Commentario abbreviato:

Matteo 11

1 Capitolo 11

La predicazione di Cristo Mt 11:1

La risposta di Cristo ai discepoli di Giovanni Mt 11:2-6

La testimonianza di Cristo a Giovanni Battista Mt 11:7-15

La perversità dei Giudei Mt 11:16-24

Il Vangelo rivelato ai semplici. Gli affaticati invitati Mt 11:25-30

Versetto 1

Il nostro Divino Redentore non si è mai stancato del suo lavoro d'amore; e noi non dobbiamo stancarci di fare il bene, perché a tempo debito raccoglieremo, se non ci stanchiamo.

2 Versetti 2-6

Alcuni pensano che Giovanni abbia inviato questa inchiesta per la propria soddisfazione. Quando c'è vera fede, può esserci un misto di incredulità. L'incredulità residua degli uomini buoni può talvolta, nell'ora della tentazione, mettere in discussione le verità più importanti. Ma speriamo che la fede di Giovanni non sia venuta meno in questo caso, e che egli abbia solo desiderato che fosse rafforzata e confermata. Altri pensano che Giovanni abbia mandato i suoi discepoli da Cristo per soddisfarli. Cristo indica loro ciò che hanno udito e visto. Le graziose condiscendenze e compassioni di Cristo verso i poveri mostrano che era lui a portare al mondo le tenere misericordie del nostro Dio. Le cose che gli uomini vedono e sentono, se confrontate con le Scritture, indicano in che modo si trova la salvezza. È difficile vincere i pregiudizi e pericoloso non vincerli; ma coloro che credono in Cristo, la loro fede sarà tanto più lodata, onorata e glorificata.

7 Versetti 7-15

Ciò che Cristo disse di Giovanni non era solo a sua lode, ma anche a beneficio del popolo. Coloro che seguono la parola saranno chiamati a rendere conto dei loro miglioramenti. Pensiamo che quando il sermone è finito, la cura sia finita? No, allora inizia la cura più grande. Giovanni era un uomo abnegato, morto a tutti gli orpelli del mondo e ai piaceri del senso. Le persone, in tutte le loro apparenze, devono essere coerenti con il loro carattere e la loro situazione. Giovanni era un uomo grande e buono, ma non perfetto; per questo era inferiore ai santi glorificati. Il più piccolo in cielo sa di più, ama di più, fa di più per lodare Dio e riceve di più da Lui, rispetto al più grande in questo mondo. Ma per regno dei cieli qui si intende piuttosto il regno della grazia, la dispensazione del Vangelo nella sua potenza e purezza. Quale ragione abbiamo di essere grati che la nostra sorte sia gettata nei giorni del regno dei cieli, sotto tali vantaggi di luce e di amore! Moltissime persone furono influenzate dal ministero di Giovanni e divennero suoi discepoli. E quelli che si sforzavano di avere un posto in questo regno, che si pensava non avessero alcun diritto o titolo per ottenerlo, sembravano degli intrusi. Questo ci mostra quale fervore e zelo siano richiesti a tutti. L'io deve essere rinnegato; la piega, la struttura e il temperamento della mente devono essere modificati. Chi vuole avere un interesse nella grande salvezza, lo avrà a qualsiasi condizione, non la riterrà difficile e non abbandonerà la presa senza una benedizione. Le cose di Dio sono di grande e comune interesse. Dio non ci chiede altro che il giusto uso delle facoltà che ci ha dato. Gli uomini sono ignoranti perché non vogliono imparare.

16 Versetti 16-24

Cristo riflette sugli scribi e sui farisei, che avevano una superba presunzione di sé. Egli paragona il loro comportamento al gioco dei bambini, i quali, essendo irascibili senza motivo, litigano con tutti i tentativi dei loro compagni di compiacerli o di farli partecipare ai giochi per i quali erano soliti riunirsi. Le critiche degli uomini di mondo sono spesso molto insignificanti e mostrano una grande malizia. Hanno qualcosa da recriminare contro chiunque, per quanto eccellente e santo. Cristo, che era immacolato e separato dai peccatori, viene qui rappresentato in combutta con loro e da loro inquinato. L'innocenza più incontaminata non sarà sempre una difesa contro il rimprovero. Cristo sapeva che i cuori dei Giudei erano più aspri e induriti contro i suoi miracoli e le sue dottrine di quanto lo fossero quelli di Tiro e Sidone; perciò la loro condanna sarebbe stata maggiore. Il Signore esercita il suo potere onnipotente, ma non punisce nessuno più di quanto meriti e non nega mai la conoscenza della verità a coloro che la desiderano.

