Genesi 40

1 Capitolo 40

Il primo coppiere e il capo panettiere di Faraone in prigione, i loro sogni interpretati da Giuseppe Gen 40:1-19

L'ingratitudine del primo coppiere Gen 40:20-23

Versetti 1-19

Non fu tanto la prigione a rendere tristi il coppiere e il panettiere, quanto i loro sogni. Dio ha più modi per rattristare il nostro spirito. Giuseppe ebbe compassione di loro. Interessiamoci alla tristezza dei nostri fratelli che sono nella prova. È spesso un sollievo per quelli che sono nei problemi essere notati. Imparate anche a guardare alle cause dei dispiaceri. C'è una buona ragione? Non c'è sufficiente conforto per controbilanciare il dolore, qualunque esso sia? Perché ti rattristi anima mia? Giuseppe fece attenzione ad attribuire tutto alla gloria a Dio. Il sogno del coppiere prediceva il suo avanzamento. Il sogno del panettiere la sua morte. Non fu colpa di Giuseppe se egli non diede al panettiere buone notizie. E così i ministri non sono altro che interpreti e non possono rendere la cosa diversa da ciò che è: se essi agiscono fedelmente e il loro messaggio non è piacevole da sentire, non è colpa loro. Giuseppe non pensava più ai suoi fratelli che l'avevano venduto, né rifletté più sul torto fattogli dai suoi padroni, ma dolcemente stava fermo sulla propria innocenza. Quando siamo invitati a dare chiarimenti, dovremmo evitare con attenzione, come molto spesso può accadere, di dire male degli altri. Accontentiamoci di provare la nostra innocenza e non rimproveriamo gli altri per le loro colpe.

20 Versetti 20-23

L'interpretazione di Giuseppe dei sogni si adempì nel giorno stabilito. Nel giorno del compleanno di Faraone, tutti i suoi servi lo servivano e i casi di questi due furono risolti quello stesso giorno. Possiamo vantaggiosamente prendere nota nei nostri compleanni per la gratitudine e per le misericordie che Dio ci ha dato fin dalla nostra nascita e del nostro dispiacere per la colpevolezza delle nostre vite. Inoltre possiamo ricordare l'attesa del giorno della nostra morte, quale giorno migliore dalla nostra nascita. Ma sembra strano che la gente mondana, così attaccata a questa vita, si rallegri alla fine di un altro anno di vita, considerata la sua brevità. Un cristiano ha motivo di rallegrarsi che sia nato poiché egli si allontana sempre più dai suoi peccati e dai suoi dolori e più si avvicina alla felicità eterna. Il coppiere non si ricordò di Giuseppe. Giuseppe meritava di ricevere del bene per mezzo di lui, tuttavia egli lo dimenticò. Non dobbiamo ritenere strano se in questo mondo riceviamo odio in cambio dell'amore che diamo o affronti per la nostra gentilezza. Vedete con quanta facilità ci si dimentica di chi è nel dolore una volta passato il pericolo. Giuseppe imparò da questa delusione ad avere fiducia solo in Dio. Non possiamo aspettarci mai troppo poco dall'uomo, né troppo da Dio. Non dimentichiamo le sofferenze, le promesse e l'amore del nostro Redentore. Se incolpiamo il coppiere di ingratitudine verso Giuseppe, ancora di più dobbiamo incolpare noi stessi che agiamo in modo più ingrato verso il Signore Gesù. Giuseppe pensò all'abbandono del coppiere come Cristo pensa al nostro: Egli ha fatto da mediatore con il Re dei Re per noi, tuttavia lo dimentichiamo sebbene abbiamo promesso di non dimenticarlo mai. Così malamente Lo ripaghiamo, come gli sciocchi e gli imprudenti.

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