Commentario abbreviato:Matteo 91 Capitolo 9 Gesù torna a Capernaum e guarisce un paralitico Mt 9:1-8 Matteo chiamato Mt 9:9 La festa di Matteo, o Levi Mt 9:10-13 Obiezioni dei discepoli di Giovanni Mt 9:14-17 Cristo risuscita la figlia di Iairo, guarisce l'emissione di sangue Mt 9:18-26 Guarisce due ciechi Mt 9:27-31 Cristo scaccia uno spirito muto Mt 9:32-34 Manda gli apostoli Mt 9:35-38 Versetti 1-8 La fede degli amici del paralitico nel portarlo a Cristo era una fede forte; essi credevano fermamente che Gesù Cristo potesse e volesse guarirlo. Una fede forte non considera alcun ostacolo nell'andare dietro a Cristo. Era una fede umile: lo portarono ad assistere a Cristo. Era una fede attiva. Il peccato può essere perdonato, ma la malattia non può essere rimossa; la malattia può essere rimossa, ma il peccato non è perdonato; ma se abbiamo il conforto della pace con Dio, con il conforto della guarigione dalla malattia, questo rende la guarigione davvero una misericordia. Questo non è un incoraggiamento al peccato. Se porti i tuoi peccati a Gesù Cristo, come la tua malattia e la tua miseria da cui devi essere guarito e liberato, va bene; ma venire con loro, come i tuoi cari e la tua gioia, pensando di trattenerli e di riceverlo, è un errore grossolano, una miserabile illusione. La grande intenzione di Gesù benedetto, nella redenzione che ha operato, è quella di separare i nostri cuori dal peccato. Il Signore Gesù conosce perfettamente tutto ciò che diciamo dentro di noi. C'è una grande quantità di male nei pensieri peccaminosi, che è molto offensiva per il Signore Gesù. Cristo intendeva mostrare che il suo grande compito nel mondo era quello di salvare il suo popolo dai suoi peccati. Si allontanò dalla disputa con gli scribi e parlò di guarigione al malato. Non solo non aveva più bisogno di essere portato sul letto, ma aveva la forza di portarlo. Dio deve essere glorificato in tutta la forza che gli viene data per fare il bene. 9 Versetto 9 Matteo era nella sua vocazione, come gli altri chiamati da Cristo. Come Satana viene con le sue tentazioni agli oziosi, così Cristo viene con le sue chiamate a coloro che lavorano. Siamo tutti naturalmente avversi a te, o Dio; chiedici di seguirti; attiraci con la tua parola potente e correremo dietro a te. Parla con la parola dello Spirito ai nostri cuori, il mondo non può trattenerci, Satana non può fermare il nostro cammino, ci alzeremo e ti seguiremo. Un cambiamento salvifico è operato nell'anima da Cristo come autore e dalla sua parola come mezzo. Né il posto di Matteo, né i suoi guadagni, potevano trattenerlo quando Cristo lo chiamò. Lo lasciò e, anche se in seguito troviamo i discepoli, che erano pescatori, pescare occasionalmente di nuovo, non troviamo più Matteo nel suo guadagno peccaminoso. 10 Versetti 10-13 Qualche tempo dopo la sua chiamata, Matteo cercò di portare i suoi vecchi collaboratori ad ascoltare Cristo. Sapeva per esperienza cosa poteva fare la grazia di Cristo e non voleva disperare per loro. Chi è portato a Cristo in modo efficace, non può che desiderare che anche altri siano portati a lui. Chi crede che la propria anima non abbia malattie non accoglierà il medico spirituale. Questo era il caso dei farisei, che disprezzavano Cristo perché si ritenevano integri; ma i poveri pubblicani e i peccatori sentivano di aver bisogno di istruzione e di correzione. È facile, e troppo comune, dare le peggiori interpretazioni alle parole e alle azioni migliori. Si può giustamente sospettare che non abbiano la grazia di Dio coloro che non si compiacciono che gli altri la ottengano. Il colloquio di Cristo con i peccatori è qui chiamato misericordia; perché promuovere la conversione delle anime è il più grande atto di misericordia. La chiamata del Vangelo è una chiamata al pentimento, una chiamata a cambiare idea e a cambiare strada. Se i figli degli uomini non fossero stati peccatori, non ci sarebbe stato bisogno che Cristo venisse in mezzo a loro. Esaminiamo se abbiamo scoperto la nostra malattia e se abbiamo imparato a seguire le indicazioni del nostro grande Medico. 14 Versetti 14-17 Giovanni si trovava in questo periodo in prigione; le sue circostanze, il suo carattere e la natura del messaggio che era stato inviato a consegnare, indussero coloro che erano particolarmente legati a lui a tenere frequenti digiuni. Cristo li rimandava alla testimonianza di Giovanni su di lui, Gv 3:29. Sebbene sia indubbio che Gesù e i suoi discepoli vivessero in modo parsimonioso e frugale, sarebbe improprio per i suoi discepoli digiunare mentre hanno il conforto della sua presenza. Quando è con loro, tutto va bene. La presenza del sole fa giorno e la sua assenza fa notte. Nostro Signore ricordò loro anche le comuni regole di prudenza. Non si usava prendere un pezzo di stoffa di lana grezza, che non era mai stata preparata, per unirlo a una veste vecchia, perché non si sarebbe unito bene alla veste morbida e vecchia, ma l'avrebbe strappata ulteriormente e la lacerazione sarebbe peggiorata. Né si metteva il vino nuovo in otri vecchi di cuoio, che andavano in rovina e rischiavano di scoppiare per la fermentazione del vino; ma mettendo il vino nuovo in otri robusti, nuovi e di pelle, entrambi si sarebbero conservati. Sono necessarie grande cautela e prudenza, affinché i giovani convertiti non ricevano idee cupe e proibitive del servizio di nostro Signore; ma i doveri devono essere sollecitati nella misura in cui sono in grado di sopportarli. 18 Versetti 18-26 La morte dei nostri parenti deve spingerci a Cristo, che è la nostra vita. È un grande onore per i più grandi governanti frequentare il Signore Gesù; e coloro che vogliono ricevere misericordia da Cristo, devono onorarlo. La varietà dei metodi adottati da Cristo nell'operare i suoi miracoli era forse dovuta ai diversi stati d'animo di coloro che si rivolgevano a lui, e che Colui che scruta il cuore conosceva perfettamente. Una povera donna si rivolse a Cristo e ricevette la sua misericordia per strada. Se per fede vivente tocchiamo, per così dire, l'orlo della veste di Cristo, i nostri peggiori mali saranno guariti; non c'è altra vera cura, né dobbiamo temere che egli conosca cose che sono per noi un dolore e un peso, ma che non diremmo a nessun amico terreno. Quando Cristo entrò nella casa del sovrano, disse: "Prendi posto". A volte, quando il dolore del mondo prevale, è difficile per Cristo e per i suoi conforti entrare. La figlia del sovrano era davvero morta, ma non per Cristo. La morte dei giusti deve essere vista in modo particolare come un sonno. Le parole e le opere di Cristo possono non essere comprese all'inizio, ma non per questo vanno disprezzate. Il popolo è stato messo alla prova. Gli spregiatori che ridono di ciò che non capiscono non sono testimoni adeguati delle opere meravigliose di Cristo. Le anime morte non vengono risuscitate alla vita spirituale se Cristo non le prende per mano: ciò avviene nel giorno della sua potenza. Se questo singolo caso in cui Cristo ha risuscitato un nuovo morto ha accresciuto così tanto la sua fama, quale sarà la sua gloria quando tutti coloro che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne usciranno; quelli che hanno fatto del bene alla risurrezione della vita e quelli che hanno fatto del male alla risurrezione della dannazione! 