Commentario abbreviato:

Matteo 20

1 Capitolo 20

La parabola degli operai nella vigna Mt 20:1-16

Gesù preannuncia nuovamente le sue sofferenze Mt 20:17-19

L'ambizione di Giacomo e Giovanni Mt 20:20-28

Gesù dona la vista a due ciechi vicino a Gerico Mt 20:29-34

Versetti 1-16

L'obiettivo diretto di questa parabola sembra essere quello di mostrare che, sebbene i Giudei siano stati chiamati per primi nella vigna, alla fine il Vangelo sarebbe stato predicato ai Gentili e questi sarebbero stati ammessi a godere di uguali privilegi e vantaggi rispetto ai Giudei. La parabola può anche essere applicata più in generale e mostra: 1. Che Dio non è debitore di nessuno. 2. Che molti di coloro che iniziano per ultimi e che promettono poco in campo religioso, a volte, grazie alla benedizione di Dio, arrivano a una grande quantità di conoscenza, grazia e utilità. 3. Che la ricompensa sarà data ai santi, ma non in base al tempo della loro conversione. Descrive lo stato della Chiesa visibile e spiega la dichiarazione che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi, nei suoi vari riferimenti. Finché non siamo assunti al servizio di Dio, stiamo tutto il giorno in ozio: uno stato peccaminoso, anche se è uno stato di ozio per Satana, può essere chiamato uno stato di ozio. La piazza del mercato è il mondo, da cui siamo chiamati dal Vangelo. Venite, venite da questo mercato. Il lavoro per Dio non ammette inezie. Un uomo può andare ozioso all'inferno, ma chi vuole andare in cielo deve essere diligente. Il soldo romano era sette pence e mezzo nel nostro denaro, salario allora sufficiente per il sostentamento della giornata. Questo non dimostra che la ricompensa della nostra obbedienza a Dio sia data dalle opere o dal debito; quando abbiamo fatto tutto, siamo servi inutili; ma significa che c'è una ricompensa davanti a noi; tuttavia, nessuno, per questa presunzione, rimandi il pentimento alla vecchiaia. Alcuni furono mandati nella vigna all'undicesima ora, ma nessuno li aveva assunti prima. I Gentili entrarono all'undicesima ora; il Vangelo non era stato predicato loro prima. Coloro che hanno ricevuto offerte del Vangelo alla terza o alla sesta ora e le hanno rifiutate, non dovranno dire all'undicesima ora, come questi, "Nessuno ci ha assunti". Perciò, non per scoraggiare nessuno, ma per risvegliare tutti, ricordiamo che questo è il momento giusto. Le ricchezze della grazia divina vengono mormorate a gran voce dai farisei orgogliosi e dai cristiani nominali. Siamo molto inclini a pensare che noi abbiamo troppo poco e gli altri troppo dei segni del favore di Dio; e che noi facciamo troppo e gli altri troppo poco nell'opera di Dio. Ma se Dio dà grazia agli altri, è gentilezza nei loro confronti e non ingiustizia nei nostri. I mondani carnali si accordano con Dio per il loro centesimo in questo mondo e scelgono la loro parte in questa vita. I credenti obbedienti sono d'accordo con Dio per la loro parte nell'altro mondo e devono ricordarsi di essersi accordati in tal senso. Non hai forse accettato di prendere il cielo come tua parte, il tuo tutto; cercherai la felicità nella creatura? Dio non punisce nessuno più di quanto meriti e ricompensa ogni servizio reso a lui; quindi non fa torto a nessuno, mostrando una grazia straordinaria ad alcuni. Osservate qui la natura dell'invidia. È un occhio maligno, che si dispiace del bene degli altri e desidera il loro male. È un dolore per noi stessi, un dispiacere per Dio e un danno per i nostri vicini: è un peccato che non ha né piacere, né profitto, né onore. Rinunciamo a ogni pretesa orgogliosa e cerchiamo la salvezza come dono gratuito. Non invidiamo e non rancoriamo mai, ma gioiamo e lodiamo Dio per la sua misericordia verso gli altri e verso noi stessi.

17 Versetti 17-19

Qui Cristo è più particolare di prima nel preannunciare le sue sofferenze. E qui, come in precedenza, aggiunge la menzione della sua risurrezione e della sua gloria a quella della sua morte e delle sue sofferenze, per incoraggiare i suoi discepoli e confortarli. Una visione credente del nostro Redentore, una volta crocifisso e ora glorificato, è utile per umiliare una disposizione orgogliosa e autogiustificante. Quando consideriamo la necessità dell'umiliazione e delle sofferenze del Figlio di Dio per la salvezza dei peccatori in via di estinzione, dobbiamo sicuramente essere consapevoli della gratuità e della ricchezza della grazia divina per la nostra salvezza.

