Commentario abbreviato:

Atti 24

1 Capitolo 24

Il discorso di Tertullo contro Paolo At 24:1-9

La difesa di Paolo davanti a Felice At 24:10-21

Felice trema di fronte ai ragionamenti di Paolo At 24:22-27

Versetti 1-9

Vediamo qui l'infelicità dei grandi uomini, ed è una grande infelicità avere i loro servigi lodati oltre misura e non essere mai informati fedelmente dei loro difetti; in questo modo sono induriti e incoraggiati nel male, come Felice. I profeti di Dio sono stati accusati di essere dei perturbatori del paese, e il nostro Signore Gesù Cristo di aver pervertito la nazione; le stesse accuse sono state rivolte a Paolo. Le passioni egoistiche e malvagie degli uomini li spingono ad avanzare, e le grazie e il potere della parola sono stati troppo spesso usati per fuorviare e pregiudicare gli uomini contro la verità. Quanto diversi appariranno i caratteri di Paolo e di Felice nel giorno del giudizio, da come sono stati rappresentati nel discorso di Tertullo! I cristiani non apprezzino gli applausi e non si turbino per le offese di uomini empi, che rappresentano i più vili della razza umana quasi come divinità, e gli eccellenti della terra come pestilenze e promotori di sedizione.

10 Versetti 10-21

Paolo dà un giusto resoconto di sé, che lo scagiona dal crimine, e mostra anche la vera ragione della violenza contro di lui. Non lasciamoci mai allontanare da una strada buona perché ha un nome cattivo. È molto comodo, nel culto di Dio, guardare a lui come al Dio dei nostri padri e non stabilire altra regola di fede o di pratica se non le Scritture. Questo dimostra che ci sarà una risurrezione per un giudizio finale. I profeti e le loro dottrine dovevano essere provati dai loro frutti. L'obiettivo di Paolo era quello di avere una coscienza priva di offese. La sua cura e il suo sforzo erano di astenersi da molte cose e di abbondare in ogni momento negli esercizi della religione, sia verso Dio che verso gli uomini. Se ci viene rimproverato di essere più attivi nelle cose di Dio rispetto ai nostri vicini, cosa rispondiamo? Ci sottraiamo all'accusa? Quanti al mondo preferirebbero essere accusati di qualsiasi debolezza, anzi, persino di malvagità, piuttosto che di un sentimento di amore sincero e fervente verso il Signore Gesù Cristo e di dedizione al suo servizio! Possono forse pensare che Egli li confesserà quando verrà nella sua gloria e davanti agli angeli di Dio? Se c'è uno spettacolo gradito al Dio della nostra salvezza, e uno spettacolo di cui gli angeli si rallegrano, è quello di vedere un devoto seguace del Signore, qui sulla terra, che riconosce di essere colpevole, se è un crimine, di amare il Signore che è morto per lui, con tutto il cuore, l'anima, la mente e la forza. E che non vuole vedere in silenzio la parola di Dio disprezzata o sentire il suo nome profanato; preferisce rischiare il ridicolo e l'odio del mondo, piuttosto che un solo cipiglio da parte di quell'Essere benevolo il cui amore è migliore della vita.

22 Versetti 22-27

L'apostolo ragiona sulla natura e sugli obblighi della giustizia, della temperanza e del giudizio a venire, mostrando così al giudice oppressivo e alla sua amante dissoluta il bisogno di pentimento, di perdono e della grazia del Vangelo. La giustizia riguarda la nostra condotta di vita, in particolare nei confronti degli altri; la temperanza, lo stato e il governo della nostra anima, nei confronti di Dio. Chi non si esercita in questi aspetti non ha né la forma né la forza della pietà e deve essere sommerso dall'ira divina nel giorno dell'apparizione di Dio. La prospettiva del giudizio che verrà è sufficiente a far tremare il cuore più robusto. Felice tremò, ma questo fu tutto. Molti sono spaventati dalla parola di Dio, ma non ne sono cambiati. Molti temono le conseguenze del peccato, eppure continuano ad amarlo e a praticarlo. Negli affari della nostra anima, i ritardi sono pericolosi. Felice rimanda la questione a un momento più opportuno, ma non si accorge che il momento più opportuno è mai arrivato. Ecco, questo è il tempo stabilito; ascoltate la voce del Signore oggi. Aveva fretta di non ascoltare la verità. C'era forse qualcosa di più urgente della riforma della sua condotta o di più importante della salvezza della sua anima? I peccatori spesso si svegliano come un uomo destato dal sonno da un forte rumore, ma presto ricadono nella loro solita sonnolenza. Non lasciatevi ingannare da apparenze occasionali di religione in noi stessi o negli altri. Soprattutto, non scherziamo con la Parola di Dio. Ci aspettiamo che con l'avanzare della vita i nostri cuori si addolciscano o che l'influenza del mondo diminuisca? Non rischiamo forse in questo momento di essere perduti per sempre? Ora è il giorno della salvezza, domani potrebbe essere troppo tardi.

