Commentario abbreviato:

Romani 16

1 Capitolo 16

L'apostolo raccomanda Febe alla chiesa di Roma e saluta alcuni amici che si trovano lì Rom 16:1-16

Ammonisce la chiesa contro coloro che creano divisioni Rom 16:17-20

Saluti cristiani Rom 16:21-24

L'epistola si conclude con l'attribuzione della gloria a Dio Rom 16:25-27

Versetti 1-16

Paolo raccomanda Febe ai cristiani di Roma. I cristiani devono aiutarsi l'un l'altro nei loro affari, soprattutto con gli stranieri; non sappiamo di quale aiuto potremmo avere bisogno noi stessi. Paolo chiede aiuto per uno che è stato utile a molti; chi annaffia sarà annaffiato anche lui. Sebbene la cura di tutte le Chiese lo impegnasse quotidianamente, egli era in grado di ricordare molte persone e di inviare saluti a ciascuna di esse, con caratteristiche particolari, ed esprimere preoccupazione per loro. Per evitare che qualcuno si senta ferito, come se Paolo si fosse dimenticato di lui, invia i suoi ricordi agli altri, come fratelli e santi, anche se non nominati. Aggiunge, in chiusura, un saluto generale a tutti loro, a nome delle Chiese di Cristo.

17 Versetti 17-20

Come sono accorate, come sono accorate queste esortazioni! Tutto ciò che differisce dalla sana dottrina delle Scritture apre la porta a divisioni e offese. Se la verità viene abbandonata, l'unità e la pace non dureranno a lungo. Molti chiamano Cristo Maestro e Signore, ma sono ben lontani dal servirlo. Servono invece i loro interessi carnali, sensuali e mondani. Corrompono la testa ingannando il cuore; pervertono i giudizi insinuandosi negli affetti. Abbiamo un gran bisogno di custodire il nostro cuore con ogni diligenza. È stata una politica comune dei seduttori quella di attaccare coloro che sono ammorbiditi dalle convinzioni. Un'indole malleabile è buona quando è ben guidata, altrimenti può essere facilmente sviata. Siate così saggi da non essere ingannati, ma così semplici da non essere ingannatori. La benedizione che l'apostolo si aspetta da Dio è la vittoria su Satana. Questo include tutti i disegni e i dispositivi di Satana contro le anime, per contaminarle, disturbarle e distruggerle; tutti i suoi tentativi di tenerci lontani dalla pace del cielo qui e dal possesso del cielo nell'aldilà. Quando Satana sembra prevalere e noi siamo pronti a dare tutto per perso, allora il Dio della pace interverrà in nostro favore. Resistete dunque, con fede e pazienza, ancora per un po'. Se la grazia di Cristo è con noi, chi può prevalere contro di noi?

21 Versetti 21-24

L'apostolo aggiunge ricordi affettuosi da parte di persone con lui conosciute dai cristiani romani. È un grande conforto vedere la santità e l'utilità dei nostri parenti. Non molti potenti, non molti nobili sono chiamati, ma alcuni lo sono. È lecito che i credenti ricoprano cariche civili; e sarebbe auspicabile che tutte le cariche negli Stati cristiani e nella Chiesa fossero affidate a cristiani prudenti e saldi.

25 Versetti 25-27

Ciò che fonda le anime è la chiara predicazione di Gesù Cristo. La nostra redenzione e la nostra salvezza per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo sono, senza dubbio, un grande mistero della pietà. Eppure, benedetto sia Dio, c'è tanto di questo mistero reso chiaro quanto ci porterà in cielo, se non trascuriamo volontariamente una così grande salvezza. La vita e l'immortalità sono portate alla luce dal Vangelo e il Sole della giustizia è sorto sul mondo. Le Scritture dei profeti, ciò che hanno lasciato per iscritto, non solo sono chiare in sé, ma con esse questo mistero viene fatto conoscere a tutte le nazioni. Cristo è la salvezza per tutte le nazioni. E il Vangelo viene rivelato, non per essere discusso e contestato, ma per essere sottomesso. L'obbedienza della fede è quell'obbedienza che viene prestata alla parola della fede e che viene dalla grazia della fede. Tutta la gloria che passa dall'uomo decaduto a Dio, per essere accettata da Lui, deve passare attraverso il Signore Gesù, nel quale solo le nostre persone e le nostre azioni sono, o possono essere, gradite a Dio. Della sua giustizia dobbiamo fare menzione, anche della sua unica; che, come è il Mediatore di tutte le nostre preghiere, così è e sarà, fino all'eternità, il Mediatore di tutte le nostre lodi. Ricordando che siamo chiamati all'obbedienza della fede e che ogni grado di saggezza proviene dall'unico Dio saggio, dobbiamo rendergli gloria con parole e azioni per mezzo di Gesù Cristo, affinché la grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con noi per sempre.

Commentario del Nuovo Testamento:

Romani 16

1 SEZIONE B Romani 16:1-20 Raccomandazioni

Paolo raccomanda anzitutto ai Romani di accogliere cristianamente la diaconessa Febe Romani 16:1-2; poi raccomanda loro di porgere i suoi saluti ai suoi conoscenti e collaboratori Romani 16:3-16; in ultimo, raccomanda loro di guardarsi dai falsi dottori Romani 16:17-20.