20 Versetti 20-28

I figli di Zebedeo abusarono di ciò che Cristo disse per confortare i discepoli. Alcuni non possono avere conforto, ma lo rivolgono a uno scopo sbagliato. L'orgoglio è il peccato che più facilmente ci assale; è l'ambizione peccaminosa di superare gli altri in sfarzo e grandezza. Per abbattere la vanità e l'ambizione della loro richiesta, Cristo li conduce al pensiero delle loro sofferenze. È un calice amaro quello che si deve bere; un calice di tremore, ma non il calice dei malvagi. Non è che un calice, non è che un sorso, forse amaro, ma presto svuotato; è un calice nelle mani di un Padre, Gv 18:11. Il battesimo è un'ordinanza con la quale siamo uniti al Signore in alleanza e comunione; così come la sofferenza per Cristo, Ez 20:37; Is 48:10. Il battesimo è un segno esteriore e visibile di una grazia interiore e spirituale; e lo stesso vale per la sofferenza per Cristo, perché a noi è stata donata, Fili 1:29. Ma non sapevano cosa fosse il calice di Cristo, né il suo battesimo. Di solito i più fiduciosi sono quelli che conoscono meno la croce. Non c'è niente di più sbagliato tra i fratelli che il desiderio di grandezza. Non troviamo mai i discepoli di Cristo che litigano, se non c'è qualcosa di questo alla base. L'uomo che lavora più diligentemente e soffre più pazientemente, cercando di fare del bene ai suoi fratelli e di promuovere la salvezza delle anime, assomiglia di più a Cristo e sarà più onorato da lui per tutta l'eternità. Nostro Signore parla della sua morte nei termini applicati ai sacrifici dell'antichità. È un sacrificio per i peccati degli uomini, ed è quel sacrificio vero e sostanziale che quelli della legge rappresentavano in modo debole e imperfetto. È stato un riscatto per molti, sufficiente per tutti, operante su molti; e, se per molti, allora la povera anima tremante può dire: perché non per me?

29 Versetti 29-34

È bene che coloro che sono sottoposti alla stessa prova, o infermità del corpo o della mente, si uniscano in preghiera a Dio per ottenere sollievo, in modo da rafforzarsi e incoraggiarsi a vicenda. In Cristo c'è misericordia a sufficienza per tutti coloro che chiedono. Erano seri nella preghiera. Gridavano come uomini seri. I desideri freddi chiedono di essere negati. Erano umili nella preghiera, si affidavano e si riferivano con gioia alla misericordia del Mediatore. Dimostrarono fede nella preghiera, con il titolo che diedero a Cristo. Sicuramente era per lo Spirito Santo che chiamavano Gesù Signore. Perseveravano nella preghiera. Quando erano alla ricerca di tale misericordia, non era tempo di timidezza o di esitazione: gridavano con forza. Cristo li incoraggiava. I bisogni e i fardelli del corpo sono presto percepiti e possono essere prontamente raccontati. Oh, se ci lamentassimo con lo stesso sentimento delle nostre malattie spirituali, soprattutto della nostra cecità spirituale! Molti sono spiritualmente ciechi, ma dicono di vedere. Gesù guarì questi ciechi; e quando ebbero ricevuto la vista, lo seguirono. Nessuno segue Cristo alla cieca. Egli per prima cosa, con la sua grazia, apre gli occhi degli uomini e così attira i loro cuori dietro di sé. Questi miracoli sono la nostra chiamata a Gesù; possiamo ascoltarla e fare della nostra preghiera quotidiana una crescita nella grazia e nella conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Commentario del Nuovo Testamento:

Matteo 20

1 CAPO 20 - ANALISI

2. La parabola dei lavoratori presi a diverse ore. Dai primi tempi della Chiesa sino ai nostri giorni, molte spiegazioni di questa parabola sono state messe in campo, ma pochi hanno tenuto in mente che nostro Signore, con essa viene, in risposta alla domanda di Pietro Matteo 19:27, ad illustrare le ultime parole del capo precedente: "Molti primi saranno ultimi, e molti ultimi saranno primi". Eppure questa è la chiave della parabola. In essa si rappresenta il proprietario di una vigna, il quale, sul fare del giorno, va sulla piazza del mercato ad impegna dei lavoranti a giornata. Alla terza ed alla sesta ora alle 9 ant. ed alle 12 mer. vi ritorna e prende altri lavoranti, e finalmente all'undecima ora 5 pom. fa altrettanto. Sul cader del giorno, quel lavoranti sono riuniti dal fattore per essere pagati, e siccome gli ultimi vennero pagati prima ricevendo un denaro per ciascuno, così quelli che aveano lavorato tutta la giornata s'aspettavano a vedere i loro più lunghi servizi riconosciuti con una mercede proporzionatamente più grande. Ma ciò non avvenne, ed essi cominciarono a mormorare. Allora il padrone li licenziò con un rimprovero, dichiarando che aveano ricevuto tutto quanto era stato con loro convenuto; che egli aveva diritto di fare del suo ciò che gli piaceva; e che era una vergogna per essi di invidiare quegli altri a cui, per sua bontà, aveva voluto usare generosità. Poi nostro Signore aggiunge: "Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi, perché molti son chiamati, ma pochi eletti". Benché molte dottrine si possano dedurre da questa parabola, lo scopo principale di essa sembra esser quello di porre in guardia gli apostoli, e la Chiesa contro l'egoismo, la superbia e l'invidia, che diminuiscono il valore dei più eminenti sacrifici fatti, o dei più brillanti talenti dedicati al servizio di Cristo Matteo 20:1-16.

