Commentario abbreviato:

1Timoteo 4

1 Capitolo 4

Delle deviazioni dalla fede che già cominciavano ad apparire 1Tim 4:1-5

Diverse indicazioni, con motivazioni per il dovuto adempimento dei doveri 1Tim 4:6-16

Versetti 1-5

Lo Spirito Santo, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, ha parlato di un generale allontanamento dalla fede di Cristo e dal puro culto di Dio. Questo dovrebbe avvenire durante la dispensazione cristiana, perché questi sono chiamati gli ultimi giorni. I falsi maestri proibiscono come male ciò che Dio ha permesso, e comandano come dovere ciò che Egli ha lasciato indifferente. Troviamo esercizio per la vigilanza e l'abnegazione, nell'osservare le esigenze della legge di Dio, senza essere incaricati di doveri immaginari, che rifiutano ciò che Egli ha permesso. Ma nulla giustifica un uso intemperante o improprio delle cose; e nulla sarà buono per noi, se non cerchiamo con la preghiera la benedizione del Signore su di esso.

6 Versetti 6-10

Gli atti esteriori di abnegazione servono a poco. A cosa ci serve mortificare il corpo, se non mortifichiamo il peccato? Nessuna diligenza nelle cose esteriori può essere di grande utilità. Il guadagno della pietà risiede in gran parte nella promessa; e le promesse fatte agli uomini di Dio si riferiscono in parte alla vita attuale, ma soprattutto alla vita futura: anche se perdiamo per Cristo, non perderemo per lui. Se Cristo è così il Salvatore di tutti gli uomini, molto di più sarà il Ricompensatore di coloro che lo cercano e lo servono; provvederà bene a coloro che ha reso nuove creature.

11 Versetti 11-16

La giovinezza degli uomini non sarà disprezzata se si terranno lontani dalle vanità e dalle follie. Coloro che insegnano con la loro dottrina, devono insegnare con la loro vita. I loro discorsi devono essere edificanti; la loro conversazione deve essere santa; devono essere esempi di amore verso Dio e verso tutti gli uomini buoni, esempi di spiritualità. I ministri devono considerare queste cose come il loro lavoro e la loro attività principale. In questo modo il loro profitto apparirà in tutte le cose e a tutte le persone; questo è il modo per trarre profitto nella conoscenza e nella grazia, e anche per trarre profitto dagli altri. La dottrina di un ministro di Cristo deve essere scritturale, chiara, del Vangelo e pratica; ben esposta, spiegata, difesa e applicata. Ma questi doveri non lasciano tempo per i piaceri verbali, per le visite insignificanti o per le conversazioni oziose, e poco per ciò che è mero divertimento e solo ornamentale. Che ogni credente sia in grado di far apparire il suo profitto a tutti gli uomini, cercando di sperimentare la potenza del Vangelo nella propria anima e di portarne i frutti nella propria vita.

Commentario del Nuovo Testamento:

1Timoteo 4

1 Sezione B. 1Timoteo 4:1-5. GLI ERRORI CHE MINACCIANO LA FEDE NELLA VERITÀ.

Meyer intitola questa sezione: "I pericoli dell'avvenire" ed infatti l'apostolo addita i pericoli che minaccieranno la fede nel gran mistero di pietà da lui descritto in 1Timoteo 3:16. In opposizione alla verità evangelica di cui la Chiesa è chiamata ad essere colonna e salda base, non mancheranno gli errori coi quali Satana cercherà di sovvertirla. Ove Dio edifica un tempio, il diavolo costruisce una cappella.

Ma lo spirito dice espressamente che, nei tempi avvenire, alcuni apostateranno dalla fede.

Per lo Spirito s'intende lo Spirito santo, lo Spirito di profezia parlante per bocca dei profeti del Nuovo Patto di cui è fatta menzion per es. 1Corinzi 12; Atti 11:28; 20:23; 21:11; Efesini 4:11 ecc. L'espressione generica può applicarsi a rivelazioni comunicate a Paolo stesso o ad altre persone da lui udite. Ad ogni modo la predizione di future apostasie è chiara ed esplicita; non si tratta solo di un timore o di un triste presentimento di Paolo ma di una dichiarazione espressa dello Spirito di profezia; per cui, la Chiesa ed i suoi ministri devono prepararsi a far fronte al pericolo segnalato. Gesù stesso aveva predetto l'apparire di falsi profeti e falsi cristi e l'abbondare dell'iniquità Matteo 24:11,24 e gli Apostoli mettono in guardia i fedeli contro i seduttori: 2Tessalonicesi 2:1; Giovanni 2:18; 2Pietro 3:3; Giuda 18. I tempi avvenire sono quelli che dovevano seguire l'epoca apostolica. Altrove si parla degli "ultimi tempi" 2Timoteo 3:1 che sono quelli precedenti immediatamente la seconda venuta di Cristo. Apostatare dalla fede significa abbandonare la fede nella verità cristiana già professata per volgersi ad insegnamenti contrari ad essa. "Fede" non è in Paolo sinonimo di verità creduta; ma vale piuttosto qui adesione della mente e del cuore alla verità evangelica. Le parole che seguono spiegano come avverrà quest'apostasia di una parte della cristianità:

dando retta a spiriti seduttori e ad insegnamenti di demoni.

Gli spiriti seduttori sono spiriti che errano e fanno errare altri lungi dalla verità. È dubbio se trattisi qui di spiriti maligni propriamente detti che sono mentovati dopo, o piuttosto di manifestazioni spirituali che si danno come procedenti da Dio ma che procedono in realtà dallo spirito della menzogna. In 1Corinzi 14:12 sono chiamati "spiriti" i carismi procedenti dallo Spirito. In 1Giovanni 4:1-6 si raccomanda di non credere ad ogni "spirito", di provare gli "spiriti per veder se son da Dio". Confr. 1Corinzi 12:10. Non basta che un uomo si dica ispirato od anche infallibile perchè si abbia a ricevere come verità quanto gli esce di bocca. Insegnamenti di demoni torna a dire ispirati dagli spiriti satanici. In Giacomo 3:15 la sapienza terrena è chiamata demoniaca. Come Dio anima ed ispira col suo Spirito i servitori della verità, così Satana ispira i servitori della menzogna. I grandi sistemi dell'errore pagano sono da Paolo attribuiti ai demoni in 1Corin z i 10:20-21 e Cfr. 2Tessalonicesi 2:9-l l; Efesini 2:2; 6:12; 2Timoteo 2:26.

2 [d'uomini] che diranno cose false con ipocrisia, segnati con ferro rovente nella propria coscienza.

