Commentario abbreviato:

Luca 11

1 Capitolo 11

I discepoli insegnano a pregare Lc 11:1-4

Cristo incoraggia a pregare seriamente Lc 11:5-13

Cristo scaccia un demonio, La bestemmia dei farisei Lc 11:14-26

La vera felicità Lc 11:27-28

Cristo rimprovera i Giudei Lc 11:29-36

Rimprovera i farisei Lc 11:37-54

Versetti 1-4

"Signore, insegnaci a pregare" è una preghiera buona e molto necessaria, perché solo Gesù Cristo può insegnarci, con la sua parola e il suo Spirito, come pregare. Signore, insegnami cosa significa pregare; Signore, stimola e stimola il mio dovere; Signore, guidami per cosa pregare; insegnami cosa devo dire. Cristo insegnò loro una preghiera, più o meno la stessa che aveva dato in precedenza nel suo sermone sul monte. Ci sono alcune differenze nelle parole della preghiera del Signore in Matteo e in Luca, ma non sono importanti. Nelle nostre richieste, sia per gli altri che per noi stessi, rivolgiamoci al Padre celeste, confidando nella sua potenza e bontà.

5 Versetti 5-13

Cristo incoraggia la fervenza e la costanza nella preghiera. Dobbiamo venire a chiedere ciò di cui abbiamo bisogno, come un uomo fa con il suo vicino o amico, che è gentile con lui. Dobbiamo venire per il pane, per ciò che è necessario. Se Dio non risponde rapidamente alle nostre preghiere, lo farà a tempo debito, se continuiamo a pregare. Osservate per cosa pregare: dobbiamo chiedere lo Spirito Santo, non solo perché è necessario per pregare bene, ma perché tutte le benedizioni spirituali sono incluse in quello. Infatti, grazie agli influssi dello Spirito Santo, siamo portati a conoscere Dio e noi stessi, a pentirci, a credere e ad amare Cristo, e quindi a stare bene in questo mondo e a essere felici nell'altro. Tutte queste benedizioni il Padre celeste è più pronto a concederle a chiunque le chieda, di quanto un genitore indulgente sia disposto a dare del cibo a un bambino affamato. E questo è il vantaggio della preghiera di fede, che tranquillizza e stabilisce il cuore in Dio.

14 Versetti 14-26

Il fatto che Cristo abbia scacciato i demoni è stato in realtà la distruzione del loro potere. Il cuore di ogni peccatore non convertito è il palazzo del diavolo, dove abita e dove comanda. C'è una sorta di pace nel cuore di un'anima non convertita, mentre il diavolo, come un uomo forte e armato, lo tiene. Il peccatore è sicuro, non ha alcun dubbio sulla bontà del suo stato, né alcun timore del giudizio a venire. Ma osservate il meraviglioso cambiamento che avviene nella conversione. La conversione di un'anima a Dio è la vittoria di Cristo sul diavolo e sul suo potere in quell'anima, restituendo l'anima alla sua libertà e recuperando il proprio interesse e il proprio potere su di essa. Tutte le dotazioni della mente e del corpo sono ora impiegate per Cristo. Ecco la condizione dell'ipocrita. La casa viene ripulita dai peccati comuni con una confessione forzata, come quella di Faraone; con una finta contrizione, come quella di Acab; o con una parziale riforma, come quella di Erode. La casa viene spazzata, ma non viene lavata; il cuore non viene reso santo. Lo spazzamento toglie solo la sporcizia, mentre il peccato che affligge il peccatore, il peccato amato, non viene toccato. La casa è arredata con doni e grazie comuni. Non è arredata con una vera grazia; è tutta vernice e pittura, non vera né duratura. Non è mai stata consegnata a Cristo, né abitata dallo Spirito. Facciamo attenzione a non riposare in ciò che un uomo può avere e tuttavia non raggiungere il cielo. Gli spiriti malvagi vi entrano senza alcuna difficoltà; sono accolti e vi dimorano; lì lavorano, lì comandano. Da uno stato così orribile, preghiamo tutti ardentemente di essere liberati.

27 Versetti 27-28

Mentre gli scribi e i farisei disprezzavano e bestemmiavano i discorsi di nostro Signore Gesù, questa buona donna li ammirava e ammirava la saggezza e la potenza con cui egli parlava. Cristo portò la donna a una considerazione più alta. Sebbene sia un grande privilegio ascoltare la Parola di Dio, tuttavia sono veramente benedetti, cioè benedetti dal Signore, solo coloro che la ascoltano, la ricordano e la seguono come via e regola.

29 Versetti 29-36

Cristo promise che sarebbe stato dato un altro segno, quello del profeta Giona, che in Matteo è spiegato come la risurrezione di Cristo, e li avvertì di migliorare questo segno. Ma anche se Cristo stesso fosse il predicatore costante di ogni congregazione e operasse quotidianamente miracoli in mezzo a loro, se la sua grazia non umiliasse i loro cuori, non trarrebbero profitto dalla sua parola. Non desideriamo più prove e insegnamenti più completi di quelli che il Signore si compiace di offrirci. Dobbiamo pregare senza sosta affinché i nostri cuori e le nostre menti si aprano, per trarre profitto dalla luce di cui godiamo. E soprattutto facciamo attenzione che la luce che è in noi non sia tenebra; perché se i nostri principi guida sono sbagliati, il nostro giudizio e la nostra pratica devono diventarlo ancora di più.

37 Versetti 37-54

Dovremmo tutti guardare ai nostri cuori, affinché siano purificati e ricreati; e mentre ci occupiamo delle grandi cose della legge e del Vangelo, non dobbiamo trascurare la più piccola questione che Dio ha stabilito. Quando qualcuno aspetta di cavare qualcosa dalla nostra bocca per insidiarci, Signore, donaci la tua prudenza e la tua pazienza e deludi i loro propositi malvagi. Dacci una tale mansuetudine e pazienza che possiamo gloriarci dei rimproveri, per amore di Cristo, e che il tuo Spirito Santo riposi su di noi.