2. Gesù annunzia per la terza volta la sua morte ai discepoli Matteo 20:17-19.

3. Richiesta fatta dalla moglie di Zebedeo in favore dei suoi due figli. Che l'ammonizione contenuta nella precedente parabola non fosse fuor di luogo, lo prova la richiesta di Giacomo e Giovanni di essere promossi ai posti della più alta distinzione in quel regno terreno che essi tuttora immaginavano verrebbe fondato dal Messia, il Signore, rispondendo, fece loro osservare che essi non sapevano quello che domandassero! Prima di occupare il suo trono mediatoria, egli doveva "bere un calice", ed essere "battezzato con un battesimo" di sofferenze, umiliazioni e prove, onde adempiere i disegni della misericordia divina verso l'uomo caduto. Perciò egli domandò loro se essi erano disposti a soffrire con lui, e dietro la loro risposta affermativa, egli dichiarò che certamente avrebbero parte nelle di lui sofferenze, ma che, quanto alla loro richiesta, egli non poteva esaudirla, dovendo tali onori nel suo regno esser dati a coloro per i quali furono preparati dal Padre celeste Matteo 20:20-23.

4. Distinzione tra il regno di Cristo e quelli del mondo. L'indignazione causata da questa richiesta nel cuore degli altri apostoli diede occasione ad un discorso, nel quale Gesù dimostrò la grande differenza che corre tra il suo regno e quelli del mondo, in quanto che in questi sono ritenuti grandi e celebri coloro che usurpano il potere ed esercitano il dominio sugli uomini loro fratelli; mentre, nell'altro, non dove esistere tale usurpazione di autorità per parte di uno degli apostoli sopra gli altri, o per parte degli apostoli sopra "l'eredità di Dio". Coloro che posseggono i più grandi doni spirituali devono considerare se stessi come servi dei loro fratelli, seguendo l'esempio, di Cristo, il quale, sebbene sia "Dio sopra ogni cosa", "non venne per essere servito, anzi per servire e per dar l'anima sua qual prezzo di riscatto per molti". Non potrebbe darsi una più chiara, più eloquente, più precisa condanna della gerarchia nella Chiesa di Cristo, o dell'esaltazione di un uomo al grado di vicario di Dio benché esso ipocritamente chiami se stesso servo dei servi, di quella che il nostro Signore ha qui pronunziata, in conseguenza del tentativo fatto dai figliuoli di Zebedeo per ottenere la supremazia Matteo 20:24-28.

5. Arrivo del Signore a Gerico, dopo aver lasciata la Perea. Quest'era l'ultima tappa del suo viaggio a Gerusalemme per offrire se stesso in propiziazione per il peccato, e questa sua visita fu segnalata, non solo dalla conversione di Zaccheo il pubblicano Luca 19:2, ma ben anche da un grande miracolo di guarigione, operato a favore di due ciechi, che poi si unirono alla di lui compagnia e lo seguirono a Gerusalemme Matteo 20:29-34.

Matteo 20:1-16. PARABOLA DEI LAVORATORI NELLA VIGNA

1. Poiché, il regno dei cieli è simile ad un padrone di casa, il quale, in sul far del giorno uscì a prendere ad opra dei lavoratori, per la sua vigna.

Nell'interpretazione di questa difficile parabola, la quale si trova soltanto in Matteo, noi dobbiamo accuratamente osservare che essa è legata da un poiché alla conclusione del capo 19, ed ebbe origine dalla domanda egoistica di Pietro nel vers. 27: "Che ne avremo dunque?". Alcuni credono che tutti i dettagli di questa parabola abbiano un significato; ma sembra più probabile che, come il regno di Dio è paragonato all'amministrazione di un proprietario, così la più gran parte del racconto deve riguardarsi come la veste della parabola e nient'altro. La Chiesa di Cristo in terra, tanto nel Vecchio quanto nel Nuovo Testamento, è spesso rappresentata sotto la figura d'una vigna Salmo 80:8-16; Isaia 5:1-7; 27:2-3; Geremia 2:21; Luca 20:9-16; Giovanni 15:1-8.