Alcuni traducono: "merce l'ipocrisia di bugiardi parlatori" (vers. Revel, Segond ecc.). La frase sarebbe connessa col verbo "apostateranno" e accennerebbe all'ipocrisia dei falsi dottori come al mezzo col quale saranno attratti nell'errore i fedeli. È da osservare tuttavia che 1Timoteo 4:2-3 hanno per iscopo di caratterizzare i seduttori, cioè gli strumenti umani dello spirito delle tenebre, la loro mancanza di sincerità, i precetti ascetici che inculcheranno, onde i credenti li possano facilmente riconoscere e stare in guardia. Il senso espresso dalla diodatina è preferibile ai varii altri che sono stati proposti. Però, al "cauterizzati nella propria coscienza" che conterrebbe l'idea del graduale indurimento della coscienza, della insensibilità morale cui giunge chi si abitua a fare il male fingendo il bene, è da preferire la versione data dalla maggior parte dei moderni: "Segnati con ferro rovente nella propria coscienza". Per quanto sia vero che la coscienza, come acquista delicatezza colla pratica della rettitudine, così si atrofizza colla duplicità morale e diventa callosa come la pelle indurita dal contatto col ferro rovente, non si può provare che il verbo causteriazein ( καυστηριαζω) abbia un senso così generico ai tempi di Paolo. Invece è usato comunemente del segnare con un ferro rovente gli schiavi per poterli più facilmente riconoscere e ricuperare in caso di fuga; ovvero dell'imprimere un marchio sulla fronte di certi colpevoli condannandoli ad infamia. L'idea sarebbe qui che gli spacciatori di falsità portano nella propria coscienza il sentimento della loro perversità morale così come il malfattore porta segnato in fronte lo stigma dei suoi delitti. "Un tale pecca, dice Paolo in Tito 3:11, essendo condannato da sé stesso".

3 che vieteranno il matrimonio e [prescriveranno] di astenersi dai cibi i quali Dio ha creati perchè ne usino con rendimento di grazie i fedeli e coloro che hanno ben conosciuta la verità.

Dice lett. "vietanti il maritarsi", ma è un presente descrittivo delle caratteristiche dei falsi dottori futuri. Al tempo di Paolo si potevano scorgere di già i primi germi dell'ascetismo nello sprezzo col quale gli Esseni ed i Terapeuti consideravano il matrimonio, nella loro astinenza da certi cibi. Ne abbiamo indizii anche nelle chiese, per esempio in Corinto ove pare esser sorta la questione della preferenza da dare al celibato; in Roma ove dei cristiani di origine giudaica si astenevano dalla carne e dal vino; in Colosse Colossesi 2:6-23 ov'è questione di gente che ordina di "non maneggiare, non assaggiare, non toccare", che si compiace di ciò che "non risparmia il corpo". I sistemi gnostici del secondo secolo fondati sul dualismo che fa risiedere il male nella materia, condanneranno così il matrimonio, come l'uso del vino e dei cibi animali. Ma la profezia si è verificata nel corso dei secoli in modi svariati. L'ascetismo monacale, l'esaltazione del celibato a scapito, del matrimonio, l'imposizione del celibato al clero, l'astinenza da certi cibi prescritta per dati giorni, con tutto il corteo di errori che hanno sfigurato la verità nel cattolicesimo, sono altrettanti adempimenti della predizione apostolica. Il falso spiritualismo tende sempre a porre il bene od il male nelle cose esterne, nelle pratiche di sua invenzione. Come in altri casi, Paolo si rifà all'ordine primitivo della creazione per combattere ciò ch'è deviazione dalla volontà di Dio (Cfr. 1Corinzi 11; 1Timoteo 2). Nella Genesi si narra che Dio stabilì l'uomo signore e padrone di tutte le cose terrestri. Prima del peccato può darsi che il cibo dovesse essere esclusivamente vegetale; ma in appresso, la pratica dei sacrificii cruenti implica l'uso della carne come cibo, uso ch'è esplicitamente sanzionato dopo il diluvio. L'uomo è dunque libero di servirsi di ogni cosa creata per il sostentamento delle proprie forze corporali. Dio le ha create affinchè ne usi liberamente come di doni largitigli dalla bontà del Creatore. I fedeli o credenti che hanno conosciuta e ben compresa la grande verità della libertà filiale in cui Cristo li ha introdotti, non si lasceranno inceppare da comandamenti umani, ma useranno con rendimento di grazie dei cibi che la Provvidenza di Dio fornisce loro, e la loro riconoscenza si esprimerà nella preghiera che, secondo l'esempio degli Ebrei, di Gesù e degli Apostoli, innalzeranno a Dio prima di ogni loro pasto.

4 Perchè ogni cosa creata da Dio è buona e niuna è da rigettare purchè presa con rendimento di grazie.

In opposizione all'errore dei falsi dottori dell'avvenire i quali vieteranno l'uso di certi cibi, Paolo ha detto: Dio li ha creati per l'uso dei fedeli. In 1Timoteo 4:4-5 egli svolge più ampiamente questo pensiero. Le cose che Dio ha create per l'uomo sono buone in sè e per l'uso al quale Egli le ha destinate; non spetta quindi all'uomo il dichiarare impuro questo o quel cibo. Se, per fini speciali, Dio aveva, sotto l'antico Patto, limitata la libertà degli Israeliti collo stabilire talune distinzioni fra i cibi, sotto al nuovo Patto, i fedeli godono della piena libertà dei figli di Dio ai quali il Padre stesso dice come a Pietro: "Le cose che Dio ha fatte pure non le far tu immonde" Atti 10:15. Una cosa rende peccaminoso l'uso di un cibo ed è il prenderlo senza riconoscere ch'esso è un dono di Dio e senza rendergli grazie. Il peccato però in questo caso sta, non nei caratteri fisici del cibo, ma nelle disposizioni spirituali di chi ne usa. Perciò l'apostolo ha lasciato intendere, in 1Timoteo 4:3 che i soli ad usare come si deve della creazione di Dio sono i suoi fedeli.