Commentario del Nuovo Testamento:

Atti 24

1 2. Tertullo, l'avvocato d'accusa (Atti 24:1-9)

Cinque giorni appresso

s'intende, da che Paolo avea lasciato Gerusalemme.

Il sommo sacerdote discese

ecc. Paolo è oramai nelle mani dell'autorità romana; il Sinedrio, da giudice che era stato, si costituisce parte civile e manda alcuni dei suoi membri, con a capo il presidente, accompagnati da un avvocato romano per promuovere e sostenere, dinnanzi al governatore, l'azione penale contro l'apostolo. Che volevano essi? Non risulta chiaramente dal discorso dell'avvocato; ma lo possiamo indovinare: volevano l'estradizione dell'accusato; volevano il prigioniero, V'era stato loro tolto senza plausibile motivo. È a questo che mira la tattica giudaica. Difatti, l'avvocato non presenta Paolo (nel modo che s'era fatto altre volte per altri missionari cristiani) come un ribelle politico ed un trasgressore delle leggi dello Stato; ma come capo d'una setta, come uomo turbolento dal punto di vista religioso e come un profanatore del santuario. Delle quali cose tutte il diritto romano non doveva né poteva occuparsi e non aveva nulla di meglio a fare che dire al Sinedrio: - "Questa è la materia vostra! pensateci voi e riprendetevi il vostro accusato!"

2 Tertullo cominciò ad accusarlo dicendo:

Il discorso di Tertullo di cui non abbiamo qui che uno schizzo, è di un'abilità sorprendente. Comincia con delle lodi sperticate ed al tempo stesso basse e vili per un governatore che fu dei più scellerati che mai s'avesse la Giudea; poi esprime il dispiacere di dovere importunare il magistrato con una causa di per sè così semplice e nella quale il magistrato stesso non avea da fare che una cosa: dichiarare la propria incompetenza a giudicarla; e finisce con uno sfacciato appello all'accusato stesso, il quale, dice Tertullo con una disinvoltura più unica che rara, non potrà fare a meno di confermare da se medesimo la verità dei fatti esposti. I capi d'accusa, come risultano dal corpo del discorso, sono i seguenti: immoralità in senso generico (una peste; Atti 23:5); la quale immoralità è definita con tre accuse specifiche:

1) di turbatore dell'ordine pubblico fra i giudei dell'impero (e qui, senza dubbio, Tertullo avrà citato i tumulti di Tessalonica Atti 17:6) e di Efeso (Atti 19:28);

2) di eresia (capo della setta dei Nazarei Atti 18:13);

3) di sacrilegio (profanatore del tempio Atti 21:28-29).

3 Godendo per te di molta pace

Traduciamo meglio: Gli è per te, o eccellentissimo Felice che noi godiamo d'una pace profonda; è alla tua previdenza che questo popolo deve in tutto e per tutto i benefici d'una buona amministrazione; noi lo riconosciamo con viva gratitudine. È vero che Felice avea con provvedimenti energici soffocati i moti dei sicari ed estirpato il brigantaggio che infestava la Palestina (Giuseppe Flavio Antich. 20:8, § 5; Guerre, 11, 13, § 2); ma il sangue era corso a rivi per il paese, e la crudeltà del governatore, anche in coteste occasioni, s'era mostrata efferata, inaudita. Non parliamo poi dei benefici della buona amministrazione di Felice. Due anni dopo il fatto che studiamo, cotesta buona amministrazione dette ai giudei tanto panno da intentare a Felice nientemeno che un processo alla corte imperiale. È la gli sarebbe andata male se non fosse stato per i buoni uffici di Pallas, suo fratello, che era divenuto l'intimo di Nerone, come già era stato l'intimo di Claudio (Giuseppe Flavio Ant. 20:8, § 10).

4 Or acciocchè io non ti dia

ecc. Meglio: Ma io non voglio importunarti troppo a lungo; ti prego soltanto di ascoltarci un istante con la tua bontà abituale. Quest'uomo è una peste; eccita sedizioni fra i giudei del mondo intero, ed è il capo della setta dei Nazarei; l'abbiam, trovato che cercava di profanare il tempio, e l'abbiamo arrestato. Se tu vuoi procedere al suo interrogatorio, potrai dalla sua propria bocca sapere. tutte le cose di cui noi l'accusiamo.

5 Per lo mondo

il mondo è qui l'impero romano, come in Luca 2:1 (tutta la terra).

Capo della setta dei Nazarei.