Commentario del Nuovo Testamento:

Luca 11

1 CAPO 11 - ANALISI

1. La preghiera modello, e gli incoraggiamenti a pregare dati da Cristo ai suoi discepoli. Ad eccezione di alcune varianti nelle parole, varianti che non toccano il senso, e dell'omissione della dossologia in fine, la preghiera riportata dal nostro Evangelista s'assomiglia così strettamente a quella che Cristo pronunziò nel suo discorso in sul Monte, da lasciarci a prima lettura l'impressione che Luca riferisce, in questo passo, quanto da Gesù venne pronunziato allora. Però le circostanze speciali che Luca ricorda come quelle che hanno indotto il Signore a pronunziarla dissipano affatto questa impressione. Imperocché, mentre in sul Monte, così le istruzioni relative alla preghiera, come la formola che Gesù ne diede in modello, uscirono spontaneamente dalle labbra del Signore, come parti del suo discorso, qui esse vengono date in risposta ad una ardente preghiera per parte di uno dei discepoli (non uno dei dodici, ma probabilmente uno che da poco tempo si era dato a Cristo), per saper come, in qualità di discepoli, essi dovevano avvicinarsi a Dio, e quali cose doveano domandare. La stessa difficoltà, sorta dall'insegnamento del loro maestro sulla pronta comparsa del Messia, avea colpito i discepoli del Battista, epperciò egli avea loro insegnato in quali termini essi dovessero pregare per la immediata rivelazione del Figlio di Davide. Non si può supporre che sia i discepoli di Giovanni, sia quest'uomo, ignorassero completamente, o trascurassero fino al momento in cui fecero quella domanda, le varie forme di preghiere usate fra i Giudei. Questa formola modello di preghiera ha riferenza ai doveri così della prima come della seconda. Tavola della legge morale, e finché durerà il mondo tutte le volte che sarà offerta nel nome di Gesù, il grande Sacrifizio ed Intercessore, essa salirà dinanzi a Dio, come incenso di grato odore. Ma esca era particolarmente appropriata alla situazione dei suoi discepoli, fino alla Pentecoste, perché la gloria di Dio non avea ancora talmente penetrato le loro intelligenze ottenebrate da renderli capaci di conoscere Gesù nel suo carattere di Mediatore. Pochi mesi dopo questo fatto, Gesù così li rimproverava per non aver messo a profitto i loro privilegi spirituali per ignoranza della sua opera mediatrice: «Fino ad ora, non avete domandato nulla nel nome mio» Giovanni 16:24. Esaudita la richiesta dei suoi discepoli, Gesù li urge tutti a perseverare nella preghiera, mediante una illustrazione ad essi molto famigliare, la vittoria cioè riportata dall'importunità sulla pigrizia di un uomo che è stato disturbato nel mezzo della notte da un suo vicino, costretto a prender del pane ad imprestito, a quell'ora inopportuna, per esercitare i doveri della ospitalità. Se l'importunità vinse in un caso come quello, essa prevarrà certamente con «Iddio che è ricco in misericordia inverso quelli che l'invocano» Romani 10:12. Quindi, per rinforzare quel dovere, Gesù ripete dal sermone in sul Monte, il contrario fra quanto l'affetto di un padre terrestre lo spinge a fare per provvedere ai bisogni temporali dei suoi figli, e i doni molto più preziosi che provengono dall'amore del nostro Padre celeste Luca 11:1-13.

2. Guarigione di un indemoniato cieco e mutolo. Il Signore risponde alla maligna interpretazione che vien data di quel miracolo. Luca non ci dà il luogo dove fu fatto questo miracolo, ma Matteo pare indicare Capernaum, o il vicinato. È certo che l'odio verso Gesù, sfogato in questa circostanza dagli Scribi e dai Farisei, è di data anteriore a questo suo ultimo viaggio attraverso la Perea, fino a Gerusalemme, epperciò inchiniamo a credere che Luca l'inserisse qui senza darsi pensiero dell'ordine cronologico. La malattia di quest'uomo era molto grave, poiché Matteo ci dice che non era solo mutolo, ma anche cieco, e privo perciò di tre dei sensi coi quali comunichiamo col mondo esterno. Il cambiamento prodotto su quest'uomo dall'atto di Cristo, non fu negato dai suoi nemici; essi non si lagnarono che gli spettatori fossero stati ingannati, per accordo fra l'operatore e il suo complice, ma per accertare il popolo contro a Cristo, subito proclamarono esser egli un impostore di ben più nera tinta, e di specie più pericolosa assai, poiché pretendeva far miracoli in nome di Dio, mentre in realtà era in lega con Satana, e da lui derivava tutto il suo potere. Con tale accusa, dimostrarono di essersi decisi contro di lui, e dichiararono di volergli fare da quell'ora in poi guerra fiera e spietata. Supponendo che sotto tale accusa, Gesù si indurrebbe a dar qualche prova segnalata del divino suo mandato, altri, tentandolo, gli rappresentavano che, per mantener la sua riputazione, occorreva che desse un segno nei cieli, perché più non potevano accettare i miracoli che faceva in terra. La risposta di Cristo a tale domanda è semplice e senza replica. Un regno diviso deve cadere in rovina; se Satana cercasse di estendere il suo regno in terra col prender possesso dei corpi e delle anime degli uomini, e Cristo col potere e il mandato di Satana combattesse e mettesse in fuga gli emissari di quello, il risultato non potrebbe essere altro che la confusione e la ruina del principe delle tenebre, il quale è troppo furbo per esporsi a questo; perciò la loro accusa non era meno assurda che blasfematoria Luca 11:14-20.

3. Parabola dell'uomo forte. Sotto questa similitudine, il Signore spiega la sua situazione dirimpetto a Satana, ora che egli è apparito in terra. Come un uomo forte e ben armato, trincerato nella sua fortezza, che veglia sugli schiavi suoi prigionieri, così Satana mantiene il suo usurpato potere su questo mondo e sui suoi abitanti, finché non giunga qualcuno più forte di lui, lo sconfigga, lo disarmi, lo leghi, per quindi prender possesso dei suoi tesori, e liberare i suoi prigionieri. Ben lungi dall'essere in lega con Satana, Gesù è quel «più potente» che è venuto per distruggerlo, per liberar le sue vittime, e per cacciarlo finalmente nello stagno ardente di fuoco e di zolfo Luca 11:21-23.

