Commentario abbreviato:

Luca 24

1 Capitolo 24

La resurrezione di Cristo Lc 24:1-12

Appare a due discepoli sulla via di Emmaus Lc 24:13-27

E si fa conoscere a loro Lc 24:28-35

Cristo appare agli altri discepoli Lc 24:36-49

La sua ascensione Lc 24:50-53

Versetti 1-12

Osservate l'affetto e il rispetto che le donne mostrarono a Cristo, dopo la sua morte e la sua sepoltura. Osservate la loro sorpresa quando trovarono la pietra rotolata via e la tomba vuota. I cristiani sono spesso perplessi su ciò che dovrebbe confortarli e incoraggiarli. Cercano piuttosto di trovare il loro Maestro nelle sue vesti funerarie, piuttosto che gli angeli nelle loro vesti splendenti. Gli angeli assicurano loro che è risorto dai morti; è risorto con la sua stessa forza. Questi angeli dal cielo non portano un nuovo Vangelo, ma ricordano alle donne le parole di Cristo e insegnano loro come applicarle. Ci si può meravigliare che questi discepoli, che credevano che Gesù fosse il Figlio di Dio e il vero Messia, a cui era stato detto così spesso che doveva morire, risorgere e poi entrare nella sua gloria, che lo avevano visto più di una volta risuscitare i morti, siano stati così restii a credere che fosse risorto da solo. Ma tutti i nostri errori religiosi nascono dall'ignoranza o dalla dimenticanza delle parole che Cristo ha pronunciato. Pietro corse ora al sepolcro, che ultimamente era scappato dal suo Maestro. Era stupito. Ci sono molte cose che ci lasciano perplessi e che sarebbero chiare e proficue se comprendessimo bene le parole di Cristo.

13 Versetti 13-27

L'apparizione di Gesù ai due discepoli che andavano a Emmaus avvenne lo stesso giorno in cui egli risuscitò dai morti. È bene che i discepoli di Cristo parlino insieme della sua morte e della sua risurrezione; in questo modo possono migliorare la conoscenza reciproca, rinfrescare la memoria e stimolare gli affetti devoti. E se solo due persone insieme sono ben impiegate in questo tipo di lavoro, Egli verrà da loro e ne creerà una terza. Coloro che cercano Cristo, lo troveranno; Egli si manifesterà a coloro che lo cercano e darà la conoscenza a coloro che usano gli aiuti per la conoscenza che hanno. Non importa come, ma era così, essi non lo conoscevano; egli lo ordinava in modo che essi potessero parlare più liberamente con lui. I discepoli di Cristo sono spesso tristi e addolorati, anche quando hanno motivo di rallegrarsi; ma per la debolezza della loro fede, non riescono a cogliere il conforto che viene loro offerto. Sebbene Cristo sia entrato nel suo stato di esaltazione, tuttavia si accorge dei dolori dei suoi discepoli e si affligge nelle loro afflizioni. Quelli che sono stranieri a Gerusalemme non conoscono la morte e le sofferenze di Gesù. Coloro che hanno la conoscenza di Cristo crocifisso, dovrebbero cercare di diffondere questa conoscenza. Nostro Signore Gesù li rimproverò per la debolezza della loro fede nelle Scritture dell'Antico Testamento. Se conoscessimo meglio i consigli divini nella misura in cui sono resi noti nelle Scritture, non saremmo soggetti alle perplessità in cui spesso ci impigliamo. Egli mostra loro che le sofferenze di Cristo erano davvero la via designata per la sua gloria; ma la croce di Cristo era ciò a cui non potevano riconciliarsi. Partendo da Mosè, il primo scrittore ispirato dell'Antico Testamento, Gesù espose loro le cose che lo riguardavano. In tutte le Scritture ci sono molti passaggi che riguardano Cristo, che è molto utile mettere insieme. Non possiamo andare lontano in nessuna parte, ma incontriamo qualcosa che si riferisce a Cristo, qualche profezia, qualche promessa, qualche preghiera, qualche tipo o altro. Un filo d'oro della grazia del Vangelo attraversa tutta la rete dell'Antico Testamento. Cristo è il miglior espositore delle Scritture e, anche dopo la sua risurrezione, ha portato gli uomini a conoscere il mistero che li riguarda, non avanzando nuove nozioni, ma mostrando come le Scritture si sono adempiute e spingendoli a studiarle seriamente.

28 Versetti 28-35

Se vogliamo che Cristo abiti con noi, dobbiamo essere sinceri con lui. Chi ha sperimentato il piacere e il beneficio della comunione con lui, non può che desiderare di più la sua compagnia. Prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Lo fece con l'autorità e l'affetto di sempre, con lo stesso modo, forse con le stesse parole. Qui ci insegna a chiedere la benedizione a ogni pasto. Vedete come Cristo, con il suo Spirito e la sua grazia, si fa conoscere alle anime del suo popolo. Apre loro le Scritture. Li incontra alla sua tavola, nell'ordinanza della cena del Signore; si fa conoscere a loro nello spezzare il pane. Ma l'opera è completata dall'apertura degli occhi della loro mente; sono solo brevi visioni di Cristo in questo mondo, ma quando entreremo in cielo lo vedremo per sempre. Avevano trovato la predicazione potente, anche quando non conoscevano il predicatore. Le Scritture che parlano di Cristo riscaldano il cuore dei suoi veri discepoli. È probabile che faccia più bene ciò che ci colpisce con l'amore di Gesù che muore per noi. È dovere di coloro ai quali si è mostrato, far sapere agli altri ciò che ha fatto per le loro anime. È di grande utilità per i discepoli di Cristo confrontare le loro esperienze e raccontarsele a vicenda.

36 Versetti 36-49

Gesù apparve in modo miracoloso, assicurando ai discepoli la sua pace, nonostante lo avessero abbandonato da poco, e promettendo una pace spirituale con ogni benedizione. Molti dei pensieri che turbano la nostra mente nascono da errori nei confronti di Cristo. Tutti i pensieri inquietanti che sorgono nel nostro cuore in qualsiasi momento sono noti al Signore Gesù e gli sono sgraditi. Parlò con loro della loro irragionevole incredulità. Non era accaduto altro che ciò che era stato predetto dai profeti e che era necessario per la salvezza dei peccatori. Ora si doveva insegnare a tutti gli uomini la natura e la necessità del pentimento, per ottenere il perdono dei loro peccati. E queste benedizioni dovevano essere ricercate mediante la fede nel nome di Gesù. Cristo, con il suo Spirito, opera sulle menti degli uomini. Anche gli uomini buoni hanno bisogno di aprire le loro menti. Ma per avere pensieri giusti su Cristo, non c'è bisogno di altro che di far comprendere le Scritture.

50 Versetti 50-53

Cristo salì da Betania, vicino al Monte degli Ulivi. Lì c'era il giardino in cui iniziarono le sue sofferenze; lì fu nella sua agonia. Chi vuole andare in cielo, deve salire dalla casa delle sofferenze e dei dolori. I discepoli non lo videro uscire dal sepolcro; la sua risurrezione poteva essere provata dal fatto che lo avessero visto vivo in seguito; ma lo videro salire in cielo; non potevano avere altrimenti una prova della sua ascensione. Alzò le mani e li benedisse. Non se ne andò con dispiacere, ma con amore, lasciando dietro di sé una benedizione. Come è sorto, così è salito, con la sua stessa forza. Essi lo adorarono. Questa nuova manifestazione della gloria di Cristo attirò su di loro nuovi riconoscimenti. Tornarono a Gerusalemme con grande gioia. La gloria di Cristo è la gioia di tutti i veri credenti, anche quando sono in questo mondo. Nell'attesa delle promesse di Dio, dobbiamo andare incontro ad esse con le nostre lodi. E niente prepara meglio la mente a ricevere lo Spirito Santo. Le paure vengono messe a tacere, i dolori si addolciscono e si placano, le speranze si mantengono. Questo è il motivo dell'audacia del cristiano davanti al trono della grazia; sì, il trono del Padre è il trono della grazia per noi, perché è anche il trono del nostro Mediatore, Gesù Cristo. Affidiamoci alle sue promesse e invochiamole. Partecipiamo alle sue ordinanze, lodiamo e benediciamo Dio per le sue misericordie, fissiamo i nostri affetti nelle cose di lassù e aspettiamo il ritorno del Redentore per completare la nostra felicità. Amen. Anche così, Signore Gesù, vieni presto.

Commentario del Nuovo Testamento:

Luca 24

1 CAPO 24 - ANALISI

1. La risurrezione di Cristo annunziata da due angeli alle donne galilee al sepolcro. In questa parte della storia del Signore c'è, conviene riconoscerlo, qualche confusione nella narrazione degli Evangelisti, confusione che rende impossibile di ridurre il tutto in un continuo racconto. Questa non è colpa degli storici; bensì l'effetto naturale delle impressioni che gli avvenimenti medesimi produssero sui sensi e sulla memoria di varii testimonii. Lo scopo che gli Evangelisti si prefiggevano non era di dare una storia completa di tutte le case accadute dalla risurrezione all'ascensione del Signore, ma di porre innanzi alla mente de' loro lettori prove tali che, secondo loro, rendessero incontrovertibile il fatto che Gesù era realmente risuscitato dai morti; ed è dover nostro, invece di lagnarci che i quattro racconti non possono combinarsi in un tutto armonico, di esaminare attentamente le prove che ciascuno degli Evangelisti ci offre a confermare che Gesù «dopo aver sofferto, si presentò vivente, essendo veduto dagli Apostoli per quaranta giorni» Atti 1:3. Molto male è stato fatto dal tentativo degli armonisti di perfezionare il metodo di Dio, nell'esporre questa parte della verità salutare, col disporre in ordine cronologico gl'incidenti mentovati dai sacri scrittori; perché esso ha spesso condotto all'estremo opposto, di negare ogni consistenza ed unità in queste ispirate variazioni d'un unico tema. Qualsiasi apparente contraddizione fra le narrazioni dei quattro Evangeli può venir prontamente rimossa mediante equi paragoni ed ipotesi naturali, quali tutti gli uomini le assumono nel pesare le prove che si riferiscono alle occorrenze comuni della vita. Ma è essenziale di aver presente alla mente che lo scopo specifico che ogni Evangelista sembra essersi prefisso è di segnare i passi successivi, per cui l'incredulità degli Apostoli fu alla fine soggiogata e i loro animi furono preparati ad accogliere e ad eseguire il loro grande mandato. Proseguendo questo piano, Luca mentova in prima la costernazione delle donne galilee che andarono al sepolcro, allorquando trovarono la pietra che lo chiudeva rotolata in disparte e non rinvennero il corpo. Le sostanze ch'esse portarono per ungere il corpo del loro amato Maestro e ritardarne la putrefazione, ci forniscono una sicurissima prova ch'esse non avevano mai sognato ad una risurrezione dai morti. Mentre tuttora oltremodo perplesso intorno alla scomparsa del corpo, furono colte da invincibile terrore nel vedere i due messi celesti che annunziavano loro che il Signore era risuscitato, siccome, essendo egli ancora. in Galilea, lo avea loro predetto. Fatte memori di ciò, una nuova luce penetrò nella lor mente intorno al significato delle parole del Signore; esse credettero alla testimonianza degli angeli, e sollecite tornarono a comunicar quelle nuove agli undici Apostoli e a tutti i fratelli in Gerusalemme. Fra queste donne, Luca mentova Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e Giovanna moglie di Cuza, tesoriere d'Erode; ma aggiunge che ve n'erano ancor dell'altre in quella compagnia. Il loro annunzio fu accolto da tutto il corpo dei discepoli con assoluta incredulità; ma Pietro, determinato a verificare il fatto, corse al sepolcro, accompagnato da Giovanni; ed avendo veduto i panni funebri, «se ne andò meravigliandosi tra se stesso», ma non credendo ancora, «perciocché essi non avevano ancora conoscenza della Scrittura, che conveniva ch'egli risuscitasse dai morti» Giovanni 20:8-9. Più tardi, nello stesso giorno, il Signore apparve a Pietro, dissipando in tal modo ogni avanzo di dubbio e suggellando il suo perdono Luca 24:1-12.

2. Apparizione di Gesù ai due discepoli sulla via di Emmaus. Questi discepoli erano evidentemente ancora increduli riguardo alla risurrezione del loro Maestro, benché assai perplessi a motivo dell'assenza del corpo dalla tomba e dalle nuove recate dalle donne che angeli erano loro appariti ed avean loro testimoniato ch'egli era vivente. Gesù si unì ad essi nel loro viaggio, e come se fosse stato uno straniero, prese a domandare qual fosse l'argomento che li teneva siffattamente assorti. A ciò risposero, raccontando gli avvenimenti dei tre ultimi giorni, e terminando colla notizia che le donne aveano portata quella stessa mattina dal sepolcro. Allora lo straniero prese a spiegar loro le Scritture che si riferivano al Messia, in modo tale che, siccome in seguito confessarono l'uno all'altro, «il cuor loro ardeva in loro stessi»: in modo tale, che il lettore non sa capacitarsi come non abbiano immediatamente riconosciuto il Signore nel loro interlocutore. Il nostro Evangelista ne spiega il motivo in queste parole: «Gli occhi loro erano ritenuti per non conoscerlo». Non si stancarono, per altro, della sua compagnia o del suo discorso; giunti al villaggio «gli fecer forza», perché dimorasse con loro quella notte; ed avendo esso accondisceso, si fu il modo in cui benedisse il pane, alla lor cena, e lo ruppe e lo diede loro, che istantaneamente li convinse che il loro compagno di viaggio ed ospite non era altri che il loro Signore. Gesù «sparì da loro», ed essi, abbandonando il loro proposito di pernottare quivi, ritornarono solleciti a Gerusalemme per comunicare le loro nuove agli Apostoli, di cui la maggioranza rigettarono la loro testimonianza come quella delle donne, perché Marco 16:13 dice: «Ma quelli ancora non credettero» Luca 24:13-35.