25 Versetti 25-30

Essere riconoscenti è da bambini. Quando ci rivolgiamo a Dio come a un Padre, dobbiamo ricordare che è il Signore del cielo e della terra, il che ci obbliga a rivolgerci a lui con riverenza come al sovrano Signore di tutto, ma anche con fiducia, come colui che è in grado di difenderci dal male e di rifornirci di ogni bene. Il nostro benedetto Signore aggiunse una notevole dichiarazione: il Padre aveva consegnato nelle sue mani ogni potere, autorità e giudizio. Siamo in debito con Cristo per tutta la rivelazione che abbiamo della volontà e dell'amore di Dio Padre, da quando Adamo ha peccato. Il nostro Salvatore ha invitato tutti coloro che si affaticano e sono oppressi a venire a lui. In un certo senso tutti gli uomini sono così. Gli uomini mondani si affaticano con le loro infruttuose preoccupazioni per la ricchezza e gli onori; i gaudenti e i sensuali si affannano alla ricerca di piaceri; lo schiavo di Satana e delle sue stesse passioni è il più misero fannullone della terra. Anche coloro che si affannano per stabilire la propria giustizia si affannano invano. Il peccatore convinto è carico di colpa e di terrore; il credente tentato e afflitto ha fatiche e pesi. Cristo invita tutti a venire a lui per riposare le loro anime. Solo lui dà questo invito; gli uomini vengono a lui quando, sentendo la loro colpa e la loro miseria e credendo nel suo amore e nel suo potere di aiutare, lo cercano con una fervente preghiera. È quindi dovere e interesse dei peccatori stanchi e pesanti venire a Gesù Cristo. Questo è l'appello del Vangelo: chi vuole, venga. Tutti coloro che vengono riceveranno il riposo come dono di Cristo e otterranno pace e conforto nei loro cuori. Ma nel venire a lui devono prendere il suo giogo e sottomettersi alla sua autorità. Devono imparare da lui tutto ciò che riguarda il loro conforto e la loro obbedienza. Egli accetta il servo volenteroso, per quanto imperfetto sia il suo servizio. Qui possiamo trovare riposo per le nostre anime, e solo qui. Non dobbiamo temere il suo giogo. I suoi comandamenti sono santi, giusti e buoni. Richiede abnegazione ed espone a difficoltà, ma ciò è abbondantemente ripagato, anche in questo mondo, da pace e gioia interiori. È un giogo rivestito d'amore. Sono così potenti gli aiuti che ci dà, così adeguati gli incoraggiamenti e così forti le consolazioni che si trovano nella via del dovere, che possiamo davvero dire che è un giogo piacevole. La via del dovere è la via del riposo. Le verità insegnate da Cristo sono tali da poter far correre le nostre anime. Questa è la misericordia del Redentore; e perché mai il peccatore affaticato e oppresso dovrebbe cercare riposo da altre parti? Veniamo a Lui ogni giorno, per essere liberati dall'ira e dalla colpa, dal peccato e da Satana, da tutte le nostre preoccupazioni, paure e dolori. Ma l'obbedienza forzata, lungi dall'essere facile e leggera, è un fardello pesante. Invano ci avviciniamo a Gesù con le labbra, mentre il cuore è lontano da Lui. Allora venite a Gesù per trovare riposo per le vostre anime.

Commentario del Nuovo Testamento:

Matteo 11

1 CAPO 11 - ANALISI

1. Nell'assenza dei suoi Apostoli, Gesù fa un altro viaggio in Galilea. Gesù avendo scelto dodici Apostoli, e dato loro istruzioni applicabili a loro stessi direttamente, quindi a coloro che li seguirebbero nel ministero evangelico, affidò loro una speciale missione; e mentre essi percorrevano una parte del paese, egli stesso insegnava e predicava in un'altra. Chi bada principalmente ad armonizzare la cronologia dei Vangeli suppone che questo sia il terzo giro che Gesù fece da Capernaum nella Galilea, e che, durante questo viaggio, egli visitasse Nain, perché in Luca 7, il messaggio ch'egli ricevette dal Battista tiene dietro immediatamente alla visita ch'egli fece a questa città Matteo 11:1.

2. Messaggio di Giovanni Battista a Cristo. Dalla sua prigione di, Macheronte, sulla sponda orientale del Giordano, Giovanni mandò due dei suoi discepoli con un messaggio a Gesù. Gli uni suppongono che li inviasse a Gesù, affinché lo riconoscessero come l'Agnello di Dio,», e lo seguissero, come avevano fatto Andrea e Giovanni di Zebedeo Giovanni 1:35-40. Secondo altri la prigionia in cui geme il Precursore può aver momentaneamente oscurato la sua fede in Gesù qual Messia. Da ciò il messaggio Matteo 11:2-6.