5 Essa è, infatti, santificata mediante la parola di Dio e l'intercessione.

Se prese con ringraziamento, le cose create da Dio per l'uso dei suoi figli e quindi buone in sè stesse, sono santificate cioè appartate per un uso sacro, sono consacrate, mediante la preghiera di ringraziamento che ne accompagna l'uso. Per parola di Dio si intende qui, dagli uni, la parola di Dio in genere, o specialmente le dichiarazioni di Genesi 1:29; 9:3; da altri quelle parole o verità bibliche che si solevano ricordare nelle formule del ringraziamento. Infatti la benedizione dei cibi era per lo più intessuta di parole tratte dai Salmi. Eccone un saggio tolto dalle così dette Costituzioni apostoliche: "Benedetto sei tu, o Signore, che mi nutri fin dalla mia giovanezza, che dai il cibo ad ogni carne. Riempi d'allegrezza e di gioia i nostri cuori, affinchè, avendo sempre di che sopperire ai nostri bisogni, noi abbondiamo in ogni buona opera in Cristo Gesù nostro Signore, per mezzo del quale sieno rese a te la gloria, l'onore e la potenza nei secoli. Amen". Insieme alle parole bibliche c'è l'intercessione ( εντευξις) o la supplicazione a Dio così riguardo ai cibi come riguardo a coloro che ne usano. Le dichiarazioni del Creatore di tutte le cose e la preghiera a lui rivolta consacrano i cibi tutti di cui i fedeli fanno uso per il sostentamento del corpo, siano questi cibi animali o vegetali, grassi o magri, acqua o vino.

AMMAESTRAMENTI

1. Il Nuovo Testamento al par dell'Antico ha i suoi profeti e le sue profezie ben definite circa il futuro svolgimento del regno di Dio. Ma non tutte le prospettive profetiche del Nuovo Testamento sono liete. Il Cristo Redentore è stato e sarà "predicato fra le genti e creduto nel mondo"; anzi, tutte le cose hanno ad essergli sottoposte; ma il trionfo del regno di Dio non avverrà senza grandi lotte e contrasti. Se lo Spirito di verità è all'opera, lo spirito dell'errore non dorme; se la verità ha i suoi apostoli, l'errore ha i suoi sostenitori. Se la fede avrà i suoi trionfi, essa vedrà pure grandi e dolorose apostasie; al Cristo si contrapporranno gli anticristi. Dio ha voluto che i credenti di tutti i tempi fossero di ciò avvertiti onde non si scandalizzassero nel veder le apostasie dalla fede, i pervertimenti varii della verità, onde prendessero risolutamente il loro posto di combattimento nella gran lotta della verità contro l'errore, del bene contro il male.

2. Più è profonda la conoscenza del cuore umano e più si scorge il nesso tra l'errore della mente e il pervertimento del cuore. Mentre può trovarsi sincerità di coscienza in chi ignora la verità, essa non è più possibile in chi è stato illuminato dalla verità; se l'abbandona dopo averla conosciuta, porta dentro di sè la propria condanna; sostiene l'errore ma non lo può fare senza ipocrisia; dà retta a spiriti seduttori perchè non vuole lasciarsi guidare dallo Spirito di verità e di santità. "Chi è da Dio ascolta. le parole di Dio. Per questo voi non le ascoltate, perchè non siete da Dio" Giovanni 8:47. L'ubbidienza alla verità conosciuta, è condizione di perseveranza e di progresso nella verità. L'occhio della coscienza ha da esser preservato da ogni offesa se si vuol camminare sicuri e spediti sulla via della verità e del bene. Guardi ogni fedele se i suoi conduttori sono sinceri ed onesti nella lor vita.

3. Fra le caratteristiche dello spirito anticristiano, Paolo indica l'ascetismo in materia di matrimonio e di cibi. E infatti, l'ascetismo, oltre all'essere la negazione pratica della libertà cristiana, si allontana dalla verità sana del Vangelo col collocare così il male come la santità nelle cose esterne, nella materia, mentre Cristo addita il cuore come la fonte della vita, sia essa viziata o santa. Cfr. Marco 7 ecc. Questa tendenza ad allontanarsi dalla spiritualità evangelica ha rivestito molte forme nel corso della storia. I sistemi gnostici ne furono una cospicua manifestazione, ma è fuori dubbio che l'ascetismo monacale, che la esagerata esaltazione del celibato, che la proibizione del matrimonio agli ecclesiastici, che la rinnovata distinzione dei cibi e la regolamentazione della dieta dei cristiani per parte del cattolicesimo romano (e in parte greco) sono altrettante deviazioni dal cristianesimo apostolico nelle quali dobbiamo riconoscere l'adempimento della profezia.

Una teoria che ha di recente ottenuto il plauso di molti, mira a farci considerare il Vangelo di Cristo e dei suoi apostoli come un semplice germe, dal quale poi, per normale evoluzione, sarebbe venuto fuori gradatamente il grande albero del cattolicesimo che sarebbe quanto di meglio si poteva aspettare dal germe, dato l'ambiente in cui si è svolto. Restano così giustificati tutti gli errori, tutte le corruzioni del Vangelo. Tale non è certamente l'insegnamento degli Apostoli che considerano la rivelazione data da Cristo come la norma della verità e la pietra di paragone di tutte le dottrine e pratiche che potranno nascere. Fra queste vi saranno dottrine di demonii, di seduttori, dottrine che, lungi dall'essere il normale svolgimento del Vangelo, ne saranno la negazione e costituiranno una vera apostasia dalla fede. Da siffatte perversioni devono guardarsi i credenti e contro di esse devono lottare specialmente i ministri del Vangelo.

4. La condanna di chi proibisce il maritarsi, implica il riconoscimento del matrimonio come istituzione santa, voluta da Dio finchè dura lo stato terreno, e come la condizione normale in cui i cristiani sono chiamati a trascorrere la vita. Dov'è stato proibito il santo matrimonio, il perdono ecclesiastico delle fornicazioni, degli adulterii e dell'incesto è stato poi venduto a prezzo di tariffa.

Quanto ai cibi l'apostolo pone i seguenti principii normativi per i cristiani:

a) I cibi sono creati da Dio per il loro uso.

b) Sono tutti buoni per l'uso fisico ed igienico al quale sono destinati e non c'è da fare alcuna distinzione di natura religiosa o morale fra di essi.

c) I fedeli devono usarne come di beni largiti dal loro Creatore e Padre e renderne grazie a Lui. La Parola di Dio che li dichiara puri e la preghiera di ringraziamento e di supplicazione dei fedeli ne rendono l'uso santo, anche quando fosse proibito da chi si pretende Vicario di Cristo.

6 Sez. C. 1Timoteo 4:6-16. INGIUNZIONE A TIMOTEO DI ATTENDERE A SÈ STESSO ED ALL'INSEGNAMENTO DELLA VERITÀ.

Data l'alta missione della Chiesa quale colonna della verità, dati i pericoli che le false dottrine faranno e in parte già fanno correre alla fede dei cristiani, come deve comportarsi Timoteo per rispondere alla vocazione sua di servitor di Cristo e di ministro della chiesa? Egli deve far convergere la sua attenzione ed i suoi sforzi sopra due punti: deve nutrire la chiesa di un insegnamento sano che la metta in grado di discernere l'errore dal vero senza lasciarsi ingannare dalle belle apparenze; deve dare nella propria vita pia e pura una vivente dimostrazione della verità, avvalorando per tal modo l'insegnamento coll'esempio. Insegnare colla parola e coll'esempio sono infatti due cose inseparabili; dove manca il secondo, il primo resta privo d'efficacia.

