ενθανατω ) considerandolo come una forma dell'ebraismo 'morir di morte', 'sian fatti morir di morte' (Genesi 2:17; Levitico 20:10 e seg.); ma col verbo 'uccidere' la formula non risponde più all'ebraico e contiene l'indicazione dell'arma che serve ad uccidere e questa è la mortalità o la peste. Il greco thànatos ha infatti quel senso meno ordinario in varii luoghi, per es. Apocalisse 6:8; Ezechiele 33:27 ove il greco dei LXX, identico a quello del nostro passo, risponde all'ebraico 'morranno di pestilenza' (dèber). Di siffatti interventi disciplinari severi del Signore, abbiamo altri esempi nella storia della chiesa primitiva: Anania e Saffira, i Corinzi profanatori della S. Cena 1Corinzi 11:30-32, l'incestuoso di Corinto 1Corinzi 5:5, Imeneo ed Alessandro 1Timoteo 1:20. Lo scopo di cotesti castighi è quello di far sentire alle chiese che nulla sfugge all'occhio di fiamma del Signore, che nessuno può farsi beffe di Dio Galati 6:7 e che tutti lo devono temere Atti 5:6,11.

e tutte le chiese,

non quelle d'Asia solamente, nè quelle soltanto del primo secolo,

conosceranno che io son colui che investigo le reni e i cuori,

i più segreti pensieri e le più recondite disposizioni Geremia 11:20; Romani 8:27;

e darò a ciascun di voi,

quali che siano la sua posizione sociale e le sue pretese religiose,

secondo le opere vostre.

Il voi è rivolto qui specialmente ai paganeggianti.

24 Ma agli altri di voi in Tiatiri che non professate (lett. che non hanno) questa dottrina,

la dottrina della sedicente profetessa,

e non avete conosciuto le profondità di Satana, come le chiamano, io dico:

Alla parte della comunità rimasta sana, non infetta dalla dottrina nicolaita e immune dai vizi di quella setta, Cristo rivolge incoraggiamenti e promesse. L'espressione le profondità di Satana è stata intesa in due modi. Siccome gli gnostici si vantavano di conoscere 'le profondità di Dio' 1Corinzi 2:10, cioè tutti i misteri della natura e dell'attività di Dio, e si abbandonavano a questo riguardo alle più assurde speculazioni, Cristo userebbe qui d'ironia e la frase si potrebbe parafrasare così: 'e non avete accettate per buone le speculazioni insane che quelli chiamano le profondità di Dio, ma che vanno piuttosto chiamate le profondità di Satana, il principe della menzogna, il padre dell'errore'. Bisogna notare però che Cristo invece di dire non avete accettato dice: 'non avete conosciuto...'. Inoltre, se ci fosse qui l'ironia che gl'interpreti vogliono vedervi, essa sarebbe accennata in qualche modo, mentre non lo è. Meglio quindi attenersi all'opinione di chi vede nell'espressione un'allusione, non alle dottrine, ma alle pratiche immorali degli gnostici Nicolaiti. Nel loro dualismo gli gnostici esaltavano la conoscenza, e non si curavano della vita pratica. Per loro, il male era nella materia; perciò gli uni martoriavano il corpo coll'ascetismo, mentre altri lo sprezzavano abbandonandolo alla dissolutezza e pretendevano ciononostante di conservare puro ed incontaminato lo spirito. Si vantavano di entrar nel campo di Satana e di uscirne illesi, di attraversar le fiamme del vizio senza bruciarsi, di scender nel pantano della corruzione senza lordarsi. Questo chiamavasi nel loro gergo: 'conoscer le profondità di Satana'. A coloro che a Tiatiri avevano resistito agli errori ed alle pratiche immorali di Gesabele, il Signore dice:

Io non v'impongo altro peso. Soltanto quel che avete, tenetelo fermamente finché io venga.