3. Testimonianza di Cristo intorno al suo precursore. A cancellare l'impressione prodotta, dal dubbio di Giovanni, Gesù dichiara che nell'antica economia alla quale il Battista tuttora apparteneva non era mai sorto profeta alcuno più grande di lui e che esso era veramente l'Elia annunziato da Malachia, e che doveva essere il precursore del Messia. Eppure Gesù dice che il meno istruito del suo popolo, sotto l'economia evangelica, gode più alti vantaggi che il Battista Matteo 11:7-15.

4. Parabola dei fanciulli sul mercato. Essa fa vedere la maniera in cui la nazione d'Israele aveva ricevuto il ministero di Giovanni e di Gesù stesso. Gli Ebrei hanno condannato l'ascetismo di Giovanni, ma quando il Cristo si presenta senza esser legato da voti nazirei di astinenza dalla carne, e dal vino, come il suo precursore, essi reagiscono più ancora contro di lui Matteo 11:16-19.

5. Pericolo di trascurare la grande salvazione. Siccome l'atto di respingere Cristo, malgrado tutte le opere prodigiose che egli aveva fatte in mezzo a loro, sembra aver caratterizzato in special modo gli abitanti di Capernaum e delle piccole città di Betsaida e Chorazin nelle sue vicinanze, Gesù li ammonisce solennemente del pericolo a cui vanno incontro, col provocare una condanna più severa di quella riserbata ai più corrotti pagani Matteo 11:20-24.

6. Gioia del Salvatore e sua fiducia, nella sovranità del Padre suo. La reiezione del vangelo da parte di coloro che gli Ebrei tenevano in conto di «saggi e prudenti», e la sua accettazione da parte di quelli che essi spregiavano come ignoranti e privi d'influenza, vengono dal Signore direttamente attribuiti alla sapienza del Padre suo celeste, e con gioia e riconoscenza egli ne accetta la suprema volontà; e con profonda simpatia egli rivolge i suoi inviti a tutti coloro che, gemendo sotto il giogo della legge o dei loro peccati, desiderano di esserne liberati Matteo 11:25-30.

Matteo 11:1-19. MESSAGGIO DEL BATTISTA, E RISPOSTA DI CRISTO. TESTIMONIANZA IN CRISTO ALLA FEDELTÀ DEL SUO PRECURSORE GIOVANNI Luca 7:18-35

1. Ed avvenne che quando ebbe finito di dar le sue istruzioni a' suoi dodici discepoli, Gesù si partì di là, per insegnare, e predicare nelle loro città.

La separazione di questo versetto dal cap. 10. a cui esso evidentemente appartiene, produce una confusione cronologica, col far si che questo versetto sembri fissare la data di ciò che segue subito dopo, riguardo al Battista, mentre esso non è che la naturale conclusione di ciò che precede. Vi si espone il modo in cui nostro Signore spese il suo tempo, mentre aspettava il ritorno dei dodici apostoli.

Al vers. 2 comincia un fatto del tutto nuovo, senza alcuna indicazione cronologica. Gesù, non volendo che l'assenza dei suoi apostoli interrompesse le sue fatiche, andò egli stesso a predicare in quelle città ch'essi non dovevano visitare. In questo viaggio missionario egli fu probabilmente accompagnato da alcuni di quei settanta discepoli, ai quali diede più tardi un mandato simile a quello degli apostoli. È impossibile accertare se in questa occasione egli visitasse Nain, e risuscitasse il figlio della vedova, o solamente visitasse alcune città che fino allora non aveva potuto visitare, o nelle quali non aveva avuto il tempo di predicare. Il viaggio degli apostoli durò almeno parecchie settimane. I soli mezzi che abbiamo per determinare il posto da assegnarsi al messaggio di Giovanni nel ministerio di Cristo sono: che il nostro Evangelista e Marco lo pongono dopo la partenza degli apostoli, mentre Luca lo colloca dopo la visita di Gesù a Nain.