Romani 16:1-2. Febe. - Febe si considera con ragione come la portatrice della lettera ai Romani. Essa doveva recarsi a Roma per un qualche affare, forse legale, e Paolo la raccomanda nella chiusa dell'Epistola stessa ch'ella portava. Egli la presenta, in modo generale, come cristiana:

Vi raccomando Febe nostra sorella,

vostra e mia; quindi la presenta come avente un ufficio nella Chiesa:

che è diaconessa della chiesa di Cencrea,

Il Nuovo Testamento parla altrove di diaconi Atti 6; Filippesi 1:1; 1Timoteo 3:8; ma non di diaconesse (o serventi), salvo, secondo alcuni, in 1Timoteo 5:10. Certo è che se ne parla al secondo secolo e che Plinio (A. D. 111) narra di aver posto due ministrae christianae alla tortura. L'ufficio durò a lungo nella Chiesa greca ed è stato, in qualche guisa, ristabilito nel moderno protestantismo. Nella Chiesa romana ne tengon luogo le suore di carità, sebbene astrette da voti di celibato. La rigida separazione dei sessi nella società antica rendeva codesto ufficio tanto più necessario in vista dei soccorsi da prestare alle donne povere o malate od isolate. Il diaconato femminile ristretto alla cerchia di ogni singola congregazione, è stato stabilito con successo, qua e là, ma non è ancora divenuto generale. Cencrea era il porto orientale di Corinto, a qualche miglio dalla città.

2 perchè la riceviate nel Signore in modo degno dei santi.

come si conviene a dei cristiani di accogliere altri cristiani che vivono nella comunione dello stesso Signore. «Noblesse oblige». «Chi vi riceve, riceve me», ha detto Gesù Matteo 10:40.

e le prestiate assistenza in qualunque cosa ella possa aver bisogno di voi; poichè ella pure ha prestato assistenza a molti e anche a me stesso..

L'originale può tradursi anche: è stata protettrice, ma nel suo senso più largo significa chi viene in aiuto ad altri. In quale circostanza Paolo ebbe a ricevere servizi da Febe, non sappiamo. In occasione di un soggiorno in Cencrea Atti 18:18, ha potuto essere ospitato ed anche assistito in una malattia da Febe che doveva essere persona benestante. Il bene fatto, la rende tanto più meritevole di riguardi (cfr. Salmi 41:1-3; 2Timoteo 1:16-18).

3 Romani 16:3-16. Persone da salutare... Nelle sue altre lettere, Paolo scrive semplicemente: Salutate tutti i fratelli, o «tutti i santi», o «gli uni gli altri» 1Corinzi 16:20,16; 2Tessalonicesi 5:26; Filippesi 4:21. Al più, manda un saluto come quello di Colossesi 4:15 o 2Timoteo 4:19. E sì che in Galazia e Tessalonica, in Filippi ed in Corinto, non mancavano persone ben conosciute da Paolo. Perchè, in questa sola Epistola, un elenco di ben 26 persone che l'Apostolo fa salutare insieme ad altri fratelli non designati personalmente? Il fatto insolito si spiega quando si rifletta che Paolo scrive ad una chiesa lontana, da lui non visitata finora, ma in cui prende un vivo interesse ed in seno alla quale trovasi un buon numero di cristiani da lui personalmente conosciuti, se non anche veduti all'opera in una delle chiese orientali. È naturale ch'egli colga l'occasione di mandar loro un affettuoso saluto che sarà, in pari tempo, una raccomandazione alla chiesa di apprezzar «cotali persone» (cfr. 1Corinzi 16:15-18). Certo si è che un tale elenco, mentre attesta in Paolo un cuore che sa ricordare i servizi ricevuti ed apprezzare con generosa delicatezza il lavoro compiuto dai suoi collaboratori, ci spiega la prosperità delle chiese apostoliche. Una società cristiana simile ad un'arnia di api, ove tutti, uomini e donne, fanno qualcosa, ove molti faticano per il Signore, non può non esser benedetta. In capo alla lista, troviamo i nomi ben noti dei coniugi Priscilla ed Aquila.

Salutate Prisca

(altrove il diminutivo Priscilla)

ed Aquila, miei compagni d'opera in Cristo Gesù.

Oriunda del Ponto, quella coppia giudea data al mestiere di fabbricar le tende, si era, prima del 52, stabilita in Roma, donde l'editto di Claudio li costrinse in quell'anno ad uscire. Si stabilirono in Corinto ove Paolo li conobbe e li condusse a Cristo Atti 18:1-3. Partirono con Paolo, e fissatisi in Efeso gli prepararono il terreno e collaborarono con lui Atti 18:18; 19:1; 1Corinzi 16:19. Fu, senza, dubbio, in Efeso ch'essi esposero la lor vita per salvar quella di Paolo:

4 i quali, per la vita mia, hanno esposto il loro proprio collo;

Lett. hanno posto il proprio collo sotto (la scure). In quali precise circostanze, non sappiamo. Dei pericoli corsi da Paolo in Efeso, si parla in Atti 19:23-40; 1Corinzi 15:32; Atti 20:19; 2Corinzi 1:8-11.

ai quali, non io solo, ma anche tutte le chiese dei Gentili rendono grazie

perchè hanno salvata la vita al loro Apostolo e resi altri segnalati servizi alla causa del Vangelo. È probabile ch'essi abbiano, come Paolo, lasciato Efeso dopo il tumulto demetriano ed abbiano, fin d'allora, ripresa la via di Roma ov'era caduto in oblio il decreto di Claudio e dove sapevano che Paolo era intenzionato di recarsi, appena lo potesse Atti 19:21. Se, più tardi, verso il 66, li ritroviamo in Efeso 2Timoteo 4:19, non c'è da sorprendersene per nulla, tanto più che nel 64 era avvenuta in Roma la persecuzione di Nerone.