La lettera della Conferenza di Gerusalemme Atti 15:28 contiene l'espressione: «E parso bene allo Spirito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all'infuori di queste cose... cioè che v'asteniate dalle cose sacrificate agl'idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione». A motivo di questa coincidenza d'espressione, molti credono che la parola di Cristo a Tiatiri si riferisca all'astenersi dalle cose sacrificate agl'idoli e dalla fornicazione. E certo, queste cose sono comprese; ma non si può supporre che i cristiani di Tiatiri del 95 avessero presente un'espressione di una lettera di quasi mezzo secolo prima, scritta ai credenti di altre regioni e riferentesi anche ad altre cose.

25 La parola di Cristo torna a dire: Non v'impongo altro peso nè di prove nè di doveri all'infuori di quello che avete fedelmente portato finora. Siete nella verità dottrinale e morale; ritenetela fermamente uniformandovi la vostra vita e resistendo a ogni seduzione finchè io venga.

26 E a chi vince e persevera nelle mie opere (lett. osserva le mie opere ) sino alla fine, io darò potestà sulle nazioni ed egli le reggerà con una verga di, ferro, frantumandole a mo' di vasi d'argilla (lett.: come si frantumano i vasi d'argilla), come anch'io ho ricevuto quella potestà (lett., come anch'io ho ricevuto) dal Padre mio.

Il vincere per i fedeli di Tiatiri consiste nell'osservare con perseveranza, nonostante le tentazioni, quel che Cristo ha ordinato. Son queste, le sue opere per opposizione alle 'opere di Gesabele' Apocalisse 2:22.

27 La promessa è tolta dal Salmi 2 ove l'Eterno, di fronte al mondo ribelle, proclama di aver costituito qual re sulle nazioni, il Messia, dandogli potestà di reggerle e, di giudicarle. Cfr. Apocalisse 19:15. A questa gloriosa potestà regale Cristo promette di associare i suoi che nella lotta contro i traviamenti pagani avranno riportato la vittoria. Ripetutamente nell'Apocalisse si parla della potestà regale a cui il Signore innalza i fedeli. Cfr. Apocalisse 1:6; 3:21: «A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono». In Apocalisse 4:4 i 24 anziani hanno in capo delle corone; in Apocalisse 5:10 si dice dei riscattati d'ogni tribù che «regneranno sulla terra». In Apocalisse 20 i martiri e quelli che non hanno adorato la bestia tornano in vita e regnano con Cristo mille anni. Anche nella 1Corinzi 6:2 Paolo scrive: 'Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo'? Cfr. Luca 19:17; 22:29; Daniele 7:8,27. La citazione del Salmi 2:9 è fatta secondo la LXX che ha letto tireem pascerai, reggerai, invece di terôem, fiaccherai, spezzerai. La verga di ferro rappresenta la severa giustizia e non ha che fare colla scomunica nè col pastorale episcopale, come alcuni hanno immaginato.

28 E gli darò la stella mattutina.

In Apocalisse 22:16 Cristo dice: «Io son... la lucente stella mattutina»; perciò molti interpreti intendono qui: 'Io gli darò me stesso, gli comunicherò la pienezza delle mie grazie'. E, però poco naturale che Cristo parli così di sè, senza accennarlo in alcun modo. La stella mattutina in 2Pietro 1:19 simboleggia la piena luce e la gloria in cui entreranno i, riscattati alla Parusia di Cristo. In Daniele 12:3 si legge «coloro che ne avranno condotti molti alla giustizia brilleranno come le stelle, per sempre»; Gesù annunzia che, dopo il giudizio, «i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro». Tenendo conto di questi passi, la promessa di Apocalisse 2:28 avrà questo senso: 'Gli darò lo splendore glorioso della più lucente fra le stelle'.

29 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

Mentre nelle tre prime lettere questo ammonimento precede la promessa fatta al vincitore, nelle quattro ultime esso chiude la lettera. La lieve variazione formale, non muta la sostanza.