27 Versetti 27-31 In quel tempo i Giudei si aspettavano la comparsa del Messia; questi ciechi sapevano e proclamavano per le strade di Cafarnao che era venuto e che Gesù era lui. Coloro che, per la provvidenza di Dio, hanno perso la vista corporea, possono, per grazia di Dio, avere gli occhi della loro comprensione pienamente illuminati. E qualunque siano le nostre necessità e i nostri fardelli, non abbiamo bisogno di altro per rifornirci e sostenerci che di partecipare alla misericordia di nostro Signore Gesù. In Cristo c'è abbastanza per tutti. Lo seguirono gridando. Egli avrebbe messo alla prova la loro fede e ci avrebbe insegnato a pregare sempre e a non scoraggiarci, anche se la risposta non arriva subito. Seguirono Cristo e lo seguirono piangendo; ma la grande domanda è: "Credete? La natura può renderci ansiosi, ma è solo la grazia che può operare la fede. Cristo toccò i loro occhi. Egli dà la vista alle anime cieche con la forza della sua grazia e della sua parola, e pone la cura sulla loro fede. Coloro che si rivolgono a Gesù Cristo saranno trattati non secondo le loro fantasie, né secondo la loro professione, ma secondo la loro fede. Cristo a volte nascondeva i suoi miracoli, perché non voleva assecondare la presunzione prevalente tra i Giudei che il loro Messia fosse un principe temporale, dando così occasione al popolo di tentare tumulti e sedizioni. 32 Versetti 32-34 Tra i due, meglio un diavolo muto che uno che bestemmia. Le cure di Cristo colpiscono alla radice, eliminano l'effetto togliendo la causa; aprono le labbra spezzando il potere di Satana nell'anima. Niente può convincere coloro che sono sotto il potere dell'orgoglio. Credono a qualsiasi cosa, per quanto falsa o assurda, piuttosto che alle Sacre Scritture; così dimostrano l'inimicizia dei loro cuori contro un Dio santo. 35 Versetti 35-38 Gesù visitò non solo le grandi e ricche città, ma anche i poveri e oscuri villaggi; lì predicò, lì guarì. Le anime dei più poveri del mondo sono altrettanto preziose per Cristo, e dovrebbero esserlo per noi, quanto le anime di coloro che fanno la più grande figura. C'erano sacerdoti, leviti e scribi in tutto il paese, ma erano pastori di idoli, Zac 11:17; perciò Cristo ebbe compassione del popolo come pecore disperse, come uomini che periscono per mancanza di conoscenza. Ancora oggi moltitudini immense sono come pecore che non hanno un pastore, e noi dovremmo avere compassione e fare tutto il possibile per aiutarle. Le moltitudini desiderose di istruzione spirituale formavano una messe abbondante, che necessitava di molti operai attivi; ma pochi meritavano questo carattere. Cristo è il Signore della messe. Preghiamo affinché vengano suscitati e inviati molti che lavorino per portare le anime a Cristo. È un segno che Dio sta per concedere una speciale misericordia a un popolo, quando lo stimola a pregare per ottenerla. E gli incarichi dati agli operai in risposta alle preghiere hanno maggiori probabilità di successo. Commentario del Nuovo Testamento:Matteo 91 CAPO 9 - ANALISI Abbiamo in questo capitolo la continuazione dell'argomento incominciato nell'antecedente; e, se ne togli la chiamata di Matteo ed il discorso tenuto in casa sua, esso, al pari dell'antecedente, altro non è, che la narrazione d'una serie di miracoli. 1. Guarigione del paralitico. Fu calato costui giù dal tetto della casa in cui Gesù stava insegnando, ed il Signore vedendo quanto era grande la fede del paralitico e dei suoi amici che lo avevano condotto lì, risolse tosto di guarirlo sì nell'anima, che nelle membra; ma significò quella benedizione, sotto l'aspetto spirituale della remissione dei peccati. Alcuni Scribi e Farisei lì presenti si scandalizzarono, e accusavano Gesù di bestemmia, poiché «niuno può perdonare i peccati se non Dio solo». Dotato di sapienza divina, Gesù lesse agevolmente quei pensieri nei loro cuori; e, colla potenza divina, manifestata col guarire il paralitico, confermò il suo diritto di perdonare i peccati: talché i nemici suoi vennero ridotti al silenzio Matteo 9:1-8. 2. Chiamata di Matteo o Levi. Era questi già discepolo di Cristo, e sembra che fosse testimone oculare della guarigione del lebbroso; ma lo scopo di questa seconda chiamata fu il fargli abbandonare le sue occupazioni di esattore di tasse, perché potesse divenire un assiduo seguace di Cristo, ed a suo tempo uno dei dodici Apostoli. Viene quindi il ragguaglio d'un convito da Levi dato in onore di Cristo, ed al quale egli invitò i suoi compagni pubblicani, perché potessero udire il divino Maestro Matteo 9:10. 3. Gesù risponde agli attacchi diretti dai Farisei contro i suoi discepoli. Vedendo che Gesù tratta benignamente una classe di persone che essi disprezzavano al pari dei pagani, i Farisei vanno in sulle furie. Non osando attaccarlo di fronte cercano di screditarlo presso i suoi discepoli. Ma Gesù li rimbecca, dicendo che quanto più miserabili e degradati sono gli uomini, tanto più hanno diretto alla sua compassione, poiché la legge del suo regno è misericordia e non già sacrificio, ed egli è venuto a chiamare a pentimento non i giusti, ma i peccatori Matteo 9:11-13. 4. Domanda dei discepoli di Giovanni Battista intorno al digiuno. Alcuni discepoli del Battista, meravigliati della differenza fra la severità delle prescrizioni del loro Maestro intorno al digiuno, e la molta larghezza di Gesù, si recarono da Cristo, a chiedergli su ciò una spiegazione. Egli, riconoscendo la loro sincerità, dice loro, con figura presa dal giubilo delle nozze, che, finché egli è coi suoi discepoli, questi naturalmente devono giubilare; e che d'altronde si preparavano per loro i giorni del digiuno e del cordoglio, quando egli sarebbe dipartito da loro. Quindi, sotto la figura d'un pezzo di panno nuovo cucito sopra un abito vecchio, e del vin nuovo messo in un otre vecchio, dimostra l'incompatibilità della libertà evangelica coi regolamenti rigidi e gretti dell'antica dispensazione; preannunziando così che «il regno di Dio non è vivanda, né bevanda, ma giustizia, e pace, e letizia nello Spirito Santo» Romani 14:17 Matteo 9:14-17. 5. Guarigione della figlia di Jairo. Jairo, capo della sinagoga a Capernaum, ricorre a Gesù per la sua morente. Gesù subito lo compiace. Andando verso la casa di lui, guarisce una donna inferma di flusso di sangue guarigione che mette in gran rilievo l'ammirabile fede di costei nella potenza di Gesù per far miracoli, e a dura prova la pazienza, di Jairo. Mentre erano per via, viene loro portato il terribile annunzio della morte della fanciulla, e Gesù, esortando il padre a mantenere incrollabile la sua fede, entra in casa, e la risuscita Matteo 9:18-26. 6. La vista resa a due ciechi. Gesù rende loro la vista, dopo averli interrogati sulla fede che avevano nella sua potenza per sanarli, e proibisce loro di palesare questo miracolo. Essi disobbediscono alla proibizione Matteo 9:27-31. 7. Guarigione del muntolo indemoniato. Una profonda impressione fece sulla mente del popolo il risanamento di quest'uomo; il che vedendo, i Farisei fanno ogni sforzo per distruggerla, accusando Gesù di essere in lega col principe dei demoni Matteo 9:32-34. 8. Cenno d'un altro giro fatto da Gesù per le città e i villaggi di Galilea. Qui vediamo la pietà svegliata nel suo cuore verso quella gente, che, simile a pecore senza pastore, non aveva alcuno che ne prendesse cura; e la esortazione che ne trae per i suoi discepoli Matteo 9:35-38. 1. E Gesù entrato in una barca, passò all'altra riva, Questo versetto, chiude il racconto della gita nella parte orientale del lago di Tiberiade, ed è a deplorare che allorquando i vari libri della Bibbia furono, per maggior comodo, divisi in capitoli, esso sia stato separato dal capo antecedente e venne nella sua città. Capernaum venne così chiamata fin da quando Gesù scelse questa città come suo soggiorno principale, e centro della evangelica sua, attività Vedi Matteo 4:13. PASSI PARALLELI Matteo 7:6 8:18,23; Marco 5:21; Luca 8:37; Apocalisse 22:11 Matteo 4:13 2 Matteo 9:2-8. GUARIGIONE D'UN PARALITICO Marco 2:1-12; Luca 5:17-26 In Marco ed in Luca questa guarigione viene subito dopo quella del lebbroso, mentre Matteo la fa precedere da altri incidenti. Marco e Luca entrano più assai che Matteo ne' particolari di questo miracolo. Per l'esposizione Vedi Marco 2:1-12. 