3. Cristo appare ai discepoli raunati. Questa visita di Gesù ebbe luogo la sera dello stesso giorno in cui egli era risuscitato dei morti, e, come appare, pochi istanti dopo il ritorno dei discepoli da Emmaus. Ben lungi dall'esser convinti che il loro Maestro era risorto, furono colti da grande paura quando lo videro entrare nella camera; perché erano convinti ch'era uno spirito il quale rivestiva solo l'apparenza d'un corpo. Il Signore pertanto si accinge a fornir loro le prove che colui, il quale stava in mezzo a loro, era il loro Maestro, in vera presenza corporale. La prima dovea risultare dalla loro personale ispezione delle sue mani e del suoi piedi, e dal toccar colle mani il suo corpo. La seconda, dal mangiare cibo materiale insieme ad essi, siccome appunto avea fatto prima della sua crocifissione. Così finalmente i dubbi di quelli ch'erano presenti in quella camera furono rimossi, e l'assente Tomaso fu lasciato quasi solo a non credere che il Signore fosse risuscitato. Era giunto ora il tempo opportuno per, illuminare le loro menti intorno al significato delle Scritture; e perciò il Signore spiegò all'assemblea, siccome l'avea fatto coi due che avea accompagnati ad Emmaus, tutto ciò che riferivasi a lui stesso nelle Scritture dell'Antico Testamento, insistendo specialmente, per l'adempimento di esse, sulla necessità della sua morte e della sua risurrezione al terzo giorno. Di questi due fatti importantissimi, egli li costituì testimoni, ordinando loro, dopo che avessero ricevuto la promessa del Padre, lo Spirito Santo, di predicare a tutti i popoli, cominciando da Gerusalemme Luca 24:36-49.

4. L'ascensione gloriosa di Cristo nei cieli. Luca fa noto al suo amico Teofilo Atti 1:3, che un periodo di quaranta giorni trascorse fra la risurrezione e l'ascensione del Signor Gesù, durante il quale egli apparve di frequente ai suoi discepoli, e li ammaestrò; ma nel nostro Vangelo, all'infuori degl'incontri avvenuti il giorno stesso della risurrezione, egli sorvola a tutto questo periodo senza alcuna osservazione, a meno che non si voglia concludere, che il discorso tenuto quella sera nella camera alta fu un riassunto di tutto l'insegnamento del Signore, posteriore alla risurrezione. La narrazione ch'egli ci fa dell'ascensione è breve, ma sublime. Seguendo il ben noto sentiero che valica il monte degli Ulivi, arrivarono alla spalla S. E. che soprasta a Betania e fu lì ch'egli impartì la sua benedizione ai suoi deboli, ma devoti discepoli; e mentre lo stava facendo, fu diviso da loro e portato in su nel cielo. La mente degli Apostoli era stata, in vero, potentemente illuminata, poiché la perdita del loro Maestro ben lungi dal provocare lamento o dal produrre cruccio e smarrimento, riempì i loro cuori di azioni di grazia e di giubilo, diguisaché ritornarono a Gerusalemme con grande allegrezza, e fecero echeggiare i cortili del tempio delle loro lodi al Signore Luca 24:50-53.

Luca 24:1-12. LA RISURREZIONE DI CRISTO ANNUNZIATA DA DUE ANGELI ALLE DONNE GALILEE AL SEPOLCRO. VISITA DI PIETRO AL SEPOLCRO MEDESIMO Matteo 18:1-10; Marco 16:1-11; Giovanni 20:1-18

Per l'esposizione vedi Matteo 18:1-10; Giovanni 20:1-18.

13 Luca 24:13-35. APPARIZIONE DI CRISTO AI DUE DISCEPOLI SULLA VIA DI EMMAUS Marco 16:12-13

13. Or ecco, due di loro in quell'istesso giorno

Luca è il solo a ricordare questo interessante episodio della storia posteriore alla risurrezione. Il suo oggetto (come già l'abbiamo accennato), nei casi da lui rammentati d'incontri fra il Signore e i suoi discepoli, sembra esser stato di mostrare quanto il dubbio e l'incredulità riguardo al fatto della risurrezione, che tutti nutrivano da principio, fosse completamente mutato in pieno convincimento, appena erano portati a contatto del Signor Gesù. Nei versetti precedenti, l'incontro avea avuto luogo con quelle nobili donne di Galilea che si erano tenute strette, con tanta fermezza ed affezione, alla sua causa. In questi, l'incontro ha luogo con due della compagnia generale dei discepoli all'infuori della cerchia degli Apostoli. Un d'essi chiamavasi Cleopa, forma abbreviata di Cleopater, nome che devesi accuratamente distinguere da quello di un altro discepolo, Clopa Giovanni 19:25, che generalmente, ma erroneamente, viene identificato con Alfeo, padre di Giacomo il minore e di Jose, perché Maria sua moglie (una delle donne presenti alla crocifissione) è stata creduta essere la stessa persona che Giovanni 19:25 mentova qual sorella di Maria madre del Signore, sulla supposta identità di Cleopa e di Alfeo, vedi nota Matteo 13:55-56. Il nome dell'altro discepolo non ci è pervenuto, ma le supposizioni sono altrettanto abbondanti quanto inutili. Era Natanaele (Epifanio) Simone, non Pietro, né quel di Canaan, ma uno dei settanta (Origene); Luca (Teofilatto e Lange); Ammaon (Ambrogio). Una cosa sola è certa, ed è che non era uno degli Apostoli, poiché questi due, tornati a Gerusalemme, «trovarono gli undici raunati e quelli ch'eran con loro» Luca 24:33.

andavano in un castello, il cui nome era Emmaus, distante da Gerusalemme sessanta stadi.

Il villaggio di Emmaus alla volta del quale andavano (distante 60 stadii = 11 chilometri da Gerusalemme), non è stato ancora incontrastabilmente identificato. Flavio conferma la notizia del nostro Evangelista laddove, raccontando che l'Imperatore Vespasiano vi aveva stabilito una colonia di 800 veterani licenziati dal suo esercito, dice: «Il luogo è chiamato Emmaus e dista da Gerusalemme sessanta stadii» (Bell. Giudici. 7:6,6). Eppure, strano a dirsi, Eusebio, Girolamo, e dopo loro tutti i geografi fino al principio del secolo 14esimo hanno confuso Emmaus con Nicopoli, città posta sui confini della Filistia (ora chiamata Amwas, distante 170 stadii = 31,25 chilometri da Gerusalemme); ipotesi che Robinson ha ravvivata in questi ultimi anni, ma senza successo, fondandosi egli sull'autorità di alcuni MSS. di poca importanza, in cui la parola cento, è stata inserita prima del sessanta = 29,5 chilometri. Quantunque ciò diminuisca di 10 stadii la misura reale fra Gerusalemme e Nicopoli, la distanza rimane così grande, che, stanchi d'un viaggio appena compiuto di 29 chilometri, questi uomini rimessisi per strada, dopo la cena, non avrebbero potuto in verun modo giungere prima della mezzanotte a Gerusalemme. Kubiébeh, piccolo villaggio circa a tre miglia all'occidente di Neby Samuil (l'antica Mizpeh), cominciò dopo il 16mo secolo ad esser tenuto per Emmaus. Thomson, nel mentre riconosce che Emmaus è tuttora da trovarsi, sembra propendere a cercarlo nel villaggio di Kuriet d'Ainub, a circa tre ore a cavallo al N. O. di Gerusalemme, = 19 chilometri per lo meno, invece di 11. Caspari, citato da Godet, pensa averlo trovato in Kulonieh villaggio a 60 stadii al N. E. di Gerusalemme (l'esatta distanza mentovata in questo versetto), il cui nome in se stesso rammenta l'Emmaus mentovato da Flavio, come dato da Vespasiano ad esser colonizzato da alcuni de' suoi veterani; e noi accettiamo questa ipotesi come la più probabile, finché prove più convincenti potranno addursi a favore d'un'altra località. Può darsi che la pianta topografica di Palestina, fatta in questi ultimi anni da uffiziali del Genio Reale britannico, getti un po' più di luce su questo argomento, appena verrà pubblicata.

PASSI PARALLELI

Luca 24:18; Marco 16:12-13

14 14. Ed essi ragionavan fra loro di tutte queste come, ch'erano avvenute. 15. Ed avvenne che, mentre ragionavano, e discorrevano insieme,

Gli avvenimenti degli ultimi tre giorni, ma più specialmente quelli del mattino stesso, erano gli argomenti intorno a cui discorrevano col massimo interesse, sforzandosi, di rinvenire una spiegazione soddisfacente, siccome posssiamo indurlo da' particolari che subito narrarono in risposta all'interrogazione del Signore.

15 Gesù si accostò, e si mise a camminar con loro.

Questi uomini scambiarono evidentemente Gesù, giudicandolo dal suo aspetto, con uno dei molti forestieri provenienti dall'Egitto, dalla Siria o dall'Asia Minore, ch'erano venuti a Gerusalemme per la Pasqua; probabilmente già l'avevano osservato nel mentre grado s'avvicinava a loro, talché non furono sorpresi quando li raggiunse e camminò in loro compagnia. Quest'atto per parte di Cristo può a ragione venir considerato come una testimonianza ch'egli approvava il modo in cui stavano impiegando il loro tempo, e di conseguenza come un incoraggiamento ai colloquii cristiani.

PASSI PARALLELI

Luca 6:45; Deuteronomio 6:7; Malachia 3:6

16 16. or gli occhi loro erano ritenuti, per non conoscerlo.

Non credendo essi alla risurrezione, niuna cosa poteva essere più lontana dalla lor mente che questa, che cioè Gesù dovesse essere il loro compagno di viaggio; tuttavia se fosse comparso esattamente come l'aveano conosciuto prima della sua risurrezione, sarebbe stato impossibile di non riconoscerlo sia qual persona reale, sia come un'apparizione (siccome, lo credettero gli undici Luca 24:37). Marco 16:12 spiega in parte questo non riconoscerlo col notare che «apparve loro in altra forma», siccome avea fatto con Maria Maddalena, Giovanni 20:15. Ma vuolsi più che un mero cambiamento di forma esterna per dar ragione del fatto che il suo susseguente discorso non lo svelò; e Luca supplisce il perché, dicendo: «gli occhi loro erano ritenuti»., mostrando ad evidenza che vi fu un'azione divina ad impedire ch'essi lo riconoscessero sino al momento opportuno. Se si fosse dato loro a conoscere subito, non avrebbe potuto trovare, nel tumulto della loro allegrezza, il tempo propizio per quel discorso in cui fa rendere testimonianza di se stesso a tutte le Scritture dell'Antico Testamento.

PASSI PARALLELI

Luca 24:36; Matteo 18:20; Giovanni 14:18-19

Luca 24:31; 2Re 6:18-20; Marco 16:12; Giovanni 20:14; 21:4

17 17. Ed egli disse loro: Quali sono questi ragionamenti che voi tenete tra voi, camminando? E perché siete mesti?

Significa letteralmente gettare o sospingere dall'uno all'altro, ed indica il fervore della loro discussione (Alford suppone che consideravano l'avvenimento sotto diversi aspetti, e che Cleopa non era disposto ad abbandonare ogni speranza). Il Signore nota la mestizia de' loro cuori, e pone questa domanda allo scopo di attrarsi la loro fiducia, e di raggiungere lo scopo che si era prefisso nell'apparir loro, cioè d'impartire istruzione spirituale, e di scacciare in pari tempo il dolore e l'incredulità.

PASSI PARALLELI

Ezechiele 9:4-6; Giovanni 16:6,20-22

18 18. E l'uno, il cui nome era Cleopa, rispondendo, gli disse: Tu solo, dimorando in Gerusalemme, non sai le cose che in cosa sono avvenute a questi giorni?

Queste parole sembrano indicare un certo dispiacere che la loro discussione fosse interrotta dall'intervento d'uno straniero; ma molto più lo stupore che qualsiasi persona proveniente da Gerusalemme (come quest'uomo sembrava provenirne), potesse supporre che fosse possibile un tema di conversazione qualsiasi all'infuori dell'avvenimento successo allora allora in Gerusalemme, e che tutti gli altri lasciava nell'ombra. Il significato di queste parole è il seguente: "Se anche tu fossi stato a Gerusalemme solo come un viandante per una notte, è egli possibile che tu solo sii ignaro di quel che vi è avvenuto, che è l'unico argomento dei discorsi di tutti?"

PASSI PARALLELI

Giovanni 19:25

19 19. Ed egli disse loro: Quali?

per guadagnarsi vie più la lor fiducia, come avea fatto appunto con Maria Maddalena nel giardino Giovanni 20:13.