AMMAESTRAMENTI

1. La chiesa di Tiatiri è nell'insieme sana. Essa ha le cose essenziali alla vita di una chiesa: fede e costanza, amore e le opere che lo manifestano; e la vita in essa non è stazionaria poichè le sue opere ultime sono più abbondanti delle prime. Così ha da essere di ogni comunità e di ogni anima cristiana. 'Alla fede va aggiunta la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la continenza, alla continenza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l'amor fraterno, all'amor fraterno la carità' 2Pietro 1:5-11. La chiesa ch'è soddisfatta di sè non progredisce ed, è in pericolo d'indietreggiare. Paolo, sapendo di non esser arrivato ancora alla perfezione, da buon atleta, dimentica le cose che stano dietro e si protende verso quelle che stanno davanti, proseguendo il corso verso la meta Filippesi 3:12-14. La perfetta statura di Cristo non si raggiunge in un giorno ma, richiede tempo non breve.

2. È raro il trovar nella Chiesa di Dio delle donne che corrompano la fede ed i costumi del popolo. Le donne, al contrario, sono state le prime a ricever la verità e le seguaci più devote del Signore. Nessun encomio è pari a quello che Cristo pronunziò su Maria di Betania quando gli unse i piedi d'olio profumato: «In tutto il mondo, dovunque sarà predicato quest'evangelo, anche quel che costei ha fatto sarà raccontato in memoria di lei» Matteo 26:13. 'Non fu la Cananea lodata per la grandezza della sua fede e non furon le pie donne le ultime preso alla croce e le prime alla tomba? La donna Gesabele è dunque una eccezione e possiam considerare la sua perversità e la sua apostasia come un caso isolato dovuto alla sete di piacere e all'amor del mondo' (Tait). Tuttavia il suo caso contiene un avvertimento alle donne cristiane, ed anche ai conduttori delle chiese onde tengano gli occhi aperti sulle influenze che si esercitano in seno al loro gregge.

3. Gesabele si dice profetessa, si attribuisce l'ispirazione. Quando un mortale si proclama da se ispirato non ista molto senza mettere il proprio pensiero al di sopra del pensiero divino. Abbandonato allora a se stesso o piuttosto allo spirito di menzogna, cade in ogni sorta di errori mostruosi di cui la storia delle sette gnostiche del 2o secolo, quella degli entusiasti di Zwickau nel 16o sec. e degli illuminati e pentecostisti ecc. dei tempi moderni offrono fin troppi esempi. Sotto altra forma, l'aver messo la tradizione orale malsicura e carica di clementi umani alla pari colla Sacra Scrittura e riconosciuto ai Concili l'autorità di proclamare dommi nuovi, quali organi dello Spirito, ha condotto la Chiesa romana sulla stessa via funesta. Essa è giunta a far poco caso della Scrittura considerandola insufficiente, a proibirne poi la lettura ai laici, e perfino a bruciarla; è giunta a proclamar l'infallibilità del proprio capo il che torna praticamente a metter da parte l'insegnamento divino di Cristo e dei suoi apostoli per sostituirvi quello del papa sedicente ispirato. (Da Tophel).

4. Ma... tu tolleri... Tiatira tollerava la sedicente profetessa, i suoi errori, la sua propaganda, i suoi vizi e non ardiva redarguirla ed espellerla. A quante chiese - e fra le migliori il Signore non deve egli oggigiorno rivolgere il rimprovero di tollerare nel loro seno dottori che sovvertono l'Evangelo e peccatori scandalosi che lo disonorano!

«Il male che si nasconde e si tollera, Gesù lo svela senza pietà. La Gesabele nostra, è il peccato che tolleriamo, la passione che accarezziamo, l'interdetto che serbiamo; cose tutte che sono nude e scoperte dinanzi agli occhi di Colui al quale dobbiamo render conto. Gesù ha dato alla seduttrice ed ai sedotti il tempo di ravvedersi; ma verso chi abusa della sua longanimità, non gli resta che dar corso alla giusta punizione» (Da Deuteronomio Per.).

5. Far parte di corporazioni di mestieri, di associazioni patriottiche, di società operaie ecc., non è in sè un male, può essere anzi un bene. Ma in un paese dove la religione dominante è un cristianesimo degenere, che si mescola a tutte le feste; inaugurazioni, commemorazioni ecc., non mancano le occasioni in cui un cristiano evangelico può esser tentato di entrar nella via dei compromessi, onde non parer stretto e rigido. La via più prudente e sicura starà sempre nell'astenersi da quel che la coscienz a condanna come profanazione e come idolatria.

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