Letteralmente della eresia dei Nazarei. È la prima volta che si trova questa parola usata come un rimprovero ed un insulto contro i seguaci di Gesù. Fu applicata a Gesù Matteo 2:23; ed i giudei ed i maomettani l'usano anche oggi a designare i cristiani. L'origine di questo appellativo è giudaica. La supposta nascita di Gesù in Nazaret era dai giudei considerata come una prova evidente che Gesù era un falso Messia Giovanni 7:42.

6 Lo volevamo giudicare

Il lettore avrà osservato che nella mia traduzione, che ho a bella posta citata or ora, ho cassato la fine di Atti 24:6, tutto Atti 24:7 ed il principio di Atti 24:8; che ho insomma cassato tutto questo brano: noi lo volevamo giudicare secondo la nostra legge; ma il capitano Lisia, sopraggiunto, con grande sforzo ce lo ha tratto dalle mani e l'ha mandato a te, comandando eziandio che gli accusatori di lui venissero a te. Onde il testo puro del discorso direbbe:... l'abbiam trovato che cercava di profanare i1 tempio, e l'abbiamo arrestato. Se tu vuoi procedere al suo interrogatorio, potrai dalla sua propria bocca ecc. Io considero tutto il passo come spurio; come una interpolazione di qualche copista: ed eccone le ragioni:

1) Il passo, che si legge nel Text. Rec, non si trova che in uno dei manoscritti unciali (E); tutti gli altri (A. B. G. H. ed il Sinaitico) l'omettono. La Vulgata l'ha nelle edizioni stampate; ma in parecchi dei suoi codici non si trova.

2) Nei codici minuscoli che hanno il passo, le varianti sono tante e di tal natura, che dànno subito al passo stesso un carattere sospetto.

3) Se il passo fosse genuino, l'omissione di lui in tanti manoscritti importanti ed autorevoli sarebbe inesplicabile; mentre l'interpolazione si spiega benissimo con la combinazione di Atti 21:32; 23:27,30, che qualche copista ha manipolata e fatta scivolare nel nostro testo.

4) Il Mill, il Bengel, il Griesbach aveano già considerato il passo come spurio; poi, più tardi, il Lachmann e il Tischendorf fecero lo stesso; e i critici e i traduttori moderni, come il Reuss, lo Stapfer, l'Oltramare e la Revised Version del 1884 hanno cassato il passo. Il Segond lo ha, ma in parentesi. Siamo dunque in eccellente compagnia.

5) L'avvocato era troppo furbo per lasciarsi andare a pronunciar le parole del passo che studiamo. Coteste parole implicavano né più né meno che una grave accusa contro un ufficiale superiore; e Tertullo sapeva bene che Lisia e Felice non si sarebbero mai accapigliati fra loro per far comodo ai giudei. Tertullo sapeva bene che Lisia avrebbe protestato forte contro questa critica dei suoi atti e che la fine di tutto l'affare, battendo cotesta via, non sarebbe mai stata l'estradizione immediata di Paolo, che era la sola cosa desiderata dal Sinedrio. Per tutte queste ragioni, il lettore capirà che il passo va addirittura cancellato.

9 Riflessioni

1. Pur troppo è vero; non c'è causa, per pessima che sia, che non trovi un avvocato pronto a difenderla Atti 24:1-2. È storia di tutti i tempi. L'eloquenza è un dono di Dio Esodo 4:11; ma "l'eloquenza in uomo malvagio, dice Sant'Agostino, è da paragonarsi a del veleno in una coppa d'oro". Venga pure il sommo sacerdote col suo Tertullo! Paolo starà loro a fronte con una buona coscienza e con un cuor di credente.

2. "Godendo per te di molta pace" Atti 24:3. Oh l'adulazione!... Quanto grande è la potenza dell'adulazione nel nostro povero mondo corrotto!... Quelli in alto se ne servono per impaniare quelli in basso e per farli servire ai loro fini; quelli in basso, che conoscono questo punto debole di quelli in alto, se ne servono per trarli là dove vogliono.

3. Dite ad un uomo che, come Felice, non cerchi di meglio che di non occuparsi dei propri affari Atti 23:35; ditegli come Tertullo: "Io non voglio troppo a lungo importunarti" Atti 24:4 e l'avrete guadagnato!

4. "Una peste!" Atti 24:5. Lo zelo missionario di Paolo è definito da Tertullo; "irrequietezza di uno spirito sedizioso"; la sua predicazione del Cristo, "una cosa settaria"; tutto il suo lavoro per istabilire il Regno di Dio "un profanare il tempio". Se tali furono le esperienze di Gesù e dei suoi apostoli, perché ci maravigliamo noi quando siam chiamati a passare per la loro stessa trafila? Beati coloro dei quali lo Spirito può dire come di Cristo e di Paolo: "Siete tenuti per impostori, ma pur siete veraci" 2Corinzi 6:9.