Rappresentando queste cose ai fratelli tu sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nudrito delle parole della fede e del buon insegnamento che tu hai seguito

Queste cose sono le verità enunziate da ultimo in 1Timoteo 4:4-5 mercè le quali sarà evitato ai fedeli il pericolo di cader negli errori dei falsi dottori. Dove la mente ed il cuore sono ripieni della verità di Dio, l'errore non ha dove metter radici. È questo il miglior preservativo contro l'invasione delle eresie. Invece, l'ignoranza della verità è terreno sempre adatto allo sviluppo dei semi dell'errore, come lo prova la storia della Chiesa di tutti i tempi. Dice lett. "sottoponendo queste cose..." cioè ponendole, coll'insegnamento, sotto gli occhi della mente dei fratelli, presentandole, esponendole. Ministro rende il greco "diacono" inteso nel suo senso generale di servitore. Il servizio speciale cui Timoteo è chiamato dal Capo supremo della Chiesa è quello appunto di banditore della verità evangelica. In 2Timoteo 4:5 l'apostolo gli scrive: "Fa l'opera di evangelista, compi appieno il tuo ministerio (la tua diaconía)". Un buon ministro di Cristo dev'esser nudrito delle parole della fede ossia delle parole esprimenti la verità che la fede abbraccia: in altri termini, le dottrine fondamentali del Vangelo che sono l'oggetto della fede. Di queste bisogna che il ministro sia nudrito, che le conosca, che le abbia meditate e digerite, che se le sia appropriate per modo da farne la forza stessa della sua vita interna. Le parole della fede sono quelle del buon insegnamento apostolico che Timoteo avea ricevuto da Paolo. Quell'insegnamento egli l'avea seguito davvicino essendo stato per molti anni il compagno dell'apostolo, come già i Dodici lo erano stati di Gesù. La parola adoperata significa "seguire stando appresso" "accompagnare" "tener dietro". Cfr. Matteo 16:17; Luca 1:3; 2Timoteo 3:10,14: "Ma tu hai tenuto dietro al mio insegnamento, alla mia condotta, ai miei propositi, alla mia fede, alla mia longanimità, al mio amore, alla mia costanza, alle mie persecuzioni, ai miei patimenti... "L'insegnamento e la vita apostolica di Paolo, ecco l'ambiente, la scuola in cui Timoteo era cresciuto spiritualmente dopo la sua conversione. E quale scuola!

7 In opposizione alla sana dottrina di cui si era nudrita la sua vita religiosa e di cui egli dovea nutrire i suoi fratelli, sta il cibo, se non addirittura malsano, per lo meno privo di sostanza nutritiva che i dottori giudeo-gnostici spacciano in Efeso ed altrove e che Timoteo deve lasciar da parte.

Ma lascia stare le favole profane e da vecchierelle.

Il verbo qui adoperato e reso dal Diodati "schifare" ammette una certa varietà di sensi che vanno dal "domandar come favore" Ebrei 12:19, allo "scusarsi" Luca 14:18-19, al "ricusare" Ebrei 12:25; Atti 25:11, allo scansare od "evitare" Tito 3:10 ecc. Le favole o i miti che Timoteo deve lasciar da parte, non accettare nel suo insegnamento, sono caratterizzati come profani e da vecchierelle. Etimologicamente βεβηλος (profano) significa un luogo di cui tutti possono calcar la soglia, aperto a tutti, in opposizione ai luoghi sacri in cui solo alcune persone potevano entrare. Per estensione designa cose o persone che non hanno carattere sacro, che anzi sono profane. Le favole giudaiche non si raccomandano nè al buon senso perchè sono assurde come quelle narrate dalle vecchiarelle credule, nè alla coscienza perchè il loro contenuto non ha nulla di religioso, nulla che possa giovare alla pietà. Cf. le note su 1Timoteo 1:4.

Invece di perdere il tempo dietro a favole senza sugo, Timoteo deve tendere con ogni sforzo verso una pietà sempre più reale e profonda che lo renderà viepiù atto all'opera del Signore.

Esercitati al contrario alla pietà.

L'immagine dell'esercitarsi tolta dagli esercizi ginnastici tanto in voga nel mondo greco, implica lo sforzo morale costante, diretto ad uno scopo, implica il rinunziamento a tutto ciò ch'è contrario alla pietà 1Pietro 2:11; 2Timoteo 2:22 e l'uso regolare di tutti i mezzi atti a svolgerla, a fortificarla, come ad es. la vigilanza, la preghiera, la lettura della parola di Dio 2Timoteo 3:11-17. Alla pietà viene a dire in vista della "pietà" cioè per arrivare a quello stato dell'animo pieno di riverenza filiale, fiduciosa, ubbidiente e santa verso Dio, di cui Cristo ha dato l'esempio perfetto.

8 Poichè l'esercizio corporale è utile a poca cosa,

Non v'ha dubbio che all'esercizio spirituale in vista della pietà è contrapposto un altro genere di esercizio chiamato corporale. Ma che s'intende per questo esercizio corporale? Alcuni antichi e moderni interpreti, specialmente cattolici, stimano che Paolo voglia parlare della ginnastica corporale quale la praticavano i Greci nei loro giuochi. Ma non si vede la ragione per la quale Paolo istituirebbe questo confronto, poichè non risulta che Timoteo fosse appassionato di ginnastica. Tommaso d'Aquino, Calvino e la maggior parte dei moderni vedono in questa espressione caratterizzate le pratiche ascetiche cui si sottoponeva il corpo; e si osserva che come l'esèrcitati ha senso figurato, così può averlo l'esercizio corporale; che qui si tratta della utilità religiosa di due ginnastiche consistenti l'una in pratiche esterne od in corporali astinenze, l'altra nella spirituale disciplina intesa ad accrescere la pietà del cuore. In 1Timoteo 4:2. Paolo ha segnalato le prescrizioni ascetiche come una delle caratteristiche dei seduttori futuri e da qualche indizio 1Timoteo 5:23 è lecito arguire che Timoteo avesse una certa tendenza ascetica contro cui l'apostolo qui lo metterebbe in guardia. La tendenza a far consistere la pietà in pratiche esterne, specialmente se queste non risparmino il corpo, ha trionfato nel medio evo. Paolo ne segnala il difetto essenziale chiamando le pratiche ascetiche un esercizio meramente corporale che non chiama in attività le energie spirituali dell'uomo e lo giudica quindi utile a poca cosa. Come nota il Plummer, le mortificazioni del corpo possono preservarci da grossi eccessi carnali, ma non sono sicura protezione neanche contro a questi; mentre sono ben lungi dal difenderci contro la compiacenza in noi medesimi e contro l'orgoglio spirituale. L'ascetismo può esistere senza pietà e la pietà può sussistere senza ascetismo. Mortificazioni corporali come digiuni, privazioni, astinenze, possono essere utili, ma possono essere anche dannosi così al corpo come all'anima; mentre la pietà non può esser mai nociva nè all'uno nè all'altra.

ma la pietà è utile ad ogni cosa, avendo essa la promessa della vita presente e di quella ch'è avvenire.