Nei paesi orientali, come in Persia, vige tuttora il costume che i lavoranti si riuniscano, prima del far del giorno, sulla piazza del mercato coi loro arnesi in mano, per essere condotti a prezzo; e tale sembra essere stato il costume in Palestina, ai tempi del nostro Signore.

PASSI PARALLELI

Matteo 3:2; 13:24,31,33,44-45,47; 22:2; 25:1,14

Matteo 9:37-38; 21:33-43; Cantici 8:11-12; Isaia 5:1-2; Giovanni 15:1

Matteo 23:37; Cantici 8:11-12; Geremia 25:3-4

Marco 13:34; 1Corinzi 15:58; Ebrei 13:21; 2Pietro 1:5-10

2 2. Ed avendo convenuto con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.

Il denaro romano equivaleva a circa 80 centesimi, regolare compenso del lavoro di un giorno, in quei tempi. La convenzione fatta coi primi lavoranti, ed omessa con tutti gli altri, serve d'appoggio agl'interpreti i quali credono che i primi lavoranti rappresentino il popolo Ebreo, col quale un patto speciale fu fatto quando furono chiamati, e di cui era noto lo spirito di giustizia propria e di critica. I lavoranti chiamati dopo rappresenterebbero i Gentili. Secondo noi, i primi sono veri servitori di Dio, ma più distinti degli altri, perché, convertiti nella loro giovinezza, hanno servito il Signore durante lunghi anni; ovvero poiché posseggono doti d'intelletto superiori a quelle degli altri, ma hanno un gran difetto: nutrono uno spirito altiero e dicono agli altri: "Fatti in là, non accostarti a me, perché io son più santo di te!" Isaia 65:5.

PASSI PARALLELI

Matteo 20:13; Esodo 19:5-6; Deuteronomio 5:27-30

Matteo 18:28; 22:19

Luca 10:35; Apocalisse 6:6

1Samuele 2:18,26; 3:1,21; 16:11-12; 1Re 3:6-11; 18:12; 2Cronache 34:3; Ecclesiaste 12:1

Luca 1:15; 2Timoteo 3:15

3 3. Ed uscito verso l'ora terza

9 antim. La divisione del giorno in dodici ore, dal sorgere al calare del sole, è da Erodoto lib. II,109 attribuita ai Caldei. La presente divisione del giorno e della notte in ventiquattro ore eguali non fu usata prima del quarto secolo d. C. La maniera caldaica di contare il tempo fu introdotta tra i Romani e tra altre nazioni, circa 150 anni prima dell'era nostra; ma forse ella era usata dai Giudei fin dal tempo della loro cattività in Babilonia. È ancora usata in Oriente. Secondo il loro computo, l'ora sesta finiva sempre a mezzogiorno, e la duodecima al tramonto: conseguentemente, negli equinozi, le loro dodici ore del giorno coincidono esattamente colle nostre, cioè dalle 6 ant. alle 6 pom. Ma siccome il sole in Palestina, nel più lungo giorno, si leva circa alle 5, e tramonta dopo le 7, ciascuna delle dodici ore, contata col cronometro, sarebbe di 70 invece che di 60 minuti; e siccome il sole si leva alle 7 e tramonta alle 5 nel solistizio d'inverno, ciascun'ora sarebbe, durante questa stagione, di 50 anziché di 60 minuti.

ne vide degli altri che se ne stavano sulla piazza, disoccupati; 4. E disse loro: Andate anche voi nella vigna, e vi darò quel che sarà giusto. Ed essi andarono. 5. Poi, uscito ancora verso la sesta mezzogiorno, e la nona ora 8 pom, fece lo stesso. 6. Ed uscito verso l'undicesima 5 pom. ne trovò degli altri in piazza e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi? 7. Essi gli dissero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Egli disse loro: Andate anche voi nella vigna.

Questi ultimi, o non erano stati là più di buon'ora, o non erano disposti ad accettare l'offerta prima d'allora; ma v'era ancora lavoro da eseguire, e, poiché ora volevano lavorare, il padrone li mandò nella vigna. Il fatto che tutti i lavoranti non solo furono chiamati dal padrone, ma accettarono la di lui proposta, andarono nella di lui vigna e vi lavorarono, dimostra chiaramente che non è l'ordinaria chiamata del Vangelo, che tutti odono dove giunge e che le migliaia trascurano o disprezzano, quella a cui il Signore si riferisce, bensì la chiamata salutare, efficace, dello Spirito Santo, la quale cambia il cuore dei peccatori e li introduce nel regno, di Cristo in qualunque periodo della vita, dalla gioventù sino alla vecchiaia. Questi lavoratori nulla fecero per entrar nella vigna; ma chiamati dal padrone, entrarono e lavorarono, e tutti, anche i mormoratori, ricevettero dalle sue mani una retribuzione. Questo toglie ogni fondamento all'obiezione fondata sul vers. 14: "Prendi il tuo, e vattene" che questi ultimi fossero impostori mandati via finalmente; poiché, se tali fossero stati, non avrebbero ricevuto alcun compenso.