5. I giudei dicono: "Amen!" all'edificante discorso di Tertullo Atti 24:9. La menzogna trova sempre più simpatia della verità; ma lasciate pure che migliaia e migliaia di persone simpatizzino con la menzogna; la menzogna rimarrà pur sempre quello ch'ella è: - Menzogna!

10 3. La difesa di Paolo (Atti 24:10-27)

E Paolo... rispose

Paolo, nel suo discorso, ribatte una ad una le accuse dei suoi avversari.

1) Accusa di sedizione.

a) Felice era stato governatore per sette anni e sapeva molto bene quali sedizioni avessero avuto luogo in cotesto tempo; era quindi in grado di saper da sè, che il nome di Paolo non era mai stato implicato in alcuna di coteste sedizioni Atti 24:10.

b) Egli era stato soltanto dodici giorni in Palestina, o almeno in Gerusalemme; e di cotesti dodici giorni, ne avea passati cinque in prigione; quindi, anche se avesse voluto, gli sarebbe mancato il tempo di macchinare delle congiure e delle sedizioni Atti 24:11.

c) Era venuto con lo scopo precipuo di adorare e non per quello di impegnarsi in discussioni, in lotte, o di far gente per le sinagoghe o per la città Atti 24:12-13.

2) Accusa di eresia. Egli professava, è vero, la dottrina che essi chiamano setta Atti 24:14; era insomma un cristiano, ma adorava Jahveh, credeva in tutte le cose scritte nella legge e nei profeti né più né meno che i suoi accusatori, e credeva in modo tutto speciale nella dottrina della risurrezione, che era una dottrina giudaica, per quanto i sadducei la negassero. Egli aveva agito coscienziosamente e domandava per sè e per la sua fede la stessa tolleranza, che era accordata alle altre sette fra i giudei. Era venuto a portare delle elemosine alla sua nazione, ai giudei, e non a ferire le loro suscettibilità religiose Atti 24:14-17.

3) Accusa di sacrilegio. Egli era nel tempio, purificato e nell'atto stesso di esercitare una parte del culto mosaico, perché era occupato nelle cerimonie del nazareato Atti 24:18.

4) Egli domanda che quelli i quali hanno visto il suo delitto, se ve ne sono, domanda che i giudei dell'Asia, insomma, vengano essi stessi a stargli a fronte Atti 25:16; o che almeno i suoi accusatori che sono presenti, citino delle prove di fatto e non stiano lì a ripetere delle accuse che hanno soltanto "sentito dire". Di lui essi non poteano dir altro che l'aveano udito dichiarare ch'ei credeva nella dottrina della risurrezione.

Sapendo che tu già da molti anni...

Felice si trovava allora nell'ottavo anno della sua magistratura: e questo tempo doveva essergli bastato ad acquistare una sufficiente conoscenza dello stato delle cose e degli spiriti in Palestina ed a metterlo in grado di non lasciarsi subornare da insinuazioni dettate dal fanatismo o dalla mala fede.

11 Dodici giorni

Primo giorno: arrivo in Gerusalemme;

2ndo: visita agli anziani;

3zo: principio dei sette giorni della purificazione;

4to, 5to, 6to, 7mo: i sette giorni quasi finiti, e l'arresto; 8vo: dinnanzi al Sinedrio; 9no: congiura; partenza per Cesarea; 10mo. dinnanzi a Felice; 11mo e 12mo: nel pretorio; 13mo: processo nel quinto giorno dalla sua partenza da Gerusalemme Atti 24:1.

Per adorare

Vedi difatti, Atti 20:16.

13 Neanche possono provare...

Paolo respinge le accuse e chiede delle prove di fatto.

14 Che secondo la professione ch'essi chiamano setta.

Letteralm. Che secondo la via ch'essi chiamano eresia. Per la via, nel senso di dottrina, di fede cristiana vedi Atti 9:2; 19:9,23; 22:4, e più sotto in Atti 24:22. La parola eresia ( ἁιρεσις) è la stessa che in Atti 24:5.

Nella legge e nei profeti.

E la formula che esprime tutto quanto l'Antico T. Paolo dunque non ha abbandonato la fede dei padri.

15 La risurrezione dei morti

Quel dei morti manca nei codici migliori, e va cassato.

La quale essi ancora aspettano.

Paolo, accusato di eresia, era invece più ortodosso dei sadducei, che negavano questa dottrina cardinale della teologia giudaica.

16 Coscienza senza offesa

e una coscienza illibata e pura. La fede nella risurrezione trae Paolo a vivere santamente nella presenza di Dio e degli uomini, pensando sempre che da un momento all'altro potrebbe sonar per lui l'ora solenne del redde rationem.

17 In capo a molti anni

Dopo un'assenza di vari anni... Tre anni almeno erano scorsi dall'ultima sua visita a Gerusalemme; e cotesta visita era stata brevissima Atti 18:22.

Per far limosine ed offerte...