9 Matteo 9:9-17. CHIAMATA DI MATTEO. CONVITO E COLLOQUI CHE EBBERO LUOGO IN CASA DI LUI Marco 2:13-22; Luca 5:27-39 9. Poi Gesù, partitosi di là, passando, vide un uomo, chiamato Matteo, che sedeva al banco della gabella, Dal linguaggio di tutti e tre gli Evangelisti risulta chiaro che la chiamata di Matteo seguì subito dopo che Gesù ebbe lasciato la casa nella quale aveva guarito il paralitico. Marco descrive minutamente il luogo, presso il lago, appena fuori di Capernaum. Quella città, posta sulla via principale fra l'Egitto e Damasco, era in quel tempo un porto assai frequentato dai navicellai che abitavano sulla sponda orientale del lago di Galilea; ond'è naturale che i Romani avessero stabilito là, presso la porta, una dogana, per dominare ambedue le provenienze Vedi nota Matteo 4:13. Gli Ebrei solevano comprendere sotto il nome di pubblicani, tutti gli esattori per quanto diversi di grado delle tasse pagate ai Romani, dall'appaltatore, che prendeva in accollo le entrate d'un intiero distretto, fino all'umile guardia di finanza ad esso subordinata. A quest'ultima classe apparteneva il nostro Evangelista. I due nomi, Levi e Matteo, dati alla stessa persona, mostrano, secondo alcuni, l'uso invalso fra gli Ebrei che si trovavano in frequente relazione coi Romani, di aggiungere al proprio nome un nome pagano; altri credono che l'apostolo prendesse il nome di Matteo, come Saulo prese quello di Paolo, soltanto dopo la sua conversione. Marco e Luca lo chiamano Levi; Matteo fa uso del solo nome romano, forse per la stessa ragione che l'induce a rammentare la professione di pubblicano ch'egli esercitò sotto i Romani, cioè per esaltare maggiormente la grazia di Dio, che seppe innalzare un uomo così spregiato alla dignità d'apostolo. Le circostanze narrate dai tre Sinottici sono le stesse; e sebbene Marco e Luca, nell'elenco degli Apostoli, chiamino questo individuo non già Levi, bensì Matteo, pure Matteo nel suo catalogo Matteo 10:3 identifica se medesimo in modo concludente con Levi, chiamandosi Matteo il pubblicano. Marco 2:14 aggiunge che questo Levi era figlio di Alfeo, dichiarazione la quale distrugge d'un colpo la strana opinione di certi autori che Levi fosse il nome della casata. C'era un Giacomo mentovato Matteo 10:3 come figlio di Alfeo, ed un Giuda in Luca 6:15, che per esser «fratello di Giacomo», si congettura fosse pur egli figliuolo di Alfeo, il quale generalmente si ritiene identico a Cleofa, marito di Magia, sorella della madre di Gesù. Se questo fosse l'Alfeo rammentato da Marco, ne seguirebbe che Levi o Matteo sarebbe fratello di quei due discepoli e parente di Gesù. Altri asseriscono che, essendo il nome di Alfeo comune fra gli Ebrei al pari di quelli di Simone e di Giona, il padre di Levi o Matteo fosse una persona del tutto diversa, e noi dividiamo pienamente la loro opinione. Cfr. Matteo 10:3; 13:55-56. e gli disse: Seguimi. Il modo della chiamata di Matteo, rassomiglia a quello che Cristo seguì nel chiamare Simone, Andrea e Giacomo, e fa supporre ch'egli, al pari di quei primi, già conoscesse il Signore. Ed egli, levatosi, lo seguì. Molti e molti avrebbero cominciato a scusarsi: Signore, non posso lasciare qui ogni cosa sossopra; bisogna ch'io annunzi la mia partenza ai miei superiori. ecc.»; ma Matteo obbedì immediatamente. La prontezza con la quale seguì Gesù ci dimostra, non tanto la sua natura risoluta e repentina, quanto la divina possanza della chiamata di Cristo. Luca 5:28 aggiunge ch'egli «lasciò ogni cosa»; splendido esempio di quella vocazione efficace che rinnova il cuore e cambia la vita! 1Corinzi 5:17. Si noti: 1 La rapidità colla quale Levi ubbidì alle parole di Cristo: «egli si levò». 2 Lo spontaneo rinunziamento a tutto: «lasciò ogni cosa». 3 L'ubbidienza perseverante: «lo seguì». PASSI PARALLELI Matteo 21:31-32; Marco 2:14-17; Luca 5:27-28 Luca 15:1-2; 19:2-10 Matteo 4:18-22; 1Re 19:19-21; Galati 1:16 10 10. E avvenne che, essendo Gesù a tavola in casa di Matteo, Benché Luca chiami «un gran convito», il pasto al quale fu invitato Gesù, Matteo con rara modestia rifugge, dal parlarne e, dice semplicemente che Gesù era a tavola nella casa. Marco e Luca però dicono chiaramente che questo gran banchetto, ebbe luogo in casa di Matteo. Il fatto che tutti e tre gli Evangelisti, parlando della chiamata di Levi, del convito, e dei colloqui che ne seguirono raccontano tutti questi fatti nello stesso ordine e senza la minima interruzione, prova manifestamente ch'essi ebbero luogo consecutivamente. ecco, molti pubblicani, e peccatori, vennero, e si misero a tavola con Gesù, e co' suoi discepoli. Luca dice: «la moltitudine di pubblicani, e di altri, ch'erano con loro a tavola, era grande». Questo convito, Matteo lo diede senza dubbio per mostrare gratitudine a Cristo, e per congedarsi degnamente da' suoi antichi soci e compagni d'impiego, ai quali desiderava procurare così la personal conoscenza del suo nuovo padrone, ed ai quali voleva fare la sua aperta professione di discepolo. «Pubblicani» Vedi Matteo 9:9. I Romani, pur lasciando gli Ebrei liberi di governarsi da se, facevano sentir la mano del conquistatore su due punti: l'occupazione militare del paese, ed il sistema oppressivo delle tasse. Queste venivano date in appalto ad alcuni cavalieri romani, e da loro subaccollate ad esattori, i quali dovevano naturalmente pagare un tanto all'accollatario principale, e cercavano poi di rimborsarsi, e di avvantaggiare il più possibile se medesimi. Cotesto ordinamento, che vige tuttora in molti paesi orientali, era, per l'indole sua stessa, oppressivo e corruttore; odiosissimo poi agli Ebrei, che negli accollatari principali, e ne' subordinati, vedevano gli strumenti d'una aborrita potenza straniera. Così un'occupazione, per se medesima non illegale, e resa oppressiva solamente dalla cupidigia di coloro che la disimpegnavano, venne ad essere riguardata dagli Ebrei devoti, come intrinsecamente rea; donde quella unione, inesplicabile a chiunque ciò ignori, fra il nome di «pubblicani» e quello di «peccatori». «Peccatori», Uomini, spiega Grozio, di professione contraria alla legge; Lightfoot intende usurari, ladri, mercanti di porci; e Bengel crede si chiamassero con tal nome, quelli che avevano peccato gravemente contro il 7 e l'8 comandamento. Erano costoro, insomma, persone dell'uno o dell'altro sesso, che notoriamente avevano trasgredito la legge morale e cerimoniale; e, agli occhi dei Farisei l'aver mancato a quest'ultima, era naturalmente il peccato di gran lunga il più grande. PASSI PARALLELI Marco 2:15-17; Luca 5:29-32 Matteo 5:46-47; Giovanni 9:31; 1Timoteo 1:13-16 11 11. E i Farisei, veduto ciò, La condiscendenza di Gesù nel mangiare con quelli che i Farisei riputavano apostati e scomunicati, svegliò dapprima in essi la maraviglia, quindi un odio feroce contro di lui, come non essendo migliore di simile gente; onde lo chiamavano per oltraggio «l'amico dei pubblicani e dei peccatori». dicevano ai suoi discepoli: Perché mangia il vostro maestro co' pubblicani e co' peccatori? I Farisei iniziarono allora e seguirono poi generalmente il sistema di scansare il Maestro, cercando però di trionfare sui suoi discepoli a forza di domande che potessero imbrogliare «uomini senza lettere ed idioti» e scuotere la loro fede. «Perché mangia il vostro Maestro co' pubblicani e co' peccatori?». Molti credono che quella interrogazione fosse diretta ai discepoli dopo il convito, perché, dicono, è impossibile che in casa d'un pubblicano si trovassero Farisei. Ma questa opinione viene solo dall'ignoranza degli usi orientali. Anche oggi, quando alcuno ospita stranieri notevoli, quelli che desiderano parlare con questi, od hanno vaghezza di vederli, vanno a trovarli precisamente nel tempo del pranzo; e quanto più notevole è l'ospite, tanto maggiore è la folla degli accorrenti, i quali non badano alla posizione sociale del padrone di casa. Di questa incomoda presenza di curiosi, i libri dei viaggiatori dell'Oriente sono pieni. Così spiegasi il contegno dei Farisei e degli Scribi di Capernaum in questo caso. E se alcuno insistesse