5 Ai saluti per Aquila e Prisca, nominata la prima per la superiorità delle sue capacità e del suo zelo, Paolo aggiunge quelli destinati all'assemblea cristiana che soleva adunarsi, per la sua edificazione, nella loro casa.

Salutate anche la chiesa che è in casa loro.

(Cfr. Colossesi 4:15; Filemone 2). Il loro mestiere li obbligava ad avere locali vasti ch'essi mettevano a profitto per le raunanze cristiane, le quali, in una città grande, dovevano di necessità essere molte, distribuite nei vari quartieri. In pari tempo, dovevano i fedeli sentire il bisogno di avere, in date occasioni, delle raunanze generali (1Corinzi 12:17-20,33; 14:26, cfr. con Romani 16:19-20), ove si affermassero e stringessero i legami dell'amor fraterno. Più sotto, in Romani 16:14-15, sono accennati due altri gruppi di fratelli che paiono costituire due altre ecclesiolae della ecclesia generale. In queste, adunanze più ristrette poteva darsi con maggior cura e semplicità l'insegnamento cristiano, mentre venivano utilizzati i doni di tutti. Di edifici speciali consacrati al culto cristiano, non si parla prima del III secolo.

Salutate il mio diletto Epeneto, ch'è la primizia dell'Asia per Cristo.

Quasi tutti i codici leggono Asia invece di Acaia. Le primizie dell'Acaia erano stati i membri della famiglia di Stefana secondo 1Corinzi 16:15. Epeneto, che pare il nome d'un pagano, era stato, invece, il primo frutto consacrato a Cristo, il primo convertito, da lui o da Aquila e Priscilla, nella provincia dell'Asia proconsolare di cui Efeso era il centro. Paolo ricorda con speciale affetto i primi frutti di ciascuna delle missioni, cristiane. Essi per i primi avevano confessato Cristo e affrontato l'odio del mondo. Onore quindi a loro! Perchè e quando Epeneto fosse di poi venuto a Roma, non sappiamo.

6 Salutate Maria;

nome latino o Miriam, nome ebraico

che si è molto affaticata per voi.

Salvo uno, i manoscritti antichi leggono per voi o fra voi, lezione più difficile a spiegare. Paolo doveva aver incontrato, forse a Corinto, questa zelante cristiana ed aver saputo, da lei o da altri, quel che avea fatto in Roma, probabilmente per i malati, per i poveri o per i forestieri; e lo ricorda a titolo d'onore e d'incoraggiamento.

7 Salutate Andronico e Giunio:

Iunias, abbreviazione di Iunianus, non è nome di donna.

miei parenti

A Romani 16:11, Erodione è del pari chiamato parente di Paolo; mentre a Romani 16:21, egli manda i saluti di due o tre altri suoi congiunti. Si sa che, Paolo aveva una sorella con famiglia a Gerusalemme; e, dato il carattere indeterminato dell'appellativo, parenti che può applicarsi a dei nipoti, o a dei cugini anche in secondo o terzo grado, non è inverosimile che un certo numero di persone connesse più o meno strettamente con la famiglia di Paolo, si trovassero sparse per il mondo, specie se dati al commercio, od al mestiere ch'egli stesso conosceva. Altri però preferisce il senso ancor più generico di connazionali o compatriotti (cfr. Romani 9:3; 11:14).

e compagni di prigione

quando e dove? Lo ignoriamo. Ma Paolo dice, 2Corinzi 11:23; «in prigioni, assai più»; e Clemente Romano parla di sette cattività di Paolo:

i quali sono segnalati fra gli apostoli;

cioè occupano un posto distinto fra gli evangelizzatori (cfr. 2Corinzi 8:18). Barnaba è chiamato in senso largo apostolo Atti 14:4,14, sebbene non fosse uno dei Dodici (cfr. 2Pietro 3:2) (testo emend.)

ed anche sono stati in Cristo prima di me,

cioè sono venuti alla fede e sono quindi entrati nella comunione di Cristo prima di me. Secondo alcuni, appartenevano alla primitiva chiesa di Gerusalemme. Le leggende posteriori che fanno di tutti questi cristiani altrettanti vescovi, non hanno ombra di fondamento.

8 Salutate Ampliato, il mio diletto nel Signore; salutate Urbano nostro

(di me e dei miei collaboratori)

compagno d'opera in Cristo ed il mio diletto Stachi.

i due primi nomi sono latini al pari di alcuni altri in questo elenco. Il terzo è greco come lo sono il maggior numero. Le persone che li portavano venivano in molti casi dall'Oriente; e d'altronde, non era raro d'incontrar dei nomi greci in Roma, come lo provano le catacombe.

10 Salutate Apelle che ha fatto le sue prove in Cristo.

ch'è un cristiano di provata fedeltà. Probabilmente avea dovuto soffrire per Cristo.

Salutate quei di casa di Aristobulo

cioè i servi cristiani appartenenti a quella casa probabilmente giudaica.

11 Salutate Erodione mio parente. Salutate quei di casa di Narcisso che sono nel Signore.

Gli storici latini parlano di un Narcisso liberto di Claudio, e di un altro che viveva sotto Nerone; ma il nome era comune.

12 Salutate Trifena e Trifosa,

due sorelle i cui nomi suonano voluttà, ma

che,

invece,

si affaticano nel Signore. Salutate la diletta Perside che si è molto affaticata nel Signore.

