Giona e il ricinoGiona 4:5-8 Scritto da ASTRI. 20/5/2023 Numero di voti per questo studio: 0
GIONA E IL RICINO
LETTURA DA: GIONA 4:5-8
4:5 Poi Giona uscì dalla città, e si mise a sedere a oriente della città; si fece quivi una capanna, e vi sedette sotto, all'ombra, stando a vedere quello che succederebbe alla città.
4:6 E Dio, l'Eterno, per guarirlo dalla sua irritazione, fece crescere un ricino, che montò su di sopra a Giona, per fargli ombra al capo; e Giona provò una grandissima gioia a motivo di quel ricino.
4:7 Ma l'indomani, allo spuntar dell'alba, Iddio fece venire un verme, il quale attaccò il ricino, ed esso si seccò.
4:8 E come il sole fu levato, Iddio fece soffiare un vento soffocante d'oriente, e il sole picchiò sul capo di Giona, sì ch'egli venne meno, e chiese di morire, dicendo: Meglio è per me morire che vivere.
PREMESSA
Il libro del profeta Giona è certamente quello più ricordato da chi conosce, anche superficialmente, il Vecchio Testamento per lo straordinario fatto descritto in esso, cioè la permanenza, durata tre giorni, del profeta nel ventre del pesce.
Non nascondo che, prima della mia conversione, trovandomi a parlare di ciò con un mio caro fratello in Cristo, dissi: A tutto potrò credere tranne al fatto che Giona sia rimasto per tre giorni nel ventre di un pesce.
Non conoscevo allora la Potenza di Dio!
Oggi, dopo le mie esperienze spirituali, anche se piccole e poche, posso affermare che, se la Scrittura lo dicesse, sarei disposto a credere anche che Giona sia rimasto un anno nel ventre di una piccola acciuga.
Su questo libro molto è stato scritto da uomini illustri ed autorevoli di comprovata capacità esegetica ed ermeneutica, uno dei quali è certamente San Girolamo.
A proposito di uomini illustri e affinché nessuno s'insuperbisca, mi pare utile citare quanto detto da un uomo e cioè che Non ci sono grandi uomini di Dio ma solo piccoli uomini grandemente usati da Dio.
Quanto a me riconosco di essere solo un piccolo uomo.
Ciò che voglio proporre con questo breve scritto, per una salutare meditazione, è quanto trovasi nei versetti da 5 ad 8 del capitolo quarto del suddetto libro che tratta l'episodio del ricino di effimera durata.
Senza alcun dubbio non avrei potuto scrivere quanto segue se un giorno, giunto alla fine della lettura del quarto capitolo di questo libro, non avessi sentito nel mio cuore una Voce che mi diceva: “Hai notato qualcosa di particolare durante la lettura?”.
Senza pensarci due volte rilessi, risposi: ”No, non noto nulla di strano”.
Ancora una volta la Voce: “Hai meditato bene su ciò che hai letto?”.
Rilessi e … “No …, dove …?”, risposi ancora.
Allora quella Voce, la Voce del Signore mi mostrò i versetti proposti per questa meditazione e li illuminò con la Sua luce e … tutto mi fu chiaro!
Per questo voglio condividere con tutti i fratelli questo “pane” della Parola che ho ricevuto.
Dato lo scopo di questo scritto, è certamente opportuno fare un brevissimo riepilogo, senza alcun commento, di quanto concerne l'intero libro del profeta Giona.
RIEPILOGO
Dio aveva ordinato al profeta di recarsi a Ninive predicando la rovina di quella città a causa della sua malvagità ma, come sappiamo, Giona si era diretto invece nella direzione opposta su di una nave disobbedendo al Signore.
L'Eterno, quindi, scatenò una tempesta che mise fortemente in pericolo la nave sulla quale si era imbarcato Giona.
L'eccezionalità della burrasca suggerì ai marinai, dopo aver svegliato Giona, di tirare a sorte per individuare il colpevole di questa ira di Dio.