4. Parabola dello spirito immondo che ritorna alla sua casa e la trova vuota. Cristo continua a parlare a quelli che aveano con malignità attribuito il suo miracolo ad un accordo fra Satana e lui. Le parole del ver. 23 sembrano intese ad unire le due parabole. Era naturale aspettare che tutti i prigionieri dell'uomo potente, avrebbero ricevuto con gioia il loro liberatore ed abbracciato la sua causa, ma così non è. Molti, pieni in sulle prime di entusiasmo, intiepidiscono, altri zoppicano dai due lati, non si dichiarano contro a Cristo, ma han cura di non esporsi all'odio ed al disprezzo del mondo. Fra quelli che l'udivano, molti, senza dubbio, non ardivano dichiararsi suoi discepoli, per timore dei Farisei, e per amore del mondo; a tali ci dice: «Chi non è meco, è contro a me, e chi non raccoglie meco sparge». La parabola illustra la posizione pericolosa occupata da tali dubbiosi, esitanti e calcolatori cristiani di nome. Uno spirito immondo, che avea occupato uno spirito ed un corpo umano per tanto tempo da considerarlo come casa sua, lo abbandona volontariamente per un tempo, o ne viene scacciato, e se ne va errando senza riposo in aridi deserti (tale era, secondo i Giudei, la sorte riserbata agli spiriti spossessati, o non impiegati attivamente a tormentare le loro vittime), finché prende la disperata risoluzione di tornarsene nella sua dimora di prima. La trova in uno stato per lui molto migliore di quanto avrebbe sperato, nettata invero dei vizii flagranti di prima, adorna di forme e di professioni religiose senza vita, ma pur sempre vuota, e chiamati in suo aiuto sette altri spiriti peggiori di lui (in altre parole tutta la satanica podestà), riprende possesso di quel cuore vuoto, e riduce quell'uomo in una schiavitù eterna e senza speranza. Questa parabola illustrava in un modo molto calzante lo stato della maggioranza della nazione giudaica al momento in cui Cristo la pronunziò. La predicazione di Giovanni Battista avea prodotto in tutte le classi un notevolissimo risveglio, caratterizzato dal pentimento e dalla aspettazione della venuta di Cristo. Il diavolo era stato cacciato per un tempo. Ma quel movimento finì in una riforma esterna, senza conversione. I cuori degli uomini furono spazzati e adorni, ma rimasero pur sempre vuoti, benché il Figlio di Dio domandasse che gli venissero aperti. Satana dunque, cogliendo l'occasione al volo, ne riprendeva possesso, per fare la loro «ultima condizione peggiore della primiera»: Uno studio attento della storia giudaica durante i 37 anni che corsero dal crocifiggimento di Cristo alla distruzione di Gerusalemme, mostra in che modo tremendo fosse adempiuta quella profezia. Ma essa, non deve intendersi solo dei Giudei: in 134 ogni secolo sonvi esempi notevoli di uomini che abbandonano il peccato flagrante, e dànno per un tempo tutti i segni esterni della conversione, ma i cui cuori essendo vuoti, privi cioè della presenza di Cristo per Spirito, sono alla fine sedotti da Satana e ridivengono i suoi schiavi più abietti di prima 2Pietro 2:20-22, ci dà una descrizione straziante della fine ultima di tali persone Luca 11:24-26.

5. Chi sono veramente benedetti? Nella folla, una donna colpita di maraviglia per tali detti di Cristo, espresse la sua ammirazione con sentimenti veramente femminili, implorando cioè la benedizione di Dio, su colei che aveva avuto la fortuna di esser madre ad un tanto Maestro. Il Signore non lascia passare inosservate quelle parole; egli non nega neppure che un grande onore fosse stato conferito a sua madre, ma dichiara che la vera beatitudine deriva dall'essere nel numero di quelli che ascoltano ed osservano la parola di Dio Luca 11:27-28.

6. Risposta di Cristo a quelli che domandavano un segno dal Cielo. Questa risposta vien data dinanzi ad una moltitudine costantemente crescente, la quale gli domanda un segno dal cielo, perché i miracoli da lui fatti in cose terrene, essendo stati attribuiti al potere di Belzeebub, più non eran tenuti come degni di fede. Gesù ricusa positivamente di farlo e rimanda i Giudei al miracolo fatto da Dio nel liberare Giona dal ventre della balena come segno della sua risurrezione dai morti, che solo il potere di Dio poteva compiere. Quindi condanna la loro incredulità, citando la condotta della Regina di Saba e degli uomini di Ninive; e con una parabola, ripetuta dal sermone in sul Monte, e fondata sul paragone dell'occhio come luce del corpo, dichiara che il senso dei suoi insegnamenti e dei suoi miracoli è perduto per loro, perché chiudono ad essi gli occhi della loro mente, che dovrebbero essere la luce dell'anima loro Luca 11:29-36.

7. Discorso di Gesù contro i Farisei e i dottori della legge. Fu pronunziato questo discorso in casa di un Fariseo, da cui egli era stato invitato a desinare, e dove evidentemente trovavansi pure molti di quella setta. Vi diede luogo la sorpresa manifestata dal padrone di casa, nel vedere che Gesù avea violato la tradizione degli anziani mangiando con mani non lavate. Una occasione più propizia di questa per isvelare la loro ipocrisia, e minacciarli dei giudizi di Dio so non si pentivano, non si sarebbe forse mai presentata, ed il Signore ne approfittò per accusarli di contentarsi della purezza esterna, mentre il loro cuore rimaneva pieno di rapina e di immondizia; di osservar le minuzie della legge morale; di esser pieni di orgoglio e finalmente di odiare i veri servi di Dio, quantunque in segno di rispetto, edificassero i monumenti dei profeti che i loro padri aveano messi a morte. L'orgoglio dei Farisei non avea mai ricevuto colpi così gagliardi come queste verità, e per vendicarsi cercarono di sedurre Gesù a dir cose che poi potessero volgere alla sua ruina Luca 11:37-54.

Luca 11:1-15. GESÙ INSEGNA AI SUOI DISCEPOLI A PREGARE, E LI ESORTA A PERSEVERAR NELL'ORAZIONE Matteo 6:9-15; 7:7-11

Per la esposizione di parte di questo passo Vedi note sui passi paralleli in Matteo 6:7.