Ecco, aggiunti a quelli di Febe, di Priscilla e di Maria, altri tre nomi di donne segnalate come benemerite per la loro cristiana attività; e più oltre, Paolo parlerà ancora della madre di Rufo, di Giulia e della sorella di Nerea. Luminosi esempi di quanto possano, fare, in umile sfera, Per la Chiesa di Dio, le donne il cui cuore è ripieno dello Spirito di Cristo.

13 Salutate Rufo l'eletto nel Signore, e sua madre ch'è pur la mia.

Al termine eletto va annesso il senso di eccellente, di scelto 1Timoteo 5:21; 2Giovanni 13. In senso ordinario, tutti i cristiani sono eletti Efesini 1:4. Nel Vangelo di Marco 15:21 vien detto che Simone Cireneo era il padre di Alessandro e di Rufo, il che fa supporre che fossero cristiani di nota; e se il Vangelo di Marco è stato scritto a Roma, come portano antichissime testimonianze, è probabile si tratti qui di quello stesso Rufo. Paolo chiama sua la madre di Rufo per le cure materne ricevute da quella pia donna, non sappiamo se in Gerusalemme o altrove.

14 Salutate Asincrito, Flegonte, Erme, Patroba, Erma,

Tale l'ordine dei maggiori codici.

ed i fratelli che son con loro.

15 Salutate Filologo e Giulia,

sua moglie o sorella.

Nereo e sua sorella, ed Olimpa,

nome d'uomo,

e tutti i santi che son con loro.

Si tratta di due gruppi di fratelli stabiliti in quartieri diversi della città. Tutto fa supporre che Paolo conoscesse personalmente i cristiani qui designati, ma non coloro che indica genericamente coi titoli di «fratelli» o di «santi» che son con loro.

16 Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio.

Il bacio era il saluto ordinario; ma divenne presso ai primitivi cristiani, il segno dell'amor fraterno; perciò lo chiama «santo». Pietro lo chiama il «bacio della carità» 1Pietro 5:14. Tertulliano lo chiama «osculum pacis» e le Costituzioni apostoliche «il bacio del Signore». Solevano i cristiani, secondo Giustino, Martire, darsi un bacio fraterno prima della Santa Cena; e può darsi che lo facessero in altre occasioni (cfr. 1Corinzi 16:20; 2Corinzi 13:12; 1Tessalonicesi 5:26, ecc...). Si crede che il presidente desse il bacio al fratello che gli stava dappresso e questi al vicino e così via, mentre lo stesso facevasi dalla parte delle donne.

Tutte le chiese di Cristo vi salutano.

«Tutte» va aggiunto secondo i manoscritti. Paolo avea visitato, di recente le chiese dell'Asia, della Macedonia e dell'Acaia; e parlando loro del suo progetto di recarsi a Roma, avea da tutti ricevuto il gradito incarico di salutare i fratelli della capitale. Lo fa per lettera, colla speranza di poterlo presto fare in persona. Il P. Lagrange vede in questo saluto la prova che «la chiesa di Roma era per tutte le altre l'oggetto d'una venerazione particolare» p. 370. «Venerazione» è espressione di una mentalità posteriore di molti secoli; «oggetto di amore fraterno e di viva speranza», sarebbe più esatto.

17 Romani 16:17-20. I falsi dottori. In ispirito, Paolo ha passato in rivista, nelle salutazioni di Romani 16:3-16, la chiesa di Roma colle sue varie raunanze, i suoi zelanti evangelisti, le sue diaconesse volonterose; li contempla da ultimo, mentre nell'adunanza generale, si dànno il bacio fraterno e si rallegrano del saluto loro mandato da tutte le chiese. Quello stato di unione e di pace vorrebbe vederlo durare per il bene della chiesa. Ma le penose esperienze fatte in Oriente gli, fanno temere che, anche a Roma, abbiano da giungere, forse tra breve, dei perturbatori che provocheranno delle scissioni tra i fratelli. A prevenire quel male, l'Apostolo mette i Romani in guardia. Simili avvertimenti concisi, in fondo ad una lettera, sono comuni nello stile epistolare.

Or io vi esorto, fratelli, tenete d'occhio

state attenti, tenete gli occhi aperti sopra

quelli che creano le divisioni e gli scandali contro alla dottrina che voi avete imparata,

Dal modo in cui Paolo parla di questi perturbatori, si rileva ch'erano ormai non nelle chiese. Essi erano avversi al Vangelo della grazia quale Paolo lo predicava e quale ai Romani era stato insegnato Galati 1:7-9. Si chiamavano però cristiani e sapevano infiltrarsi nelle chiese con sì innocenti apparenze da sedurre I semplici, formarsi un partito e creare così delle scissure, delle discordie, dei sospetti, delle maldicenze, uno stato degli animi, insomma, che invece di edificare era atto a scandalizzare ed allontanar dalla fede i cristiani ancora malfermi Galati 5:15,20; 1Corinzi 1:11-12; 2Corinzi 12:20. Paolo li aveva visti all'opera in Antiochia ed in Gerusalemme; avevano resa pericolante l'opera sua in Galazia, sconvolta la chiesa di Corinto. In breve, erano i dottori che soglionsi chiamar giudaizzanti (Galati 1:14 greco), perchè presentavano l'osservanza della legge di Mosè come cosa necessaria a salute Atti 15:1; Galati 2:1-5,11-14; 4:9-11,17-18,21; 5:1-12; 6:12-17. Insinuavano che Paolo non era vero Apostolo, e cercavano in tutti i modi di renderlo inviso alle chiese 2Corinzi 3:1; 5:12,16; 10:1-2,10-12; 11:3-6,12-15,18-25; 12:11-13,1 6. Contro a loro Paolo metterà in guardia gli anziani d'Efeso nel discorso di Mileto Atti 20:28-31, e qualche anno appresso anche i Filippesi Filippesi 3:2-11,17-20. A quella data egli li avrà, purtroppo, trovati anche a Roma, come sembra risultare da Filippesi 1:15-18.

e ritraetevi da loro

(testo emend.). Quando vi siete accorti delle loro tendenze e dei loro fini, evitate la loro società.