PASSI PARALLELI

Marco 15:25; Atti 2:15

Matteo 6:7; 11:16-17; Proverbi 19:15; Ezechiele 16:49; Atti 17:17-21; 1Timoteo 5:13; Ebrei 6:12

Matteo 9:9; 21:23-31; Luca 19:7-10; Romani 6:16-22; 1Corinzi 6:11; 1Timoteo 1:12-13

Tito 3:8; 1Pietro 1:13; 4:2-3

Colossesi 4:1

Matteo 27:45; Marco 15:33-34; Luca 23:44-46; Giovanni 1:39; 4:6; 11:9; Atti 3:1; 10:3,9

Genesi 12:1-4; Giosuè 24:2-3; 2Cronache 33:12-19; Ebrei 11:24-26

Ecclesiaste 9:10; Luca 23:40-43; Giovanni 9:4

Proverbi 19:15; Ezechiele 16:49; Atti 17:21; Ebrei 6:12

Atti 4:16; 17:30-31; Romani 10:14-17; 16:25; Efesini 2:11-12; 3:5-6; Colossesi 1:26

Matteo 22:9-10; Ecclesiaste 9:10; Luca 14:21-23; Giovanni 9:4

Efesini 6:8; Ebrei 6:10

8 8. Poi, fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore:

Se il padrone della vigna si vuole riguardare come il rappresentante di Iddio, allora il fattore è Cristo, a cui, come a Mediatore, Iddio ha conferito ogni autorità e potere nella sua Chiesa. La sera era il tempo fissato dalla legge per il pagamento della mercede giornaliera. Non si poteva differire sino al giorno dopo; disposizione pietosa per il lavorante e la sua famiglia Levitico 19:13; Deuteronomio 24:15; Giacomo 5:4. La "sera" in cui è distribuita la ricompensa, è stata generalmente intesa dell'ora della morte, quando i servi di Cristo entrano nella gioia del loro Signore, o del giorno del giudizio universale, quando la giusta sentenza, che fisserà la sorte di ognuno, sarà pubblicata davanti all'universo. Queste sono senza dubbio le principali spiegazioni che si possono dare della parola sera, ma, secondo noi, essa ne ha un'altra ancora. In risposta alla domanda di Pietro, nostro Signore parlò di ricompense, così in questa vita, come nella vita avvenire, Iddio ha disposto che ogni servizio reso a lui porti seco una ricompensa la quale è spesso goduta dai suoi servi nella vita presente, e talvolta continuata fino al giudizio finale, cosicché la "sera" non è limitata dall'ultimo giudizio. La distribuzione delle ricompense e i discorsi tenuti in tale occasione sono pertanto solamente la forma con cui ci si fa conoscere quale disposizione da parte del lavorante sia più accetta al padrone della vigna.

Chiama i lavoratori, e paga loro la mercede, cominciando dagli ultimi fino ai primi.

La costruzione della parabola richiedeva che gli ultimi fossero pagati i primi, non solamente per scoprire la disposizione del loro animo, ma ancora i sentimenti suscitati nel petto dei primi, dal vedersi tutti posti sul medesimo piede d'uguaglianza. L'espressione "i primi" dove intendersi qui, non solo di quelli che furono i primi in ordine di tempo, sì ancora nel senso di principali, o più distinti per ingegno; o per avere sofferto le maggiori perdite e fatte le opere più cospicue per la causa di Cristo. Anche i veterani nel servizio di Cristo possono essere, ma non necessariamente, i primi in questo senso. Nella parabola, è vero, coloro che furono mandati i primi nella vigna erano i principali tra i lavoranti, rispetto al tempo durante il quale lavorarono, ma il tempo indica qui soltanto la quantità. Quel che si vuol mettere in vista, non è il tempo consumato, ma la quantità di lavoro fatto. Giova grandemente, a formarsi un chiaro concetto della lezione qui insegnata, il pensare che i primi indicano coloro che fecero e soffrirono maggiormente, e gli ultimi coloro che fecero e soffrirono meno, per la causa di Cristo.

PASSI PARALLELI

Matteo 13:39-40; 25:19,31; Romani 2:6-10; 2Corinzi 5:10; Ebrei 9:28; Apocalisse 20:11-12

Genesi 15:2; 39:4-6; 43:19; Luca 10:7; 12:42; 16:1-2; 1Corinzi 4:1-2; Tito 1:7

1Pietro 4:10

9 9. Allora venuti que' dell'undecima ora, ricevettero un denaro per uno.