Il fatto che dettò la domanda, Luca 11:1-4

1. Ed avvenne che, essendo egli in un certo luogo, orando, come fu restato, alcuno (un certo) de' suoi discepoli gli disse: Signore, insegnaci ad orare, siccome ancora Giovanni ha insegnato a' suoi discepoli.

Benché, Luca non ci dica né il tempo né il luogo in cui avvenne questo fatto, i particolari ne differiscono talmente da quelli in cui l'orazione domenicale fu pronunziata nel discorso in sul Monte, da renderci sicuri che questa ripetizione di quella mirabile preghiera appartiene ad un'epoca di molto posteriore del ministero di Cristo. Chi fece questa domanda non era evidentemente uno degli Apostoli, poiché tutti i dodici erano stati presenti quando Gesù pronunziò per la prima volta l'orazione domenicale, e non aveano d'uopo che venisse loro ripetuta. La parola ne indica che egli era uno fra molti discepoli, il cui nome non era conosciuto, ed è lecito supporre che divenisse seguace di Cristo posteriormente al discorso in sul Monte, epperciò non sapesse che Gesù già avea dato ai suoi discepoli un modello di preghiera. Il Signore soleva spesso allontanarsi dai suoi discepoli per pregare in privato, quest'uomo lo avea osservato, e commosso a quella vista, avrebbe voluto, se solo avesse saputo come, versare egli pure l'anima sua dinanzi a Dio. Si noti che fu la silenziosa ma potente influenza dell'esempio di Cristo, che svegliò nel cuor di quell'uomo il desiderio di pregare, senza più essere schiavo delle forme giudaiche, ed impariamo da ciò che la tacita ed inconscia influenza di una vita santa e conforme al vangelo, è spesso il mezzo di eccitare in uomini non curanti e indifferenti, non solo rispetto per la religione, ma un ardente desiderio di trovar Cristo. Questo discepolo, per appoggiare la sua domanda, dice che Giovanni Battista già avea insegnato ai suoi discepoli a pregare. I Sinottici (ad eccezione di Luca 5:33, che indica piuttosto dei riti giudaici), non ci dicono nulla dell'insegnamento di Giovanni su questo punto, dimodoché, se non fosse di questa allusione, non sapremmo neppure che lo avesse toccato. Osserva Brown che «l'insegnamento privato del Battista era molto più particolareggiato di quel che crediamo; gli esempi che abbiamo nei Vangeli, essendo soprattutto quelli che egli insegnava alle moltitudini in generale». Sarebbe un assurdo il supporre che quest'uomo avesse fino a quell'ora vissuto come un pagano, e che colla moltitudine di forme di preghiere pubbliche e private allora in uso, egli non avesse mai pregato Iddio. Domandò a Gesù di insegnargli come egli ed altri, quali suoi discepoli dovessero avvicinarsi a Dio, tenuto conto delle loro relazioni con lui, e della sua con Dio come suo Padre, e quali cose dovessero domandare, poiché sentivano che le loro preghiere giudaiche di prima, più non convenivano alla loro posizione ed ai loro bisogni. Il Battista avea insegnato ai suoi discepoli delle preghiere conformi alle dottrine che insegnava, specialmente riguardo alla imminente rivelazione del tanto promesso Messia, e dopo tutto quello che Cristo avea loro insegnato, i suoi discepoli abbisognavano molto più di tale istruzione.

PASSI PARALLELI

Luca 6:12; 9:18,28; 22:39-45; Ebrei 5:7

Salmi 10:17; 19:14; Romani 8:26-27; Giacomo 4:2-3; Giuda 20

2 2. Ed egli disse loro: Quando orerete, dite

ecc. Gesù esaudì subito una domanda così pia e così ragionevole, ma avendo già dato ai suoi discepoli una formola, un modello di preghiera, perfettamente adattato ai loro bisogni ed alle loro capacità, finché egli non fosse glorificato ed il «Consolatore» non scendesse su di loro, egli ripete semplicemente la preghiera che già avea insegnata. Le differenze fra la versione di Matteo e quella che ci occupa son poche e di nessuna importanza vitale, abbenché i critici moderni si siano divertiti a mutilare in vari modi la versione di Luca. Tischendorf, Trogelles, Alford, Meyer ed altri omettono «nostro» e «che sei nei cieli», nella introduzione; «la tua volontà sia fatta in terra come in cielo» nella 3za domanda; e «ma liberaci dal maligno» nella 6sta; ma Lachman le inserisce. Stier le mantiene genuine, e Brown dice che «l'autorità per conservar quelle parole è decisiva». Messi da banda questi criticismi, le sole divergenze fra le due versioni sono la sostituzione in Luca di «giorno in giorno», per «oggi» in Matteo (il che è una semplice estensione dalla domanda della provvista dell'oggi, alla necessità di «tutti i giorni»), e l'omissione della dossologia in fine. Siccome le grandiose dossologie della Chiesa giudaica passarono naturalmente nelle assemblee cristiane, è probabile che la preghiera del Signore non fu mai usata che nella forma che essa ha in Matteo, benché Luca la riporti come fu dal Signore pronunziata in questa occasione. Per la esposizione dell'orazione domenicale, vedi note Matteo 6:9-13.

PASSI PARALLELI

Ecclesiaste 5:2; Osea 14:2; Matteo 6:6-8

Isaia 63:16; Matteo 6:9-15; Romani 1:7; 8:15; 1Corinzi 1:3; 2Corinzi 1:2; Galati 1:4; Efesini 1:2

Filippesi 1:2; 4:20; Colossesi 1:2; 1Tessalonicesi 1:1,3; 3:11-13; 2Tessalonicesi 1:1-2; 2:16

2Cronache 20:6; Salmi 11:4; Ecclesiaste 5:2; Daniele 2:28; Matteo 5:16; 10:32

Levitico 10:3; 22:23; 1Re 8:43; 2Re 19:19; Salmi 57:11; 72:18-19; 108:5

Ezechiele 36:23; Habacuc 2:14; Apocalisse 15:4

Luca 10:9-11; Isaia 2:2-5; Daniele 2:44; 7:18,27; Apocalisse 11:15; 19:6; 20:4

Salmi 103:20; Isaia 6:2-3; Matteo 6:10

5 

Esortazioni alla fede ed alla importunità nella preghiera Luca 11:5-l3

5. Poi disse loro: Chi è colui d'infra voi che abbia un amico, il quale vada a lui alla mezzanotte, e gli dica: Amico, prestami tre pani; 6. Perciocché mi è giunto di viaggio in casa un mio amico, ed io non ho che mettergli dinanzi?