La pietà è utile al corpo ed all'anima; alla vita intellettuale e morale come alla vita spirituale; alla vita individuale e di famiglia come alla vita sociale; al presente come all'avvenire.

La seconda parte del v. può significare che alla pietà è fatta la promessa della vita - della vita vera, felice, degna del nome così per il tempo presente come per l'eternità. Ovvero può interpretarsi così: alla pietà sono fatte le promesse divine più eccellenti, così per la vita presente, terrena, come per la vita avvenire. Il pensiero rimane sostanzialmente lo stesso e lo ritroviamo nella dichiarazione di Cristo Matteo 6:33: "Ma cercate imprima il regno e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte." "Chi vuole amar la vita, dice S. Pietro citando il Salmo 34 e veder giorni buoni, rattenga la sua lingua dal male e le sue labbra dal profferir frode; si allontani dal male e faccia il bene, cerchi la pace e la procacci. Poichè gli occhi del Signore sono sopra i giusti e le sue orecchie attente alla loro preghiera; ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male" 1Pietro 3:10-12. Cfr. Efesini 6:2-3. Anche nelle persecuzioni e nelle afflizioni della vita presente, il credente possiede nel sentimento della sua riconciliazione con Dio, nella sua fiducia nel Padre celeste, nella speranza che non confonde, una fonte inesauribile di consolazione, di pace, di allegrezza, di forza. E quanto all'avvenire, la promessa fatta alla pietà è la "vita eterna" con tutto quel che una tale espressione racchiude di perfezione, di felicità, di gloria imperitura. "Quanto al rimanente, scrive Paolo stesso, mi è riservata la corona della giustizia, della quale il Signore, il giusto giudice, mi farà retribuzione in quel giorno, e non a me solamente, ma ancora a tutti coloro che avranno amato la sua apparizione..." "Il Signore mi libererà da ogni mala opera e mi salverà nel suo regno celeste" 2Timoteo 4:8,18; Romani 6:21-22; 8:17-39; 2Corinzi 4:7-5:10. Confr. nei Vangeli, le numerose promesse di Gesù relative alla vita avvenire.

9 Questa parola è certa e degna d'essere accettata per ogni maniera.

La parola di cui è questione è la dichiarazione ora fatta dall'apostolo circa la suprema ed universale utilità della pietà. Non è necessario il vedere in questa "parola" una formula o una sentenza avente corso in seno alle chiese; è semplicemente una verità che Paolo vuole affermare solennemente di fronte alla tendenza funesta che porta taluni a tralasciare la sana pietà per darsi a pratiche ascetiche od a vane ciancie da vecchiarelle. Egli è perchè Paolo ed i suoi compagni nell'apostolato della verità sono così profondamente persuasi dell'utilità presente e futura della vera pietà ch'essi faticano e lottano onde persuader gli uomini a riconciliarsi con Dio per mezzo di Cristo.

10 In vista di questo, infatti, noi fatichiamo e lottiamo, perchè abbiamo sperato nel Dio vivente il quale è salvatore di tutti gli uomini, principalmente dei fedeli.

L' εις τουτο (per questo) non significa "per questa ragione" ( δια) ma "per questo fine'', in vista, cioè, di ottener per noi e per altri molti la realizzazione delle promesse fatte alla pietà. A questo fine sono intesi non solo i lavori, ma le fatiche penose, e le lotte (così il testo emendato) contro i numerosi avversarii esterni ed interni della verità evangelica. Tutta la vita missionaria di Paolo è stata una "buona lotta" 2Timoteo 4:7. Per una enumerazione dei suoi travagli vedasi 2Corinzi 6:4-10; 11:23-33; 1Corinzi 9:15-26; 15:30-32; Atti 20:18-21; 33-35. Queste fatiche e queste lotte Paolo non le avrebbe sostenute se non fosse stato egli stesso sostenuto da una grande speranza, fondata sulle promesse del Dio vivente. Cfr. 1Corinzi 15:58; 2Corinzi 4:16-5:10. Lo spiegamento delle grandi energie umane non avviene che sotto l'impulso delle grandi speranze, così nel campo patriottico, come in quello scientifico, sociale od anche Industriale e commerciale. La speranza di Paolo ch'è quella connessa colla pietà poggia sopra l'Iddio vivente che la pietà adora in cui confida ed a cui serve con amor filiale. Ellicott ha notato che il verbo sperare ( ελπιζω) è usato nel N.T. con varie preposizioni: con εν (in) in 1Corinzi 15:19 ove si tratta della speranza riposta in Cristo; con εις (verso) 2Corinzi 1:10; 1Pietro 3:5 per segnar la direzione della speranza che aspira all'unione col suo oggetto; con επι (sopra) qui e 1Timoteo 5:5; 6:17; Romani 15:12 per indicar la base, il fondamento su cui poggia la speranza. Due speciali caratteri di Dio danno salda base alla speranza dei banditori del Vangelo: Egli è l'Iddio vivente, non un essere immaginario come gli dei del paganesimo, ma l'Iddio ch'è la pienezza della vita, dell'attività, della potenza, ch'è quindi capace di condurre a compimento i suoi disegni. Egli è il Salvatar di tutti gli uomini, non il semplice conservator della vita terrena, ma il salvatore nel senso più elevato e completo, il quale "vuole che tutti gli uomini siano salvati" 1Timoteo 2:4, che "ha tanto amato il mondo ch'egli ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna." Cfr. 1Timoteo 1:15; Tito 2:11. C'è in questo fatto il più potente incoraggiamento a chi fatica e lotta per recare il messaggio della salvazione a tutti gli uomini. Tuttavia, siccome la salvazione non diventa cosa reale per l'individuo se non quando egli l'accetta con fede, Paolo aggiunge principalmente dei fedeli, ossia dei credenti i quali diventano partecipi di tutti i tesori della grazia, mentre gli altri "rendono vano per loro il consiglio di Dio", "trascurano la grande salvezza", declinano l'invito alla "gran cena", non credono nel Figliuolo per aver la vita.