18 Poichè quei tali non servono a Cristo nostro Signore (testo emend.), ma al proprio ventre,

I loro motivi non sono puri e disinteressati ma egoisti e carnali (cfr. Filippesi 3:19: «il cui dio è il ventre e la cui gloria è in quel che torna a loro vergogna...»). Sotto apparenza di pietà e di zelo, cercano il loro interesse e la soddisfazione dei loro appetiti. Altrove, Paolo li chiama cani, cattivi operai falsi fratelli, falsi apostoli, lupi voraci Galati 2:4; Filippesi 3:2; 2Corinzi 11:13,20-21. Fede pura e santità di vita non possono disgiungersi. Ove manca l'una, l'altra fa naufragio 1Timoteo 6:3-5; 1:19.

e con dolce e lusinghevole parlare, seducono i cuori dei semplici.

Conoscono l'arte d'insinuare i loro errori in modo da non svegliar sospetti; sanno all'occasione anche lusingare l'amor proprio degl'incauti con un parlar complimentoso. I semplici che si lasciano sedurre sono quelli che non sospettano il male, i secondi fini.

19 Quanto a voi, la vostra ubbidienza è giunta a (conoscenza di) tutti.

Dice lett. Poichè la vostra... Il nesso con quel che precede è perciò variamente inteso. Alcuni interpretano: Dico semplici, e voi siete tali, perchè la vostra ubbidiente e pieghevole disposizione è ben nota. Altri: Dico semplici: ma voi non siete tali poichè è ben nota la vostra ubbidienza al Vangelo; quindi non vi lascerete sedurre. Altri ancora: Vi avverto così perchè, siccome è noto che avete abbracciato l'Evangelo, potete aspettarvi che i falsi dottori non vi dimenticheranno. Sembra più naturale l'interpretazione questo vers. nel modo seguente: Vi metto in guardia contro questa gente, non perchè dubiti di voi, anzi perchè so che il vostro stato è buono Romani 1:8; 15:14-15; la vostra ubbidienza al Vangelo è infatti così sincera e così salda che essa è divulgata nel mondo. Questo mi rallegra e vorrei che conservaste intatto questo tesoro della fede e della pace fraterna. Perciò state all'erta contro i perturbatori.

lo dunque mi rallegro per voi; ma desidero che state savi rispetto al bene, schietti rispetto al male.

Savi, intendenti nel saper discernere il bene, nel praticarlo e nell'incoraggiarlo in tutto i migliori modi, adoperando in questo tutta l'abilità pratica di cui siete capaci. Ma di fronte al male, si tratta d'esser d'animo candido, sincero, schietto. La parola adoperata occorre in Matteo 10:16; Filippesi 2:15 ov'è resa semplici e schietti o sinceri. Significa propriamente, senza mistura, senza lega. «Riguardo al male non c'è da farsi molte domande. Una volta che la coscienza ha detto: «Questo è male», è tutto detto. Guai a chi; dopo questo, discute e ragiona ancora come Balaam. Sarà preso nel laccio che gli è teso da uno più abile di lui. Rispetto al male non c'è che una cosa da fare: ritrarsi. Questa è candidezza, schiettezza» (Godet).

20 Or l'Iddio della pace triterà tosto Satana sotto ai vostri piedi.

In quei tentativi dei falsi dottori di metter sossopra le chiese, Paolo scorge l'opera di un nemico più abile e più potente: Satana. Ai Corinzi, avea denunziati i perturbatori come operai frodolenti, che si travestono da apostoli di Cristo. «E non c'è da meravigliarsene, soggiungeva, perchè Satana stesso si traveste da angelo di luce. Non è dunque gran che se anche i suoi ministri si travestono da ministri di giustizia. La lor fine sarà secondo le loro opere» 2Corinzi 11:13-15. Ma la vittoria non resterà all'avversario degli uomini e di Dio. Viene presto il giorno in cui l'Iddio che ama la pace e la vuole stabilire definitiva nel suo regno eterno, adempirà, nella persona dei redenti di Cristo, la promessa di Genesi 3:15, tritando Satana sotto ai loro piedi, rendendoli, cioè, vincitori di lui ed annientando il suo potere. Paolo dice: tosto, perchè sperava non lontana la final vittoria coll'apparizione del Signore Romani 13:11-12. Il pensiero che Dio combatte con loro e darà loro la vittoria li deve incoraggiare alla lotta contro tutti gli agenti del nemico.

La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi.

Questo voto trovasi nel testo ordinario, qui ed in Romani 16:24. La quasi totalità dei Codici lo legge soltanto una volta, e siccome la parte lo legge qui ove chiude bene le raccomandazioni questo va ritenuto come il vero suo posto. Nella speranza della vittoria finale, han bisogno quotidianamente della grazia di Cristo per guidarli, e fortificarli.