Qui si fa menzione solamente dei primi e degli ultimi condotti a prezzo non; occorreva far menzione degli altri allogati nelle ore intermedie, perché il principio da illustrarsi è vivamente posto in evidenza dal contrasto dei due estremi. Coloro che aveano lavorato solamente un'ora od altra maggiore frazione di una giornata, non aveano stabilito qual doveva essere il loro salario. Essi non sapevano qual premio sarebbe loro dato, ma conoscevano il padrone per il quale lavoravano, ed erano pronti ad accettare qualunque paga a lui piacesse di dare. Per questo riguardo, essi rappresentano degnamente i migliori discepoli di Cristo, quei cristiani simili a fanciulli che egli dà per modello agli altri.

PASSI PARALLELI

Matteo 20:2,6-7; Luca 23:40-43; Romani 4:3-6; 5:20-21; Efesini 1:6-8; 2:8-10

1Timoteo 1:14-16

10 10. E venuti i primi, pensavano di ricever di più; ma ricevettero anch'essi un denaro per uno.

Quelli che erano stati impegnati sin dallo schiarire del giorno erano ivi dattorno, ed aveano osservato che tutti i loro compagni, non eccettuati quelli che erano stati assunti in servizio per un'ora sola, avevano ricevuto la medesima uniforme ricompensa: "un denaro per uno". Mentre s'andava compiendo l'operazione, essi si rallegravano in silenzio nell'aspettazione che quando toccherebbe a loro, riceverebbero più che il denaro stipulato col padrone, perché aveano fatto più lavoro. Ma il fattore, in presenza del padrone, di cui egli eseguiva gli ordini diede anche a ciascuno di costoro un denaro e non di più. Vediamo qui lo spirito calcolatore e mercenario che si era manifestato nella domanda di Pietro, spirito che questa parabola era destinata ad abbattere, una volta per sempre, tra i servi di Cristo.

PASSI PARALLELI

Matteo 20:10

11 11. E, ricevutolo, mormoravano contro al padrone di casa, 12. Dicendo: Questi ultimi non han fatto che un'ora, e tu li hai fatti pari a noi, che abbiam portato il peso della giornata e il caldo.

Non potendo più a lungo nascondere la propria delusione, benché sapessero bene che non aveano alcun diritto di ricevere di più, essi cominciano a mormorare contro il padrone. Le più basse passioni "l'invidia e l'occhio maligno" mostrate da quei lavoranti indussero il Crisostomo e molti altri a concludere che essi erano stati finalmente reietti e privati della vita eterna. Ma questo è un peccato in cui cadono troppo comunemente i veri credenti. Simili a questi lavoratori sono quelli che in qualche misura, abbandonano la semplicità della fede e lasciano che un motivo interessato si mescoli alle loro devozioni. Essi rassomigliano a Pietro quando confrontando i suoi grandi sacrifici col rifiuto del giovane ricco di abbandonare cosa alcuna, e reputando se stesso come il primo, mentre considerava gli altri come ultimi, domandava: "Signore, che ne avremo dunque per aver lasciato tutto e seguito te?". In risposta alla sua egoistica domanda, egli è ammonito che se continua in quella disposizione, gli può accadere d'essere fra quei "primi" che saranno "ultimi".

PASSI PARALLELI

Luca 5:30; 15:2,28-30; 19:7; Atti 11:2-3; 13:45; 22:21-22; 1Tessalonicesi 2:16

Luca 14:10-11; Romani 3:22-24,30; Efesini 3:6

Isaia 58:2-3; Zaccaria 7:3-5; Malachia 1:13; 3:14; Luca 15:29-30; 18:11-12

Romani 3:27; 9:30-32; 10:1-3; 11:5-6; 1Corinzi 4:11; 2Corinzi 11:23-28

13 13. Ma egli rispondendo a un di loro, disse: Amico, io non ti fo alcun torto; non convenisti meco per un denaro? 14. Prendi il tuo, e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. 15. Non mi è lecito far del mio ciò che voglio? o vedi tu di mal occhio ch'io sia buono?

Il padrone di casa istantaneamente chiuse loro la bocca dicendo: "Vi appellate alla giustizia? E sia: la somma pattuita vi è stata pagata! Voi, essendo stati soddisfatti, nulla avete a vedere, cogli stipendi che dò agli altri lavoranti. Il lagnarvi della benevolenza mostrata ad altri, quando, per vostra confessione, voi siete stati trattati bene, mostra che siete invidiosi verso il prossimo, ed ingrati verso chi v'impiegò e vi ricompensò".