11 Ingiungi queste cose ed insegnale.

Le cose che Timoteo deve inculcare, prescrivere con autorità come doveri morali (cfr. per il verbo 1Timoteo 1:3) ed insegnare non sono chiaramente specificate; ma il contesto induce a pensare alle verità mentovate nei versetti che precedono e ai doveri raccomandati a Timoteo, ma che non sono tali per lui solo. Per es. l'esercitarsi alla pietà.

12 Niuno sprezzi la tua giovanezza, ma sii esempio ai fedeli in parola, in condotta, in amore, in fede, in purezza.

In Tito 2:15 trovasi una esortazione analoga: "esorta e riprendi con ogni autorità; niuno ti sprezzi". Timoteo è chiamato, egli pure, a impartire ordini e a dare insegnamenti a persone che sono più avanti nell'età, deve presiedere il collegio degli anziani d'Efeso, deve in unione con esso ordinare anziani e diaconi, deve riprendere chi erra, e non ha per sè l'autorità degli anni; tanto più deve procurare di avere tutta l'autorità morale che una vita cristiana esemplare conferisce anche ad un giovane. Deve quindi fare in modo da non dare ad alcuno l'occasione di sprezzar la sua giovanezza, la quale d'altronde era molto relativa, potendo egli avere, dopo la prima captività di Paolo, dai 30 ai 35 anni. Ma alla giovanezza si aggiungeva in lui una certa timidezza. Parecchi anni prima, in 1Corinzi 16:11, Paolo diceva: "niuno lo tenga in poco conto". Cfr 1Timoteo 5:1: "Esorta il vecchio come padre, i giovani come fratelli"; 2Timoteo 2:22: "Fuggi le concupiscenze giovanili, e procaccia giustizia ecc". Dice lett. "diventa esempio..." cioè fa di esserlo in modo sempre più evidente e completo Tito 2:7. In parola s'intende così in pubblico come in privato. La condotta comprende tutto il tenore di vita, tutta l'esterna attività. "Conversazione" della diodatina non ha più oggi il senso antico. Parola e condotta sono le due manifestazioni più esterne della pietà, amore e fede ne sono i moventi o le sorgenti più profonde ed intime. Le parole "in ispirito" del testo ordinario, non sono autentiche. Purezza abbraccia insieme con la castità della vita, anche la purezza, la immacolata nobiltà dei sentimenti e del parlare.

13 Finchè io venga, attendi alla lettura, all'esortazione, all'insegnamento.

Come si è veduto a 1Timoteo 3:14, Paolo nutre sempre la speranza di tornare in Efeso; nel qual caso egli riprenderebbe la direzione dell'opera; ma, nel frattempo, Timoteo deve attendere con ogni cura e con zelo all'esecuzione del programma ch'è tracciato alla sua attività. Per la lettura s'intende, non la lettura privata, ma la lettura pubblica delle S. Scritture che la Chiesa cristiana prese dalla sinagoga e che serviva di base all'esortazione ed all'insegnamento pubblico Luca 4:16; Atti 13:15. Nei primi tempi non si leggeva che l'Antico Test. e le numerose citazioni che ne son fatte nelle lettere apostoliche mostrano come i cristiani fossero familiari colla Scrittura; più tardi, quando circolarono nelle chiese gli scritti apostolici, anche quelli vennero letti. Cfr. 1Tessalonicesi 5:27; Colossesi 4:16; 2Pietro 3:15-16; Apocalisse 1:3. "Beato colui che legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia..." L'esortazione ( παρακλησις) è non l'insegnamento più familiare, ma la parola rivolta più particolarmente al cuore, alla coscienza ed alla volontà col fine d'incoraggiare, di consolare, di ammonire, di spingere alla pratica dei doveri cristiani. L'insegnamento ( διδασκαλια) non è solamente quello catechetico, ma quello pubblico che si rivolge specialmente all'intelligenza degli uditori e mira ad esporre più sistematicamente, a dilucidare o a difendere la verità cristiana. Connessi come sono colla lettura, s'intende che così l'esortazione pratica come l'insegnamento dottrinale hanno per punto di partenza, per base e per regola suprema la rivelazione contenuta negli scritti dell'A.T. completata e lumeggiata dall'insegnamento del Signore e dei suoi apostoli, insegnamento che, per direzione divina, doveva esso pure essere fissato negli scritti che formano il canone del Nuovo Testamento.

14 Non trascurare il dono ch'è in te, il quale ti è stato dato per via di profezia, con imposizione delle mani del collegio degli anziani.