21 SEZIONE C Romani 16:21-27 Saluti e voto finale

Romani 16:21-23. I saluti. Le chiese visitate hanno incaricato Paolo di salutare la consorella romana Romani 16:16; ma l'Apostolo ha ora, presso di sè, vari collaboratori e fratelli che desiderano mandare ai cristiani della capitale i loro saluti personali, ed egli li aggiunge in questa specie di poscritto.

Timoteo mio compagno d'opera vi saluta,

Timoteo è mentovato, Atti 19:22, come mandato in Macedonia da Paolo; e in Atti 20:4 come suo compagno di viaggio. Quel giovane era il collaboratore prediletto dell'Apostolo. A lui il primo posto Filippesi 2:19-24.

e vi salutano pure Lucio, Giasone e Sosipatro miei parenti.

Lucio non è da confondere con Luca; nè sappiamo se sia il Lucio di Cirene mentovato Atti 13:1 fra i profeti e dottori di Antiochia. Parimenti non siamo certi che Giasone sia lo stesso che in Tessalonica accolse Paolo e Sila in casa sua Atti 17:1-9. Sosipatro può esser lo stesso che il Sopatro di Berea mentovato Atti 20:4. La sua presenza in Corinto è forse dovuta al fatto che Paolo intendeva partire direttamente da quella città per la Siria, coi delegati delle chiese 2Corinzi 9:4. Questi tre, o quanto meno i due ultimi, son detti parenti di Paolo, come quelli di Romani 16:7,11. Il legame spirituale e più duraturo creato dalla fede, non distrugge i legami terreni del sangue o dell'amicizia.

22 lo Terzio che ho scritto l'epistola, vi saluto nel Signore.

Paolo soleva dettare le sue lettere ad un amanuense, probabilmente a motivo d'una malattia degli occhi. Aggiungeva però alcune parole di suo pugno per autenticare la lettera (cfr. 2Tessalonicesi 3:17; 1Corinzi 16:21; Colossesi 4:18). Per eccezione, l'Epistola ai Galati fu scritta tutta di suo pugno Galati 6:11. Invece di dettare il saluto che Terzio, suo segretario, manda ai Romani, lascia che se lo scriva, da sè.

23 Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la chiesa.

È verosimile che trattisi qui del Gaio mentovato 1Corinzi 1:14 come battezzato da Paolo. Presso a lui è ospitato Paolo, ed in un suo locale tengonsi le adunanze generali della chiesa. Altri intende: la sua casa è aperta a tutti i fratelli forestieri che capitano a Corinto. Altre persone dello stesso nome sono mentovate Atti 20:4; 19:29; 3Giovanni 1.

Vi salutano Erasto il tesoriere della città, ed il fratello Quarto.

Gli esempi di Gaio e di Erasto dimostrano che se nella chiesa di Corinto vi erano pochi potenti, pochi nobili, pur vi erano alcune persone influenti per mezzi e posizione sociale. Erasto, da non confondersi con quello mentovato Atti 19:22; 2Timoteo 4:20, come evangelista, è detto letteralmente economo della città, cioè pubblico ricevitore e pagatore di Corinto. Quarto era forse venuto di recente da Roma.

24 Romani 16:24 qui è inautentico.

25 Romani 16:25-27. La dossologia finale. Paolo non può congedarsi dalla chiesa di, Roma senza elevare il suo cuore e quello dei lettori a Dio, in un atto finale d'adorazione. Più sopra Romani 16:20 li ha incoraggiati col pensiero che Dio darebbe loro presto la vittoria sul nemico delle anime; qui egli dà gloria a Colui che è potente da fortificarli nella fede in quell'Evangelo di Cristo che egli ha loro esposto, e che è la manifestazione dell'eterno e savio disegno di Dio per la salvazione del mondo. Nelle sue mani potenti egli può rimetterli con fiducia, come farà, alcune settimane dopo, della chiesa di Efeso Atti 20:31-32. Questa dossologia in cui sono come condensate in breve spazio le verità esposte, nell'Epistola, probabilmente la tracciò di sua propria mano sul papiro, come soleva fare per autenticare i suoi scritti.

Or a Colui che vi può fortificare,

cioè rendervi saldi, forti, incrollabili. Era questo lo scopo per cui desiderava vedere Romani 1:11:

secondo il mio Evangelo e la predicazione di Gesù Cristo,

L'Evangelo, di Paolo è la Buona Novella ch'egli annunzia al mondo. Se lo chiama suo, non lo fa per opporre quel ch'egli predica a quello che predicano gli altri Apostoli (cfr. 1Corinzi 15:1-11; Galati 2). Se mai, lo vuole opporre all'insegnamento dei falsi quanto melliflui dottori Romani 16:17. L'Evangelo che egli annunzia ha per centro Gesù Cristo Romani 1:3; 1Corinzi 2; perciò egli lo definisce più precisamente: «la predicazione di Gesù Cristo», la che ha per oggetto la persona e l'opera Salvatore. Non si tratta qui nè di quello che Gesù Cristo ha predicato, nè della predicazione affidata. da Gesù Cristo agli Apostoli. L'espressione raffermarvi secondo l'Evangelo viene a dire: rendervi saldi di una forza che invece d'allontanarvi dal Vangelo della grazia che vi è stato annunziato, vi radicherà sempre meglio nella conoscenza e nella pratica di esso. In fondo, significa esser resi saldi nella fede in Cristo che ne è la pietra fondamentale Colossesi 2:7; Efesini 3:18. Ma l'Evangelo, che ha Gesù per centro, non è che la manifestazione di un disegno eterno di Dio. Quindi è che Paolo soggiunge:

conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto occulto fin dal tempi più remoti, ma è ora manifestato,