Ed essi gli dissero:

Le parole indicano che Cleopa non fu il solo a parlare nel racconto che segue, ma che entrambi vi ebbero parte.

il fatto di Gesù Nazareno, il quale era un uomo profeta,

Essi non lo chiamarono Messia, poiché le loro speranze su questo punto erano state crudelmente tradite dalla sua morte; ma testimoniarono della loro convinzione che, se anche «annoverato fra i trasgressori», egli era stato un messaggero speciale di Dio, un profeta pari al quale non n'era stato suscitato alcuno in Israele per secoli, all'infuori di Giovanni Battista.

potente in opere, e in parole,

alludendo essi a' suoi miracoli e al suo insegnamento,

davanti a Dio, e davanti a tutto il popolo;

cioè per la duplice testimonianza di Dio e della nazione giudaica. Intorno alla prima è scritto: «Iddio vi ha date delle prove certe con potenti operazioni e prodigi e segni, i quali Iddio fece per lui tra voi» Atti 2:22; e intorno alla seconda: «La moltitudine che era con lui testimoniava ch'egli avea chiamato Lazaro fuori del monumento e l'avea suscitato dal morti, ecc.» Giovanni 12:18. Questo espandersi de' loro cuori è notevole, inquanto mostra quel che il Signore era stato ed era tuttora a' loro occhi, anche nell'ora in cui erano svanite le più care loro speranze; e di certo se a Gesù dispiacque la loro incredulità, non poté non rallegrarsi del loro amore.

PASSI PARALLELI

Luca 7:16; Matteo 21:11; Giovanni 3:2; 4:19; 6:14; 7:40-42,52; Atti 2:22; 10:38

Atti 7:22

20 20. E come i principali sacerdoti, e i nostri magistrati (il Sinedrio) l'han dato (l'hanno trasmesso) ad esser giudicato a morte, e l'han crocifisso.

Il potere di giudicare a morte non era più in loro mano; perciò lo trasmisero a Pilato, affinché egli lo condannasse e lo crocifiggesse; ma a mente di questi discepoli, la colpa morale di questa crocifissione era dei principali sacerdoti e del Sinedrio.

PASSI PARALLELI

Luca 22:66-71; 23:1-5; Matteo 27:1-2,20; Marco 15:1; Atti 3:13-15; 4:8-10

Atti 4:27-28; 5:30-31; 13:27-29

21 21. Or noi speravamo ch'egli fosse colui che avesse a riscattare Israele

Colle parole noi, essi dichiarano ch'essi, insieme agli altri discepoli, nutrivano una speranza riguardo al crocifisso Gesù, che non era condivisa dai governanti, né sino alla fine, dalla maggioranza del popolo. Essi credevano esser egli il Messia che dovea regnare sul trono di Davide suo padre, e, fraintendendo la vera natura del suo governo, avevano aspettato la ristaurazione del regno temporale teocratico e l'espulsione dei Romani, sino all'ora della sua morte. Essi dunque erano contristati per la rovina delle loro speranze. Insino al giorno stesso dell'ascensione del Signore, questo glorioso regno teocratico continuò ad essere il loro sogno! Atti 1:6; sol nel giorno della Pentecoste quando cadde sopra loro lo Spirito Santo, le loro menti furono illuminate riguardo alla natura spirituale di quel regno.

ma ancora, oltre a tutto ciò, benché sieno tre giorni che queste cose sono avvenute

Non c'è nulla che, corrisponda alla parola benché nel testo greco che dice: (letteralmente oggi reca il terzo giorno dacché queste cose accaddero. Sembrerebbe che l'annunzio che le donne portarono dal sepolcro di primo mattino avesse destato qualche vago ricordo della predizione di Cristo intorno al suo risuscitare il terzo giorno, ch'essi non avevano intesa allora; ma essi confessano che il non apparire desso in mezzo a loro, ora che il terzo giorno volgeva al suo termine, aveva spento ogni scintilla di speranza ch'era sorta da quella rimembranza, e li avea lasciati in un disinganno e in uno stupore più profondo che nol fosse mai stato per lo innanzi.

PASSI PARALLELI

Luca 1:68; 2:38; Salmi 130:8; Isaia 59:20; Atti 1:6; 1Pietro 1:18-19; Apocalisse 5:9

22 22. Certe donne d'infra noi ci hanno fatti stupire;

Nel greco si legge: eppure certe donne, omesse dal Diodati e che pure hanno grande importanza nell'assegnare la ragione sulla quale la debole loro speranza intorno al suo apparire al terzo giorno, erasi fondata.

perciocché, essendo andate la mattina a buon'ora al monumento 23. E non avendo trovato il corpo d'esso, son venute, dicendo d'aver veduta, una vision d'angeli, i quali dicono ch'egli vive.

In queste parole abbiamo una involontaria conferma del racconto delle donne galilee, intorno a quanto era accaduto al sepolcro; ma evidentemente non ci avean prestata gran fede, «voce di voce Luca 24:11. Questa forma mostra quanto poco credessero in tutti questi annunzi» (Godet).

PASSI PARALLELI

Luca 24:9-11; Matteo 28:7-8; Marco 16:9-10; Giovanni 20:1-2,18

Luca 24:23

24 24. Ed alcuni de' nostri sono andati al monumento,

Il nostro Evangelista mentova il solo Pietro Luca 24:12; Giovanni mentova Pietro e se stesso Giovanni 20:2-3. Stier suppone che le parole: alcuni dei nostri, includano altri dei fratelli oltre agli Apostoli, che nel corso della giornata avevano visitato il sepolcro; il che può essere o non essere vero, non essendovi prova a favore dell'una o dell'altra ipotesi. Alludendo alla contraddizione apparente fra quel che l'evangelista avea scritto al ver. 12 e quel che racconta come essendo la testimonianza di questi due discepoli, in questo versetto, Godet osserva egregiamente: «Questo è un esempio fra molti delle reti inconsciamente distese innanzi al criticismo, dallo stile semplice ed esente d'artifizio de' nostri storici sacri. In ogni circostanza dicono solo quel che richiede il contesto, omettendo tutto ciò che l'oltrepassa ma talvolta, come qui, l'aggiungono più tardi» Giovanni 3:22 confr. con Giovanni 4:2.

ed han trovato così, come le donne avean detto;

Non sembra che gli angeli si sieno resi visibili a loro; ma in ogni altra cosa confermarono l'annunzio primiero recato dalle donne: il sepolcro era vuoto, ma il misterio non era più di prima vicino ad una soluzione; poiché i narratori aggiungono mestamente:

ma non han veduto Gesù.

Se quel che le donne immaginavano aver udito dagli angeli (cioè ch'egli era vivo) era vero, non sarebb'egli apparso prima d'ora ad alcuni dei suoi Apostoli? Essi avevano probabilmente lasciato Gerusalemme prima che Pietro e Maria Maddalena fossero tornati alla compagnia dei discepoli, dopo che Cristo era loro apparso, e queste parole scorate spiegano abbastanza perché essi sentivano dover rinunziare ad ogni loro speranza.

PASSI PARALLELI

Luca 24:12; Giovanni 20:1-10

25 25. Allora egli disse loro: O insensati, e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette:

Grande dovè essere lo stupore di questi discepoli, allorquando questo straniero, invece di mostrarsi sorpreso all'udire il loro racconto o di condolersi ecco loro riguardo all'angosciosa incertezza in cui erano, prese a parlar loro in tono di affettuoso ma severo rimprovero. Il primo degli epiteti ch'egli applica loro, si riferisce all'intelletto, e li caratterizza come uomini non intelligenti, o privi di discernimento riguardo alle Scritture; il secondo si riferisce al cuore e alla volontà, e li qualifica come uomini che non vogliono credere, ossia che sono avversi ad accettare la testimonianza dei profeti intorno al Messia. Quest'accusa d'incredulità tuttavia è parziale, come l'indicano le parole «tutte le cose». Insieme alla loro nazione in generale, i discepoli credevano pienamente, in senso carnale, tutto ciò che i profeti avean predetto riguardo alla gloria del Messia; ma rigettavano la loro testimonianza rispetto alle sue sofferenze; ed era appunto questa unilaterale accettazione della profezia ch'era causa di tutto il dolore e di tutta, l'incertezza dei discepoli. Nel colloquio che seguì, egli imprese a illuminare i loro intelletti riguardo al disegno delle Scritture dell'Antico Testamento, qual primo e necessario passo verso una, fede piena e certa nel Messia Romani 10:14.

PASSI PARALLELI

Marco 7:18; 8:17-18; 9:19; 16:14; Ebrei 5:11-12

26 26. Non conveniva egli che il Cristo sofferisse queste cose e così entrasse nella sua gloria?

Questi discepoli non avevano ardito, parlando al loro ignoto compagno di viaggio, assegnare direttamente il titolo Messia a colui che era stato il loro Maestro, ma Gesù lo chiama, senza veruna esistenza, il Cristo; ed afferma che le sofferenze da lui patite, ben lungi dal non essere compatibili col suo pretendere d'essere il Messia, n'erano piuttosto una validissima conferma, poiché dette sofferenze erano state annunziate per lo innanzi dai profeti. Ei domanda loro se non era conveniente, anzi necessario, all'adempimento delle Scritture, che l'annunziato Messia entrasse, per le porte di queste sofferenze medesime, nella sua gloria? Pietro, prendendo, secondo ogni probabilità, ad imprestito questo stesse parole, afferma espressamente nella sua prima Epistola 1Pietro 1:11, che lo Spirito di Cristo avea rivelato ai profeti «le sofferenze che avverrebbero a Cristo, e le glorie che poi appresso seguirebbero». Il Signore non asserì d'esser già entrato nella sua gloria, come alcuni interpretano queste parole, ma semplicemente che le sofferenze erano una condizione necessaria, senza la quale non avrebbesi potuto mai ottenere la gloria. L'argomento in discorso era di convincere i suoi ascoltatori di questa necessità. «Né le sofferenze, né l'entrar nella gloria sono qui riguardate come già appartenenti al passato. Queste parole sono aoristiche, ed alludono dommaticamente a quanto dovea avvenire a Cristo secondo le Scritture» (Stier).

PASSI PARALLELI

Luca 24:46; Salmi 22:1-31; 69:1-36; Isaia 53:1-12; Zaccaria 13:7; Atti 17:3; 1Corinzi 15:3-4

Ebrei 2:8-10; 9:22-23; 1Pietro 1:3,11

27 27. E, cominciando da Mosè, e seguendo per tutti i profeti, dichiarò loro in tutte le Scritture le cose ch'eran di lui.

La domanda del versetto precedente conteneva il tema ch'egli intendeva svolgere, il che fece nel modo il più ampio, cominciando dagli scritti di Mosè, il massimo dei profeti, e da questi seguendo successivamente per gli altri. Che discorso dovè esser quello! E com'è naturale il desiderio, le molte volte espresso, che fosse stato conservato pel benefizio della Chiesa! Ma non è parso conveniente allo Spirito Santo, che un tal desiderio fosse soddisfatto. forse allo scopo che la conoscenza e la fede d'ogni singolo credente potesse venir fortificata coll'investigare, per proprio conto, le prove. Abbiamo tuttavia un motivo ad esser riconoscenti nel possedere una chiave dell'intiera dimostrazione in queste parole dell'Evangelista. Nei tipi, nelle cerimonie e nei sacrifizi della legge, e nelle predizioni concernenti la nascita, le sofferenze, la morte, la risurrezione e l'ascensione del Messia, seminate dovunque negli scritti dei profeti, lo studioso della Bibbia s'imbatterà senza dubbio in molte fra le traccie lasciate dal piede del Signore lungo la strada di questa esposizione, benché questa, anziché di testi isolati, consistesse più probabilmente di una chiara e comprensiva dimostrazione, al cui sviluppo la storia, i tipi e la profezia concorsero armonicamente assieme. «A giudicare dall'uso ch'ei fece della Scrittura durante il suo ministerio, è possibile che Gesù vedesse molte cose che lo riguardavano, le quali i commentatori moderni sarebbero incapaci di scoprire» (Ryle).

PASSI PARALLELI

Luca 24:44; Genesi 3:15; 22:18; 26:4; 49:10; Numeri 21:6-9; Deuteronomio 18:15

Giovanni 5:39,45-47; Atti 3:22; 7:37

Luca 24:25; Salmi 16:9-10; 132:11; Isaia 7:14; 9:6-7; 40:10-11; 50:6; 52:13-14

Isaia 53:1-12; Geremia 23:5-6; 33:14-15; Ezechiele 34:23; 37:25; Daniele 9:24-26

Michea 5:2-4; 7:20; Zaccaria 9:9; 13:7; Malachia 3:1-3; 4:2; Giovanni 1:45; Atti 3:24

Atti 10:43; 13:27-30; Apocalisse 19:10

28 28. Ed essendo giunti al castello, ove andavano, egli fece vista d'andar più lungi.

Arduo è il concepire come taluni critici ostili possan trovare in questo atto del nostro Signore, un fondamento all'accusa d'inganno ch'essi gli muovono. Rammentisi ch'ei rivestiva tuttora, rispetto ai discepoli, il carattere d'uno straniero; e la sua delicatezza fece sì che si astenesse anche da qualsiasi apparenza d'imporsi alla loro ospitalità. Or bene, come potea ciò avvenire se non coll'accommiatarsi da loro, come se intendesse continuare il viaggio? e questo egli avrebbe fatto senza dubbio, se i discepoli non l'avessero supplicato, con tutta la forza di persuasione di cui erano capaci, di soffermarsi con loro quella notte. Cristo non s'impone mai ad alcuno, quale ospite non invitato!