Tutti i doni spirituali sono distribuiti dallo Spirito per l'utile del Corpo della Chiesa, come insegna Paolo 1Corinzi 12:7; 14:26; quindi non devono essere come il talento avvolto in un panno e nascosto, ma come i talenti fatti fruttare Romani 12:6-8; Efesi 4:11-14;1Pietro 4:10-11. Timoteo non deve trascurare di far valere, non deve lasciar inoperoso il dono ricevuto, per timidità, per mancanza di zelo o di devozione alla causa di Cristo, per timore di conseguenze penose alla carne. L'esortazione ritorna sotto altra forma in 2Timoteo 1:6 ove Paolo rammenta al suo compagno ancor giovane e di temperamento timido, riservato, di ravvivare il dono di Dio, come si ravviva una fiamma che si affievolisce e langue quando non sia nudrita e attivata dalla corrente ossigenata. Carisma o dono è parola frequente negli scritti di Paolo ove l'incontriamo 14 volte. Il carisma è per lo più una capacità naturale accresciuta e santificata dallo Spirito per servire al bene della chiesa. L'insegnamento più completo sui doni l'abbiamo in 1Corinzi 12-14 ove la fonte dei carismi (lo Spirito), la loro grande varietà, il loro scopo, e insieme le norme che ne devono regolare l'uso nelle pubbliche assemblee, sono oggetto delle istruzioni apostoliche. Il dono di Timoteo non è come dice il Martini "l'autorità di ordinare, di dare lo Spirito Santo, di predicare ecc. "ma è, semplicemente quello dell'evangelista, dono d'insegnamento, di esortazione ed anche di governo. In 2Timoteo 1:6 è chiamato "dono di Dio", mentre qui abbiamo solo un'allusione al Donatore nel ti è stato dato. Tuttavia, c'è stata, nella cita di Timoteo, una circostanza in cui egli ha avuto in modo più vivo la coscienza e la certezza della presenza in lui di quel dono, in cui lo Spirito ha preso possesso delle sue facoltà con una potenza non prima sperimentata; e quella è stato il giorno della sua consacrazione al ministerio evangelico in Listra. Due circostanze avevano accompagnato la manifestazione del dono speciale conferito dallo Spirito al giovane convertito: la voce della profezia e, qual simbolo esterno, l'imposizione delle mani del presbiterio. Già è stato osservato 1Timoteo 1:18 che le dichiarazioni profetiche fatte in quella circostanza, o da Paolo o da altri cristiani spinti dallo Spirito di profezia, si riferivano alla carriera evangelistica nella quale Timoteo stava per entrare col diventar compagno di Paolo. Il δια (attraverso, per via di) s'interpreta: "con intervento di...", preannunziato e salutato da dichiarazioni profetiche. Certo le predizioni dei profeti non sono da considerare come il mezzo strumentale per il conferimento del dono. Per uso analogo della prep. dià cfr. 2Timoteo 2:2; 2Corinzi 2:4; 5:10. L'imposizione delle mani è mentovata nell'Antico Testamento quale simbolo che si usava per conferire un ufficio. Es. i sacerdoti Numeri 8:10, Giosuè quando si tratta di riconoscerlo come successore di Mosè Numeri 27:18-20; Deuteronomio 34:9. Anche gli Scribi, al tempo di Cristo, erano insediati nell'ufficio mediante l'imposizione delle mani. Cristo impone le mani per ridonare ai malati la salute; gli Apostoli impongono le mani sui neo-battezzati per invocar su loro i doni straordinari dello Spirito Atti 8:17; 19:6; Ebrei 6:2. In 2Timoteo 1:6 Paolo dice di aver imposto egli stesso le mani a Timoteo e sappiamo infatti che egli era in Listra quando Timoteo fu appartato per il ministerio; nulla quindi di più verosimile ch'egli abbia presieduto all'atto collettivo del collegio degli anziani. La preposizione μετα (con) significa insieme con e viene a dire che il conferimento del dono speciale per parte di Dio ebbe luogo insieme al conferimento dell'ufficio, accompagnato dall'atto apostolico ed ecclesiastico dell'imposizione delle mani. Non ne consegue però che i doni ordinari che la chiesa riconosce quando consacra un ministro, dipendano da una qualche cerimonia. Essi devono esistere prima e palesarsi evidenti, come d'altronde era avvenuto in parte anche nel caso di Timoteo poichè Paolo s'indusse a volerlo per compagno per la sua pietà, per la buona testimonianza che alla sua condotta, al suo zelo, alla sua capacità rendevano i fratelli. I doni preesistenti furono in lui accresciuti da una speciale effusione dello Spirito in occasione della sua consacrazione. L'uso episcopale secondo il quale spetta al solo vescovo l'ordinazione, mal si accorda con quanto è qui detto della partecipazione attiva di tutto il collegio degli anziani. Quanto all'idea cattolica che qui si tratti di una consacrazione all'episcopato per parte di colleghi vescovi assistiti dall'ordine sacerdotale, non trova alcun appoggio nel testo ed è un'importazione in esso di usi e regole di molto posteriori.

15 Abbiti queste cose a cuore e vaca ad esse;

Il verbo μελεταω vuol dire pensare, meditare, darsi pensiero di una cosa, averla a cuore. Quello di cui Timoteo deve preoccuparsi ed a cui deve dare ogni sua cura ed energia, sono gli obblighi della sua vocazione, il modo di far valere appieno i doni ricevuti da Dio. Dice lett.: "sta in esse", che implica il darsi tutto e costantemente, senza distrazione all'opera di Dio; o come dice Oosterzee, "cuore e testa, corpo ed anima". Cfr. 2Timoteo 2:4-6 per una esortazione analoga.

Affinchè i tuoi progressi siano manifesti a tutti.

Si tratta dei progressi nella pietà, nella conoscenza, nella sapienza, nella fedeltà e nell'abnegazione colle quali adempie i doveri del suo ministerio. Timoteo è relativamente giovane e la pratica coscienziosa della volontà di Dio lo arricchirà di più matura esperienza spirituale e di virtù che lo renderanno sempre più atto al servizio del Signore. Il costatare i progressi manifesti fatti da Timoteo, gli concilierà per parte dei presbiteri suoi colleghi e per parte della chiesa quella stima e quell'affetto di cui ha bisogno nella difficile posizione che occupa. D'altronde il progredire è il solo mezzo di non indietreggiare ed è condizione, per lui, di fedeltà e di successo nell'opera.

16 1Timoteo 4:16. forma la conclusione dell'esortazione principiata a 1Timoteo 4:6. Timoteo deve fissar la sua costante attenzione da una parte sopra sè stesso, sulla sua condotta e sulla sua vita religiosa interna, poichè senza di questo, mancandogli la molla interna, il fuoco sacro, la vita che comunica la vita, l'autorità dell'esempio, egli sarebbe spiritualmente inetto all'apostolato evangelico. Da altra parte, deve attendere all'insegnamento cristiano in tutte le sue forme: alla lettura, alla esortazione pubblica e privata, alla confutazione degli errori che minacciano la fede. "Non basta, nota Calvino, ch'egli meni vita in tutto onesta e si guardi dal dare alcun cattivo esempio, se alla vita santa non congiunge l'assidua cura dell'insegnamento".

Attendi a te stesso ed all'insegnamento, persevera in queste cose

ossia nei doveri risultanti da questa duplice vigilante cura dell'insegnamento che deve impartire e della santa condotta colla quale lo deve raccomandare:

poichè facendo questo, salverai e te stesso e quelli che ti ascoltano.

Salverai te stesso in quanto che assicurerai la tua finale salvazione. Non già che l'adempimento dei propri doveri costituisca un merito; ma esso fa parte della santificazione che è l'esplicazione della salvazione nell'individuo e la condizione della gloria finale. "Senza la santificazione, niuno vedrà il Signore". "Compiete la vostra salvezza con timore e tremore". Paolo dice di sè: "Macero il mio corpo e lo riduco in servitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato" 1Corinzi 9:27. Cfr. Matteo 7:24-27. Quanto agli uditori, il salvarli torna a dire l'essere strumento per assicurar la loro salvazione spingendoli innanzi e mantenendoli nella via della verità e della santità.