La sorte cadde su Giona che confessò ai marinai di essere responsabile di quanto accadeva e consigliò, per la loro salvezza, di buttarlo in mare.
Dopo una prima esitazione e considerati inutili i loro ulteriori sforzi per salvarsi, i marinai buttarono Giona in mare dove fu inghiottito da un pesce.
Dopo tre giorni di permanenza nel ventre del pesce il profeta pregò per la sua salvezza l'Eterno che ordinò al pesce di vomitare Giona sull'asciutto.
Questa volta Giona diresse i suoi passi verso Ninive ove predicò dicendo ancora 40 giorni e Ninive sarà distrutta.
I Niniviti credettero, fecero penitenza e si convertirono tutti, dal re al più piccolo di loro.
Iddio vide quanto fecero i Niniviti e non mandò su di loro alcun male.
Giona, dopo che furono trascorsi 40 giorni, vedendo che nessun male cadeva sulla città, ci rimase tanto male che, come disse, avrebbe preferito morire, si irritò e disse a Dio che era per questo che non aveva voluto obbedirgli, poiché sapeva che Egli era un Dio misericordioso, pietoso, lento all'ira, di gran benignità e che si sarebbe pentito del male minacciato.
E l'Eterno gli disse: Fai tu bene a irritarti così? (vers.4)
Questo il breve riepilogo.
COMMENTO
Senza rispondere al Signore, Giona uscì dalla città e, come possiamo leggere nei versetti che mediteremo, si costruì una capanna all'ombra della quale si mise sedere sperando ancora di poter vedere piovere, anche se con ritardo, una qualche disgrazia sulla città di Ninive (ved. vers. 5).
[L'irritazione di Giona trova spiegazione nel fatto che i Niniviti erano nemici del popolo di Israele, quindi suoi nemici ed egli desiderava che non si fossero guadagnati la grazia del Signore convertendosi.
Inoltre, come profeta Giona sapeva che la conversione dei pagani sarebbe stata il segno della reiezione (momentanea) del popolo d'Israele da parte di Dio (come possiamo considerare leggendo i seguenti passi della Scrittura) quindi la sua irritazione aveva radici nella sua gelosia poiché egli desiderava l'esclusiva del favore di Dio verso il popolo d'Israele.
1- Nel libro del Deuteronomio e scritto (e Giona lo sapeva):
E l'Eterno l'ha veduto, e ha reietto i suoi figliuoli e le sue figliuole che l'aveano irritato; e ha detto: Io nasconderò loro la mia faccia, e starò a vedere quale ne sarà la fine; poiché sono una razza quanto mai perversa, figliuoli in cui non è fedeltà di sorta.
Essi m'han mosso a gelosia con ciò che non è Dio, m'hanno irritato coi loro idoli vani; e io li moverò a gelosia con gente che non è un popolo, li irriterò con una nazione stolta.
(Deut.32:19-21)
2 - Nel libro dei Romani è scritto:
Ma io dico: Israele non ha egli compreso? Mosè pel primo dice: Io vi moverò a gelosia di una nazione che non è nazione; contro una nazione senza intelletto provocherò il vostro sdegno.
E Isaia si fa ardito e dice: Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano; sono stato chiaramente conosciuto da quelli che non chiedevan di me. (Rom. 10:19,20)
3 - Parlando del popolo di Israele e dei Gentili San Paolo dice:
Io dico dunque: Hanno essi così inciampato da cadere? Così non sia; ma per la loro caduta la salvezza è giunta ai Gentili per provocar loro a gelosia.
Or se la loro caduta è la ricchezza del mondo e la loro diminuzione la ricchezza de' Gentili, quanto più lo sarà la loro pienezza!
Ma io parlo a voi, o Gentili. In quanto io sono apostolo dei Gentili, glorifico il mio ministerio, per veder di provocare a gelosia quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni.