PASSI PARALLELI

Genesi 19:2; 32:26; 42:7; Marco 6:48

29 29. Ma essi gli fecer forza, dicendo: Rimani con noi; perciocché e' si fa sera, e il giorno e già dichinato. Egli adunque entrò nell'albergo,

Le parole nell'albergo mancano nel testo greco: devesi sottintendere più probabilmente nella lor casa.

per rimaner con loro.

Esempi biblici della proverbiale ospitalità orientale sono rammentati in Genesi 18:1-8; 19:1-3; 2Re 4:8; Atti 16:15; Romani 16:23; 3Giovanni 5-6. Lungi dall'essere stanchi della conversazione con cui questo straniero avea abbreviato il viaggio, essi stavano sospesi di mente e di cuore alle sue labbra, e in se stessi sentivano che non potrebbero mai udirlo abbastanza. Se sol potessero persuaderlo a passar la notte sotto il loro tetto, era probabile che il loro desiderio di ricevere ulteriore istruzione fosse esaudito; indi l'invito: «Rimani con noi», rafforzato da cordiale insistenza, e avvalorato dall'incomodo e forse dal pericolo di continuare il viaggio, mentre già il giorno volgeva rapidamente al suo termine. «In mancanza di questo invito, tutto il disegno di questo colloquio sarebbe stato perduto; ma non dovea esser perduto, poiché egli che sol desiderava d'esser costretto avea acceso nel cuore de' suoi compagni di viaggio una brama che non doveva lasciarsi facilmente deludere» (Brown).

PASSI PARALLELI

Luca 14:23; Genesi 19:3; 2Re 4:8; Atti 16:14

30 30. E, quando egli si fu messo a tavola con loro, prese il pane,

Il posto proeminente ch'egli avea preso nel viaggio quale interprete delle Scritture, e la stima che il suo discorso gli avea acquistata nell'animo dei discepoli, spiegano facilmente perché il posto d'onore, qual padron di casa, gli fosse assegnato. Il prender quel posto non ci offre alcuna ragione di supporre ch'essi fossero alloggiati nel khan o caravanserai del villaggio, dove niuno poteva pretendere al diritto legale di presiedere; in contrario, l'insistente invito dei discepoli sembra alludere chiaramente alla lor propria casa.

e fece la benedizione;

Secondo il rituale giudaico, quando due persone siedevano insieme a tavola, ognuna di esse offriva a Dio una silenziosa preghiera di ringraziamento, ma quando erano tre, una d'esse benediceva il pane per tutti e tre (Mishnot Beracot, citato da Gill).

e, rottolo, lo distribuì loro.

Questo era evidentemente un pasto privato e non già la Cena del Signore, siccome fortemente mantengono Maldonato, Cornelio a Lapide, ed altri commentatori Romani; perciò l'argomento che adducono dal fatto che il Signore ruppe solo il pane, a provare la comunione con un solo elemento, cade spuntato al suolo. Noi, con Oosterzee, siamo propensi a trovar qui una prova che il rompere il pane Luca 24:35; Atti 2:46, nel Nuovo Testamento non significa comunemente il partecipare alla cena del Signore. Oltre al tenore generale della narrazione, che sta a favore d'un pasto ordinario avvenuto la sera, al termine d'un lungo viaggio, vi sono tre argomenti ineluttabili contro al tener questo pasto qual Cena del Signore:

1. Non vi fu consacrazione del pane col pronunziare le parole della istituzione;

2. Non si fa alcuna menzione in questo pasto del vino, il quale era necessario, del pari che il pane, a costituire il Sacramento;

3. il pane rotto non fu mangiato, poiché prima che vi fosse tempo per altro che per una subitanea ricognizione simile ad istantaneo lampo, già il Signore era sparito.

PASSI PARALLELI

Luca 24:35; 9:16; 22:19; Matteo 14:19; 15:36; 26:26; Marco 6:41; 8:6; 14:22; Giovanni 6:11

Atti 27:35

31 31. E gli occhi loro furono aperti, e lo riconobbero;

Non è punto improbabile che certe parole, certe intonazioni della voce, certi moti proprii a Gesù (forse anche, come suggerisce Alford, il vedere le sue mani ferite) sieno stati i segni esterni pe' quali riconobbero il Signore; perché sebbene (nella supposizione ch'essi erano nativi di Giudea) non fossero stati presenti quando Gesù cibò due volte le moltitudini in Galilea, osservando le stesse formole che nella circostanza attuale, può darsi tuttavia ch'essi fossero stati le molte volte presenti, quand'ei le usava ne' suoi pasti giornalieri cogli Apostoli, mentre visitavano la Giudea. Checché ne sia di ciò, il riconoscere il loro Signore fu il risultato, in loro, d'un'operazione divina. Come al ver. 16 ci vien detto che «gli occhi loro eran ritenuti per non conoscerlo», a malgrado della sua voce, del modo e della natura del suo insegnamento durante il viaggio, così in questo versetto si afferma che, per un'operazione divina consimile, «gli occhi loro furono aperti», e per l'atteggiamento nella preghiera, per l'azione, come pure per l'istruzioni tesorizzate ne' lor cuori, essi conobbero che questo straniero, altri non era che l'amoroso Maestro, la cui perdita avevano poc'anzi sì amaramente rimpianta.

ma egli sparì da loro.

È probabile che in un parossismo di gioia sorgessero incontanente per abbracciarlo o gettarsi a' suoi piedi; ma troppo tardi, già era miracolosamente sparito da loro, vedi Luca 24:36; Giovanni 20:19,26; 21:4,7; e la nota sopra Matteo 28:17. Alford osserva che la costruzione non è il che implicherebbe che il suo corpo continui a dimorar là solo ad essi invisibile; ma il che significa che oltre alla sua sovrannaturale sparizione vi fu un reale ed obbiettivo dipartirsi da loro. «Questa ed altre espressioni riguardo al corpo risuscitato del nostro Signore, mostrano che non era un corpo, in qualche modo meraviglioso, diverso dal corpo comune degli uomini. Era un corpo reale e naturale; vera carne e vero sangue. Ma era un corpo capace di muoversi, di apparire e di sparire in un modo che non possiamo spiegare. Possiamo a ragione supporre ch'era un modello di quel che i nostri corpi saranno dopo la risurrezione. Saranno veri corpi, materiali e reali, ma corpi dotati di virtù di cui ora non sappiam nulla» (Ryle).

PASSI PARALLELI

Luca 24:16; Giovanni 20:13-16

Luca 4:30; Giovanni 8:59

32 32. Ed essi dissero l'uno all'altro: Non ardeva il cuor nostro in noi, mentre egli ci parlava per la via, e ci apriva le Scritture?

Come essi si erano comunicati i loro pensieri riguardo agli avvenimenti della mattina, quando Gesù li avea raggiunti, così fanno ora riguardo all'effetto che il suo discorso avea prodotto in loro, anche mentre tuttora credevano che altri non fosse se non un viandante straniero. Come grande è il contrasto fra la loro primiera tristizia e la speranza che s'era riaccesa nei loro cuori mentre apriva loro le Scritture! Le lor parole sembrano implicare a meraviglia di non aver prima scoperto che Gesù stesso parlava loro, dall'effetto potente prodotto dal suo discorso sui loro cuori! Essi riconoscono che le sue parole sparsero balsamo sui loro cuori feriti e destarono in loro una fiamma di pace, di gioia, di speranza, di gratitudine, di ammirazione mentre stava spiegando la necessità delle sofferenze del Messia qual preludio al suo ingresso nella gloria. Sin d'allora cessarono di dubitare intorno alla risurrezione del loro Signore dai morti, benché non fosse stato loro concesso il privilegio di vederlo. Ripensandovi, trovarono che questo era stato l'effetto prodotto dal discorso mentre erano per via; ed ora ne intendevano il perché. Rammentiamoci sempre che Cristo solo può in modo efficace e salutare «aprire le Scritture» a qualsiasi anima ch'è stanca, assetata e ansiosamente cerca, perch'ei ne possiede le chiavi qual Profeta Mediatore della Chiesa, e perché manda il suo Spirito Santo nei nostri cuori per illuminare le menti ottenebrate ed accendere d'ardente fiamma gl'intorbiditi affetti.

PASSI PARALLELI

Salmi 39:3; 104:34; Proverbi 27:9,17; Isaia 50:4; Geremia 15:16; 20:9; 23:29

Giovanni 6:63; Ebrei 4:12

Luca 24:45; Atti 17:2-3; 28:23

33 33. E in quella stessa ora si levarono, e ritornarono in Gerusalemme

La loro condotta mostra un riguardo affettuoso pei loro fratelli, degno d'ogni lode ed imitazione. L'egoismo avrebbe potuto addurre, quale scusa del non agire immediato, ch'erano stanchi del viaggio, che la notte cadeva, e che sarebbero giunti in tempo opportuno col tornare in città la mattina seguente a buon'ora; ma essi rammentarono lo stato d'ansietà e di scoramento in cui avevano lasciati i loro fratelli e sentirono in se stessi un impulso irresistibile a sgravarli, al più presto possibile, dei loro dubbii, col partecipar loro la lieta notizia che il Signore risuscitato era loro apparito. Non è necessario di supporre, come fanno alcuni, che lasciarono il loro pasto senza averlo pure assaggiato e che digiuni ripresero il viaggio; ma non perderono un minuto di tempo soverchio, prima di rimettersi per la via di Gerusalemme. Uno zelo consimile nel comunicar liete novelle, lo troviamo nei dieci lebbrosi che trovarono deserto il campo dei Sirii 2Re 7:9, e in Andrea e Filippo quando riconobbero in Gesù il promesso Messia Giovanni 1:41,45. L'opera loro d'amore fu ricompensata con un nuovo benefizio. Vennero per dare, e ricevettero una conferma non aspettata, pur bramata, della lor fede, non solo nelle grida che risonarono loro incontro, «il Signore è risuscitato»; ma eziandio in una seconda apparizione del loro Signore.

e trovarono raunati gli undici,

In queste parole abbiamo una prova irrefragabile che gli uomini allora allora tornati da Emmaus non erano del numero degli Apostoli. Ma poiché Giovanni 20:24, alludendo, siccome appare, a questo stesso colloquio, c'informa che Toma non era presente, come puossi spiegare l'affermazione di Luca, che gli undici erano presenti? Alcuni hanno suggerito, che Toma può essere intervenuto per un tempo, ed essersi ritirato dall'assemblea, prima che Cristo apparisse, teoria questa ad un tempo gratuita e non soddisfacente. La spiegazione più plausibile è che Luca non intendeva già designare numericamente gl'individui presenti, ma gli Apostoli in corpo (gli undici, siccome prima erano stati chiamati i dodici, allo scopo di distinguerli dagli altri fratelli intervenuti essi pure in quella raunanza). Se Marco 16:14, come sembra probabile, allude allo stesso ritrovo, ha dovuto usare la parola undici nello stesso generico significato. «Come Paolo chiama la compagnia degli Apostoli i dodici 1Corinzi 15:5, benché Giuda, il dodicesimo, fosse morto; così Luca li chiama gli undici, quantunque Toma l'undecimo fosse assente» (Doddridge), e

quelli ch'eran con loro,

Quaranta giorni dipoi, il numero dei fratelli credenti che costituivano la nascente chiesa di Gerusalemme, inclusi gli undici, era di 120 anime Atti 1:15, e di questi un numero più o meno grande, si era riunito attorno agli Apostoli per riceverne informazione sulla realtà della risurrezione di Cristo.

PASSI PARALLELI

Giovanni 20:19-26

34 34. I quali dicevano: Il Signore è veramente risuscitato, ed è apparito a Simone.

Queste furono le liete notizie comunicate da alcuni della compagnia ai viaggiatori, appena le porte chiuse Giovanni 20:19, si furono aperte per riceverli, e prima che avessero tempo di aprir bocca. Gli Evangelisti non fanno menzione alcuna di questo colloquio del Signore col suo caduto discepolo. Godet immagina che ebbe luogo mentre Pietro tornava dal sepolcro; ma l'affermazione di Cleopa e del suo compagno che alcuni della compagnia erano andati al monumento e non aveano venduto Gesù Luca 24:24, distrugge appieno questa ipotesi. «L'unico dei dodici cui Cristo apparve da solo fu quei che l'avea sì vergognosamente rinnegato. Quel che passò in questo colloquio non lo sapremo mai quaggiù. Forse era di carattere troppo sacro perché venisse divulgato al di fuori» (Brown).

PASSI PARALLELI

Luca 22:54-62; Marco 16:7; 1Corinzi 15:5

35 35. Ed essi ancora raccontarono le cose avvenute loro per la via, e come egli era stato riconosciuto da loro nel rompere il pane.

In fine venne il turno dei viaggiatori; ed essi poterono rimuovere l'incredulità di alcuni e fortificare la fede di altri fra i fratelli, colla loro testimonianza personale intorno al fatto della risurrezione del loro Signore, nel modo stesso che la loro fede era stata confermata dall'annunzio ch'era apparito a Pietro. Ognuna delle due parti poteva salutar l'altra dicendo: «Ecco vi annunzio una grande allegrezza». Leggiamo in Marco 16:13, che quando questi due fratelli annunziarono le loro notizie, «quelli ancora non credettero»; parole che implicano che probabilmente la maggioranza di coloro ch'erano quivi presenti non credevano ancora, e che il grido: «Il Signore è risuscitato» non era universale. Una latitudine analoga nell'uso dei pronomi si riscontra di frequente in tutte le lingue. Nell'accoglienza fatta a questi viaggiatori di Emmaus, Luca adduce una seconda prova a dimostrare l'incredulità dei discepoli rispetto alla risurrezione del loro Signore, sino a che non venne cambiata, per loro contatto oculare e verbale con lui, in fermo e lieto, convincimento.