col dire che ai Farisei non poteva gradire di contaminarsi, entrando in casa di Levi, noi risponderemmo rammentando il caso della donna peccatrice che entrò nella casa di Simone il Fariseo, mentre nostro Signore sedeva quivi ad un convito dato in onor suo Luca 7:37-38. Il fatto che niuno la sgridò o la cacciò via, ben dimostra come questa costumanza di andar nelle case per veder la faccia, o dir la parola di qualche straniero, era generale in quel tempo. Chi voglia considerare che i Farisei erano accorsi allora da ogni parte, a bella posta, per accertarsi in persona del valore delle pretese del profeta di Galilea non dovrà meravigliarsi troppo vedendoli entrare, per le loro indagini, nella casa d'un pubblicano; ma ben dovremmo stupirci che ad una nota meretrice fosse permesso entrare in casa d'un rigido Fariseo. Il linguaggio di Simone dimostra come egli non avesse nulla da obiettare contro la presenza di siffatta donna in casa sua; bensì pensava egli: «Costui, se fosse profeta, conoscerebbe pur chi, e quale sia questa donna che lo tocca; poiché ella è una peccatrice». PASSI PARALLELI Marco 2:16; 9:14-16 Matteo 11:19; Isaia 65:5; Luca 5:30; 15:1-2; 19:7; 1Corinzi 5:9-11; Galati 2:15 Ebrei 5:2; 2Giovanni 10 12 12. Ma Gesù, avendoli uditi, disse: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Udita appena la domanda, Gesù si fece a difendere, come in altra occasione Marco 9:16, i suoi discepoli; e dinanzi a tutti dichiarò apertamente la ragione che aveva di «accompagnarsi così intimamente con quei tali. È facile immaginare con qual gratitudine i pubblicani, disprezzati dai loro superbi concittadini, che confidavano nella loro propria giustizia, ascoltassero quelle benedette parole, che dovevano essere assenzio e fiele al cuore dei Farisei. Gesù ci si presenta qui in aspetto di medico: guarire la malattia del peccato è la sua missione; fra i malati ed i moribondi, ossia fra coloro che sentono se stessi infermi di peccato, e condannati da Dio, è il suo posto. I Farisei si immaginavano di essere giusti, e perciò disprezzavano quel medico mandato dal cielo; i pubblicani ed i peccatori si confessavano peccatori, e quindi reietti da Dio, non meno che dalla congregazione d'Israele, perciò fra loro trovava il vero suo posto il medico spirituale. Non già che amasse la compagnia dei peccatori per se stessi, ma perché era venuto espressamente «per cercare, e per salvare ciò ch'era perito» Luca 19:10. PASSI PARALLELI Salmo 6:2; 41:4; 147:3; Geremia 17:14; 30:17; 33:6; Osea 14:4; Marco 2:17; Luca 5:31 Luca 8:43; 9:11; 18:11-13; Romani 7:9-24; Apocalisse 3:17-18 13 13. Or andate, e imparate L'Evangelista aggiunge, secondo l'uso tutto suo Marco e Luca non la riportano, una citazione di Osea 6:6, secondo la versione dei 70. citazione che nella lettera era notissima ai Farisei; i quali però, per colpevole ignoranza, non ne comprendevano lo spirito e il senso, il Signore colle parole: «Andate ed imparate» quel che avreste dovuto sapere ed insegnare ad altri, li rimanda a scuola. che cosa significhi: Voglio misericordia e non sacrificio; il testo Vaticano dei 70. che viene riguardato come il più antico, ritiene la forma comparativa, invece di vale a dire, misericordia piuttosto che sacrificio, ed è questa la vera significazione delle parole di Cristo. «Sacrificio» la parte principale della legge cerimoniale, significa qui una religione che consiste nell'aderire soltanto alla lettera di quello che è da Dio comandato, trascurandone lo spirito; mentre la parola «misericordia» esprime quella compassione per i caduti che cerca di rialzarli, ed è il frutto della vera religione il dovere di star lontani dagl'impuri, nel senso di «non partecipare alle opere infruttuose delle tenebre» Efesini 5:11, è ovvio quanto basta; ma chi lo intende come una proibizione di avvicinarsi ad essi, quanto sia necessario per rialzarli, lo nega del tutto. È questo appunto ciò che quei Farisei facevano, e che qui è condannato dal nostro Signore. I sentimenti medesimi di cotestoro aveva, ai tempi d'Osea, il popolo d'Israele, il quale credeva che la cosa più a Dio gradita fosse il sacrificio esteriore e materiale, e si compiacevano in questo errore; imperocché, più agevole assai riesce offrire una vittima, che non dare il cuore a Dio, ed esercitare amore verso il prossimo. poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori. Colla parola «giusti», non intende affermare il Signore che tra i figli degli uomini ve ne siano dei realmente giusti alla presenza di Dio. Davide e Paolo lo negano apertamente Salmo 14:3; Romani 3:9-10; ma siccome Cristo aveva appunto parlato di «coloro che stanno bene» Marco e Luca «i sani» per indicare lo stato nel quale si immaginavano d'essere spiritualmente i Farisei, così egli li chiama ironicamente «giusti». Si osservi che le parole qui messe a contrasto: sani, malati, giusti, peccatori, vogliono essere intese soggettivamente, che è quanto dire, rispetto alle opinioni che ambedue quelle classi avevano di se». e non oggettivamente, almeno in quanto esse si applicano ai Farisei, come se essi fossero veramente sani e giusti. Lo scopo, della dispensazione evangelica è di cercare e salvare i perduti, di chiamare i peccatori a penitenza, e di predicare la Buona Novella ai poveri ed ai mansueti di cuore. PASSI PARALLELI Matteo 12:3,5,7; 19:4; 21:42; 22:31-32; Marco 12:26; Luca 10:26; Giovanni 10:34 Proverbi 21:3; Osea 6:6; Michea 6:6-8 Matteo 18:11-13; Marco 2:17; Luca 5:32; 15:3-10; 19:10; Romani 3:10-24 1Corinzi 6:9-11; 1Timoteo 1:13-16 Matteo 3:2,8; 4:17; 11:20-21; 21:28-32; Isaia 55:6-7; Luca 15:7; 24:47 Atti 2:38; 3:19; 5:31; 11:18; 17:30-31; 20:21; 26:18-20; Romani 2:4-6 1Timoteo 1:15; 2Timoteo 2:25-26; 2Pietro 3:9 RIFLESSIONI 1. Osserviamo che la conversione dev'esser causa d'una grandissima allegrezza, non soltanto per Levi, ma per tutti i credenti. Perciò, se abbiamo ricevuto la grazia della conversione, rallegriamoci. Nessun avvenimento della vita dell'uomo deve rallegrarlo quanto la sua conversione a Cristo. Essa è infinitamente più importante del suo matrimonio, della grandezza dei titoli o della fortuna ch'egli può acquistar. Essa è la rinascita d'un'anima immortale la liberazione dall'infermo, il passaggio dalla morte alla vita. Per essa l'uomo diventa re e sacerdote in eterno ed è adottato nella più ricca e più nobile famiglia dell'universo, cioè nella famiglia di Dio. Non possiamo, sopra questo argomento, seguire le idee dei mondani i quali giudicano male delle cose che ignorano. 2. Osserviamo che i convertiti bramano ardentemente di condurre gli altri alla conversione. Quanto è bello lo zelo col quale Andrea si sforza di convertire il suo fratello Pietro, quello di Filippo per la conversione del suo amico Natanaele-Bartolomeo Giovanni 1:41-45, e quello di Levi per la conversione dei suoi colleghi pubblicani! Egli sapeva quanto le loro anime avevano bisogno ai misericordia, poiché egli era stato simile a loro. Perciò desiderava ch'essi si accostassero al Salvatore, che era stato tanto misericordioso per lui. Si può asserire, in un modo assoluto, che chiunque non si cura della salute del prossimo, non è ancora convertito, perché è impossibile che l'uomo veramente chiamato da Dio, non preghi e non s'affatichi, affinché quelli che stanno per perire odano l'appello del Salvatore, e si consacrino al suo servizio. 3. Quante migliaia d'anime, malate di peccato, furono consolate da queste incomparabili parole: «io non sono venuto per chiamar dei giusti, ma dei peccatori»; e quanti incoraggiamenti somministra, con esse, il Salvatore a coloro che gemono sotto il peso dei loro peccati, affinché vadano direttamente a lui, senza l'intervento del prete, dei santi o della Madonna! Egli è il vero medico, il solo Salvatore, e il suo invito, pieno di grazia, è pur sempre questo: «Venite a me voi tutti che siete travagliati ed aggravati, ed io vi darò riposo» Matteo 11:28. Gesù non è soltanto un riformatore, non dà soltanto all'umanità un codice di sana morale; il suo scopo è di guarire le anime malate, salvare i peccatori, e ricondurre a Dio i prodighi suoi figli. 