Per mistero ved. Romani 11:25. Il mistero tenuto celato nei secoli passati (lett. «tempi eterni» 2Timoteo 1:9; Tito 1:2) è il disegno di Dio per la salvazione del mondo. Ciò non vuol dire che, prima della venuta di Cristo, nulla fosse trapelato del piano di Dio. Fin dall'Eden, era stata pronunziata una parola che conteneva una promessa di redenzione Genesi 3:15. Ad Abramo Dio aveva detto che, tutte le nazioni della terra sarebbero benedette nella sua progenie. Le istituzioni della legge erano le ombre d'una realtà avvenire; le profezie erano quadri parziali in cui appariva abbozzato or sotto uno, or sotto altro aspetto, il grande disegno di Dio, con al centro la figura del Messia, coperto qua d'ignominia, e là coronato di gloria. Ma se quelle rivelazioni preparatorie erano come luce di lampada, il pieno giorno non è sorto che con la venuta di Cristo 2Pietro 1:19 e colla effusione dello Spirito. Per lo Spirito che investiga anche le cose profonde di Dio, hanno potuto gli Apostoli, Paolo in ispecie, conoscere, ed esporre il piano di Dio per la salvazione tanto dei pagani che dei Giudei 1Corinzi 2:6-16; Efesini 3:1-13; Colossesi 1:24-29; 2Timoteo 1:8-12. In questa verità salutare ora pienamente rivelata, Paolo brama che i Romani sieno saldamente radicati.

26 Essa, infatti, non è stata rivelata per rimaner confinata negli stretti limiti della nazione giudaica, ma per esser fatta conoscere fra tutte le genti. Il mistero è stato ora manifestato.

e, mediante le Scritture profetiche, secondo l'ordine dell'eterno Iddio, è fatto conoscere a tutte le nazioni per addurle all'ubbidienza della fede,

Tante parole, tante idee, nello stile ispirato di Paolo. La proclamazione del Vangelo si fa colla viva parola dei predicatori; ma qual'è l'autorità di cui si servono, il documento scritto a cui si appoggiano costantemente? Sono le Scritture profetiche, cioè le Scritture dell'Antico Testamento dettate dagli uomini ispirati da Dio e che lo Spirito rischiara ora di nuova luce mostrandone l'adempimento in Cristo (cfr. Luca 24:27,44-49). Basti ricordare le numerose citazioni dell'Antico Testamento fatte da Paolo in questa Epistola per veder quale largo uso gli Apostoli ed i loro compagni abbiano fatto delle Scritture nell'insegnamento evangelico. Paolo non può parlare degli scritti del Nuovo Testamento, poichè, salvo alcune sue lettere, non esistevano ancora. Se gli araldi del Vangelo vanno in tutto il mondo non lo fanno di loro iniziativa ma in ubbidienza all'ordine dell'eterno Iddio, il quale, appunto perchè è eterno, ha potuto, senza fretta, lasciar maturare i tempi della preparazione, e una volta compiuto il sacrificio del Calvario, dare, per bocca del suo Figlio, il comandamento: Andate per, tutto il mondo e predicate l'Evangelo ad ogni creatura Marco 16:15. E siccome in Cristo vi è salvezza per ogni credente, così il piano di Dio dev'esser pubblicato presso tutte le nazioni come avveniva, in parte di già, fin dal tempo di Paolo. Lo scopo della proclamazione è di condurre gli uomini ad accettar con fede ubbidiente la grazia offerta. Nelle ultime linee della sua Epistola, il pensiero dell'Apostolo si ricongiunge con quanto avea detto nelle prime sul Vangelo di Dio avente per centro il Cristo annunziato nelle Scritture ed offerto alla fede delle genti (cfr. Romani 1:1-5).

27 L'aver mentovato il piano di Dio per la salvazione, porta Paolo a dar gloria alla sapienza di Dio non meno che alla sua potenza. Ha detto: A Colui che può... ed aggiunge:

a Dio solo savio

la cui sapienza risplende tanto nella formazione ab eterno, come nell'attuazione nel tempo, del suo disegno di grazia Romani 11:33; 1Corinzi 2:6-9; 1Timoteo 1:17; Efesini 3:10

per mezzo di Gesù Cristo, sia la gloria, nei secoli dei secoli. Amen.

L'omaggio della sua adorazione Paolo lo vuole offrire per mezzo di Cristo, l'Agente di Dio nella manifestazione della sua potenza salvatrice, come della sua sapienza, «l'unico mediatore tra Dio e gli uomini» Romani 1:8; 7:25; Efesini 5:20. Il verbo manca come spesso nelle dossologie (cfr. Romani 11:36). Non c'è però da supplire un: io vi raccomando a Colui che può... Fin dal principio della frase, Paolo ha nel cuore l'atto di adorazione col quale deporrà la penna; solo, invece di dire: A colui Che può... a Dio sol savio, sia la gloria,... non potendo, mentre si tratta della salvazione, tralasciare il nome di Cristo, nè disgiungerlo da quello di Dio Padre, egli termina in un modo che è grammaticalmente imperfetto, ma che risponde al sentimento del suo cuore, dicendo letteralmente: «A Dio sol savio, per mezzo di Gesù Cristo, al quale [sia] la gloria...» espressione che si può parafrasare così: A Dio sol savio, sia, per mezzo di Gesù Cristo ed in un con lui, la gloria per tutta l'eternità, Amen (cfr. Apocalisse 5:13).