In paesi caldi, come la Palestina, si viaggia, per molta parte dell'anno, di notte, mettendosi gli uomini all'ombra, durante il giorno, e dall'altra parte la difficoltà di conservar le vivande in buono stato, induceva le famiglie a provvedersi solo per i bisogni della giornata. Quest'uomo non si trova imbarazzato dall'arrivo del suo amico in ora opportuna, poiché tali casi potevano accadere a tutti, ma dal non esserne egli stato avvisato prima, e dal non avere perciò cibo da dargli. In tali circostanze, si volge subito ad un suo vicino, che supponeva aver forse qualche provvista, picchia fortemente al suo uscio per svegliarne l'attenzione, gli dipinge l'imbarazzo in cui si trova, e gli domanda tre pani in prestito, fino al giorno seguente.

PASSI PARALLELI

Luca 18:1-8

7 7. Se pur colui da dentro risponde, e dice: Non darmi molestia; già è serrata la porta, e i miei fanciulli son meco in letto; io non posso levarmi, e darteli;

Il vicino, a quel modo disturbato, mette avanti molte scuse per levarsi d'attorno il suo amico, e finalmente gli rifiuta la sua domanda, non per durezza di cuore, ma per la molestia che gli darebbe l'alzarsi a servirlo.

PASSI PARALLELI

Luca 7:6; Galati 6:17

Luca 13:25; Matteo 25:10

8 8. Io vi dico che, avvegnaché non si leva, e non glieli dia, perché è suo amico; pure per tal importunità da esso egli si leverà, e gliene darà quanti ne avrà di bisogno.

Il vocabolo tradotto «importunità», significa impudenza, faccia tosta, nel persistere contrariamente ad ogni convenienza e ragionevolezza, e nel non volersi accontentare di un rifiuto. La molestia prodotta dall'incessante picchiare, supplicare ed arguire era per quel vicino molto più di quella di alzarsi dal suo letto alla mezzanotte, ed una volta scossa la sua pigrizia, la sua liberalità verso il suo amico si manifesta larga e generosa. È ovvia l'inferenza che il Signore deduce da questa parabola; se uomini avari, egoisti e pigri, possono esser vinti in quel modo dall'importunità, ad onta di ripetuti rifiuti, quanto più potranno le perseveranti nostre preghiere prevalere con Dio «che dona a tutti liberalmente e non fa onta» Giacomo 1:5! La nostra importunità ben lungi dall'offendere Iddio, gli è piacevole: Egli è più pronto ad ascoltare che noi a parlare; a dare che noi a domandare.

PASSI PARALLELI

Luca 18:1-8; Genesi 32:26; Matteo 15:22-28; Romani 15:30; 2Corinzi 12:8; Colossesi 2:1; 4:12

9 9. Io altresì vi dico: Chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; picchiate, e vi sarà aperto. 10. Perciocché, chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, ed è aperto a chi picchia.

Queste parole, pronunziate dal Signore nel sermone in sul Monte, son qui ripetute per animarci a perseverare nella preghiera. Domandare, cercare, picchiare, detti della preghiera. sembrano accrescere l'intensità del significato. «Chiedete», come un mendicante chiede l'elemosina, o come uno supplica per ottenere qualche favore segnalato. «Cercate», come chi vuol ritrovare un tesoro perduto. «Picchiate», come chi cerca in qualche casa un rifugio contro la tempesta. E non solo ci è promessa una risposta favorevole, ma ci è pure dichiarato che tale è l'esperienza di quelli che pregano.

PASSI PARALLELI

Luca 13:24; Matteo 6:29; 21:31; Marco 13:37; Apocalisse 2:24

Salmi 50:15; 118:5; Geremia 33:3; Matteo 7:7-8; 21:22; Marco 11:24; Giovanni 4:10; 14:13

Giovanni 15:7,16; 16:23-24; 2Corinzi 12:8-9; Ebrei 4:16; Giacomo 1:5; 5:15; 1Giovanni 3:22

1Giovanni 5:14-15

Luca 13:24; Salmi 27:4,8; 34:4,10; 105:3-4; Cantici 3:1-4; 5:6; Isaia 45:19; 55:6-7

Geremia 29:12; Daniele 9:3; Amos 5:4-6; Giovanni 1:45-49; Atti 10:4-6; Romani 2:7

Ebrei 11:6

Luca 13:25; 2Corinzi 6:2

Luca 18:1; Salmi 31:22; Lamentazioni 3:8,18,54-58; Giona 2:2-8; Giacomo 4:3; 5:11

11 11. e chi è quel padre tra voi, il quale, se il figliuolo gli chiede del pane, gli dia una pietra? ovvero anche un pesce; e, in luogo di pesce, gli dia una serpe? 12. Ovvero anche, se, gli domanda un uovo, gli dia uno scorpione?

L'ultime di queste domande trovasi in Luca solo; Matteo non dà che le due prime. È detto esservi una specie di scorpione di color bianco, il quale, quando si raggomitola, si assomiglia assai ad un uovo, ma non conosciamo un sol viaggiatore che lo abbia visto in Palestina. Né pare necessario supporre coi commentatori in generale che una rassomiglianza debba trovarsi fra una pietra, un serpente, uno scorpione, ed il pane, il pesce e l'uovo coi quali vengono messi in antitesi. Non crediamo che Gesù avesse qualsiasi rassomiglianza di questo genere in vista; ma solo volesse mostrare che la mera affezione naturale impedirebbe ad un padre di farsi beffe della fame di suo figlio, offrendogli una pietra, o anche mettendo in pericolo la sua vita coll'offrirgli un rettile velenoso, per cibo; e se così è, quanto più dobbiamo aspettare dall'amore del nostro Padre Celeste, come egli lo dimostra subito dopo.

PASSI PARALLELI

Isaia 49:15; Matteo 7:9

Luca 10:19; Ezechiele 2:6; Apocalisse 9:10

13 13. Se voi dunque, essendo malvagi, sapete dar buoni doni a' vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste,

lett. il vostro Padre dal cielo. «Osserviamo», dice Alford, «che quando noi parliamo a Dio egli egli ci risponde. Nel primo caso, andiamo noi da lui ed alla casa sua; in quest'ultimo, egli scende verso di noi».

donerà lo Spirito santo a coloro che glielo domanderanno?