4. Studiamoci d'intendere rettamente la dottrina che è contenuta in queste parole. Innanzi tutto per partecipare ai benefizi di Cristo, noi dobbiamo sentire profondamente la nostra corruzione, e bramar di andare a lui per esserne liberati. Non dobbiamo tenerci lontani da lui, perché ci sentiamo corrotti, malvagi, e indegni, come fanno molti nella loro ignoranza; dobbiamo rammentarci sempre che i peccatori sono appunto quelli ch'egli venne a salvare; e beati noi se sentiamo la nostra miseria! 14 14. Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni, Secondo Luca parrebbe che la domanda intorno al digiuno venisse fatta, come la precedente, da' Farisei; secondo Marco sembrerebbe che la facessero i Farisei, insieme coi discepoli di Giovanni: quegli però che mette la cosa in chiaro è Matteo. Il Signore, giustificando la propria condotta nel mangiare coi pubblicani, e censurando la pretensione dei suoi interlocutori a giustificare se stessi davanti a Dio, li aveva ridotti al silenzio, e se essi non erano usciti dalla casa di Levi, dovevano però aver perduto la voglia di continuare la conversazione. Ma presenti pure erano alcuni discepoli del Battista, nei quali il contrasto fra il rigore del loro Maestro, e la libertà che Cristo accordava ai suoi discepoli, faceva nascere dubbi gravissimi; onde, nella semplicità ed onestà del loro cuore, e non già come strumenti dei Farisei, chiesero di siffatta differenza una spiegazione. Il Signore lesse ne' loro cuori il motivo che li spingeva a parlare, ed è importante assai notare la differenza che corre fra la risposta che dà a questi, e quella che aveva data ai Farisei. Non rimproveri di sorta, ma spiegazione piena e chiara delle loro difficoltà. C'è, fra gli espositori, chi ha poco buon concetto di questi discepoli di Giovanni, quasi volessero costituire un partito religioso separato. Ma questa supposizione ci pare priva di fondamento, perché alcuni fra i discepoli di Gesù erano già stati discepoli di Giovanni; e, qualche tempo dopo questo banchetto, Giovanni medesimo ne mandò altri a lui, perché appunto si persuadessero ch'egli era il Messia, e lo seguissero Matteo 11:2. Essi erano in buona fede, e non intendevano affatto prendere parte alla inimicizia dei Farisei. e gli dissero: Perché noi ed i Farisei, Giovanni, quale ultimo profeta della dispensazione antica, sorse, al pari di Elia, a distogliere il popolo dall'empietà, col predicare il pentimento. Egli rappresentò la legge nel suo massimo rigore, esigendo da tutti coloro che divenivano suoi discepoli una disciplina, la quale comprendeva tutte le osservanze cerimoniali vigenti a' suoi giorni. digiuniamo. L'unico digiuno prescritto dalla legge mosaica è quello del gran giorno delle espiazioni, nel quale si compendiavano tutte le cerimonie espiatorie dell'anno Levitico 16:29-34. Se non che col tempo furono dagli Ebrei istituiti alcuni digiuni addizionali Ester 9:31; Zaccaria 8:19, e Gesù medesimo dice Luca 18:12, che, al tempo suo, i Farisei digiunavano almeno due volte la settimana. Che Giovanni stabilisse qualche altro digiuno, non abbiamo ragione di crederlo. Digiunare vuol dire astenersi dal cibo coll'intendimento di mortificare gli appetiti carnali, e coltivare le disposizioni spirituali, soffocando la sensualità della vita. Tenuto in giusti limiti, il digiunare è utile, e viene sanzionato dal nostro Signore anche sotto la dispensazione dell'Evangelo; ma i Farisei ne abusavano come mezzo di giustificazione innanzi a Iddio, e i discepoli di Giovanni non erano ancora bene istruiti intorno ad esso. e i tuoi discepoli non digiunano? La vista stessa dei dodici discepoli di Cristo seduti ad un tal convito avrebbe potuto suggerire ai discepoli di Giovanni quelle parole sulla diversità fra la loro ascetica confraternita e costoro; ma siccome i Farisei ed i loro seguaci non si astenevano dal banchettare, altro che nei giorni di digiuno, è probabile assai che il giorno del convito di Levi fosse uno di quelli nei quali i Farisei e i discepoli di Giovanni digiunavano; da ciò la interrogazione, che comprendeva Maestro e discepoli. La quale conferma ciò che d'altronde ci è noto, che cioè la vita di Cristo e dei suoi discepoli era lontana del pari dagli estremi opposti d'una frivola, rilassatezza e d'una eccessiva severità. PASSI PARALLELI Matteo 11:2; Giovanni 3:25; 4:1 Matteo 6:16; 11:18-19; Proverbi 20:6; Marco 2:18-22; Luca 5:33-39; 18:9-12 15 15. E Gesù disse loro: Gli amici dello sposo posson essi far cordoglio, finché lo sposo è con loro? Replicando, il Signore giustifica i suoi discepoli con tre esempi comprovanti la necessità in cui siamo di aver riguardo sempre all'opportunità ed alla convenienza delle cose. Il primo esempio è tratto da una festa nuziale, nella quale il lutto e il digiuno sarebbero del tutto fuori luogo. Era uso fra gli Ebrei che, in occasione delle nozze, lo sposo fosse accompagnato da un drappello di giovanotti, chiamati letteralmente, all'ebraica, i «figli della camera delle nozze» mentre la sposa era accompagnata da un corteo di fanciulle, sue amiche Giudici 14:2; Salmo 45:14. Questi giovani erano gli amici particolari dello sposo Cfr. Giovanni 3:29, e Gesù dà ai suoi discepoli questo titolo onorevole prendendo egli stesso quello di sposo, per indicare che in lui si adempiva un intiero ciclo di profezie e di figure dell'Antico Testamento Vedi Isaia 54:5-6; Salmo 45:12; Ezechiele 16:8; cui conf. Rut 3:9; Osea 2:16,19-20. Questa figura è adoprata anche nel Testamento Nuovo, nel quale la sposa rappresenta la Chiesa di Cristo universale e spirituale a cui il nuovo patto appartiene Si Veda l'interpretazione che Paolo fa d'Isaia 54:5, ne' Galati 4:26-31, e confrontinsi Matteo 22:1-13;25:1-13; Romani 7:4; Efesini 5:23-32; Apocalisse 21:2,9. «Far cordoglio» = Il digiunare di Marco e Luca. Il digiuno era il simbolo esterno del cordoglio ed in questo senso viene qui usata siffatta parola, poiché Gesù risponde ad una domanda sul digiuno. Il tempo durante il quale egli viveva quaggiù doveva essere per i suoi discepoli un continuo giorno di nozze, nel quale il cordoglio sarebbe stato del tutto fuor di luogo; e la forma interrogativa qui usata equivale ad una più energica affermazione. ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno. Lo sposo non sarà sempre presente in modo visibile; la sua partenza segnerà il tempo del digiuno. Notiamo che Gesù fa uso a bella posta della parola sarà tolto, che esprime violenza, e preannunzia in un modo sublime gli avvenimenti futuri, e il gran dolore che aspettava i discepoli. Particolare allusione sembra qui fare Gesù a quell'intervallo di tempo che corse fra la sua crocifissione e la sua risurrezione, nel quale i discepoli sentirono un dolore speciale che d'allora in poi non può essere sentito da nessuno. Tutti quelli che propugnano le idee premillenarie, e credono che Cristo verrà personalmente a regnare in terra, sostengono che «i giorni nei quali lo sposo sarà loro tolto» si riferiscono a tutta quanta la dispensazione evangelica, dal giorno in cui Cristo fu ricevuto in cielo, fino a quello in cui apparirà nella sua gloria per iniziare il millennio. Ma chi voglia ponderatamente considerare l'allegrezza che empiè il cuore dei discepoli fin dal momento in cui Cristo fu salito in cielo Luca 24:52-53, i gloriosi effetti della diffusione dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, e soprattutto la preziosa e positiva promessa che il Salvatore fece ai suoi discepoli innanzi di ascendere al cielo, «di esser con loro in ogni tempo infino alla fin del mondo» Matteo 28:20 vedrà cadere ogni ragionevole fondamento di siffatta opinione. Ne ha meno ancora la dottrina della Chiesa di Roma, secondo