Quanto alle elemosine, notiamo che questa è la sola menzione che troviamo nei Fatti, di somme collettate da Paolo fra le chiese sorte in seno al paganesimo; ma nelle lettere apostoliche cotesta menzione è frequente. Vedi Romani 15:25-26; 1Corinzi 16:1-4; 2Corinzi 8:1-4. Le offerte si riferiscono ai sacrifici richiesti dal voto di nazareato che Paolo avea contratto; difatti, coteste offerte si connettono a quanto è detto dopo in Atti 24:18, relativamente alla purificazione.

18 Le quali facendo...

Meglio: È in coteste circostanze che certi giudei, venuti dall'Asia, m'hanno trovato nel tempio, occupato in purificazioni e non in un assembramento o in un tumulto. È toccava a loro a comparire dinnanzi a te e ad accusarmi, se pur aveano qualche cosa da rimproverarmi; ovvero, che lo dicano questi qui di qual delitto m'hanno trovato colpevole, quand'io comparvi dinnanzi al Sinedrio; a meno che non mi faccian carico di questa parola soltanto che ho pronunciata dinnanzi alla loro assemblea: - "Egli è per la risurrezione dei morti, ch'io son oggi chiamato in giudicio dinnanzi a voi!"

Alcuni Giudei dell'Asia

Alcuni giudei venuti dall'Asia. Perché, chiede Paolo, questi giudei venuti dall'Asia, che furono i veri autori d'ogni disturbo, perché non son essi qui ad accusarmi? Perché se ne stanno essi nell'ombra e temono le conseguenze di quello che hanno fatto? Atti 21:26-27 L'accusato ha il diritto di esser messo in faccia dei suoi accusatori.

21 Io son oggi giudicato da voi...

Vedi Atti 23:6.

22 Or Felice, udite queste cose

ecc. Traduci meglio così: Felice, che sapeva assai esattamente di che dottrina si trattasse, aggiornò la causa, dicendo: "Quando sarà giunto qui il tribuno Lisia, esaminerò a fondo l'affar vostro". Intanto, comandò al centurione di tener Paolo in custodia; ma di usargli dei riguardi, e di non impedire ad alcuno dei suoi di rendergli dei servigi.

Di questa professione

L'originale anche qui ha: di questa via. Vedi Atti 9:2. La traduzione ch'io propongo, e che è consigliata dal Crisostomo, da Erasmo, da Lutero, da Michaelis, dal Wetstein, dal Meyer e dai migliori interpreti moderni, rende più esattamente l'idea dell'originale e risponde meglio alla realtà delle cose. Felice era stato abbastanza lungamente in Giudea per sapere chi fossero i cristiani e che cosa credessero; e poi, in Cesarea stessa c'era una comunità cristiana; quindi, ei non poteva essere ignorante delle cose, cristiane come Festo, per esempio Atti 25:19. Ond'è ch'ei non si lascia imporre dalle recriminazioni dei giudei e non cede loro il carcerato. Ma neppure lo mette in libertà, perché non vuole incorrere negli effetti della loro collera. Egli avea bisogno di tenersi nelle buone grazie dei giudei; avea bisogno del loro favore: quindi prende a pretesto la necessità di udire il tribuno Lisia che non vedremo più comparire sulla scena, e pronuncia la formula: Amplius; vale a dire, aggiorna la causa ed il giudizio. Paolo è tuttavia trattato con dei riguardi speciali; ei rimane prigioniero, ma nel palazzo del prefetto, ed è libero di ricevere gli amici che vuole.

23 Di servirlo o di venire a lui

Quell'o di venire a lui manca nei codici più autorevoli, e va tolto. Il di servirlo credo sia reso in modo migliore, dicendo: di rendergli dei servigi.

24 Felice venuto con Drusilla...

Per Felice, vedi Atti 23:26. Drusilla era figlia di Erode Agrippa I e sorella di Erode Agrippa II Atti25:13. Il nome Drusilla è un diminutivo di Druso; e siccome Drusilla si chiamava anche una sorella di Caligola, possiamo da questo fatto arguire che ci dovette essere qualche intimità fra il padre della nostra e cotesto imperatore. La Drusilla del nostro testo aveva sei anni quando le morì il padre. Fu più tardi fidanzata ad Epifane, il figliuolo del re Antioco; e il matrimonio era fissato a condizione che Epifane si facesse israelita: il che non avendo egli poi, voluto fare, il fidanzamento andò in fumo. Poi, suo fratello Agrippa II la dette in matrimonio ad Aziz, re di Emesa, il quale, per averla, si fece circoncidere. Quando Felice la vide, se ne innamorò perdutamente e si servì di un certo mago giudeo che si chiamava Simone, e che taluno ha voluto identificare con Simon Mago di Samaria Atti 8:9, per persuaderla ad abbandonare il suo legittimo marito e ad unirsi a lui. Drusilla, per finirla con le invidie di sua sorella Bernice Atti 25:13 che la trattava male perché era gelosa della straordinaria bellezza di lei, "si lasciò persuadere, dice Giuseppe Flavio, a trasgredire le leggi dei suoi antenati ed a sposare Felice" (Gius., Fl. Antich., xx. 7: § 1:2). Il matrimonio fu fatto in base alle leggi romane sul divorzio; e da questo connubio nacque un figlio che si chiamò Agrippa, il quale perì con sua madre nella eruzione del Vesuvio dell'anno 79 (Giuseppe Flavio Antich. 19:7; 20:5).