Poiché, se la loro reiezione è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non una vita d'infra i morti? (Rom. 11:11-15) ]
Ritornando al commento leggiamo che:
4:6 E Dio, l'Eterno, per guarirlo dalla sua irritazione, fece crescere un ricino, che montò su di sopra a Giona, per fargli ombra al capo; e Giona provò una grandissima gioia a motivo di quel ricino.
Meditiamo:
ï§ per quale motivo Dio avrebbe dovuto far crescere il ricino per far ombra al capo di Giona se questi già si trovava all'ombra sotto la capanna? (ved. Vers. 5 e 6);
ï§ quale ombra poteva procurare a Giona una pianta dentro una capanna, durante la notte? (il ricino ebbe vita una sola notte, si seccò prima dello spuntar del sole, all’alba - ved. vers. 7 – avremo conferma di ciò in seguito, leggendo il versetto 10 dello stesso capitolo, riportato in seguito).
Per rispondere a queste domande evidentemente dobbiamo intendere la Scrittura in maniera spirituale; con l'aiuto dello Spirito di Dio proviamoci:
1. Giona, dunque, si era costruito da solo una capanna sotto la quale riposare comodamente al riparo dai raggi del sole ed osservare ciò che sarebbe successo a Ninive.
Anche oggi molte persone si costruiscono un loro riparo (una sicurezza, una casa, un lavoro, una indipendenza economica), dal quale sperano di vedere le disgrazie che colpiranno gli altri, si premurano di mettere loro stessi al riparo dalla calura delle prove e non si accorgono che facendo ciò sono proprio loro ad essere colpiti!
1. Giona stava al suo riparo ma questo non lo proteggeva dai dardi infuocati del nemico che facevano bruciare la sua mente!
Aspettava che il male cadesse sugli altri senza accorgersi che egli stesso ne era già vittima!
Era già ammalato perché non aveva pace (infatti la Scrittura dice che era irritato) e chi è ammalato ha bisogno di guarigione: per guarirlo dalla sua irritazione il Signore fece crescere il ricino che gli procurò la vera e fresca ombra della quale tutti abbiamo bisogno.
Nel salmo 91 troviamo scritto:
Chi dimora nel ritiro dell'Altissimo alberga all'ombra dell'Onnipotente.
Io dico all'Eterno: Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio Dio, in cui confido! (Sal. 91:1,2)
Possiamo costruire le capanne più fresche, le case fornite di aria condizionata ma non avremo frescura nella nostra mente senza quel germoglio fresco mandato da Dio per noi.
Esaminando la Scrittura possiamo leggere:
In quel giorno, il germoglio dell'Eterno sarà lo splendore e la gloria degli scampati d'Israele, e il frutto della terra sarà il loro orgoglio ed il loro ornamento. (Is. 4:2) e la scrittura prosegue e conclude il capitolo 4 dicendo: E vi sarà una tenda per far ombra di giorno e proteggere dal caldo, e per servir di rifugio e d'asilo durante la tempesta e la pioggia. (Is. 4:6)
Solo in quel giorno, quando sarà giunto a farci ombra il Germoglio, potrà esserci una tenda vera che ci proteggerà e ci farà ombra, quando, cioè, il Signore Gesù sarà venuto a regnare nei nostri cuori, solo allora dimoreremo nel ritiro dell'Altissimo ed albergheremo all'ombra dell'Onnipotente nella tenda che Egli costruirà: la Sua chiesa.
Infatti è scritto:
… Così parla l'Eterno degli eserciti: Ecco un uomo, che ha nome il Germoglio; egli germoglierà nel suo luogo, ed edificherà il tempio dell'Eterno; (Zac. 6:12)
Dice ancora la Scrittura:
Ecco, i giorni vengono, dice l'Eterno, quand'io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà, e farà ragione e giustizia nel paese. (Ger. 23:5)
Ecco di cosa abbiamo bisogno affinché la nostra mente trovi il giusto riposo, un Germoglio giusto, cioè Gesù che regni da Re in noi.