la quale, la Chiesa, dopo la partenza di Cristo, dev'essere digiunatrice; perché, questo sarebbe come dire che l'esaltazione di Cristo ha immerso il suo popolo in un perpetuo dolore. PASSI PARALLELI Matteo 25:1-10; Giudici 14:11-20; Salmo 45:14-15; Giovanni 3:29; Apocalisse 19:9; 21:2 Luca 24:13-21; Giovanni 16:6,20-22; Atti 1:9-10 Isaia 22:12; Atti 13:1-3; 14:23; 1Corinzi 7:5; 2Corinzi 11:27 16 16. Or niuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; È questo il secondo esempio che dà Gesù della necessità di riguardare sempre all'opportunità ed alla proprietà delle cose. perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito e lo strappo si fa peggiore. Il contrasto fra il vestito vecchio e la toppa di panno nuovo non solo farebbe una brutta figura, ma, specialmente se quest'ultima fosse di lana, alla prima bagnatura diventerebbe ruvida; e, ritirandosi il tessuto, si staccherebbe, e lo strappo si farebbe più largo e più sconcio di prima. Vestito vecchio eran le forme ed osservanze esteriori della dispensazione antica, oramai invecchiate, e vicine a svanire. Il panno nuovo è la spiritualità e la libertà evangelica recate da, Cristo Galati 3:27; Colossesi 3:9-10,12. La vita nuova del discepolo di Cristo, pertanto, non potrebbe aggiungersi, a guisa di toppa, all'antico sistema legale, al quale i Farisei stavano attaccati. Il vecchio doveva sparire, tutto doveva rinnovarsi. La missione di Gesù non consiste nel rattoppare un'istituzione pedagogica ormai logora ed antiquata. Egli reca un vestito nuovo. Tutto quel che si suole chiamare il sistema di Paolo; l'antitesi dei due patti: quello della legge e quello della grazia si trova racchiuso qui sotto un umile immagine Confr. Godet. PASSI PARALLELI Genesi 33:14; Salmo 125:3; Isaia 40:11; Giovanni 16:12; 1Corinzi 3:1-2; 13:13 17 17. Neppur si mette del vin nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande, e gli otri si perdono; ma si mette il vin nuovo in otri nuovi, e l'uno e gli altri si conservano. È questo il terzo esempio che dà Gesù della necessità di riguardare sempre all'opportunità ed alla proprietà delle cose. La traduzione del Diodati, dando alla parola greca il significato di barili è inesatta, al pari della traduzione francese dove si usa la parola vaisseaux, e dell'inglese dove si usa bottles; inesattezza questa tanto più notabile, in quanto che la Volgata mette la parola utres; e che l'uso di porre il vino in otri di pelle di capra per lo più era e rimase in Italia molto tempo dopo il Diodati stesso. Per mettere in luce dunque la bellezza della parabola del Signore, fa d'uopo restituire al vocabolo greco il suo vero senso di otri, quali anche ai dì nostri, si usano in Grecia, in Oriente ed in alcune provincie d'Italia, per trasportare il vino. Il vin nuovo che non ha finito di fermentare, chiuso in una di queste pelli, già indebolita per vecchiezza, o irrigidita per lungo disuso, la farebbe senza dubbio schiantare, e il vino andrebbe perduto. Le pelli nuove, al contrario, cederebbero elasticamente alla forza della fermentazione, e sarebbero forti abbastanza da contenere il vino senza scoppiare. Bengel od altri, fra cui il Godet, vedono negli otri vecchi i Farisei e gli uomini dell'ordine antico; nei nuovi, i discepoli di Cristo presi da nuove categorie di persone; ma, considerando il discorso e le persone cui è diretto, ci sembra chiaro che sotto queste figure il Signore parla non d'uomini ma di sistemi. Nel vin nuovo è simboleggiato il Vangelo colla sua energia viva e spirituale; negli otri vecchi la dispensazione cerimoniale giudaica; e nei nuovi la dispensazione nuova, «la legge di libertà», «il servire secondo la spirito, e non secondo la lettera», che è la caratteristica del regno di Cristo. L'ammaestramento del Signore in questo luogo è, che non si può avvolgere e contenere la vita spirituale e l'energia del Vangelo nelle forme cerimoniali della dispensazione levitica; ma che esso deve svolgere nuove forme congeneri alla propria natura. Facendo un ibrido accozzamento della libertà spirituale col ritualismo ascetico dell'antica, ambedue sarebbero sfigurati e distrutti. In questo paragone, si pone in grande evidenza la relazione tra la forma e la sostanza della religione, dal punto di vista del Nuovo Testamento. La sostanza, per mezzo dell'innato suo potere creativo, deve produrre una forma consentanea al proprio carattere; ed ovunque gli uomini rinchiudono violentemente la sostanza, ossia lo Spirito del Vangelo, nella forma d'un vano e vieto ritualismo, ne risulta di subito la rovina della forma, simile a quella degli otri vecchi pieni di vin nuovo. Le parole aggiunte in Luca 5:39 «E niuno che abbia bevuto del vin vecchio, ne desidera, del nuovo; perché dite: il vecchio è buono», sembrano confermare la interpretazione che il vino nuovo simboleggi lo spirito del Vangelo, perché, in esse, Gesù pone questo spirito in contrasto col vino vecchio delle osservanze cerimoniali, come sarebbero i digiuni, ecc., cui i discepoli di Giovanni erano abituati. Non che in realtà il vino vecchio sia migliore del nuovo; ma chi si è abituato a bere quello che ha perduto la sua asprezza, si abitua difficilmente al nuovo. I discepoli di Giovanni ed i Farisei erano affezionati alle loro antiche abitudini e dottrine, e non piaceva loro di mutarle. «Non si passa facilmente da un sistema imparato fin dall'infanzia ad un principio di vita del tutto diverso». Questo richiede tempo. PASSI PARALLELI Giosuè 9:4; Giobbe 32:19; Salmo 119:83 RIFLESSIONI 1. Può sembrare che vi sia molta incoerenza fra la libertà e la letizia che Gesù, indirettamente, nel vers. 14, insegna essere la caratteristica della nuova economia, e quella tristezza cagionata dalla sua dipartenza, la quale, sarebbe, finché dovrà durare la sua assenza, il sentimento proprio di tutti coloro che lo amano. Ma queste due cose stanno interamente d'accordo. Noi possiamo rattristarci per una cosa, e rallegrarci per un'altra, allo stesso tempo. Vero è che l'una tempera l'altra, e così è nel caso nostro. 2. Questi versetti c'insegnano di guardarci bene dall'attenerci a forme antiche, solamente a cagione della loro antichità, quando la vita e l'utilità di quelle sono svanite. È però, un fatto, che le antiche forme di un culto qualsiasi, ispirano alla moltitudine, o soprattutto a quelli che vogliono essere considerati come uomini religiosi, una venerazione tenace. Questa venerazione si spiega benissimo quando si rifletta che, assai di frequente, a furia di forme religiose, si giunge a far senza della religione. Ora, per cotesti uomini, le vecchie usanze, qualunque siano, valgono meglio di quelle che essi appellano novità, le quali non sono altro che l'Evangelo rimesso in luce ed in pratica. Ma, mentre l'ammaestramento che Gesù ci dà qui si applica a coloro che follemente si attengono a quel che è antiquato, esso si applica ancor più chiaramente a quel riformatori precipitosi che urtano, senza nessun riguardo, i loro fratelli più deboli. Qual fortuna per la Chiesa, in tempo di risorgimento, di possedere uomini capaci di condurla a salvamento tra questi due scogli! 3. Che diremo della massa di riti, di simboli, di paramenti ecc., tolti ad imprestito dal cattolicesimo alle forme dell'economia levitica? Essi sono come una toppa tolta da un abito vecchio e cucita sopra l'abito nuovo del Vangelo. 18 Per la spiegazione dei versetti, Vedi Marco 5:22-43. 