PASSI PARALLELI

Matteo 8:5-6; 18:3-6,10,14; 25:40; Zaccaria 13:7; Marco 9:42; Luca 17:2; 1Corinzi 8:10-13

Marco 9:41; 12:42-43; 14:7-8; 2Corinzi 8:12

Proverbi 24:14; Luca 6:35; 2Corinzi 9:6-15; Filippesi 4:15-19; Ebrei 6:10

2 2. Or Giovanni avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo,

Erode Antipa, Tetrarca di Galilea Vedi Note "Luca 3:1", irritato per la franchezza con cui Giovanni Battista lo riprendeva per la relazione adultera tenuta colla sua cognata Erodiade, l'incarcerò nel castello di Macheronte, che era posto all'estremità settentrionale del Mar Morto, al confine meridionale della Perea Vedi Flavio, Antiq. 18:5,2; e Marco 6:17-19. Nulla di certo sappiamo riguardo alla durata della prigionia di Giovanni. Generalmente si crede che oltrepassasse un anno; ma, benché privato della libertà, non gli era vietato di comunicare con i suoi amici. I suoi discepoli avevano accesso presso di lui, e gli recavano le notizie degli stupendi miracoli operati da Cristo, e della fama che di lui si spargeva.

mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli

testo em.: Luca dice due dei suoi discepoli.

PASSI PARALLELI

Matteo 4:12; 14:3; Marco 6:17; Luca 3:19; 7:18-23; Giovanni 3:24

Matteo 9:14; Giovanni 3:25-28; 4:1; Atti 19:1-3

3 3. Sei tu colui che ha da venire, o ne aspetteremo noi un altro?

I commentatori non sono d'accordo sulla cagione che mosse Giovanni a far tale domanda. Secondo gli uni il Battista non era ben sicuro del carattere messianico di Gesù; ma ciò contraddice tutta la sua carriera pubblica di precursore, e la sua dichiarazione, che Dio gli aveva, con speciale rivelazione, additato Gesù come il Cristo, come «Colui che doveva venire». Altri credono che, col proponimento di guadagnare a Gesù quei discepoli che ancora aderivano al Battista, questi gli mandasse due di loro con una domanda, rispondendo alla quale, Gesù infallibilmente avrebbe tolto ogni dubbio circa la sua qualità di Messia. Questa opinione risale almeno al tempo del Grisostomo. Altri spiegano il messaggio ammettendo che la sua fede aveva subito una scossa momentanea nel carcere, ed egli desiderava di rafforzarla mediante una diretta comunicazione con Gesù. Aveva annunziato che il Messia eserciterebbe un giudizio purificatore del popolo di Dio ed ecco il suo precursore fedele era lasciato in carcere e l'iniquità trionfava. Gesù non sarebbe forse semplicemente un secondo precursore del Messia?

PASSI PARALLELI

Matteo 2:2-6; Genesi 3:15; 12:3; 49:10; Numeri 24:17; Deuteronomio 18:15-18; Salmo 2:6-12

Salmo 110:1-5; Isaia 7:14; 9:6-7; Geremia 23:5-6; Ezechiele 34:23-24: Daniele 9:24-26

Osea 3:5; Gioele 2:28-32; Amos 9:11-12; Abdia 21; Michea 5:2; Sofonia 3:14-17

Aggeo 2:7; Zaccaria 9:9; Malachia 3:1; 4:2; Giovanni 4:21; 7:31,41-42

Matteo 21:5,9; Marco 11:9; Luca 19:38; Giovanni 16:14; 12:13; Ebrei 10:37

4 4. E Gesù, rispondendo, disse loro: Andate a riferire a Giovanni giacché è lui che ne ha bisogno quello che udite e vedete.

Era questo il miglior mezzo per cacciare il dubbio passeggero dal cuore di Giovanni.

PASSI PARALLELI

Matteo 11:4

5 5. I ciechi ricuperano la vista, e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono mondati, e i sordi odono;

Luca dice: «in quella stessa ora egli guarì molti d'infermità, di flagelli, e di spiriti maligni; ed a molti ciechi donò la vista».

i morti risuscitano,

In Luca, la resurrezione del figlio della vedova di Nain precede immediatamente questo messaggio, ed in questo vangelo abbiamo veduto Gesù risuscitare la figlia di Jairo. Questi miracoli potrebbero esser quelli a cui alludeva il nostro Signore, poiché fa d'uopo osservare come ei prescrivesse ai discepoli di riferire a Giovanni, non solamente le cose che essi avevano vedute, ma quelle pure che avevano udite. Queste espressioni sono tratte per lo più da Isaia 35:5, dove hanno significato spirituale.

e l'Evangelo è annunziato a' poveri.

Era predetto Isaia 61:1, del Messia, che egli verrebbe a recare una buona novella agli umili o come fu tradotto dal Salvatore medesimo, «per evangelizzare ai poveri» Luca 4:18. Da ciò, ben poteva argomentare Giovanni ch'egli era veramente il Messia, poiché fino allora l'annunziare ai poveri la parola di Dio era stata una cosa inaudita. Infatti, i poveri erano stati sempre trascurati dai Farisei e dai filosofi. Nessuna setta di filosofi, prima di Gesù Cristo, si era degnata di prenderli in considerazione; nessun sistema di religione, prima della religione cristiana, si era provato ad istruirli. In tutti gli altri sistemi, essi erano stati negletti, come indegni di attenzione. La parola «poveri» però non deve prendersi qui come esprimente soltanto la indigenza materiale, ma eziandio quella umiltà, e quel senso di spirituale bisogno che un tale stato produce spesso, e dovrebbe sempre produrre nell'anima. Vedi note Matteo 5:3.