È questo un argomento a fortiori, fondato sul contrasto fra quello che l'affetto naturale spingerà parenti terreni, che sono di natura corrotti e malvagi, a fare poi loro figliuoli, e quello che è pronto a fare colui che è il nostro Padre celeste glorioso nella sua santità, e la cui essenza stessa è l'amore. Nel passo parallelo Matteo 7:11, Gesù parla di Dio come colui che dà «buone cose» ai figli suoi; ma avvicinandosi ora al suo termine il suo ministero, egli annunzia ai suoi discepoli che Dio darà a quelli che glielo domanderanno il «suo Spirito Santo», il più prezioso di tutti i doni, l'arra in Cristo di tutto le benedizioni così in questo mondo, come nel mondo avvenire. Per il resto dell'esposizione dei versetti 9-13, vedi note Matteo 7:7-11.

PASSI PARALLELI

Genesi 6:5-6; 8:21; Giobbe 15:14-16; Salmi 51:5; Giovanni 3:5-6; Romani 7:18; Tito 3:3

Isaia 49:15; Matteo 7:11; Ebrei 12:9-10

Matteo 6:30; Romani 5:9-10,17; 8:32; 2Corinzi 3:9-11

Luca 11:2; 15:30-32; Matteo 5:16,45; 6:14,32

Proverbi 1:23; Isaia 44:3-4; Ezechiele 36:27; Gioele 2:28; Matteo 7:11; Giovanni 4:10; 7:37-39

RIFLESSIONI

1. Sono molto insufficienti le prove di quello che spesso viene asserito che Gesù prendesse quasi tutta questa preghiera dalle formole giudaiche esistenti. Non già che un tal modo di vedere abbia in sé nulla d'irriverente e da rigettarsi, poiché se dei Giudei religiosi avessero composte tali formole di preghiera, il Signore quando venne adempiere ogni cosa buona dell'antica economia ben poteva, in un senso più alto e più spirituale, raccomandare quelle formole ai suoi discepoli. Ma non pare che quello fosse il fatto.

2. È strano e rincrescevole al tempo stesso che questa preghiera, messa dal Signore, Matteo 6:7, in contrasto colle vane ripetizioni dei pagani, sia stata dal papismo ridotta a ripetizioni così vane e senza riflessione, da provocare una reazione tanto potente che molti protestanti ne giudicano l'uso superstizioso e senza profitto. Non dobbiamo andare in quel modo da un estremo all'altro. Se possiamo far nostra questa preghiera, e pronunziarla dal cuore, il suo uso abituale tenderà ad elevare ed a semplificare le altre nostre preghiere. Però il suo uso più alto non è come forma, ma come modello; non come una sostituzione stereotipata a libere preghiere, ma come una matrice nella quale possiamo gettarle roventi dal nostro cuore.

3. L'applicazione della parabola dell'uomo che ottenne i tre pani dal maldisposto suo vicino è l'importanza del perseverare nella preghiera, ed è a tal lezione che faremo bene a ricordarcela. È più facile cominciar l'abitudine della preghiera, che mantenerla. Molti di quelli che professano il Cristianesimo imparano a pregare in gioventù ma ne abbandonano un po' per volta la pratica, crescendo negli anni. Migliaia di persone cominciano a pregare per un tempo, a motivo di qualche benedizione o prova speciale, ma presto si stancano. Invade silenziosamente molti cuori il pensiero che sia inutile pregare, che essi non ne derivano alcun benefizio visibile, e che possono vivere benissimo senza preghiera, sicché alla fine la preghiera è interamente abbandonata. Combattiamo cotali inclinazioni, e ricordiamoci che i comandamenti; «vegliate ed orate», «non restate mai d'orare», «convien del continuo orare, e non istancarci», «siate perseveranti nell'orazione» furon dati per ricordarci un pericolo, e svegliarci all'adempimento di un dovere.

4. Poche promesse della Bibbia sono così larghe ed incondizionate che quella del vers. 13. Non v'ha dubbio che lo Spirito Santo è il più gran dono che Dio ci possa fare, dopo quello del proprio suo Figliuolo, per la nostra salute. Con quel dono abbiamo ogni cosa - l'amore illimitato del Padre, il sangue espiatorio del Figlio, la piena, comunione con tutte e tre le persone della gloriosa Trinità, abbiam luce, vita, speranza, grazia e pace, nel mondo attuale, e gloria, onore ed immortalità nella vita a venire. E questo gran dono Gesù ci dice che possiamo ottenerlo colla preghiera!

14 Luca 11:14-36. GUARIGIONE DELL'INDEMONIATO, CIECO E MUTOLO. ACCUSA MALIGNA DEI FARISEI E RISPOSTA DI CRISTO. OSSERVAZIONE FATTA DA UNA DONNA NELLA FOLLA. AVVERTIMENTO DATO A QUELLI CHE CERCAVANO UN SEGNO DAL CIELO Matteo 12:22-45; Marco 3:22-30

Guarigione dell'indemoniato, cieco e mutolo. Accusa maligna dei Farisei e risposta di Gesù, Luca 11:14-20

Per l'esposizione vedi Matteo 12:22-28.

Matteo dice che, oltre all'esser mutolo, il povero indemoniato era pure cieco, e così mancavangli tre dei cinque sensi coi quali comunichiamo col mondo esterno. Fu la facilità colla quale Cristo trionfò di mali così complicati che produsse negli astanti uno stupore più grande ancora del consueto, inducendoli a domandarsi gli uni agli altri se questo non fosse forse il Messia, il Figliuol di Dio, mentre induceva i Farisei a bestemmiare, accusandolo di essere in lega con Satana.

21 

Parabola dell'uomo bene armato, Luca 11:21-23

Per l'esposizione vedi Matteo 12:29-30.

24 

Parabola dello spirito immondo, Luca 11:24-26

Per il nesso fra questi versetti ed il ver. 23; vedi l'analisi di questo capitolo, N. 4., a Luca 11:1.

Per l'esposizione vedi Matteo 12:43-45.