18. Mentre egli diceva loro queste cose, ecco, uno dei capi della sinagoga, accostatosi s'inchinò dinanzi a lui... In Marco e Luca la narrazione di questo doppio miracolo viene dopo quella del ritorno di Gesù a Capernaum da Gadara; ma la parola ecco colla quale questi Evangelisti incominciano la narrazione di questo miracolo, non è un'indicazione speciale di tempo: altri avvenimenti possono benissimo essere intervenuti fra il ritorno di Gesù a Capernaum, e la guarigione della figlia di Jairo. È impossibile che Matteo potesse sbagliare circa un avvenimento che accadde mentre il Signore parlava, seduto a tavola nella sua casa, ed egli indica, con più precisione del solito, che in quel momento successe la visita di Jairo. Ordinariamente Matteo indica i luoghi piuttosto che le date; qui segue l'ordine cronologico. Matteo e Luca al contrario, nella narrazione di questi fatti, stanno attaccati principalmente all'indicazione dei luoghi. Queste piccole differenze, nei racconti degli Evangelisti, non debbono farci meraviglia; la sostanza del fatto in tutti è la stessa. PASSI PARALLELI Marco 5:22-43; Luca 8:41-56 Luca 8:49; 13:14; 18:18; Atti 13:15 Matteo 8:2; 14:33; 15:25; 17:14; 20:20; 28:17; Marco 5:22; Luca 17:15-16 Atti 10:25-26 Matteo 9:24; Marco 5:23; Luca 7:2; 8:42,49; Giovanni 4:47-49 Matteo 8:8-9; 2Re 5:11; Giovanni 11:21-22,25,32 27 27. Come Gesù partiva di là, due ciechi lo seguirono, Di questo miracolo il solo Matteo ci fa parola; egli lo pone, cronologicamente, subito dopo la partenza di Gesù dalla casa di Jairo. Questa libertà nella scelta fra i numerosissimi miracoli di Gesù Giovanni 20:30-31, mostra che gli Evangelisti non si copiarono fra loro, ma furono storici indipendenti ed ispirati. Nell'Oriente, la cecità è sempre stata cosa frequente; né fa meraviglia che due uomini, che soffrivano di tale infermità, si trovassero insieme nelle vicinanze di Capernaum. Come Bartimeo Marco 10:48, essi, udendo chi passava vicino a loro cominciarono ad invocare compassione, gridando e dicendo: Abbi pietà di noi, o Figliuolo di Davide. Questi due ciechi furono i primi che diedero a Gesù il titolo di Figliuolo di Davide. Ciò mostra che la sua discendenza da quella Casa reale era conosciuta. Le profezie gli davano quel titolo, e la sua genealogia dimostrava chiaramente ch'egli aveva diritto di prendere quel nome. È degno di nota che nell'altro solo caso, ricordato nei Vangeli Matteo 20:30; Marco 10:47, nel quale i ciechi ricorsero a Gesù per chiedergli la vista, gli si rivolsero quel ben noto titolo messianico: «Figlio di Davide». Non si può dubitare che la loro fede si fondasse sopra le grandi promesse concernenti il Messia. come, per esempio, sopra quella, contenuta in Isaia 35:4. «Allora saranno aperti gli occhi dei ciechi»; quindi Gesù accolse volentieri l'appello indirizzatogli dal ciechi. PASSI PARALLELI Matteo 11:5; 12:22; 20:30; Marco 8:22-23; 10:46; Luca 7:21; Giovanni 9:1-12 Matteo 12:23; 15:22; 20:30-31; 21:9,15; 22:41-45; Marco 10:47-48; 11:10 Marco 12:35-37; Luca 18:38-39; 20:41; Giovanni 7:42; Romani 1:3; 9:5 Matteo 17:15; Marco 9:22; Luca 17:13 28 28. E, quando egli fu entrato in casa, que' ciechi si accostarono a lui. Nella strada, essi lo supplicarono di usare loro misericordia; ma Gesù, senza fermarsi, entrò in casa. Egli non era insensibile alla loro preghiera, ma voleva provare e fortificare la loro fede. E Gesù disse loro: Credete voi che io possa far questo? Essi gli risposero: si, o Signore. Questa domanda era intesa non solo a provare e rendere più profonda la loro fede, ma pure ad accrescere la loro speranza di guarigione, e prepararli così a riceverla. Lo scopo fu raggiunto interamente. Importava moltissimo che il popolo credesse che Gesù poteva operare dei miracoli, ossia esercitare un'autorità ed una potenza divina; perché da quella credenza derivava naturalmente la conclusione ch'egli era il Messia. Questo miracolo aveva anche per scopo di manifestare l'amore di Gesù verso gl'infelici. PASSI PARALLELI Matteo 8:14; 13:36 Matteo 22; 8:2; 13:58; Marco 9:23-24; Giovanni 4:48-50; 11:26,40 29 29. Allora toccò loro gli occhi, dicendo: Siavi fatto secondo la vostra fede. Il Signore manifestava ordinariamente l'azione del potere divino sopra i ciechi, toccando o ungendo i loro occhi Matteo 20:31; Marco 8:25; Giovanni 9:6. Dice: Secondo, non a cagione della vostra fede, come se essa fosse un titolo meritorio; ma in proporzione della forza di essa. Così essi porterebbero con se dovunque, nella vista ricuperata, un suggello della loro fede. Queste parole manifestano chiaramente la relazione che passa tra la fede dell'uomo, e il dono di Dio. La fede, è il mezzo per cui si ottiene tutto; ell'è la secchia che sì cala nel pozzo della grazia, senza la quale l'uomo non potrebbe attingerla; ell'è la borsa che, sebbene fatta di rozza materia, fa ricco il suo possessore coi tesori che contiene. PASSI PARALLELI Matteo 20:34; Giovanni 9:6,7 Matteo 8:6-7,13; 15:28; Marco 10:52 30 30. E gli occhi loro furono aperti; e Gesù fece loro un severo divieto, dicendo: Guardate che niuno lo sappia. Le ragioni del severo divieto di Gesù sembrano essere state: 1 Che egli voleva evitare di essere sopraffatto dalle domande, sì da non aver più tempo e forza per predicare il Vangelo. 2. Che egli voleva impedire che il popolo, già eccitato, desse pubblicamente segno di riconoscerlo, e che così la malignità dei Farisei si risvegliasse prima che ne fosse venuta l'ora. PASSI PARALLELI Salmo 146:8; Isaia 35:5; 42:7; 52:13; Giovanni 9:7-26 Matteo 8:4; 12:16; 17:9; Marco 5:43; Luca 5:14; 8:56 31 31. Ma quelli usciti fuori, sparsero la fama di lui per tutto quel paese. Essi divennero colpevoli, di un atto di disubbidienza. Cristo aveva le sue ragioni per impor loro il silenzio e doveva esser puntualmente ubbidito. «Ubbidire vale meglio che sacrificio» 1Samuele 15:22, e la osservanza umile della parola del Signore vale meglio d'un culto arbitrario, per quanto ci costi. Gli interpreti romani hanno lodato quest'atto commesso contro al comando espresso del Signore. Coloro che sanno quanto sia arbitrario il culto della Chiesa romana, non si meraviglieranno che i suoi commentatori considerino la disubbidienza dei due ciechi come una manifestazione irrefrenabile della loro gratitudine, e, per conseguenza, non come una colpa, ma come un merito. PASSI PARALLELI Marco 1:44-45 7:36 32 Matteo 9:32-34. GUARIGIONE DEL MUTOLO INDEMONIATO 32. Ora, come que' ciechi uscivano, ecco, che gli fu presentato un uomo muto, indemoniato. Anche questo miracolo è narrato dal solo Matteo. Ve n'è un altro ricordato da questo Evangelista Matteo 12:22, che rassomiglia assai a questo; perciò alcuni hanno supposto che le due narrazioni si riferissero al medesimo fatto. Ma nel cap. 12. si parla di un uomo cieco e mutolo, di cui ci viene narrata la guarigione anche in Luca 11:14. Né regge la obbiezione che i Farisei non avrebbero mosso, in due occasioni diverse, la stessa accusa contro Cristo: cioè che egli cacciava i demoni per il potere di Beelzebub; poiché, essendosi una volta messi in testa di spiegare così quel miracolo, era naturale ch'essi spiegassero tutti gli altri nella medesima maniera. Per la differenza fra questo caso e quello della infermità naturale del sordomuto, Vedi Marco 7:13. PASSI PARALLELI Matteo 12:22-23; Marco 9:17-27; Luca 11:14 33 33. E cacciato che fu il demonio, il muto parlò. La mutolezza era cagionata dal demonio; infatti, appena quello fu cacciato fuori, l'uomo parlò. I particolari del miracolo in questo caso, non sono riferiti. Lo scopo dello scrittore è semplicemente d'indicare il ricupero istantaneo della favella per parte del mutolo, appena rimossa la maligna oppressione che su di esso pesava, la forma nella quale si manifestò la meraviglia del popolo, e l'effetto prodotto sopra i Farisei. In questo fatto, noi abbiamo una prova evidente che Satana e le sue legioni esercitano un'influenza sulle nostre malattie. Così credevano gli Ebrei, e così insegna la Scrittura nella storia di Giobbe. Quando Satana sarà cacciato del tutto, non vi sarà più sofferenza Apocalisse 20:10;21:4. e le turbe si maravigliarono, dicendo: Mai non s'è vista cosa tale in Israele. La meraviglia del popolo si può riferire a tutte le prove già date da Gesù del suo potere miracoloso di sanare, o, più probabilmente, a questo miracolo come nuova e maggiore manifestazione di esso, data la complicazione delle infermità e questa probabilmente fu la ragione per la quale venne qui ricordato. PASSI PARALLELI Matteo 15:30-31; Esodo 4:11-12; Isaia 35:6; Marco 7:32-37; Luca 11:14 2Re 5:8; Salmo 76:1; Geremia 32:20; Luca 7:9 34 34. Ma i Farisei dicevano: Egli caccia i demoni per l'aiuto del principe dei demoni. Questa fu la prima volta che si volle rendere ragione di questi miracoli con una teoria blasfematoria, la quale presto divenne il modo ordinario di calunniarli. Studieremo queste parole in connessione con un discorso notevole cui diedero origine in Matteo 12:24-39. PASSI PARALLELI Matteo 12:23-24; Marco 3:22; Luca 11:15; Giovanni 3:20 RIFLESSIONI 1. Noi dobbiamo riguardare i miracoli come aventi mire e conseguenze più importanti di quelle relative ai nostri corpi. 