La poscritta che segue l'Epistola, nel testo ordinario, pur essendo una semplice nota posteriore di molti secoli, non contiene, in questo caso, nulla d'inesatto.

RIFLESSIONI

1. Le persone che Paolo fa salutare a Roma sono, senza dubbio, numericamente, una debole minoranza, di fronte alla totalità dei membri della chiesa; ma, leggendo quel che l'Apostolo dice di loro, si ha l'impressione che questa minoranza attiva e pia è un lievito di vita in seno alla comunità. Ecco intanto una chiesa la cui lede è pubblicata in tutto il mondo, ma di cui ignoriamo gl'inizi. Nessun Apostolo ha posto il piede in Roma prima di Paolo e non ci è stato tramandato il nome di, alcun Evangelista celebre che vi abbia lavorato. La Parola di Dio vi è stata sparsa da artigiani, da mercanti, da schiavi, da liberti da uomini e donne devoti, capaci di espor la vita per la causa di Cristo, che si sono «molto affaticati» per i Romani, che sono «segnalati» fra i banditori del Vangelo, che sono stati altrove «compagni d'opera» di Paolo, che hanno «fatto le loro prove in Cristo». Dio si serve spesso dei credenti più umili e meno, noti, ma pieni del suo Spirito, per compiere un'opera spiritualmente grande; e la chiesa ove abbondano, fra i laici, cotali elementi, può dirsi veramente ricca. Paolo, il grande missionario, è lieto di rendere pubblico omaggio a tanti e così zelanti compagni di lavoro.

2. Degno di nota speciale è il fatto dell'attività femminile ricordata qui come elemento importante della prosperità della chiesa. Già nei Vangeli abbiamo i nomi di molte donne pie segnalate fra i seguaci di, Gesù: Maria sua madre, Maria moglie di Cleopa, Maria Maddalena, Salome, Giovanna, Susanna, le sorelle Marta e Maria di Betania ed altre. In Romani 16 ai Romani sono designate ben otto donne cristiane di non comune devozione ed attività: Febe, diaconessa della chiesa di Cencrea, che ha «prestato assistenza a molti», Prisca che, col marito Aquila, ha meritato la riconoscenza di tutte le chiese dei Gentili, Maria, che «si è molto affaticata» pei Romani, le sorelle, Trifena e Trifosa che «si affaticano nel Signore», la cara Perside «che si è molto affaticata nel Signore», la madre Rufo che Paolo chiama pur «sua madre», e ancora Giulia e la sorella di Nereo. L'attività di queste pie donne ha dovuto spiegarsi in campi diversi: sia nell'insegnare la verità, sia nel curare gli ammalati, sia nell'assistere le vedove e gli orfani, i poveri ed i forestieri. Ai nostri giorni, non mancano i campi d'attività ove le donne cristiane nubili o maritate, abbiano modo di spiegare le loro attitudini speciali al servizio del Signore.

3. I dottori giudaizzanti son cosa del passato; ma è purtroppo di tutti i tempi lo spirito settario che spinge anche dei credenti sinceri a dare eccessiva importanza a quel che non costituisce, l'essenza del regno di Dio, creando per tal modo delle deplorevoli divisioni. Ma esso diventa assai più pericoloso quando, sotto coperta di zelo religioso, nasconde fini carnali ed interessati; quando, con modi seducenti e sotto apparenze ingannevoli, scalza dalla base l'Evangelo della grazia e diventa in realtà «nemico della croce di Cristo» La chiesa di Roma, mantenutasi per un tempo fedele all'evangelo sotto il fuoco della persecuzione, fu di poi gradatamente invasa dallo spirito di ambizione e di dominazione dei suoi vescovi e, peggio ancora, dal crescente sacerdotalismo. I giudaizzanti facevano della circoncisione la condizione della salvezza ed il sacerdotalismo fece del prete, il mediatore obbligato della salvezza. La rigenerazione del cuore il pendono dei peccati, il dono dello Spirito, la liberazione dalle pene del supposto purgatorio, tutto si ha per mezzo dei sacramenti, i quali non sono validi se non impartiti dal sacerdote debitamente ordinato dal vescovo. Così venne oscurata l'opera dell'unico, Mediatore tra Dio e gli uomini, per mezzo del quale ogni credente si accosta liberamente al Padre celeste. All'Evangelo della salvazione per grazia esposto da Paolo in questa sua Epistola ai Romani, venne sostituita la dottrina della salvazione mediante i meriti dell'uomo; allo spiritualismo evangelico vennero sostituti i riti e le pratiche esterne; talchè l'Epistola ai Romani primitivi appare, al giorno d'oggi, come la più solenne protesta contro la chiesa Romana divenuta sovvertitrice dell'evangelo di Dio.

4. Per quanto grande sia lo scempio della verità evangelica fatto degli strumenti più o meno incoscienti di Satana, il nemico non avrà la vittoria. Secondo la sua promessa, Dio triterà Satana sotto i piedi della Chiesa fedele. Mentre saranno disperse dal vento di Dio le nebbie: funeste dell'errore e dell'empietà, il piano eterno di Dio, adombrato nei profeti antichi, manifestato colla venuta del Salvatore, fatto conoscere a tutte le nazioni dai banditori del Vangelo che l'hanno anche fissato in iscritto nei documenti che formano il Nuovo Testamento, questo piano di Dio sol savio sussisterà in perpetuo. Oggi più che mai, i credenti in Cristo hanno bisogno d'implorar dall'Onnipotente la grazia d'esser «fortificati secondo l'Evangelo» onde la loro vita glorifichi Iddio.

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