PASSI PARALLELI

Matteo 9:30; Salmo 146:8; Isaia 29:18; 35:4-6; 42:6-7; Luca 4:18; 7:21-22

Giovanni 2:23; 3:2; 5:36; 10:25,38; 14:11-12; Atti 2:22; 4:9-10

Matteo 15:30-31; 21:14; Atti 3:2-8; 14:8-10

Matteo 8:1-4; 10:8; 2Re 5:7,14

Isaia 43:8; Marco 7:37; 9:25

Matteo 9:24-25; Luca 7:14-16,22; Giovanni 11:43-44

Matteo 5:3; Salmo 22:26; 72:12-13; Isaia 61:1-3; 66:2; Zaccaria 11:7; Luca 4:18

Giacomo 2:5

6 6. E beato colui che non si sarà scandalizzato di me.

Se è vero che, come credono alcuni, l'intento di Giovanni fosse di costringere Gesù a dichiararsi apertamente come Messia, queste parole verrebbero a significare ch'egli ne dava prova bastante colle sue opere; e che chiunque, accettando quelle prove molteplici non si scandalizzasse dell'umile suo modo di vivere, sarebbe benedetto. Quelle parole però si possono applicare del pari agli uomini di ogni secolo, poiché gli uomini tendono a rigettare la religione di Cristo, non solamente per l'umile condizione in cui rimase l'autore di essa, mentre, era sulla terra, ma per i rinunziamenti a se, e per l'umiltà ch'essa richiede in tutti coloro che la professano. Il versetto potrebbe spiegarsi così: «Beato colui che non rimarrà scandalizzato nel vedere la mia umile condizione presente e non rigetterà la mia dottrina per evitare il sacrificio di se stesso, ch'io gli chiedo». Quantunque Gesù abbia espresso quest'idea sotto la forma d'una beatitudine, pure, in sostanza, essa è un avvertimento solenne per quelli che mettono in dubbio il suo carattere messianico.

PASSI PARALLELI

Matteo 5:3-12; Salmo 1:1-2; 32:1-2; 119:1; Luca 11:27-28

Matteo 13:55-57; 15:12-14; 18:7; 24:10; 26:31; Isaia 8:14-15; Luca 2:34

Luca 4:23-29; Giovanni 6:60-61,66; 7:41-42; Romani 9:32-33; 1Corinzi 1:22-23; 2:14

Galati 5:11; 1Pietro 2:8

7 

Carattere del Battista, e sue relazioni ufficiali, con Cristo Matteo 11:7-15

7. Or, com'essi se ne andavano, Gesù prese a dire alle turbe, intorno a Giovanni:

Gli Evangelisti non ci dicono quali sieno state le conseguenze di questo incidente, vuoi per il Battista, vuoi per i suoi discepoli; ma appena furono questi partiti, Gesù proruppe in un magnifico elogio di Giovanni, quasi che temesse che la domanda di questi potesse indurre il popolo a credere che il Precursore ritrattava ora la testimonianza da lui resa alla sua messianità.

Che andaste voi a veder nel deserto? Una canna dimenata dal vento?

Gesù vuol affermare che il dubbio passeggero di Giovanni non distrugge la testimonianza antecedente di lui. Il vero senso del passo è questo: «Andaste voi nel deserto a vedere un uomo debole, irresoluto, instabile nelle sue opinioni, e che si lascia trascinare or qua or là, come una canna dimenata dal vento?». La risposta sottintesa è negativa. Giovanni era stato esplicito e coerente nella sua testimonianza.

PASSI PARALLELI

Luca 7:24-30

Matteo 3:1-3,5; 21:25; Marco 1:3-5; Luca 3:3-7; 8:18; Giovanni 1:38; 5:35

Genesi 49:4; 2Corinzi 1:17-18; Efesini 4:14; Giacomo 1:6

8 8. Ma che andaste a vedere? un uomo avvolto in morbide vesti? ecco, coloro che portano delle vesti morbide stanno nelle dimore dei re.