RIFLESSIONI

1. L'esempio di Cleopa e del suo compagno nel comunicarsi reciprocamente i loro pensieri, e nel ragionare intorno a Cristo è degno d'essere imitato da tutti i veri credenti. Il conferire intorno ad argomenti spirituali è un importantissimo mezzo di grazia. Siccome il ferro affila il ferro, così lo scambio di pensieri fra fratelli affila l'anima del credente. Dio stesso offre un incoraggiamento speciale a questo conversare nella benedizione che vi connette: «Coloro che temono il Signore han parlato l'uno all'altro, e il Signore è stato attento, e l'ha udito, e un libro di memoria è stato scritto nel suo cospetto, per coloro che temono il Signore e che pensano al suo nome. E quelli mi saranno, ha detto il Signor degli eserciti un tesoro riposto»; «quando raccoglierò i miei gioielli», Versione inglese; «lorsque je mettrai à part ce que j'ai de plus précieux» (Ostervald) Malachia 3:16-17. L'astenersi dal conversare apertamente intorno alle cose spirituali fra quelli che hanno le stesse speranze e promesse, ed hanno in comune lo stesso Signore, è un gran difetto nella società dei Cristiani, e sta in penoso contrasto coll'abbondanza di quel che han da dire intorno ad argomenti frivoli e mondani. Questo non indica egli alcunché di perverso nell'interno dell'animo? Un cuore che desideri sinceramente la gloria di Dio troverà sempre tempo e modo di esprimerlo. «La bocca parla di ciò che sovrabbonda nel cuore» Matteo 12:34.

2. Nel discorso ch'ei rivolge a questi discepoli, Gesù imprime, nel modo più enfatico, il suo suggello sulla divina autorità e sul senso evangelico di tutte le Scritture dell'Antico Testamento: siccome ei lo fece di poi, in presenza dell'intiera raunata dei discepoli, nella camera alta di Gerusalemme (ver. 44); e ciò facendo, come se avesse preveduto il diluvio d'incredulità che negli ultimi giorni si sarebbe scatenato contro loro, egli inalberò in loro favore uno stendardo attorno al quale devono raccogliersi tutti gli uomini pii, nel mentre si fortificato l'un l'altro coll'assicurazione: «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». Il più abbietto di tutti i sistemi d'incredulità è quello che, sotto pretesto di zelo nel difendere la loro autenticità, assale gli scrittori, l'ispirazione e i miracoli di quelle Sante Scritture, le quali, per quanto spetta all'Antico Testamento, Cristo ha due volte, in questo capitolo, contrassegnate col suggello della sua divina infallibilità. Ei si fu per le rivelazioni fatte solo nelle Scritture dell'Antico Testamento, che i Patriarchi e i santi della primiera dispensazione impararono la via della salute; e per questa ragione potevano anticipatamente aspettare di trovar Cristo in esse. Ma Gesù rimuove ogni ombra di dubbio, poiché nello spiegarle dimostrò che «la testimonianza di Gesù è lo Spirito della profezia» Apocalisse 19:10.

3. Questi discepoli confessarono con allegrezza l'uno all'altro, che Gesù avea aperte loro le Scritture, col dar loro l'intendimento del significato spirituale delle medesime. Abbiamo noi posto il nostro suggello sulla verità di questa confessione? Siamo noi convinti, che senza il suo divino insegnamento, pel suo Spirito, la Bibbia deve rimanere in gran parte per noi un libro chiuso? E quando ci mettiamo a leggerla, usiamo noi invocarlo dicendo: «Apri gli occhi miei ed io riguarderò le meraviglie della tua legge?» Salmi 119:18. È abitudine generalissima, anche fra quelli che leggono le Scritture, di trasandare del tutto l'Antico Testamento, siccome un libro che contiene la storia di un popolo, per cui non s'interessan di più che per qualsiasi altra nazione. Questo è un errore oltre ogni dire fatale, perché quel libro contiene la storia della Chiesa di Dio dal suo principio, dopo la caduta; e il suo disegno era di fortificare, per mezzo di tipi e di profezie, i fedeli nell'aspettazione dell'adempimento della prima promessa concernente «la progenie della donna che triterebbe il capo del serpente» Genesi 3:15. Siami lecito il domandarvi: Quando leggete l'Antico Testamento, vi cercate voi Cristo? Lo cercate voi, qual'è simboleggiato, nei primi di Mosè, dall'altare, dal sangue del sacrifizio quotidiano, dall'offerta per lo peccato e dal capro espiatorio del gran giorno dell'espiazione, dalla nube d'incenso, che ogni giorno al innalzava al trono di Dio? Lo cercate voi nelle predizioni dei profeti, come «un uomo di dolori» Isaia 53:3, come quel che «ha esposta l'anima sua alla morte» Isaia 53:12, come quel che «ha ricevuto per eredità le genti, e i confini della terra per sua possessione» Salmi 2:8, come quel ch'«è alla destra di Dio, finché egli abbia posti i suoi nemici per iscannello de' suoi piedi» Salmi 110:1? S'è così, ben dovete scorgere il fiume di luce, che spandono l'un nell'altro l'Antico e il Nuovo Testamento, e, come buoni «padroni di case trarrete fuori dal vostro tesoro cose vecchie, e nuove» Matteo 13:52.

4. Gesù avea infuso tal gioia e letizia ne' cuori del suoi discepoli, che intollerabile parca loro il Separarsi da lui. Con amichevole violenza gli fecero forza dicendo: «Rimani con noi». «Quelli che, com'essi, hanno goduto, in qualche misura, della comunione di Cristo, ne vorranno senza dubbio una porzione maggiore, e non vorranno separarsi da lui; essi brameranno con ardore di viver di più nella sua compagnia, e gli chiederanno non solo di camminar seco loro tutto il giorno, ma di rimaner con essi tutta la notte, soprattutto quando' il giorno è già dichinato! e la notte della morte si appressa. Ma coloro i quali vorrebbero che Cristo dimorasse con loro, devono essere importuni nel domandare; devono lottare con lui, come Giacobbe lottò coll'angelo; perché Sol quelli che cercano sono sicuri di trovare. S'egli sembra ritrarsi da loro, è solo allo iscopo che si manifesti la loro importunità» (Henry). Se così cerchiamo sinceramente la comunione con lui, egli sicuramente ce la concederà, e ci donerà una misura maggiore della sua presenza, del suo insegnamento, del suo amore, poiché ne abbiamo in pegno la sua stessa promessa Giovanni 14:23; Apocalisse 3:20.

36 Luca 24:36-49. GESÙ APPARE AI DISCEPOLI RAUNATI IN GERUSALEMME Marco 16:14-18; Giovanni 20:19-23

36. Ora, mentre essi ragionavano queste cose,

(le narrazioni delle donne di Galilea, dei due discepoli di Emmaus e dell'apparizione sua a Pietro),

Gesù stesso comparve nel mezzo di loro, e disse loro: Pace a voi.

Questa è la terza prova addotta da Luca a dimostrare che Gesù, per la sua presenza, vinse l'incredulità intorno alla sua risurrezione, che molti, forse la maggioranza dei discepoli allora presenti, nutrivano tuttora. È quasi indubitato, che questo è il colloquio ricordato da Giovanni, e dalla sua narrazione apprendiamo che l'eccitamento fra i Giudei, prodotto dalla favola messa in giro dai soldati, che cioè i discepoli aveano rapito il corpo di Gesù dal sepolcro, era sì intenso, che i discepoli correvano pericolo di morte, e a difendersi aveano serrata la porta. Senza rumore, senz'aprire la porta, senza qualsiasi annunzio, Gesù apparve in mezzo a loro nello stesso modo miracoloso in cui si era sottratto allo sguardo dei due discepoli, nella casa di Emmaus. Il modo in cui ciò avvenne oltrepassa ogni umana spiegazione, e puossi sol riferire alle proprietà del corpo della risurrezione; ma ch'egli fosse presente in mezzo a loro nel suo corpo reale, e non qual mero fantasma od apparizione, ne diede subito convincentissime prove. Il suo saluto era quello usato giornalmente da amici che incontrano amici, ma sulle labbra di Gesù, ed in occasione simile a questa, era inteso a porre un termine a tutte le loro ansietà, e a riempire gli animi loro di gioia e pace nel credere.

PASSI PARALLELI

Marco 16:14; Giovanni 20:19-23; 1Corinzi 15:5

Luca 10:5; Isaia 57:18; Matteo 10:13; Giovanni 14:27; 16:33; 20:26; 2Tessalonicesi 3:16; Apocalisse 1:4

37 37. ma essi, smarriti, e impauriti, pensavano vedere uno spirito.

Il primo effetto di questa subitanea apparizione fu l'opposto della pace; un timor panico colse d'un tratto l'intiera compagnia; sopra ogni volto videsi impresso lo spavento; poiché, a malgrado della ben nota voce e figura, credevano d'essere alla presenza d'uno spettro, cioè dell'immagine d'uno che sapevano esser morto, la quale appariva ai viventi. V'è qualcosa, ch'oltre ogni dire allarma i mortali, nell'idea d'una persona che appare dopo la morte o di qualsiasi visitatore proveniente dall'altro mondo. Cotal timore è il risultato della coscienza del peccato e del timore del castigo. Persino uomini pii, quali Gedeone, Manoa, Giobbe ecc., sono stati spaventati da Simili apparizioni. Sembra che il temere in tali circostanze sia un istinto della natura umana, ed è una prova valida sebbene indiretta, dell'impossibilità assoluta in cui trovasi l'uomo d'incontrar Dio in pace, senza un Mediatore. Se un uomo ha paura di spiriti e fantasmi, che cosa proverebbe nel vedere lo stesso Iddio? Qual commento, il modo in cui i discepoli ricevono il Signore risuscitato, non ci fornisce egli intorno alla proposta del ricco epulone, che Lazaro fosse mandato a premunire i suoi fratelli contro al pericolo che correvano, perché «se alcun de' morti va a loro, si ravvederanno?» Luca 16:30.

PASSI PARALLELI

Luca 16:30; 1Samuele 28:13; Giobbe 4:14-16; Matteo 14:26-27; Marco 6:49-50; Atti 12:15

38 38. Ed egli disse loro: Perché siete turbati? e perché salgono ragionamenti ne' cuori vostri?

Si paragoni la descrizione dei loro timori e dubbii nel ver. 37, colla dichiarazione di Marco 16:13, che i discepoli non credettero l'annunzio recato da Emmaus; ed il linguaggio del Signore in questo versetto, coll'asserto di Marco (ver. 14), ch'egli «rimproverò loro la loro incredulità e durezza di cuore».

PASSI PARALLELI

Geremia 4:14; Daniele 4:5,19; Matteo 16:8; Ebrei 4:13

39 39. Vedete le mie mani, e i miei piedi; perciocché io son desso (letteralmente, che io sono me stesso); palpatemi, e vedete; conciossiaché uno spirito non abbia carne, ne ossa, come mi vedete avere.

Ad espellere i loro timori, ei li invita a convincersi da loro stessi della sua reale corporeità per mezzo della dimostrazione fornita da' lor proprii sensi. Vi erano le sue mani e i suoi piedi, col maneggiare i quali potevano convincersi non solo ch'erano carne ed ossa, ma che portavano impressi i segni dei chiodi, prova sicurissima questa nell'identificarlo, qual loro Signore e vincitore della morte. Alford e Brown insistono sull'omissione del «sangue», mentre son nominate la «carne ed ossa», nelle parole con cui il Signore accenna al suo corpo di resurrezione, e ne inducono che il sangue, essendo la vita animale, non esiste nel corpo spirituale; ma ipotesi consimili, la cui soluzione oltrepassa i nostri poteri mentali, devono lasciarsi in disparte, perché inutili. Ci basti che il Signore mentova solo la carne e le ossa, perché erano tangibili e visibili, mentre non lo era il sangue. Dal modo in cui il Signore parla in questo versetto di «uno spirito» e delle sue qualità, risulta impossibile il negare l'esistenza di esseri incorporei; eppure in alcune parti s'è sparsa, a' giorni nostri, una tendenza sadducea che arditamente nega l'esistenza degli angeli e degli spiriti. Mentre rigettiamo quali «favole profane e da vecchie» i fantasmi e le apparizioni cui il popolo presta fede; e le percosse misteriose, il girar delle tavole e i medii come qualcosa di peggiore, dobbiam pur tener ferma la nostra fede negli angoli quali «spiriti ministratori», e negli «spiriti dei giusti compiuti».

PASSI PARALLELI

Giovanni 20:20,25,27; Atti 1:3; 1Giovanni 1:1

Luca 23:46; Numeri 16:22; Ecclesiaste 12:7; 1Tessalonicesi 5:23; Ebrei 12:9

40 40. E, detto questo, mostrò loro le mani, e i piedi.