Ecco la risposta:
La vera ombra fresca che ripara il nostro capo, la nostra mente è l'ombra dell'Onnipotente, cioè Cristo Gesù.
Se ti troverai sotto questa vera e fresca ombra potrai verificare che, come dice la Scrittura: Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. (Sal. 121:6)
Giona, all'ombra del Germoglio sentiva la vera frescura e, guarito dalla sua irritazione, godeva in pace ma… Iddio permise che un verme rodesse quella meravigliosa pianta che, morendo, non fornì più con la sua presenza la tanto gradita e salutare ombra.
Le considerazioni spirituali che potremmo trarre da questa lettura hanno un duplice aspetto, collettivo ed individuale.
Il primo si riferisce al popolo di Israele (rappresentato dal verme che “rose” il ricino, Cristo) ed il secondo al dubbio che uccidendo la fede in Cristo ci priva della freschezza del Suo ristoro.
Oggi ciascuno di noi è interessato al secondo aspetto, per questo consideriamo ancora quanto segue.
Iddio permise al verme di rodere la pianta ma Giona non la custodì, non vigilò, non si avvide del verme e comunque non lo scacciò.
Il risultato dell'incuria di Giona fu che il germoglio appassì, scomparve quell'ombra preziosa che custodiva la testa di Giona e l'irritazione e lo sconforto tornarono nel cuore del profeta.
Com'è vero! Quando permettiamo al verme del dubbio di attaccare la fede nel Signore che ci protegge il risultato è che facciamo appassire il Germoglio che tiene fresca la nostra mente!
Allora, all'apparire della prova, ci accorgiamo del vento soffocante d'oriente e della calura che ci investe e, sentendoci venir meno, anche noi gridiamo come Giona: Meglio è per me morire che vivere.
Il libro di Giona termina con le seguenti parole:
4:9 E Dio disse a Giona: Fai tu bene a irritarti così a motivo del ricino? Egli rispose: Sì, faccio bene a irritarmi fino alla morte.
4:10 E l'Eterno disse: Tu hai pietà del ricino per il quale non hai faticato, e che non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito:
4:11 e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?
Per trovare il significato spirituale in queste ultime parole dobbiamo distaccarci come sempre dal significato letterale, che invece è ben chiaro, e scavare profondamente per mezzo della Spirito Santo.
Anche in questi tre ultimi versetti vediamo un germoglio o un rampollo o radice come lo definisce Isaia Egli è venuto su dinanzi a lui come un rampollo, come una radice ch'esce da un arido suolo; (Is. 53:2) che appassisce rapidamente e muore, secondo il consiglio di Dio, ed un popolo di peccatori che si pente e si salva (in questa seconda figura vediamo in Ninive).
Un Germoglio muore ed un popolo vive!
Gesù Cristo muore ed un popolo che si ravvede, crede e si pente vive.
Il libro termina con le parole del Signore ed il fatto che Giona non replichi dimostra che egli ha capito la lezione!
Da questa piccola meditazione traiamo un buon insegnamento chiedendo che Dio ci aiuti a vigilare sulla nostra fede ponendo la massima cura nel custodire il Germoglio che ci protegge.
Preghiamo che il Signore custodisca in noi, fino alla fine, il buon deposito.
Iddio sia benedetto in eterno e spanda su di noi le Sue benedizioni.
Amen.
NOTA
* La parola ricino, che troviamo nel nostro testo (o zucca, come viene definita nella versione dei LXX o edera, adoperata da altri traduttori) è stata usata poiché non esisteva un termine per tradurre in latino il termine che si trova nel testo ebraico QîqÄĵon che indica un cespuglio o arbusto a foglia larga, diffuso in Palestina, che cresce e secca rapidamente specie sui terreni sabbiosi. In siriaco e in punico si dice qiqaja.
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