Sono, cioè, dei cortigiani di re terreni, e frequentano i loro palazzi. Aspettando nel Messia un re più glorioso di tutti quelli che avevano occupato il trono di Davide, e udendo che il Battista ne proclamava la prossima venuta, le moltitudini potevano essere andate nel deserto, colla speranza di vedere, nel vestimento e nel portamento del precursore, qualche indizio dello splendore della corte del Messia. In ciò erano stati delusi. Il vestito di pelo di cammello, la cintura di cuoio, il carattere austero del Battista, erano più in armonia colla sua missione, qual predicatore di pentimento, che non le maniere e le vesti dei cortigiani. Come egli non era una banderuola, così non era nemmeno un grande di questo mondo.

PASSI PARALLELI

Matteo 3:4; 2Re 1:8; Isaia 20:2; Zaccaria 13:4; 1Corinzi 4:11; 2Corinzi 11:27; Apocalisse 11:3

9 9. Ma perché andaste? Per vedere un profeta? sì, vi dico, e più che profeta.

I profeti annunziavano l'avvenire e spiegavano la parola di Dio, ed in ambedue i sensi può tal nome applicarsi al Battista. Ponendo da parte ogni suggerimento ironico, Gesù, in questa terza domanda, indica il vero ufficio del Battista. «Se voi, nel deserto, avete cercato un profeta, non siete stati delusi, poiché Giovanni è più che un profeta ordinario, in quanto che, invece di scrivere intorno al soggetto della sua profezia, egli lo vide e lo additò altrui». Tutti i profeti resero testimonianza a Cristo Atti 10:43; 1Pietro 1:10-11, e contribuirono a preparare la via dinanzi a lui; ma Giovanni fu il suo immediato precursore, prescelto, non solamente a predire la sua venuta, ma a proclamarla come un fatto compiuto ed a chiamare la nazione a pentirsi, senza indugio, per ricevere il Messia Giovanni 1:6-8.

PASSI PARALLELI

Matteo 11:13-14 14:5; 17:12-13; 21:24-26; Marco 9:11-13; Luca 1:15-17,76

10 10. Egli è colui del quale è scritto:

perfetto passivo, è stato scritto, forma espressiva, la quale implica l'antichità della profezia.

Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto, il quale preparerà la via dinanzi a te.

L'importanza dell'ufficio di Giovanni risulta dall'esser egli non solamente profeta, ma oggetto di profezia. In questo versetto il Signore ci fa vedere che quel che innalzava Giovanni al disopra di un profeta comune, consisteva nell'essere egli il precursore diretto del Messia. Per la dignità del suo ufficio, per la chiarezza della sua testimonianza, e per la potenza del suo ministero, il Battista oscurava tutti i profeti venuti prima di lui. Confrontisi attentamente Malachia 3:1 con questo versetto, ed si osservi il cambiamento introdotto da Gesù nella profezia da lui citata. in Malachia, il Messia parla di se stesso; nel nostro testo, è il Padre che parla al Figliuolo! Questo cambiamento conterrebbe una bestemmia, se Gesù non fosse Dio, uguale al Padre. Merita osservazione il fatto che gli Evangelisti sinottici sono tutti d'accordo nel citare questa profezia così cambiata Vedi Marco 1:2; Luca 7:27.

PASSI PARALLELI

Matteo 3:3; Isaia 40:3; Malachia 3:1; 4:5; Marco 1:2; Luca 7:26-27; Giovanni 1:23

11 11. In verità, io vi dico che, fra i nati di donna, non è sorto alcuno maggiore di Giovanni Battista.

Il solenne «amen, io vi dico», accenna ad una dichiarazione ancora più energica, la quale ci sembrerebbe esagerata, se essa non fosse uscita dalla bocca di Colui che possiede un'autorità divina. Il paradosso così attestato è che Giovanni era non solo più che un profeta, ma superiore al più grande fra gli uomini, non però per qualità personali, ma solo per il posto assegnatogli nella storia religiosa del mondo anteriore all'avvento del Messia.

Però il minimo nel regno dei cieli è maggior di lui.

Evidentemente, il punto di confronto non è il carattere personale di Giovanni; poiché, come difficilmente si sarebbe potuto dire che egli, per quel lato, superava tutti gli uomini vissuti prima di lui, così assurdo sarebbe stato il dichiararlo inferiore al più debole fra i discepoli di Cristo, Ma i privilegi del più umile fra i discepoli di Cristo lo fanno superiore al Battista. «Il più debole cristiano ha una intuizione delle cose divine più spirituale del precursore. Egli gode in Cristo della dignità di figlio, mentre Giovanni non è che servo» Godet.