Giovanni: «Mostrò loro le sue mani e il costato». Erano i segni di quelle ferite che parlavano della sua morte di recente avvenuta, segni impressi in quell'ora stessa nel suo corpo di resurrezione, segni che, siccome appare dalla visione Apocalittica, non dovevano esser cancellati neppure in quel corpo glorificato ch'ei portò seco lui al trono della gloria, segni che dovranno rimanere attraverso l'eternità, quali soli memoriali visibili della morte d'esso, la quale egli soffrì in Gerusalemme Luca 9:31. Non è dubbio, che i discepoli si valsero della facoltà loro concessa, e che se non tutti, i più vicini a lui tastarono ed esaminarono le mani, i piedi e il costato forati. Giovanni alluse probabilmente a questa circostanza allorché, lungo tempo appresso, scrisse: «Quel che le nostre mani han toccato della Parola della vita» 1Giovanni 1:1.

41 41. Ma, non credendo essi ancora per l'allegrezza e maravigliandosi,

Uno stato d'animo consimile si produsse in Giacobbe, allorché udì l'annunzio che Giuseppe era vivente Genesi 45:26, e nei Giudei, quando sentirono che la loro cattività in Babilonia era giunta al suo termine. «Egli ci pareva di sognare» Salmi 126:1. «Essi dubitavano della testimonianza dei loro sensi. Senza dubbio essi allora credettero, altrimenti non si sarebbero rallegrati; ma il pieno esercizio della lor fede era tenuto addietro dalla loro allegrezza» (Bengel). L'ardore dei loro affetti era d'ostacolo al pieno e chiaro esercizio delle lor facoltà. Dapprima la cosa era troppo spaventevole, perch'essi fossero disposti a credere; ora è troppo gloriosa, troppo incantevole, perché siano capaci di credere.

egli disse loro: Avete voi qui alcuna cosa da mangiare?

Di vero, questi non erano uomini creduli che si fossero lasciati ingannare da qualche avveduto speculatore, che si fossero lasciati sedurre da artifici ciarlataneschi e da giuochi di mano, o che avessero apposto il suggello del martirio ad una falsa o dubbia testimonianza. L'Evangelista ce ne assicura coll'affermare che anche prove palpabili non poterono disvellere del tutto la loro incredulità. Il loro pietoso Signore, conoscendo ch'eran sinceri, ma «tardi di cuore a credere», si affretta a fornir loro una prova addizionale della reale sua umanità, col proporre di mangiare qualunque cosa potessero mettergli innanzi.

PASSI PARALLELI

Genesi 45:26-28; Giobbe 9:16; Salmi 126:1-2; Giovanni 16:22

Giovanni 21:5,10-13

42 42. Ed essi gli diedero un pezzo di pesce arrostito,

Dalla menzione della «porta dei pesci» nelle Croniche ed in Neemia, s'induce naturalmente che vi era a Gerusalemme un mercato di pesci permanente, cui contribuivano Ioppe e le altre città poste in riva al Mediterraneo, verso settentrione insino a Tiro Nehemia 13:16, dove i mercatanti di pesce sono inclusi nel numero dei trasgressori del Sabato. In certe stagioni dell'anno, potevasi avere pesce fresco da Ioppe, distante da Gerusalemme solo 48 chilometri all'incirca; ma a motivo della distanza, delle cattive vie e dell'ardore del clima, gli invii delle altre città, poste più al Nord, doveano essere di pesce salato.

e di un fiale di miele.

Non il sugo di uva o di datteri, cotto sino a prendere la consistenza d'uno sciroppo (detto Dibs dagli Arabi e dai Sirii, e miele dai viaggiatori), ma, il miele dell'api nel favo, qual rinvenivasi in abbondanza in Palestina, sugli alberi e nelle fessure delle roccie, ed era un articolo comune di cibo, anche fra i poveri Giudici 14:8-9; 1Samuele 14:25-27; Matteo 3:4. Per l'abbondanza di questo nutrimento, e del latte di vacca, la Palestina venne chiamata da Dio medesimo «un paese stillante latte e miele» Esodo 3:8. Thomson parlando dei vigneti nei pressi di Timnath, dice: «Non lungi da questo luogo, le api erano sì numerose in un bosco, che il miele stillava dagli alberi sul suolo; ed io ho esplorato burroni ricoperti da fitta boscaglia, così in Hermon nel Libano meridionale, in cui trovansi tuttora api selvatiche negli alberi e nelle fessure delle roccie». Se il colloquio rammentato da Marco 16:14, è identico con quello descritto in questi versetti il cibo domandato potevasi immediatamente fornire; poiché egli apparve «mentre erano a tavola».

43 43. Ed egli, presolo, mangiò in lor presenza.

Il Signore fece questo, non per soddisfare al proprio bisogno, quasiché avesse fame, ma semplicemente a convincerli della sua reale corporeità; fu questo il modo in cui la sua condiscendenza e carità vinse alla perfine la debolezza della loro fede, e con esso ogni dubbio e timore per parte degli astanti sembra essere scomparso. È esattamente in questo punto che trova posto la dichiarazione di Giovanni 20:20: «I discepoli, veduto il Signore, si rallegrarono».

PASSI PARALLELI

Atti 10:41

44 44. Poi disse loro:

Sembra probabile che il nostro Evangelista ci abbia dato brevemente nei ver 44-49, la sostanza delle istruzioni e dei comandamenti del Signore, cominciati in questa circostanza e continuati ad intervalli durante l'intiero periodo dei quaranta giorni fra la risurrezione e l'ascensione. In ciò nulla havvi che contraddica alle notizie forniteci da altri scrittori ispirati, intorno ad ulteriori apparizioni del Signore ai suoi discepoli, in questo lasso di tempo Matteo 28:16-17; Giovanni 20:24-29; 21:4-23; 1Corinzi 15:6, mentre queste sono rese impossibili per la teoria insostenibile, fondata da alcuni su questo capitolo, che quanto è ricordato in esso avvenne in meno di ventiquattr'ore, e che il Signore ascese in cielo il giorno stesso della sua risurrezione. Che Luca abbia scritto qui in questo senso, ed abbia in seguito, qual risultato di più approfondate ricerche, corretto il suo errore in Atti 1, è assolutamente incompatibile colla sua divina ispirazione.

questi sono i ragionamenti che io vi teneva

«Queste parole, se vogliamo intendere l'intiero, significato, devono essere parafrasate nel modo seguente: "Voi vedete ora realmente adempiute le parole che io vi rivolsi le tante volte, dicendo che le profezie intorno alle mie sofferenze doveano essere compiute. Voi non potevate credere ch'io fossi realmente ridotto alla morte, per poi risuscitare. Ma ora voi vedete che tutto era vero"» (Ryle). Basti Luca 18:31-34 quale esempio di tali dichiarazioni, e dell'effetto che producevano!

essendo ancora con voi;

Queste parole si riferiscono al tempo del suo pubblico ministerio, prima della sua crocifissione, e son notevoli a motivo della distinzione ch'esse segnano fra la passata e la presente conversazione sua co' suoi discepoli. Dianzi, ei condivideva seco loro la vita quotidiana; mangiava, beveva, dormiva e viaggiava qual loro inseparabile compagno; ma la sua morte avea posto un termine a quella terrena associazione; più non s'accompagnava con loro nella intima familiarità dei giorni andati; e i loro occhi più non lo vedevano, se non quando gli piaceva di manifestare il suo corpo spirituale. «Oramai era come se fosse stato rimosso lontano da loro, poiché la sua vita era una nuova vita; l'atmosfera che respirava non era più quella di questo mondo; e la propria sua dimora, anche pe' loro interessi, era la casa del Padre» (Brown).

che conveniva che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, e ne' profeti, e nei Salmi, fossero adempiute.

Le Scritture dell'antico Testamento si dividevano in tre porzioni o volumi, che portavano rispettivamente i titoli, che il Signore assegna loro. Flavio (confr. Apione. 1,8) dice che questo ordinamento risaliva ad epoca antica. La prima di queste divisioni era chiamata Torah, e conteneva il Pentateuco, la cui divisione in vari libri è probabilmente contemporanea alla LXX, quasi 300 anni prima dell'era cristiana. L'«alto criticismo» dei giorni nostri afferma, senza arrossire, che l'un d'essi, il Deuteronomio, non fu per nulla scritto da Mosè, ma da qualche personaggio incognito che visse verso il tempo del re Josia, circa ottocento anni dopo la morte di Mosè. Il Signore tuttavia assegnò a Mosè, colla sua divina autorità, i cinque libri che, ne' suoi tempi, formavano la legge; e per ogni credente divoto non vi può essere appello da questa testimonianza. Il secondo volume avea nome Nebiim, profeti, e comprendeva Giosuè, i Giudici, Samuele, i Apocalisse e tutti i profeti, eccetto Daniele. Il terzo volume era intitolato Chetubim o Heigiographa, e conteneva i Salmi, insieme a Giobbe, i Proverbi, l'Ecclesiaste, il Cantico dei cantici, Rut, le Lamentazioni di Geremia, Daniele, Ester, Esdra, Nehemia e le Cronache. Siccome il libro dei Salmi era il primo di questa sezione, il volume era spesso chiamato «Salmi», come appunto fa il nostro Signore in questa circostanza.

PASSI PARALLELI

Luca 24:6-7; 9:22; 18:31-33; Matteo 16:21; 17:22-23; 20:18-19; Marco 8:31-32; 9:31

Marco 10:33-34

Giovanni 16:4-5,16-17; 17:11-13

Luca 24:26-27,46; 21:22; Matteo 26:54,56; Giovanni 19:24-37; Atti 3:18; 13:29-31,33

1Corinzi 15:3-4

Genesi 3:15; 14:18; 22:18; 49:10; Levitico 16:2-19; Numeri 21:8; 35:25; Deuteronomio 18:15-19

Giovanni 3:14; 5:46; Atti 3:22-24; 7:37; Ebrei 3:5; 7:1; 9:8; 10:1

Luca 24:27; Isaia 7:14; 9:6; 11:1-10; 28:16; 40:1-11; 42:1-4; 49:1-8; 50:2-6

Isaia 52:13-15; 53:1-12; 61:1-3; Geremia 23:5; 33:14; Ezechiele 17:22; 34:23

Daniele 2:44; 7:13; 9:24-27; Osea 1:7-11; 3:5; Gioele 2:28-32; Amos 9:11

Michea 5:1-4; Aggeo 2:7-9; Zaccaria 6:12; 9:9; 11:8-13; 12:10; 13:7; 14:4

Malachia 3:1-3; 4:2-6

Salmi 2:1-12; 16:9-11; 22:1-31; 40:6-8; 69:1-36; 72:1-20; 88:1-18

Salmi 109:4-20; 110:1-7; 118:22; Giovanni 5:39; Atti 17:2-3; 1Pietro 1:11

Apocalisse 19:10

45 45. Allora egli aperse loro la mente, per intendere le Scritture,

Quest'atto fa una prova evidente della sua divinità, poiché è Dio solo che ha in mano sua le menti e i cuori degli uomini. Esso implica l'accesso di Cristo nello spirito umano, il suo potere assoluto su di esso e l'allargamento e la rettificazione del medesimo, ch'egli sol può concedere. Altri possono aprire le Scritture, ma egli solo può aprire l'intelletto, senza di che, l'azione dei primi è di poco giovamento. Ei si è per l'operazione vivificante del suo Spirito che l'intelletto e il cuore dell'uomo sono aperti a ricevere la divina verità; e Giovanni 20:22, rammenta le parole che accompagnarono questa operazione: «Soffiò loro nel viso, e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo». Quel dono era il simbolo, l'arra e i primi frutti della più grande e più copiosa effusione dello Spirito Santo avvenuta nel dì della Pentecoste, che portava seco piena ispirazione e doni miracolosi, e con cui dovevano essere appieno forniti per l'opera loro avvenire. In pari tempo, ne era la preparazione, poiché se la mente loro non fosse stata previamente aperta dallo Spirito sì da conoscere il significato e la portata spirituale delle Scritture, il giorno della Pentecoste sarebbe venuto, mentre ancora non erano preparati per l'opera cui erano destinati. Quanto necessario fosse questo benefizio agli Apostoli era stato abbondantemente dimostrato dal fatto che la morte di Cristo era stata per loro uno scandalo, e ch'essi non avevano creduto nella sua risurrezione, e qual frutto portasse lo si vede nel giorno della Pentecoste e in seguito nelle loro Epistole. Questa dichiarazione è inapprezzabile per ogni lettore della Bibbia, inquanto mostra che il metodo apostolico d'interpretare l'Antico Testamento negli Atti e nelle Epistole, ha la sanzione diretta di Cristo medesimo. «Cornelio a Lapide si sforza in vano di provare, a mezzo di questo versetto, che il laicato non può intendere la Bibbia senza l'insegnamento della Chiesa, che la Bibbia non si confà al laicato; e che agli Apostoli era stata affidata in modo speciale la conoscenza delle Scritture. Ma non vi è la minima prova che gli Apostoli soli avessero le loro menti aperte in questa circostanza. All'opposto, il contesto ci dice distintamente che quelli ch'erano raunati, erano gli undici e quelli ch'eran con loro» (Ryle).