27 

Risposta di Cristo all'osservazione di una donna d'infra la folla, Luca 11:27-28

27. or avvenne che, mentre egli diceva queste cose, una donna della moltitudine alzò la voce, e gli disse: Beato il ventre che ti portò, e le mammelle che tu poppasti.

Questo fatto è ricordato dal solo Luca, ed è una nuova prova della originalità del suo racconto. Alford crede che questa donna fosse unicamente mossa da uno stupore volgare ed inintelligente prodotto in lei dagli insegnamenti e dai miracoli del Signore; ma le sue parole ci sembrano dinotare in lei una affettuosa e credente seguace di Cristo, che non poté frenare, anche in mezzo a tutta quella folla, l'umile tributo della sua ammirazione. Come donna e fors'anche come madre, che ritrovava nuova gioventù negli onori e nei successi dei propri figli, la sua ammirazione si esprime col proclamare la gioia e l'allegrezza che dovea provare colei da cui il mondo avea ricevuto un così meraviglioso maestro.

PASSI PARALLELI

Luca 1:28,42,48

28 28. Ma egli disse: Anzi (imo vero, sì veramente ma), beati coloro che odono la parola di Dio, e l'osservano.

Nella sua risposta Gesù non nega l'onore concesso a sua madre, onore evidentemente riflesso, non dovuto a qualche merito inerente in lei, ma solo alla gloria del suo Figlio qual «progenie di Davide». Ma pure ammettendo questa beatitudine, che Simeone, Elisabetta e l'Angelo Gabriello già aveano proclamata, Gesù in modo molto bello e delicato, colla congiunzione ascrive il vero onore e la felicità di Maria, alla sua fede ed alla sua rivenuta e perseverante ubbidienza alla parola del Signore che le era stata annunziata, e da questo punto di vista, mette sullo stesso livello con lei tutti quanti i veri credenti. E questo non fu un detto fortuito, poiché Gesù lo ripetè enfaticamente quando sua madre e i suoi fratelli cercarono di vederlo, alla fine probabilmente di questo stesso discorso Matteo 12:48-50, dichiarando di riconoscere come madre, fratelli e sorelle soli quelli che erano a lui uniti coi legami della fede, e facevano la volontà del Padre suo che è nei cieli. Vedremo che questa risposta scalza dalla radice ogni Mariolatria, e ci mostra in che il vero onore di quella santa consiste cioè in fede ed ubbidienza. Si direbbe che le parole di questo versetto furono pronunziate con profetica previsione di quel culto antiscritturale della Vergine Maria che doveva nascere ed estendersi siffattamente nella Chiesa di Cristo. Si avrà un bel volgere e torturare questo parole, il loro senso sarà sempre lo stesso e sempre chiarissimo. Esse dichiarano che udir la parola di Dio ed osservarla è benedizione maggiore che di essere unito a Cristo mediante la più stretta parentela terrestre.

PASSI PARALLELI

Luca 6:47-48; 8:21; Salmi 1:1-3; 112:1; 119:1-6; 128:1; Isaia 48:17-18

Matteo 7:21-25; 12:48-50; Giovanni 13:17; Giacomo 1:21-25; 1Giovanni 3:21-24; Apocalisse 22:14

29 

Risposta di Cristo a quelli che domandavano un segno dal cielo, Luca 11:29-36

Per l'esposizione vedi Matteo 12:38-42; Matteo 5:14-16; Matteo 6:22-23.

29. Or, raunandosi le turbe, egli prese a dire: Questa generazione è malvagia; ella chiede un segno; ma segno alcuno non le sarà dato, se non il segno, del profeta Giona.

Le folle accorso da ogni parte giunsero in tempo per udir Gesù condannare la loro incredulità nazionale. Benché gli chiedessero «un segno dal cielo», in apparenza per dargli l'occasione di rivendicare il suo divino mandato dal mortale insulto lanciato contro di esso, Gesù non se ne occupa subito, ma prima confuta appieno l'accusa di essere alleato con Satana, quindi comincia a parlare del «segno» desiderato. È però assai probabile che, nel chiamar (malvagia), la generazione cui parlava, Gesù avesse in vista lo spirito diabolico dimostrato nel domandare un segno, non meno che l'insulto che venne prima. In ogni caso, considerò quelli che avean parlato, come i rappresentanti dello spirito di incredulità che regnava sì largamente in quella generazione. In breve la lor domanda sonava così: "Dopo l'accusa portata contro di te, nessun miracolo terreno può stabilire il preteso tuo mandato da Dio; il solo modo che ti resti per questo è di mostrarci un segno nei cieli, come fece Giosuè fermando la luna ed il sole nella valle di Ajalon, o procedente dal cielo, come la manna nel deserto, o la divisione del Mar Rosso". Questa straordinaria perversità dei Giudei nel domandar sempre un qualche miracolo per credere è degna di nota 1Corinzi 1:22. L'incredulità sempre si manifesta col domandar prove sopra prove; ma per salvar l'uomo occorre buona volontà non moltiplicità di prove. Il Signore ricusò quella domanda, in quanto almeno riguardava il segno nei cieli; ma li rimanda alla storia di Giona, come ad un segno di quello che accadrebbe nel proprio suo caso. In Luca il parallelismo fra il tempo che Giona passò nel ventre della balena, e quello che Cristo rimase nel sepolcro, non ci vien dato come parte del segno, benché le parole: «Siccome Giona fu segno ai Niniviti» evidentemente attestino che come la sua miracolosa liberazione, proclamata da lui stesso o da altri, fu una delle cause del gran successo della sua predicazione in Ninive, così la risurrezione di Cristo dovea essere uno degli argomenti più essenziali ed efficaci della predicazione degli Apostoli. Giona predicò ai Niniviti dopo la sua risurrezione, proclamando naturalmente il gran fatto operato da Dio nel ricondurlo in quella città, e facendo della sua liberazione un segno che quel popolo ricevette e si pentì. Ma questa generazione doveva rigettare un segno ben più grande di quello. La Regina di Saba è citata essa pure qual segno, poiché venne dalla parte più remota del mondo fin allora conosciuto, per imparar saviezza da un semplice uomo, mentre questa generazione rimaneva sorda agli insegnamenti di un più grande che Salomone - cioè del promesso Messia - del Figlio eterno di Dio.