2. L'onore in cui il nostro Signore tiene qui la fede e la pazienza di questi ciechi, appartiene senza dubbio a tutti coloro che desiderano di essere ricondotti dalle tenebre alla luce, e dal potere di Satana a Dio; a ciascuno sarà fatto secondo la sua fede. 3. Quanto diversamente sono riguardate le stesse opere o gli stessi avvenimenti dagli uomini semplici, e da coloro che sono pieni di pregiudizi, per difetto di semplicità e di sincerità, si giunge ad attribuire gli atti più nobili dell'amor cristiano ai motivi più bassi e più assurdi. 35 35. E Gesù andava attorno per tutte le città, e per i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, e predicando l'evangelo del regno, e sanando ogni malattia, ed ogni infermità. Queste parole sono quasi identiche a quelle usate nella descrizione del primo viaggio di Gesù Matteo 4:2-3, e ci permettono di supporre che in queste due occasioni egli facesse a un di presso le medesime opere. A questi viaggi alludeva probabilmente Pietro, quando nella sua conversazione, con Cornelio, disse: «Gesù di Nazaret andò attorno, facendo del bene, e sanando tutti coloro ch'erano sotto il dominio del diavolo» Atti 10:38. PASSI PARALLELI Matteo 4:23-24; 11:1,5; Marco 1:32-39; 6:6,56; Luca 4:43-44 13:22 Atti 2:22; 10:38 36 36. E, veggendo le turbe, non radunate in qualche luogo particolare, ma accorrenti da ogni città e villaggio, appena udivano del suo arrivo. n'ebbe compassione; Questo sentimento era prodotto in lui da ciò ch'egli aveva osservato nel suo viaggio. Si legge altrove che la compassione del Signore era eccitata dai bisogni materiali della moltitudine che lo seguiva; ma in questa circostanza essa era destata dai loro bisogni spirituali. Infatti le osservazioni ch'egli rivolge ai suoi discepoli accennano a rimedi spirituali. perché erano stanche, testo em. ha qui il senso di stanchi, e descrive bene lo stato spirituale del popolo che, gemeva sotto il giogo dell'insegnamento tradizionale dei Farisei mentre coincide colla clausola che segue: e sfinite come pecore che non hanno pastore. Immagine sommamente espressiva in un paese di pastori come la Palestina. Essi avevano bisogno di essere istruiti e rianimati, e la loro misera condizione era tale da eccitare la compassione di Cristo. PASSI PARALLELI Matteo 14:14; 15:32; Marco 6:34; Ebrei 4:15; 5:2 Matteo 10:6; 15:24; Numeri 27:17; 1Re 22:17; 2Cronache 18:16; Isaia 56:9-11; Geremia 50:6 Ezechiele 34:3-6; Zaccaria 10:2; 11:16; 13:7-8 37 37. Allora egli disse a' suoi discepoli: Ben è la messe grande, ma pochi sono gli operai. Queste parole esprimono la compassione che lo stato spirituale dei suoi compaesani aveva svegliata nel cuore di Gesù. Il popolo è paragonato da Gesù ad una messe che va perduta per scarsezza di mietitori. Ciò che precede dimostra chiaramente che quelle espressioni si debbono applicare alle moltitudini che perivano per mancanza di fedeli e zelanti conduttori. Veramente lo sguardo del Salvatore si fermava prima sul popolo ebreo; ma egli lo volgeva anche sul vasto campo del mondo Matteo 13:38, che traboccava di migliaia d'uomini, i quali dovevano essere riuniti a lui. L'immagine d'una messe indica l'idea d'una grande abbondanza, e di un gran valore, se venga accuratamente raccolta; ma di una grande perdita e rovina, se non sia in tempo raccolta e riposta in luogo sicuro. PASSI PARALLELI Matteo 28:19; Marco 16:15; Luca 10:2; 24:47; Giovanni 4:35-36; Atti 16:9; 18:10 Salmo 68:11; 1Corinzi 3:9; 2Corinzi 6:1; Filippesi 2:19-21; Colossesi 4:11; 1Tessalonicesi 5:12-13 1Timoteo 5:17 38 38. Pregate adunque il Signore della messe, Questo titolo si riferiva a Cristo stesso, che è il padrone della raccolta, benché i suoi discepoli non potessero allora comprenderlo. Il soccorso doveva venire dal Signore stesso, e doveva chiedersi colla preghiera. Questo era il primo dovere dei discepoli, come è tuttora il dovere di quelli che vorrebbero vedere la messe del campo del mondo raccolta nel granaio di Cristo. ch'egli spinga degli operai nella sua messe. Iddio solo può indicare gli uomini atti al ministero del Vangelo, dar loro le qualità necessarie, ed assegnare ad ognuno il suo posto. In questo campo gli uomini non devono intraprendere il lavoro arbitrariamente, ma per commissione del Signore della ricolta. La parola spinga fuori è molto espressiva, e si riferisce alla potenza dello Spirito Santo che determina le vocazioni serie e spinge gli operai a lavorare con santo zelo. Queste parole avevano per scopo di preparare i dodici apostoli alla missione che fu loro affidata poco appresso. PASSI PARALLELI Luca 6:12-13; Atti 13:2; 2Tessalonicesi 3:1 Matteo 10:1-3; Giovanni 20:21; Efesini 4:11 Salmo 68:11,18; Geremia 3:15; Michea 5:7; Luca 10:1-2; Atti 8:4; 1Corinzi 12:28 RIFLESSIONI 1. Osserviamo con quanta tenerezza Gesù s'interessa alle anime che stanno per perire Egli le vede neglette da quelli che dovrebbero essere i loro maestri; ignoranti, moribonde, e pure non preparate a morire; e tal vista muove il suo cuore amoroso a pietà. Ma quali sentimenti sono i nostri quando vediamo simili spettacoli? Vi sono milioni d'idolatri e di pagani sulla terra, milioni d'illusi maomettani, milioni di superstiziosi cattolici romani! Milioni di protestanti vivono nella ignoranza delle cose divine! C'interessiamo noi teneramente delle anime loro? Colui che non sente interesse per tutte le anime non convertite non la pensa di certo come Cristo. 2. Osserviamo ancora quanto grande è il valore della preghiera. Si può domandare giusta l'ordine che Iddio, immutabile nella sua sapienza, segue nel dispensare la sua grazia fra gli uomini, se ogni qualsiasi gran bene spirituale seminato o mietuto nel mondo, se ogni singolo viandante raccolto nell'ovile di Cristo, non si devono considerare come risposte alla, preghiera. Questa corrispondenza misteriosa fra i decreti di Dio e la preghiera fatta con fede, è innegabile: noi però, sapendo che la sua vera spiegazione si trova nelle parole di Cristo: «Si certo, o Padre, poiché così ti è piaciuto» Matteo 11:26, non dobbiamo occuparci del mistero, ma unicamente del fatto, e del dovere che ne è la conseguenza Salmo 2:8; Isaia 62:6-7; Ezechiele 36:37;1Giovanni 5:14,16. 3. In questo passo, Gesù c'insegna, come un dovere quotidiano, a pregare Iddio d'inviare un maggior numero d'uomini per lavorare alla conversione delle anime. Il mettersi personalmente in contatto coi peccatori, onde ammonirli del pericolo in cui versano e condurli a Cristo, è bene; ma pregare è più importante ancora: perché per la preghiera ci accostiamo a Colui, senza del quale i doni in favore delle missioni ed il lavoro dei missionari sono del pari inutili, ed otteniamo l'aiuto dello Spirito Santo. Il denaro serve a mantenere i predicatori, le università e le scuole che li istruiscono, i ministri che li consacrano; ma lo Spirito Santo solo può farne dei veri ministri del Vangelo, e spingere i laici ad interessarsi al progresso della verità. Non dimentichiamo mai che se vogliamo far del bene al mondo, il nostro primo dovere è di pregare. Dimensione testo: Indirizzo di questa pagina: Indirizzo del testo continuo: |