Mandò a chiamar Paolo.

Felice era superstizioso e forse la parola di Paolo relativa "alla risurrezione tanto dei giusti quanto degli ingiusti" Atti 24:15, l'aveva un po' turbato. Drusilla poi, curiosa:, come furon sempre curiosi gli Erodi Marco 6:20; Luca 23:8, ebbe desiderio di vedere e di udire Paolo, questo cittadino romano e patriota giudeo, che s'era fatto cristiano.

Intorno alla fede in Cristo Gesù.

Il testo puro, secondo i codici migliori, dice: intorno alla fede in Cristo.

25 Della giustizia e della temperanza e del giudizio a venire

Della giustizia; del vivere giustamente. È la parola che riassume tutti i nostri doveri verso il prossimo Tito 2:12. Paolo mette un dito sopra una piaga sanguinolenta della coscienza di Felice. Felice avea fatto assassinare un sommo sacerdote, si facea comprare a danaro sonante, esercitava un potere tirannico, ed era noto per ogni sorta di sevizie e di libidini: "per omnen saevitiam et libidinem" dice Tacito (Hist. v, 9). Della temperanza, che include la continenza, la castità, e tutti i doveri che si riferiscono a noi medesimi Tito 2:12. Felice era uomo corrotto: il "per omnem libidinem" di Tacito dice ogni cosa; e la presenza di Drusilla, donna anch'ella di costumi corrotti, spiega l'opportunità della predicazione di Paolo. Del giudizio a venire, del momento solenne in cui ogni creatura sarà chiamata a render conto dei fatti suoi al Giudice supremo. Quale impressione deve aver fatto questa parola nel cuore d'un uomo avaro, corrotto e scellerato! È l'impressione ch'ella vi fece, è descritta tutta qui in questa frase:

Felice, tutto spaventato, rispose.

Tutto spaventato. Volesse Iddio che fosse stato quello spavento salutare d'una coscienza spiritualmente risvegliata, che conduce alla croce di Gesù! Purtroppo ei non era che spavento, frutto di una codarda superstizione.

26 Sperando insieme ancora che gli sarebbero dati dei danari da Paolo acciocchè lo liberasse

Le parole acciocchè lo liberasse vanno cassate, perché non sono che una interpolazione spiegativa di qualche copista. Esse mancano nei codici più autorevoli (A. B. C. E., nel Sinaitico e nella Vulgata). Non si trovano che in G. ed H. Felice era avaro; ogni cosa avrebbe fatto pur di guadagnar dei quattrini. Sapeva che Paolo aveva molti amici, che avea portato del danaro dall'estero Atti 24:17 e chi sa che cosa si aspettava da lui in barba alla Lex Júlia, De repelundis, che gli proibiva severamente di ricevere, sotto alcuna forma, del denaro per l'arresto, la condanna o la liberazione di un individuo?

27 Ora in capo di due anni

Per due anni l'apostolo fu tenuto in prigione; in libera custodia, ma rinchiuso nel pretorio Atti 24:23. Di questo periodo di tempo della vita dell'apostolo, nulla si sa con certezza. Alcuni suppongono che Luca fosse con lui, e che dalle sue conversazioni con lui ei ricavasse i materiali che gli servirono poi a tessere la storia dell'attività apostolica di Paolo che abbiamo, tramandata fino a noi, nel libro dei Fatti che studiamo. Altri credono che Paolo, in questi due anni, scrivesse alcune delle sue lettere; fra, le quali sarebbero quelle agli efesini, ai colossesi ed a Filemone. Così il Reuss, il Meyer, l'Hausrath, l'Hilgenfeld ed il Weiss.

Felice ebbe per successore.

Fu Nerone che richiamò Felice, indotto dai continui lamenti ch'ei riceveva dai giudei per l'avarizia, la crudeltà e la tirannia di lui. I giudei che aveano Felice sulle corna, avrebbero potuto fargli un mondo di male presso l'imperatore; quindi è, ch'ei cerca d'ingrazionirsi con loro il più che possa:

e lascia Paolo in prigione

togliendogli, naturalmente, anche quel po' di libertà che aveva Atti 24:23. Ogni stratagemma fu però vano. Giunto a Roma, Felice perdette la sua provincia, e dovette ringraziare suo fratello Pallas, se non gli toccò di peggio.