PASSI PARALLELI

Esodo 4:11; Giobbe 33:16; Salmi 119:18; Isaia 29:10-12,18-19; Atti 16:14; 26:18

2Corinzi 3:14-18; 4:4-6; Efesini 5:14; Apocalisse 3:7

46 46. E disse loro: Così è scritto, e così conveniva che il Cristo sofferisse, ed al terzo giorno risuscittasse da' morti;

Vedi note Luca 24:26-27. Come pe' due discepoli di Emmaus, così nella raunanza generale di quella notte e nel suo conversare cogli Apostoli fra la sua risurrezione ed ascensione, il piano del Salvatore sembra essere stato quello di far loro conoscere compiutamente tutto ciò che l'Antico Testamento conteneva riguardo a se stesso, affinché fossero appieno forniti per ribattere le obbiezioni di qualsiasi contradittore. Ei mostrò loro com'ei «fosse convenevole d'essere, qual principe della salute, consecrato per sofferenze» Ebrei 2:10, e come fosse necessario ch'ei «risuscitasse il terzo giorno», per realizzare in se stesso il tipo di Giona e compiere le profezie contenute nel Salmo 16:9-11, e in Osea 13:14, come pure per provare che il Padre avea accettato il sacrifizio offerto da lui a togliere il peccato, e per essere il modello e il pegno della gloriosa e lieta risurrezione di tutti i suoi seguaci.

PASSI PARALLELI

Luca 24:26-27,44; Salmi 22:1-31; Isaia 50:6; 53:2-12; Atti 4:12; 17:3; 1Pietro 1:3

47 47. E che nel suo nome si predicasse penitenza, e remission dei peccati, fra tutte le genti,

Questo corrisponde in massima al loro mandato, qual'è ricordato da Matteo 28:19-20. Avendo egli provato, colle Scritture dell'Antico Testamento, le sue sofferenze e la sua risurrezione che gli conferivano la qualità di Salvatore dei peccatori, ei fa lor conoscere inoltre, che queste Scritture predicono eziandio distintamente che la salute, nel suo nome e pei meriti suoi, sarà proclamata, come per banditori, a tutti i Gentili del pari che ai Giudei, poiché la parola (è scritto), regge il contenuto di amendue i versetti 46 e 47. (Come esempi delle predizioni cui accenna il nostro Signo re vedi Isaia 42:6; 49:6-12; 52:7,10,15; 60:8-12; 66:19-20.) Gli Apostoli cominciarono a predicare nella potenza dello Spirito, il pegno ed arra del trionfo finale del regno del Redentore, già prima, della loro morte, aveano seminato «la semenza del regno» nelle vaste provincie dell'impero romano. Dipoi, «il nemico seminò zizzanie fra il grano», e lento fu il progresso del Vangelo fra «i popoli che abitavano nella terra dell'ombra della morte»; ma le predizioni pronunziate dai «santi uomini di Dio» non possono fallire, e il lieto annunzio della salute sarà ancor proclamato insino agli ultimi termini della terra. Il mandato impartito agli Apostoli e ai fratelli presenti, fu di predicare la «penitenza» (non una mera confessione e penitenza qual è inculcata dalla Chiesa Romana); ma un cambiamento di mente, di disposizione e d'intenzione, che si manifesta in un pio dolore pel peccato commesso e in un completo cambiamento di vita; e «remissione dei peccati», per parte di Dio, per mezzo del sangue dell'espiazione; poiché quanto è necessario a salvezza è compendiato in queste due espressioni. Queste doveano venire offerte al mondo «nel nome di Cristo», cioè «per l'autorità sua, e pel suo merito e la sua mediazione». «E in niun altro è la salute, conciossiaché non vi sia alcun altro nome sotto il cielo, che sia dato agli uomini, per lo quale ci convenga esser salvati» Atti 4:12. Come esempii della fedeltà con cui Pietro osservò questa norma, vedi Atti 2:38; 5:31; 10:43, e riguardo a Paolo Atti 20:21.

cominciando da Gerusalemme.

Questo comandamento fondavasi su varie ragioni. Era convenevole che dalla città, la quale sotto la dispensazione teocratica era stata il centro del culto di Johova, fosse prima bandita la nuova dispensazione che n'era il compimento sì da offrire ai suoi più accaniti avversarii la massima opportunità di confutare i fatti sui quali essa era fondata. Ad eccezione dell'incredibile favola che il corpo di Cristo era stato rubato dai suoi discepoli mentre i soldati di guardia al sepolcro dormivano, tentativi consimili non vennero mai fatti, benché si provasse, con minaccie e persecuzioni, di ridurre al silenzio la testimonianza dei discepoli Atti 4:1,3; 5:18,28,33,40. Con questo comandamento, inoltre, Gesù manifesta in modo impressivo il desiderio di salvare anche i primi dei peccatori. Egli stesso avea proclamata la malvagità di Gerusalemme Luca 13:33, quando annunziò che in essa sarebbe ucciso; ma i suoi, discepoli non doveano stimarla così disperatamente malvagia da essere inaccessibile ad ogni benefizio proveniente dalla predicazione del vangelo, ed anche se l'avessero stimata tale, non doveano tuttavia ritrarsi dall'offrir la salvezza ai più abbietti e ai più peccatori. Il risultato benefico di questo comandamento apparì nel giorno della Pentecoste, nel quale non meno di tremila persone furono convertite, che in maggioranza devono esser state abitanti di Gerusalemme. Oltre a ciò, il Signore, in questo comandamento, stabilì una norma che agevolò di molto le future operazioni degli Apostoli e dei loro fratelli missionari, poiché impariamo dagli Atti degli Apostoli, che ogni qualvolta viaggiavano fra popolazioni gentili, essi rivolgevano prima l'invitazione evangelica ai «loro fratelli secondo la carne».

PASSI PARALLELI

Daniele 9:24; Matteo 3:2; 9:13; Atti 2:38; 3:19; 5:31; 11:18; 13:38-39,46

Atti 17:30-31; 20:21; 26:20; 1Giovanni 2:12

Genesi 12:3; Salmi 22:27; 67:2-4,7; 86:9; 98:1-3; 117:1-2; Isaia 2:1-3; 11:10

Isaia 49:6,22; 52:10,15; 60:1-3; 66:18-21; Geremia 31:34; Osea 2:23; Michea 4:2

Malachia 1:11; Matteo 8:10-11; Atti 10:46-48; 18:5-6; 28:28; Romani 10:12-18

Romani 15:8-16; Efesini 3:8; Colossesi 1:27

Luca 13:34; Isaia 5:4; Osea 11:8; Matteo 10:5-6; Atti 3:25-26; 13:46; Romani 5:20

Romani 11:26-27; Efesini 1:6

48 48. Or voi siete testimone di queste cose.

Le «cose» qui indicate sono i vari avvenimenti della storia del Redentore, dal giorno in cui li ordinò per l'apostolato, sino alla sua ascensione. Era allo scopo che potessero esser testimonii della sua vita, delle suo dottrine, de' suoi miracoli, della sua morte, risurrezione ed ascensione, ch'egli ne elesse dodici dalla compagnia generale dei discepoli, e, se li associò quali membri della sua famiglia; e questa idoneità a testimoniare riguardo a tutto ciò che avea fatto, era una qualificazione indispensabile per l'apostolato Atti 1:21-22. La qualificazione di Paolo fa eccezionale, consistendo essa presumibilmente nell'aver veduto Gesù in carne, forse in alcune delle sue visite a Gerusalemme, forse nell'averlo visto appeso alla croce, e nell'essere un testimonio, per rivelazione straordinaria concessagli, della realtà della sua risurrezione e della sua ascensione al cielo. Siccome i testimoni della vita, morte e risurrezione del Signore morirono insieme alla generazione cui appartenevano gli Apostoli, la successione apostolica, cui pretende la Chiesa Romana, non è altro che vana presunzione, poiché dopo la morte di Giovanni (l'ultimo dei testimoni oculari), quelli soli posson pretendere alla successione apostolica che «perseverano nella dottrina degli Apostoli», e, com'essi, predicano salute per fede nella giustizia del Redentore.

PASSI PARALLELI

Giovanni 15:27; Atti 1:8,22; 2:32; 3:15; 4:33; 5:32; 10:39,41; 13:31; 22:15

Ebrei 2:3-4; 1Giovanni 1:2-3

49 49. Ed ecco, io mando (pres. Io sto mandando, ad indicare il prossimo adempimento della promessa) sopra voi la promessa del Padre mio;

Cristo dà questo nome allo Spirito Santo, perché era stato le molte volte promesso da Dio nelle Scritture dell'Antico Testamento Isaia 44:3; Geremia 31:31-34; Ezechiele 36:27; 37:14; Gioele 2:28-32, ed anche perché egli istesso avea parlato loro del «Consolatore» qual dono del Padre, quando ci sarebbe stato ad essi ritolto. In pari tempo, è importante notare che Gesù dichiara l'invio dello Spirito Santo essere il suo proprio atto, egli n'è di diritto il Dispensatore. «IO MANDO», dice, indicando con ciò chiaramente la sua uguaglianza ed unità con Dio il Padre, e che lo Spirito Santo procede dal Figlio non meno che dal Padre. Ryle osserva che è anche implicata qui la personalità dello Spirito Santo, poiché le parole «io mando» possono applicarsi solo ad una persona.

or voi, dimorate nella città di Gerusalemme, finché siate rivestiti della virtù (piuttosto potere) da alto.

«Questo rivestire implica l'essere essi così compenetrati ed influenzati da un conscio «potere» soprannaturale, da suggellare con divina autorità l'intiero esercizio del loro uffizio apostolico, compresa certamente la penna del pari che la bocca loro» (Brown). Dopo la loro visita in Galilea, gli Apostoli sembrano esser tornati in Gerusalemme, e seguendo i precetti del loro Signore, esservi rimasti, non solo sino al giorno della Pentecoste, ma per lungo tempo appresso, intesi ad organizzare la neonata Chiesa.

PASSI PARALLELI

Isaia 44:3-4; 59:20-21; Gioele 2:28-32; Giovanni 14:16-17,26; 15:26; 16:7-16

Isaia 32:15; Atti 1:4,8; 2:1-21

50 Luca 24:50-53. L'ASCENSIONE DI CRISTO AL CIELO Marco 16:19-20; Atti 1:9-12

50. Poi li menò fuori fino in Betania;

Il nostro Evangelista, nel suo secondo trattato, Atti degli Apostoli, ci dice che i discepoli, subito dopo esser stati testimonii dell'ascensione del Signore, «ritornarono in Gerusalemme dal monte chiamato dell'oliveto» Atti 1:12; ma siccome Betania giaceva ai piedi del Monte degli Ulivi, dalla parte d'oriente, come possiamo noi risolvere quest'apparente contraddizione? In modo facilissimo coll'adottare la lezione: fin verso Betania, qual trovasi nei codici Sinaitico, Vaticano, ed alcuni altri. Veduto da Gerusalemme, il monte degli Ulivi ha tre cime. Su quella di mezzo, havvi una moschea rovinata, nella cui corte trovasi una piccola cappella (che appartiene ora agli Armeni), detta la Chiesa dell'Ascensione, ed è riguardata dalla tradizione fratesca come il luogo dal quale il Signore si sollevò in alto. In prova mostrano una piccola cavità nella roccia che sorge a fior di terra, come il segno lasciato dal piede del Salvatore nell'ascendere! Questa tradizione è insostenibile perché se il Signore fosse asceso da questo luogo, l'allusione a Betania, fatta dal nostro Evangelista, sarebbe stata intieramente fallita, poiché Betania n'è lontana e del tutto invisibile. Neppure puossi supporre che il nostro Signore, il quale, dalla sua risurrezione in poi, s'era mostrato esclusivamente a' suoi discepoli, volesse dare alla sua finale dipartenza da loro un carattere di pubblicità, compiendola al cospetto degli abitanti di Betania. Vi è tuttavia un luogo sul giogo meridionale dell'oliveto (il quale è diviso in due parti, orientale ed occidentale, da una stretta vallettina), che corrisponde esattamente alla duplice descrizione fornita da Luca del posto in cui il Signore fu tolto ai suoi discepoli. La descrizione seguente, scritta sui luoghi, è tratta dal libro dell'Autore, The Tent and the Khan: «Discendendo verso Oriente pel sentiero che, valicando il monte degli Ulivi, conduce in Betania, ci si affaccia a man dritta un nuovo giogo del monte che ci era stato fino ad ora invisibile. Esso trovasi immediatamente dietro (nella direzione d'oriente) quello ch'è il giogo meridionale, qual vedesi da Gerusalemme. Prendiamo posizione su quest'altura sino ad ora inavvertita. Verso Occidente non vedesi altro che il colle gemello pur ora attraversato, seminato di sue rade piante d'ulivo. Gerusalemme è nascosta all'occhio, come se fosse ad una distanza di cento miglia. A mezzodì, la strada di Gerico cinge la sua base; verso Oriente, l'occhio domina il deserto di Giudea, il Mar Morto ed i monti di Moab; ma, accostandoci di più al ciglio del colle, scorgiamo immediatamente sotto noi il piccolo villaggio di Betania, posto sulla falda più bassa del monte. Se ora consideriamo attentamente l'ultimo capo di Luca, non può esservi dubbio per noi intorno al luogo dove ora siamo. Noi stiamo nel luogo stesso ove il Signore benedisse i suoi discepoli e ove una nuvola lo ricevette e lo tolse d'innanzi gli occhi loro. Betania appare così vicina sotto a noi, che sembraci potremmo varcar d'un salto la distanza che ce ne separa; e sapendo noi che il Signore ascese dal monte degli Ulivi, niun linguaggio potrebbe descrivere più accuratamente il luogo, che le parole di Luca: «Poi li menò fuori fin verso Betania». La moltitudine dei cacciatori di tradizioni salgono lassù verso sinistra a baciare la cavità nella roccia ch'essi chiamano la traccia del piede del Redentore, e a noi lasciano il luogo fra tutti il più sacro sulla terra, dove il "dipartirsi" va unito al "ritornare"».