PASSI PARALLELI

Giobbe 14:1,4; 15:14; 25:4; Salmo 51:5; Efesini 2:3

Matteo 3:11; 1Samuele 2:30; Luca 1:15; 7:28; Giovanni 5:35

Matteo 5:19; Isaia 30:26; Zaccaria 12:8; Luca 9:48; Giovanni 1:15,27; 3:30; 1Corinzi 6:4

1Corinzi 15:9; Efesini 3:8

Giovanni 7:39; 10:41; Romani 16:25-26; Colossesi 1:26-27; 2Timoteo 1:10; Ebrei 11:40

1Pietro 1:10

12 12. Or, da' giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono.

La lunghezza del periodo qui accennato, che ha principio col ministero di Giovanni, è incerta, ma probabilmente non passa l'anno. Il ministero di Giovanni è qui chiaramente caratterizzato da Gesù come l'alba della nuova economia regno dei cieli», ed il tramonto dell'antica «la legge ed i profeti». La stessa idea si trova in Luca 16:16; senonché ivi la posizione di Giovanni, come intermedia fra l'antica e la nuova economia, è fatta ancor più fortemente risaltare. è preso a forza. Il verbo usato dai 70. in Genesi 33:11 per indicare un'amichevole violenza. Questo è il suo senso qui, e allude all'avidità con cui le moltitudini, svegliate dalla predicazione, di Giovanni, si accalcavano intorno a lui, mentre gli Scribi ed i Farisei se ne stavano lontani Luca 7:29-30. Nel senso spirituale, «entrare nel regno dei cieli», è questione di morte o di vita, e non si ottiene senza, una specie di violenza, certo non materiale, ma morale; violenza di aspirazioni in chi ha fame e sete di giustizia, energia di risoluzione in chi si leva per seguire Cristo, violenza dei rinunziamenti e sacrifici in chi è deciso ad essergli fedele fino alla fino a qualunque costo. Dice Paolo Galati 5:24: «Coloro che sono di Cristo han crocifissa la carne con le sue passioni e con le sue concupiscenze».

PASSI PARALLELI

Matteo 21:23-32; Luca 7:29-30; 13:24; 16:16; Giovanni 6:27; Efesini 6:11-13

Filippesi 2:12

13 13. Poiché tutti i profeti, e la legge, hanno profetizzato fino a Giovanni.

La legge ed i profeti», benché a rigor di termini indichino soltanto due dei tre volumi in cui gli Ebrei dividevano l'Antico Testamento, nel linguaggio del nostro Signore indicano frequentemente, come in questo passo, tutti i libri che ne fanno parte. Essi insegnarono che il Cristo doveva venire, ma questo insegnamento finì con Giovanni, poiché questi dichiarò che il Messia era venuto: «Nel mezzo di voi è presente uno, il quale voi non conoscete»; «Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» Giovanni 1:26,29. Giovanni stesso era l'araldo di Cristo, e, come tale, egli fa propriamente parte dell'antica economia; ma il suo carattere ed il suo posto si comprendono solo considerando la sua relazione colla nuova alleanza.

PASSI PARALLELI

Matteo 5:17-18; Malachia 4:6; Luca 24:27,44; Giovanni 5:46-47; Atti 3:22-24; 13:27

Romani 3:21

14 14. E, se lo volete accettare, Egli è l'Elia, che doveva venire.

Questo discorso intorno a Giovanni, il Signore lo chiude con una ripetizione autorevole della stessa verità, già messa innanzi nel vers. 10; qui però egli cita un altro passo dello stesso profeta Malachia 4:5; nell'ebraico 3:24: «Ecco io vi mando Elia il profeta prima che venga il giorno dell'Eterno, giorno grande e spaventevole». Tratti in errore dalla versione dei 70. che rendono questo versetto colle parole: «Ecco io vi mando Elia il Tisbita», gli Ebrei aspettavano letteralmente che Elia il Tisbita riapparisse prima della venuta del Messia. Ma Gesù dice loro chiaramente che ciò era un errore, poiché la profezia era già stata adempiuta, essendo il promesso precursore non altri che Giovanni. È da osservare, che né la testimonianza di questo versetto, né quella simile recata da nostro Signore in Matteo 17:12 sono in contraddizione con la negativa di Giovanni, non essere Egli Elia Giovanni 1:21; poiché la domanda fattagli si riferiva evidentemente alla riapparizione di Elia il Tisbita in persona.

PASSI PARALLELI

Ezechiele 2:5; 3:10-11; Giovanni 16:12; 1Corinzi 3:2

Matteo 17:10-13; Malachia 4:5; Marco 9:11-13; Luca 1:17; Giovanni 1:21-23; Apocalisse 20:4

15 15. Chi ha orecchie per udire, oda.