Porcio Festo

gli succedette nel 60, e morì dopo due anni di governo. Giuseppe Flavio (Guerre 11, 14, § 1) ne parla come di uno dei migliori procuratori che mai s'avesse la Giudea. Albino gli succedette nell'autunno del 62 e fu un governatore tiranno e scellerato dello stampo di Felice. Quando udì che gli aveano designato Gessio Floro per succedergli allo scopo di accaparrarsi l'affetto dei giudei, fece il rovescio di Felice; dette la via a tutti i prigionieri di Stato.

Riflessioni

1. Il discorso di Paolo Atti 24:10-21 è un discorso calmo, nobile, rispettoso, sincero, fedele. Come differente da quello di Tertullo! Paolo non incensa gli scellerati; rivolgendosi a, Felice, lo tratta con rispetto Atti 24:10, perché Felice impersona un'autorità costituita; una di quelle autorità, che in se stesse ed astrazion fatta dalle persone che possono empiamente rappresentarle, sono cosa di Dio Romani 13:1-2. Paolo esprime modestamente il suo rispetto per la dignità del giudice; espone con brevità e con verità il suo caso; nega con calma la validità delle accuse che gli son mosse, ed afferma, sempre e con calma, ch'egli è nel vero; domanda con la energia che dà una coscienza pura, che si facciano delle investigazioni, che si diano delle prove dei delitti, dei quali lo si vuol tenere responsabile; dice quale sia la ragione ultima di tutto questo attacco; e in mezzo alla sua difesa personale non dimentica che nella sua causa sono implicati la causa di Dio e l'onor dell'Evangelo; e trova modo di rendere una stupenda ed energica testimonianza a quella fede, che oramai è diventata vita della sua vita.

2. Tertullo l'ha chiamato "il capo della eresia dei Nazareni" Atti 24:5. Paolo dunque è un eretico!! "Ma no, ch'io nol sono, ei risponde; perché il cristianesimo che io professo, non è un qualcosa di nuovo che noi abbiamo introdotto; e la Chiesa di Dio alla quale io appartengo, non ha apostatato dalla fede dei padri, perché l'Evangelo che ne è l'anima, fu l'oggetto e lo scopo di tutta quanta l'antica alleanza. Io adoro l'Iddio dei padri miei, credo a tutte le cose scritte nella legge e nei profeti, e la risurrezione che è dogma cardinale della fede israelitica, quella risurrezione che molti d'infra voi negano, io la tengo qui nel cuore come una speranza cara e santificante Atti 24:14-15. - In tutti i tempi, e anche al dì d'oggi, s'è buttata e si butta in faccia agli evangelici, vale a dire, ai cristiani secondo l'evangelo, l'odiosa parola che Tertullo gettava in faccia a Paolo: Eretici! Apostati! E s'ha un bel dire che noi non abbiamo rinnegata la fede dei padri, ma che la riteniamo tale e quale, com'essi la professarono; tale e quale i sacri libri l'hanno insegnata a loro, e la insegnano a noi; s'ha un bel dire che l'apostata non è l'evangelico che crede nella legge, nei profeti e nel Nuovo T., ma il cattolico romano che crede a un mondo di cose, delle quali i padri nostri non ebbero la minima idea; s'ha un bel dire: - "Ecco qua; prendete il cosiddetto "simbolo apostolico"; prendete gli evangeli, le lettere apostoliche; tutto questo è a comune fra voi, e apostoliche cattolici romani, e noi evangelici; e questo non ci divide; ci unisce, anzi; quello che ci divide sono le nuove istituzioni, le nuove dottrine, le nuove superstizioni che, nell'atmosfera viziata della chiesa romana, son venute fuori come tante escrescenze morbose a deturpare il bell'albero della fede cristiana. A tutte coteste cose, Paolo, Pietro, Giacomo, Giovanni, tutti i santi che adorate sui vostri altari, non credettero mai; né ci potevano credere, poichè non esistevano; eppure, voi ritenete, come riteniamo noi, che furono salvi. È se furono ortodossi loro, perché saremmo eretici noi che crediamo come loro? E se furon salvi loro perché saremmo perduti noi?!..." - Ditele pure tutte coteste cose; ditele, sfiatatevi per farle capire a chi vi dà dell'eretico; sarà fiato buttato via. Finché dura questa fenomenale ignoranza della Parola di Dio, in Italia, gli eretici saranno Paolo ed i credenti dello stampo di Paolo; gli ortodossi saranno quelli che accendono le lampade dinnanzi alle madonne ed ai santi; che credono all'infallibilità del papa e centellinano il Sillabo come se fosse del vin puro e prelibato.