PASSI PARALLELI

Marco 11:1; Atti 1:12

Genesi 14:18-20; 27:4; 48:9; 49:28; Numeri 6:23-27; Marco 10:16; Ebrei 7:5-7

e, levate le mani in alto, li benedisse. 51. Ed avvenne che, mentre egli li benediceva,

«La promessa profetica è seguita dalla benedizione sacerdotale, sulla soglia stessa, per così dire, del santuario celeste, mentre egli vi stava entrando» (Oosterzee). L'alzare le mani era l'attitudine usuale ed espressiva della benedizione. Come Aaron «alzò le mani verso il popolo e li benedisse», la prima volta che offri sacrifizii per loro Levitico 9:22, così Cristo, qual grande Sommo Sacerdote, avendo offerto sé stesso a guisa di sacrifizio pei peccati del popolo, alzò le mani verso i suoi discepoli, e li benedisse nello stesso autorevole modo. Le parole che pronunziò non ci sono state tramandate; ma l'atto stesso rivela lo spirito in cui il Signore lasciò la sua Chiesa sulla terra, ed era un'arra di quel che farebbe per essa nei cieli. Gli effetti di questa benedizione si resero immantinente manifesti nella mente degli Apostoli, siccome appare nel versetto seguente.

51 si dipartì da loro, ed era portato in su nel cielo.

Non è fatta menzione qui del suo carro o della sua scorta, benché Luca Atti 1:9-10, mentovi angeli quali ministri suoi e qual carro «una nuvola che lo ricevette, e lo tolse agli occhi loro» Salmi 47:6; 48:18-19; 104:4; Daniele 7:13-14; Luca 9:34; 21:27. Qualunque sia stato l'avvenimento primiero cui riferivasi l'ultima parte del Salmo 24: non è certamente uno Sforzare il senso di quelle parole, il trovare in esse gli esultanti responsi scambiati fra la scorta angelica di Cristo e i lor fratelli nel santuario di sopra, mentre egli tornava nel cieli, qual VINCITORE della morte e dell'inferno, «per comparirvi ora davanti alla faccia di Dio per noi» Ebrei 9:24.

PASSI PARALLELI

2Re 2:11; Marco 16:19; Giovanni 20:17; Atti 1:9; Efesini 4:8-10; Ebrei 1:3; 4:14

52 52. Ed essi, adoratolo,

Se questo accadesse, immantinente dopo che il Signore era scomparso a' loro occhi, oppure dopo che gli angeli li avean consolati coll'assicurazione ch'ei tornerebbe di nuovo Atti 1:11, non importa sapere, ma il fatto stesso è di altissima importanza, poiché è il primo atto formale di culto che troviamo esser reso dai discepoli al loro Signore, uso questo, che in seguito osservarono regolarmente. Non vi può esser dubbio, che questo fa un atto di culto supremo, quale è illecito renderlo ad altri che all'Iddio vivente. «In tutto il Vangelo di Luca», dice Stier, «troviamo questa parola solo in un'altra circostanza Luca 4:7-8, ed è usata a designare l'onore ch'è dovuto al solo Iddio; del pari, nel medesimo senso, occorre negli Atti soltanto in Atti 7:43; 8:27; 24:11; 10:25-26. Notisi in ispecie l'ultimo di questi passi dove, sebbene Cornelio non l'intendesse nel senso di adorazione, essa fu rigettata da Pietro, perché non era altri che un uomo».

ritornarono in Gerusalemme con grande allegrezza.

Qual contrasto fra l'abbattimento d'animo, di cui fu preso Eliseo, quando il suo maestro Elia gli fu ritolto 2Re 2:2-6,12, e l'allegrezza di cui si riempirono i cuori degli Apostoli, nel tornar dal monte degli Ulivi, dopoché il loro maestro si era dipartito! Naturalmente, sarebbesi potuto aspettare che il dolore e la disperazione avessero trapassato quel che provarono dopo la sua morte sulla croce; poiché la sua partenza d'ora era definitiva. La ragione di questo fatto puossi trovare nell'illuminazione prodotta dal suo insegnamento, nel dono parziale del suo Spirito, e nella benedizione ch'egli impartì loro al momento di dipartirsi. La loro conoscenza della sua Messianità e Divinità era ormai chiara e distinta; «le tenebre erano passate e la vera luce risplendeva sopra loro»; ed essi credevano fermamente che, sebbene non dovessero più rivederlo coll'occhio materiale, ei sarebbe con loro e con la sua vera Chiesa «infino alla fin del mondo». Questa era la sorgente dell'«allegrezza» che riempiva il cuor loro.

PASSI PARALLELI

Matteo 28:9,17; Giovanni 20:28

Salmi 30:11; Giovanni 14:28; 16:7,22; 1Pietro 1:8

53 53. Ed erano del continuo nel tempio, lodando, e benedicendo Iddio. Amen

Non solo nell'intervallo di dieci giorni, prima della Pentecoste, ma lungo tempo appresso, i discepoli continuarono a partecipare al culto del tempio, contemplando nei suoi varii servizi una luce ed un significato riguardo al loro Signore, che non vi aveano mai scoperti per lo innanzi, ma che ora li inducevano ad, innalzare azioni di lode e di grazia al Signore. Né questo era tutto. Nelle vaste aree del tempio, ogni maniera di adoratori s'incontravano giornalmente senza interrompersi o recare gli uni agli altri molestia; e fra gli altri i discepoli di Cristo si adunavano per conversare ed istruirsi l'un l'altro più appieno nelle «cose del regno» ora stabilito sulla terra, e per predicare a quelli che volevano udire il lieto annunzio della salvezza. Questo era che riempiva i cuori loro di gioia, di ringraziamento e di lode. «E ogni giorno, nel tempio, e per le case, non restavano d'insegnare e d'evangelizzar Gesù Cristo» Atti 5:42. «L'Amen che chiude questo Vangelo sembra essere aggiunto dalla Chiesa e da ogni credente alla lettura di esso, inquanto significa un'adesione alle sue verità e un cordiale unirsi a tutti i discepoli di Cristo nel lodare e benedire Iddio, Amen. Sia egli lodato del continuo» (Henry).

RIFLESSIONI

1. L'apparizione del nostro Signore ai suoi discepoli raunati, la notte della sua risurrezione, ci fornisce una compiuta confutazione delle erronee teorie apparse intorno al suo corpo di risurrezione; così di quella che lo stima essere un mero corpo umano comune, come di quella che costituisce l'eresia dei Manichei e dei Valentiniani, cioè che il Salvatore non ebbe mai un corpo reale, ma che solo ne assunse l'apparenza. «Egli era rivestito d'una veste umana, reale, ma non comune; glorificata, ma non solo apparente; in altre parole, era rivestito dello stesso corpo di prima, ma dotato di proprietà intieramente diverse. Ad acquistar la conoscenza della vera natura di questo corpo, ci si addice, non già di far de' nostri proprii concetti intorno ad un tale vehiculum, la norma secondo la quale giudichiamo il racconto del vangelo; ma all'opposto, di formare intieramente le nostre nozioni sopra un fatto, di cui siamo per altra parte così perfettamente ignari, dai racconti del vangelo e d'accordo con loro. Tutta la polemica dello scetticismo muove dall'assunto, impossibile a dimostrarsi. che quanto vale per un uomo non ancora morto, vale altresì per un uomo risuscitato dai morti. Se ora domandiamo qual concetto dobbiamo formarci, a mezzo delle credibili ed istoriche informazioni degli Evangelisti intorno ad un corpo glorificato, specialmente intorno a quello del Signore, la risposta che riceviamo suona presso a poco così: Esso è tangibile non solo nel suo assieme, ma eziandio nelle varie sue parti; superiore allo spazio, sì da potersi muovere da un luogo all'altro molto più rapidamente che noi possiamo: è dotato della proprietà di rendersi or visibile ed ora invisibile, secondo i dettami d'una volontà più potente. Esso porta le traccie incontrastabili della sua condizione primiera, ma al tempo stesso s'innalza al di sopra dei confini che prima lo limitavano. In breve, è un corpo spirituale, non più assoggettato alla carne, ma ripieno dello Spirito, e condotto e portato dallo Spirito, e, pur tuttora un corpo. Esso può mangiare, ma non ha bisogno di cibo; può manifestarsi in un luogo, ma non è legato a quel luogo; può mostrarsi in questa sfera mondiale, ma non è ad essa limitato'. Così il corpo di risurrezione del Signore ci appare adorno della triplice caratteristica di verità, di libertà e di bellezza; e non ci sorprende trovare, in mezzo all'allegrezza provata dai discepoli quando apparve loro il Signore, che la lor mente fosse del continuo occupata da un certo senso di mistero, riguardo alla sua persona, di cui non poteano render ragione» (Oosterzee).

2. I due argomenti, «la penitenza e la remission dei peccati», devono sempre andare uniti in tutta la predicazione del ministerio evangelico. La grazia nel vangelo, che procura il perdono del peccato per Gesù Cristo, dev'essere caldamente raccomandata qual valido motivo a penitenza ossia conversione a Dio. Il far del nostro pentimento la ragione per cui egli ci rimette i peccati è un pervertire tutta la verità. Il messaggio non è: "Se vi pentite e fate cordoglio pei vostri peccati, io vi perdonerò per questo!, ma vi è perdono, ora, perché Cristo è morto pei peccatori, perciò pentitevi e credete nell'evangelo". È l'amore infinito di Dio nel provveder salvezza per Cristo, afferrato dalla fede, che fende il cuore del peccatore.

3. «La posizione che, tutti i veri Cristiani, e specialmente i ministri, son destinati ad occupare è quella di testimoni per Cristo in mezzo al mondo malvagio: "Voi mi siete testimoni". Dobbiam render testimonianza alla verità del, Vangelo del nostro Maestro; all'amore del cuore del nostro Maestro; alla felicità di servire il nostro Maestro: all'eccellenza delle norme di vita del nostro Maestro, e alla enorme malignità e all'immenso pericolo delle vie del mondo. Una tal testimonianza attrarrà di certo sul nostro capo lo sfavore dell'uomo, «l'odio del mondo» Giovanni 15:19. Una tal testimonianza sarà, senza dubbio, creduta da pochi Isaia 53:1, ma il dovere di un testimonio è di render testimonianza sia essa o non sia creduta; e s'egli è fedele, la sua ricompensa è sicura, essendogli conservata da Cristo» Matteo 10:32 (Ryle).

4. «L'identità del corpo risuscitato del Signore Gesù con quello crocifisso, è indubbiamente ciò di cui il nostro Signore intendeva convincere i suoi discepoli, col mangiare in lor presenza e col mostrar loro le mani ed i piedi. Questa è una verità d'importanza inesprimibile, e piacevole più che non si possa esprimere in parole. Le varie forme in cui apparve suggeriscono la grande probabilità, che i corpi risuscitati dei santi posseggano proprietà identiche od analoghe. Ma un picciol fatto, ci parla più che molti volumi intorno alla perfetta identità del Salvatore risorto con colui che nei giorni della sua carne si rese caro a' suoi discepoli nell'intimo conversare quotidiano; cioè, che mentre la sua apparizione nel giardino ingannò appieno Maria Maddalena, la piccola parola "Maria" stabilì per essa la sua identità, più forse di quanto l'avrebbero fatto tutte le altre prove. È egli dunque oltre ai confini d'una legittima induzione, l'affermare che un riconoscersi personale, implicante al certo il vivido ricordo di quelle scene della vita presente che costituiscono i legami delle più intime relazioni, connetterà lo stato futuro col presente, la perfezione di gloria dell'uno, colla debolezza, i bisogni, le lagrime e la vanità dell'altro, per modo da render per sempre e piacevolmente manifesto, che con tutta la sua gloria, esso non è altro che l'espansione della vita presente dei redenti?» (Brown).

5. Il culto reso dai discepoli al Signore, mentre ascendeva, era identico a quello da loro reso allo stesso Jehova. La preghiera ch'essi, pochissimo tempo appresso, innalzarono al cielo, circa l'elezione d'un successore a Giuda, era rivolta a lui Atti 1:24. Ed a lui altresì, mentre ei lo Vedeva «alla destra di Dio», il martire Stefano. rivolse la sua estrema supplicazione Atti 7:59. Egli è degno d'ogni adorazione, ed egli ha diritto a ricevere le nostre preghiere e lodi come «essendo uguale a Dio» Filippesi 2:6. Adoriamolo adunque come il nostro Dio incarnato, convinti che in tal modo serviamo al nostro Padre celeste nel modo più vero ed accetto che dir si possa. E come i cuori degli Apostoli eran pieni d'allegrezza e di ringraziamento a Dio, mentre tornavano a Gerusalemme, così sien pure del continuo i nostri cuori, mentre, collo sguardo della fede, lo contempliamo seduto sul trono della sua gloria, alla destra del suo Padre, «capo sopra ogni cosa», e dispensatore d'ogni benedizione alla «Chiesa la quale è il corpo d'esso, il compimento di colui che compie tutte le cose in tutti». Amen.

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