PASSI PARALLELI

Luca 12:1; 14:25-26

Luca 29:50; 9:41; Isaia 57:3,4; Matteo 3:7; 23:34-36; Marco 8:38; Giovanni 8:44; Atti 7:51-52

Matteo 12:38-39; 16:1-4; Marco 8:11-12; Giovanni 2:18; 6:30; 1Corinzi 1:22

RIFLESSIONI

1. È pericoloso il contentarsi di un cambiamento in religione che non giunge alla conversione completa a Dio. La parabola dello spirito immondo, che rientra in un uomo, dopo esserne uscito, si adempie nella storia dei Giudei, fra il potente risveglio prodotto nella coscienza nazionale dalla predicazione di Giovanni Battista, e la reiezione ed il crocifiggimento per opera loro di Cristo. Dalla sua morte alla distruzione di Gerusalemme, ed alla ruina politica dei Giudei, quella storia ci prova che Satana avea ripreso con forza incredibile possesso dei loro cuori. Non troviamo nella storia del mondo intero una pagina più nera, più orribile di questa. Ma la parabola fu detta per nostra istruzione, non meno che quella dei Giudei. Nella storia di ogni popolo, sonvi momenti analoghi a quello del ministero del Battista, allorquando lo Spirito di Dio convince gli uomini di peccato, quando la lor coscienza è scossa infino al fondo, ed essi fuggono dall'ira avvenire. Allora, frammezzo a molte conversioni reali, non poche son vere di parziali, temporarie, abortive. Per un tempo, sotto l'influenza del terrore dell'ira avvenire e delle gioie del vangelo, tutto sembra mutato, e parrebbe che avesse avuto luogo una vera conversione, - «lo spirito immondo è uscito». La casa gli era venuta in uggia, ed ei parte, se ne va, ma non è cacciato. Però non vi è un cambiamento reale di padroni o di servizio; non si è lasciato Belial per Cristo, i principii carnali per gli spirituali, gli affetti terreni per i celesti. «Le cose vecchie non son passate, tutte le cose non son fatte nuove» 2Corinzi 5:17. Perciò quando lo spirito immondo ritorna, trova, la casa che avea lasciata, vuota non solo, ma «spazzata ed adorna». Questo indica che nell'intervallo c'è stata una ricaduta che l'ha trasmutata dallo stato antipatico di prima in una abitazione piacevole e preparata per lui. Il vivo interesse che quell'anima prendeva alle cose religiose si è raffreddato, il mondo ha ripreso le sue attrattive, il peccato le sue seduzioni, e la divozione, se non è morta, si è ridotta a meschine ed affrettato generalità. Finalmente si dà ascolto al peccato, e lo spirito immondo afferra il suo vantaggio. Va e prende sette altri spiriti più cattivi di lui, e rientra in quel cuore per non abbandonarlo mai più, e così «l'ultima condizione di quell'uomo è peggiore della primiera». «Parecchie leggi del mondo morale spiegano questo. È innegabile che Dio abbandona talvolta gli uomini ad una mente reproba. Né si deve dimenticar la rabbia del maligno, fra queste misteriose liberazioni temporanee dal suo giogo, e le accoglienze che gli si fan più tardi. Ma soprattutto c'è la nota e terribil legge in virtù della quale le abitudini e le pratiche abbandonato a malincuore, e quindi riprese, divengono più inveterato che mai, essendo distrutta la forza di resistenza della volontà. Non c'è dunque via di mezzo fra lo spirito immondo che esce dall'uomo sol per tornarvi, e l'espulsione definitiva dell'«uomo forte» da «uno più potente di lui». Il cuore non può rimanere vuoto. Non c'è sicurezza per lui che in una cordiale sottomissione a Cristo» (Brown).

37 Luca 11:37-54. GESÙ DENUNZIA CON FORZA I FARISEI IN CASA DI UN FARISEO. QUESTI NE RIMANGONO INVIPERITI E CERCANO DI TRARLO IN INGANNO Matteo 23:1-36; Marco 12:38-39

Per l'esposizione vedi Matteo 23:1-36.

37. Or, mentre egli parlava, un certo Fariseo lo pregò che desinasse (pasto del mattino) in casa sua. Ed egli vi entrò, e si mise a tavola.

Questo accadde probabilmente durante il ministerio di Cristo in Perea, e subito dopo il discorso precedente. Il Fariseo lo avea forse udito; in ogni caso, lo invitò, con molti della propria setta, e colle più malevole intenzioni Luca 11:45,53. Gesù, pure conoscendo questo, accettò l'invito per aver l'occasione di svelare in chiare parole la loro ipocrisia e malvagità. Dall'accettar Cristo l'invito di chi certo non gli era discepolo, alcuni han concluso esser lecito anzi desiderabile mantenere relazioni sociali non solo cogli inconvertiti, ma anche con quelli che sprezzano apertamente ogni religione. I Cristiani che vogliono ed approvano tali relazioni coi nemici dichiarati del loro Signore e Maestro, fondandosi sul suo esempio, farebbero bene di studiare il contegno e i discorsi del Signore in simili occasioni, affin di imitarli. Purtroppo molti accetteranno l'invito come lo accettò Cristo, ma per ben altri motivi, e non parleranno a tavola come egli parlò.

PASSI PARALLELI

Luca 7:36; 14:1; 1Corinzi 9:19-23

38 38. E il Fariseo, veduto che prima, avanti il desinare, egli non si era lavato, se ne maravigliò.

Per le abluzioni praticate dai Giudei vedi Marco 7:3-5.

La parola qui tradotta lavato e in greco (battezzato). È chiaro che non poteva qui trattarsi di lavar l'intero corpo, ma solo una parte, come le mani, o i piedi, o anche questo battesimo poteva limitarsi ad acqua spruzzata sulle mani, giusta l'uso orientale 2Re 3:11. L'opinione di alcuni Battisti, che la parola «battezzare» non sia mai usata che per indicare l'immersione totale del corpo, è insostenibile di faccia a questo versetto. Lo stupore dei convitati, si esprimesse desso con parole o solo cogli sguardi, ora inteso a provocare alcune spiegazioni per parte di Gesù, ed egli colse al volo quella occasione. Per il resto vedi Matteo 23:1-39.

PASSI PARALLELI

Matteo 15:2-3; Marco 7:2-5; Giovanni 3:25

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