3. Io mi sforzo d'aver del continuo una coscienza pura dinnanzi a Dio e dinnanzi agli uomini" Atti 24:16. La religione ha dunque per Paolo un effetto pratico e santificante. La religione che non ci fa buoni, onesti, non è religione: è una parola vuota di senso; è un'ombra senza realtà corrispondente. Anche questo dicono di noi; che bociamo "fede, fede, fede" e che viviamo come ci pare. "Nossignori! D'una fede che dia il triste privilegio di peccare impunemente, noi non sappiamo che farci; noi vogliamo ed abbiamo la fede di Paolo; la fede in Gesù morto per noi, risuscitato per noi e per noi seduto alla destra di Dio, come nostro unico ma onnipotente intercessore; la fede che purifica il cuore Atti 5:9; quel cuore, d'onde sgorgano le sorgenti della vita morale Proverbi 4:23; Matteo 12:35.

4. Felice è il vero tipo dell'uomo mondano Atti 24:22; del l'uomo che sa molto bene di che si tratta, quando gli si parla dei Vangelo ma che nondimeno, se si occupa delle cose di Dio, lo fa tanto per fare; per curiosità, come Felice: ma non apre il cuore alla benefica influenza dello Spirito di Dio. Cotesta gente vuol parere imparziale, spregiudicata quando tratta con voi; ma, in fondo in fondo, non mira che ad una cosa; a fare il proprio interesse. Da cotesta gente bisogna guardarsi; e quando ci troviamo dinnanzi a lei, bisogna domandare a Dio che anche a noi faccia la grazia, come la fece a Paolo, di non essere né troppo creduli, né troppo timidi.

5. Paolo ha dinnanzi a sè un romano libertino ed una la sciva principessa giudaica. Ed a cotesta coppia ei non mostra la via della vita più larga e comoda di quello ch'ella sia in realtà; non le "solletica le orecchie", come avrebbe fatto un falso profeta; non chiude gli occhi per non notare le magagne della vita scandalosa dei suoi due uditori, ma, prima di annunziar loro l'evangelo della grazia, adopera, con santo ed ispirato tatto, la divina sferza della legge. Il dirlo, è facile a me che commento, ed a te che mi leggi; il farlo, per Paolo, era pericolosa; ma gli uomini della tempra di Giovanni Battista Marco 6:18,27-28 e di Paolo, muoiono, se occorra, ma stanno fedeli alla loro missione!

6. Com'è grande la potenza della parola di Dio!... Salmi 119:102; Ebrei 4:12-13 Ella spaventa Felice! Atti 24:25. Felice era uno scellerato, non c'è dubbio; eppure, in quello scellerato, c'è ancora qualcosa di buono. Questo almeno c'è ancora; che, colto nel vivo egli è suscettibile ancora d'un senso di vergogna. Oh se avesse lasciato operar liberamente quella grazia di Dio, che lo scoteva nell'intimo della coscienza! Te beato, o Felice, se, in quell'ora solenne in cui Paolo ti parlava, tu avessi riconosciuto la misericordiosa visita dell'Eterno!...

7. Invece, un'altra volta!... Atti 24:25, risponde Felice: un'altra volta, quando mi sarà più comodo, ti manderò a chiamare! Ora! dice l'Eterno; e Satana sussurra al cuor del mortale: "Rispondi: domani! Domani!" Ma il domani è egli poi sicuro che spunterà per noi? E se spunterà, chi ci dice se il domani non ci troverà più d'oggi abituati al male e quindi meno che mai disposti a rispondere all'invito divino? E perché rimettere ad un incerto domani il gaudio di quei beni ineffabili che Dio ci vuol dare quest'oggi? Lettore! ricordatelo; l'ieri non è più tuo; è del passato; il domani è di Dio; tuo è appena quell'oggi, che fugge come un'ombra. Quando Iddio ti chiama, io ti scongiuro: non rispondere come Felice: rispondi come Abrahamo: - "Eccomi!" Genesi 22:1; rispondi come Samuele: "Parla, il tuo servitore ascolta!" 1Samuele 3:10.

8. Guai al paese in cui l'amor del danaro acceca i governanti e il tempio della giustizia diviene un mercato! Atti 24:26.

9. Vedeteli i figliuoli di Dio! Giuseppe è in carcere; Mosè, nel deserto; Davide, per i monti; Elia, presso al torrente Cherit; il Battista, in prigione; Paolo in prigione Atti 24:27; Giovanni, nell'isola di Patmos; Lutero, nella Wartburg; come spesso la croce è posta sulle loro spalle; e quanto tempo passa, sovente, prima che la croce sia loro tolta d'addosso! Ma con la croce sulle spalle e sulla via del dolore, i figliuoli di Dio imparano più che mai l'ubbidienza; ed il frutto dei loro dolori è un tesoro per la Chiesa.

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