PASSI PARALLELI

Matteo 22:12; 26:50

Genesi 18:25; Giobbe 34:8-12,17-18; 35:2; 40:8; Romani 9:14-15,20

Matteo 6:2,6,16; 2Re 10:16,30-31; Ezechiele 29:18-20; Luca 15:31; 16:25; Romani 3:4,19

Giovanni 17:2

Matteo 11:25; Esodo 33:19; Deuteronomio 7:6-8; 1Cronache 28:4-5; Geremia 27:5-7; Giovanni 17:2

Romani 9:15-24; 11:5-6; 1Corinzi 4:7; Efesini 1:11; 2:1,5; Giacomo 1:18

Matteo 6:23; Deuteronomio 15:9; 28:54; Proverbi 23:6; 28:22; Marco 7:22; Giacomo 5:9

Giona 4:1-4; Atti 13:45

16 16. Così, gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi;

il Signore termina questa parabola colle stesse parole colle quali la introdusse. Benché i lavoranti ricevano tutti esattamente la medesima ricompensa, gli ultimi sono innalzati sopra i primi per un supplemento pecuniario, simbolo di un animo contento, amorevole e grato. Il fatto che questo avvertimento fu dato a Pietro ed ai suoi compagni, dimostra che questa parabola non può avere altro scopo fuori quello di mostrare le differenze che passano tra i discepoli di Cristo inquanto a semplicità di spirito mentre il lavoro dura, e, conseguentemente, nelle ricompense, date a lavoro finito. Come tutti i lavoranti ottengono il prezzo di una giornata, così tutti coloro che son rappresentati da essi ereditano il regno dei cieli; ma, come "un astro è differente dall'altro astro in isplendore", così accadrà quando Cristo verrà a radunare tutti i suoi. Quelli porteranno le più brillanti corone che avranno maggiormente onorato la bontà del loro Redentore, ed avranno pensato meno alle proprie opere ed ai propri sacrifici. L'ultima parte del versetto "perché molti son chiamati ma pochi eletti" manca in alcuni dei MSC. più importanti e viene soppressa da molti critici. Se autentica, va interpretata in connessione colla parabola. I "chiamati" e gli "scelti" sono gli uni e, gli altri veri discepoli di Cristo ed eredi della vita eterna, ma c'è qualche distinzione tra loro. Scelto, nelle Sacre Scritture, dicesi ciò che è migliore nel suo genere, buono per eccellenza. "Quantunque molti sieno i chiamati al regno di Dio come veraci e fedeli servitori, pochi primeggiano tra i loro compagni, al cospetto di Dio, mercé la eccellenza delle grazie operate in loro dallo Spirito Santo". Come si suole dire di numerosi oggetti manifatturati, benché tutti genuini: "pochi sono di prima qualità"; così, fra un numero grande di veri discepoli, pochi primeggiano per assenza di egoismo e di mondanità, e per rassomiglianza a Cristo, onorando il loro Signore e facendo stupire il mondo colle loro virtù. Discepoli siffatti egli li stima degni di duplice onoranza. La maggior parte di quelli che sono veramente discepoli e che erederanno la vita eterna sono siffattamente guasti da una mescolanza di propria giustizia, da peccaminose disposizioni e da tendenze mondane, che la luce loro rimane oscurata, la loro testimonianza riesce confusa. Oh! quanti sono i cristiani di questo genere, e come scarseggiano coloro i quali, "dimenticando le cose che stanno dietro, proseguono il corso verso la meta per ottenere il premio della superna vocazione di Dio, in Cristo Gesù!" Filippesi 3:13.

PASSI PARALLELI

Matteo 8:11-12; 19:30; 21:31; Marco 10:31; Luca 7:47; 13:28-30; 15:7; 17:17-18

Giovanni 12:19-22; Romani 5:20; 9:30

Matteo 7:13; 22:14; Luca 14:24; Romani 8:30; 1Tessalonicesi 2:13; 2Tessalonicesi 2:13-14; Giacomo 1:23-25