AMMAESTRAMENTI

1. Dalle esortazioni che Paolo rivolge a Timoteo emerge la fisonomia del buon ministro di G. C.

a) Egli è nudrito non di favole ma della verità evangelica; l'ha conosciuta e creduta, l'ha meditata, studiata, se l'è assimilata e seguita a farlo del continuo. Quando non fosse così, egli sarebbe nel caso lamentato da R. Baxter di coloro che diventano predicatori prima di diventar cristiani e quindi adorano un Dio sconosciuto, predicano un Cristo sconosciuto e pregano mediante uno Spirito sconosciuto, e parlano di uno stato di santità e di felicità e di gloria ch'è loro ignoto e tale rimarrà forse per sempre!

b) Il buon ministro non è uno che si gingilli in pratiche esterne anche aventi sapore di ascetismo, o si contenti di riti; egli si esercita nella pietà per crescere nel timore e nell'amor di Dio, nell'ubbidienza alla di lui volontà, in una parola, nella vera vita religiosa. Egli è così in grado di trarre dalla propria esperienza preziosi consigli per i suoi fratelli.

c) Il buon ministro attende alla lettura ed alla spiegazione delle S. Scritture, all'esortazione, all'insegnamento privato e pubblico esponendo ai fratelli la verità e mettendoli in guardia contro all'errore. Egli è ministro della Parola, banditore del Vangelo ed a quest'opera consacra tutto sè stesso, mettendo in attività costante i doni che Dio gli ha concessi, faticando e lottando per rispondere sempre più fedelmente alla vocazione ricevuta.

d) L'insegnamento che egli dà colla parola, lo conferma e lo illustra colla sua vita, col rendersi esempio dei fedeli in ogni cosa. Per tal modo, anche se non ha l'autorità degli anni, niuno sprezzerà la sua giovanezza perchè non gli farà difetto l'autorità morale che si impone alle coscienze. Invece, là dove la vita distrugge quel che la parola edifica, il ministerio resta non solo inefficace ma diventa funesto.

e) Il buon ministro non fatica invano. Mentre coll'adempiere coscienziosamente ai propri doveri, egli rende sicura la propria salvazione, Dio si serve di lui per trarre altri - forse molti altri - a salvazione e questi sono la sua allegrezza e saranno un giorno la sua corona.

2. La pietà non va confusa con certe preoccupazioni che si chiamano religiose. Le favole giudaiche non han che far con essa e lo stesso può dirsi delle leggende dei santi e di tutte le superstizioni che offuscano la mente di tante persone. Le ricerche critiche e storiche, le controversie religiose, le questioni di organizzazione e di politica ecclesiastica possono assorbire le forze d'un uomo senza che ne cresca la sua pietà. D'altra parte la pietà non va confusa con le pratiche religiose che possono ridursi ad un mero formalismo, ad una ginnastica corporale alla quale restano estranei il cuore e lo spirito. La pietà non si nutre di questioni religiose ma di verità fondamentali e vitali. Essa germoglia e cresce sotto i caldi raggi dell'Evangelo della grazia che risponde ai bisogni della mente, del cuore e della coscienza. Essa è fatta non di pratiche ma di convinzioni, di sentimenti e di attività. È ad un tempo fiducia in Dio, timore di offenderlo, amor riconoscente, consacrazione, ubbidienza alla di lui volontà.

Creata dagli influssi dello Spirito di vita, essa non si svolge senza il concorso dell'uomo e richiede quindi esercizio. Si alimenta di verità ed ha bisogno della lettura e della meditazione della Parola di verità; è comunione filiale con Dio ed ha bisogno di preghiera incessante come i polmoni d'aria ossigenata; il peccato la indebolisce e spegne, ha perciò bisogno di vigilanza, di sforzo per tener lontane le concupiscenze che guerreggiano contro l'anima e le seduzioni del mondo; ogni vittoria sul male, ogni atto di ubbidienza a Dio, di servizio al prossimo l'accresce, ed ella deve perciò fortificarsi con un tale esercizio. Anche le pratiche esterne quando siano espressione di sentimenti veri, o atte a fortificarli possono giovare qual disciplina della pietà.

Sorprende il veder Paolo raccomandar la pietà come utile ad ogni cosa. I clamori degli increduli che ne parlano senza saper che cosa ella sia, la rappresentano come assorta nel miraggio di un avvenire problematico, e quindi inutile, anzi nociva alla vita presente. Molti la stimano utile per assicurare una bella morte. Non così Paolo che se ne intendeva e quanti dopo di lui osservano la realtà delle cose. "La pietà, nota il Plummer, è in realtà la più pratica delle cose; rende puro il corpo, illumina e santifica l'intelligenza, fortifica la volontà. Penetra ogni cosa nella vita, i divertimenti come gli affari, le relazioni sociali come la meditazione privata. Domandate ai medici, ai capi d'officina, ai maestri nelle scuole e nelle università, domandate agli uomini di Stato ed ai filosofi; essi vi diranno che in modo generale la persona pia ha il corpo più sano, è il più fedele servitore, lo studente più assiduo al lavoro, il miglior cittadino, l'uomo più felice. Un uomo ch'è formato, riformato dalla religione e ad essa s'informa, farà opera assai più efficace che non lo stesso uomo senza religione... Pietà non è cosa campata in aria e non crea gente che corra dietro a dei fantasmi; non è ostile nè alla gioia, nè allo spiegamento attivo di tutte le capacità. Anzi ella accresce lo splendore di tutto quel ch'è realmente bello nella vita, innalza a maggior potenza tutti i doni e tutte le facoltà naturali... "

Nè può esser altrimenti che utile la pietà quando si consideri che per essa l'uomo rientra in carreggiata dopo essere uscito dalle rotaie. Ciò potrà costargli dei dolori, ma questi non son paragonabili alla intima felicità di sapersi nell'ordine voluto da Dio, avviato sulla strada che lo menerà, nella vita avvenire, alla perfezione dell'essere suo, alla vita eterna.

3. Secondo 1Timoteo 4:13 la lettura delle Scritture in lingua volgare accompagnata dall'insegnamento dottrinale e morale fondato su quelle, costituisce uno degli elementi essenziali del culto cristiano. Da 1Timoteo 2:8 risulta che le preghiere di varia natura costituiscono un secondo elemento e da Colossesi 3:16; Efesini 3:19 impariamo che il canto sacro formava il terzo elemento importante. Mancava il sussidio dell'arte architettonica e musicale, mancava ogni pompa esterna; ma la potenza dello Spirito che si faceva sentire in quelle assemblee bastava a renderle mezzi efficaci di conversione e di edificazione.

4. Sceverando nella consacrazione di Timoteo al ministerio gli elementi straordinari e perciò passeggeri da quelli ordinari che possono servir di norma permanente, vediamo in quella il dono preesistente (nel caso di Timoteo fu accresciuto dallo Spirito nell'atto stesso) e il riconoscimento solenne del dono per parte della chiesa rappresentata dal corpo degli anziani. Le voci profetiche non accompagnano più la consacrazione dei nuovi ministri, ma sempre la devono accompagnare le preghiere dei fedeli.

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