RIFLESSIONI

1. La difficoltà di questa parabola apparisce dalle svariatissime esposizioni cui ha dato luogo. Origene ed Ilario fanno del succedersi delle ore la circostanza preminente, per mezzo della quale vengono significati i vari inviti da Dio diretti agli uomini sin dal principio, cioè ad Adamo, a Noè, ad Abramo, a Mosè, ecc. Tertulliano, Ambrogio, Gregorio Magno ed Agostino considerano il denaro dato a tutti ugualmente come rappresentante la vita eterna che appartiene a tutti i credenti: "splendor dispar, coelum comune". Crisostomo e Girolamo considerano le ore come indicanti i vari periodi della vita in cui entrano gli uomini nell'opera del Signore, e dicono lo scopo della parabola essere quello di confortare gli ultimi lavoranti a ciò lavorino con animo. Calvino stima volere! il Signore ammonire di non confidare troppo nella nostra cristiana operosità, per non cadere nella fiacchezza, talché altri ci avanzino nel correre, e noi dal primo grado scendiamo all'infimo. Cocceio, Matteo Henry e Whitby applicano la parabola ai Giudei, che per i primi furono chiamati al regno di Dio e provarono dispetto nel vedere i Gentili, tuttoché estranei, posti sul medesimo livello con loro e fatti compartecipi dei privilegi medesimi. Maldonato, Kuinoel, ed altri pensano essere lo scopo della parabola di mostrare che il premio della vita eterna non corrisponde al tempo ma alla quantità del lavoro fatto. Lutero e Stier respingono l'idea secondo la quale il denaro significherebbe la vita eterna, e lo spiegano "come un bene temporale di indole non puramente esterna e terrena". Secondo Alford, il concetto fondamentale è questo: si ottiene il regno di Dio non per opere, ma per grazia: gl'invidiosi e i mormoratori saranno privi di quella vita eterna a cui furono chiamati. Ben dice Olshausen: "Quei racconti dottrinali di Gesù sono simili a pietre preziose con più faccette, che splendono in più direzioni"; e ne abbiamo una prova nel fatto che molte fra le sopraccennate esposizioni concordano colla Scrittura. Tuttavia crediamo essere precipuo scopo della parabola il mostrare che, nel dispensare i suoi premi, vuoi in questa vita, vuoi nel giorno del giudizio, Iddio non guarda solamente al tempo che durò il lavoro, né tampoco alla quantità di esso, ma allo spirito con cui venne fatto, ed ai motivi che lo produssero; quindi molti fra coloro che sono poco considerati dagli uomini saranno ciononostante, e mercé la fede, speranza e carità dispiegate nell'operare, preminenti nel cospetto di Colui che scruta i cuori e viceversa. La parabola insegna che, a cagion del loro spirito altero, mercenario e invidioso, saranno respinti all'ultimo posto quei cristiani che ne sono stati infetti, quantunque prolungata ed utile sia stata la loro operosità.

2. Possiamo da questa parabola ricavare con certezza che, tanto nel salvare i singoli individui, quanto nel chiamare le nazioni, Iddio agisce da sovrano, e non ha da rendere conto del suo operato. "Egli avrà mercé di chi avrà mercé" Romani 9:15, e ciò a suo tempo. È questa una verità di cui abbiamo ogni giorno nuovi esempi nella, Chiesa di Cristo. Che viene chiamato al ravvedimento ed alla fede sin dal primo esordire nella vita, come Timoteo, e lavora nel campo del Signore per quaranta o cinquant'anni; e chi viene chiamato alla "undecima ora". come il ladrone in croce, "tizzone scampato dal fuoco", ieri impenitente peccatore, "oggi in paradiso". Eppure il Vangelo intiero ci induce a erodere che ambedue questi uomini sono perdonati davanti a Dio, perché ambedue sono stati lavati nel sangue di Cristo e rivestiti della veste della sua giustizia.

3. Guardiamoci pertanto dall'inferire da questa parabola che la salvazione sia al minimo grado, conseguita per mezzo di opere. Il lavoro degli operai non comincia infatti se non dopo la chiamata la quale è una grazia da parte del padrone, poiché essi né cercano, né si curano di ottenere l'invito. La salvazione per opere sovverte l'intiero insegnamento della Bibbia. Le ricompense che da Dio riceviamo, vuoi in questo mondo, vuoi nell'avvenire, sono un frutto della grazia e non dell'opere.

4. Ricordiamoci che il lavorante deve anzitutto amare il padrone, e quindi il lavoro, per amore di lui. Nel momento stesso in cui un concetto di merito proprio serpeggia nel cuore dell'operaio esso lo fa rovinare al basso; non già che lo escluda dal novero dei veraci discepoli, ma dal primo posto lo precipita all'ultimo. Se la propria giustizia fosse il precipuo incentivo della vostra operosità, allora voi non sareste veri cristiani; se poi essa vi si fa innanzi a guisa di tentazione, e corrompe la vostra fede in Cristo, voi correte allora pericolo di scendere dal più alto grado all'infimo, e di diventare da primo ultimo, nella distribuzione dei premi ai servi del Signore.

5. Quanto strane saranno mai le rivelazioni dell'ultimo giorno! Certuni, giunti ultimi, e tenuti in pochissimo conto, saranno, in cielo i primi; ed altri non parteciperanno punto agli stessi onori, quantunque abbiano goduto di un gran credito nella Chiesa di quaggiù!

17 Matteo 20:17-28. GESÙ ANNUNZIA PER LA TERZA VOLTA LA SUA MORTE E LA SUA RISURREZIONE. AMBIZIOSA DOMANDA DI GIACOMO E DI GIOVANNI, E RISPOSTA DI GESÙ Marco 10:32-45; Luca 18:31-34

Per la esposizione vedi Marco 10:32-45.

29 Matteo 20:29-34. I DUE CIECHI DI GERICO Marco 10:46-52; Luca 18:35-43

Per l'esposizione vedi Luca 18:35-43.

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