Con queste parole, Gesù richiama in modo speciale l'attenzione sulla spiegazione che aveva data sull'Elia predetto, mentre colle parole «se lo volete accettare» Matteo 11:14, mostra di conoscere la difficoltà che molti avrebbero avuta di accettare questa spiegazione d'una profezia che essi erano abituati a prendere alla lettera. Non solo gli Ebrei aspettavano, ed aspettano ancora, che il Tisbita, risorto da' morti, ritorni in terra prima delle venuta del Messia; ma, generalmente, i Padri adottano la stessa interpretazione letterale. Alcuni dei Premillenari odierni sostengono ancora che Elia in persona deve apparire un'altra volta come precursore del regno che il Signore stesso stabilirà a Gerusalemme, e che durerà mille anni. Con eguale ragione potremmo arguire da Geremia 30:9, Osea 3:5, che Davide risorgerà da morte; anzi con ragione maggiore, perché quelle predizioni non sono spiegate nel Nuovo Testamento come questa. Nel passo parallelo, Luca aggiunge queste altre parole di Gesù: «E tutto il popolo che l'ha udito ed anche i pubblicani hanno reso giustizia a Dio facendosi battezzare del battesimo di Giovanni; ma i Farisei, e i dottori della legge, hanno reso vano per loro stessi il consiglio di Dio, non facendosi battezzare da lui Luca 7:29-30.

PASSI PARALLELI

Matteo 13:9,43; Marco 4:9,23; 7:16; Luca 8:8; Apocalisse 2:7,11,17,29; 3:6,13,22

16 

Parabola dei fanciulli in sulla piazza Matteo 11:16-19

16. Ma a chi assomiglierò io questa generazione? Ella è simile ai fanciulli seduti nelle piazze, che gridano a' loro compagni,

Avendo il Signore definito la posizione di Giovanni, e per necessaria conseguenza, la propria, con una transizione naturale, egli ora allude ad una differenza notevole fra loro, ed alla accoglienza uguale che ambedue, a dispetto di quella differenza, avevano ricevuta dagli Ebrei. «Questa generazione», indicherebbe naturalmente tutto il popolo, ma qui si riferisce specialmente ai direttori spirituali della nazione, come risulta da Luca 7:29-30. Il Signore, con una parabola, tratta dalla caparbietà e dalla intelligenza che osservasi in un giuoco di bambini, descrive la irragionevole condotta del popolo ebreo, rimasto insensibile tanto di fronte agli inviti di Giovanni a pentimento, quanto di fronte a quelli di Gesù che li chiamava a fede giuliva. I bambini invitano i loro compagni ad imitare ora le nozze, ora i funerali; ma costoro non vogliono prendere parte né al primo né al secondo sollazzo. piazza, significa qui un posto pubblico di ritrovo.

PASSI PARALLELI

Lamentazioni 2:13; Marco 4:30; Luca 13:18

Matteo 12:34; 23:36; 24:34

Luca 7:31-35

17 17. e dicono: Vi abbiamo sonato il flauto e voi non avete ballato; abbiam cantato dei lamenti e voi non avete fatto cordoglio.

Gli Ebrei usavano zampogne ed altri strumenti musicali tanto in occasioni liete, come le nozze, quanto in tristi, come i funerali, adattando la musica ad ogni caso.

PASSI PARALLELI

Isaia 28:9-13; 1Corinzi 9:19-23

Matteo 9:15,23; 1Re 1:40; Isaia 30:29; Geremia 9:17-20; 31:4; Luca 15:25

18 18. Difatti è venuto Giovanni non mangiando, né bevendo; e dicono: Ha un demonio.

Come fanciulli che non dànno retta ai loro compagni, qualunque cosa loro propongano, questa generazione rifiutava e Giovanni e il suo Maestro; l'uno perché troppo austero, quasi fosse in balia di qualche influenza diabolica; l'altro invece perché viveva liberamente nell'umano consorzio, e soprattutto perché non sdegnava di conversare colle classi più infime. Dell'indifferenza per la predicazione di Giovanni, e del rifiuto del suo messaggio, parlasi implicitamente in parecchi luoghi dei Vangeli; ma qui soltanto ci viene detto che contro di lui fu lanciata la stessa accusa, che poi fu scagliata contro il Signore Giovanni 7:20; 10:20.

PASSI PARALLELI

Matteo 3:4; Geremia 15:17; 16:8-9; Luca 1:15; 1Corinzi 9:27

Matteo 10:25; 2Re 9:11; Geremia 29:26; Osea 9:7; Giovanni 7:20; 8:48; 10:20

Atti 26:24

19 19. È venuto il Figliuol dell'uomo mangiando, e bevendo; e dicono: Ecco un mangiatore, e un beone;

Gesù non dava occasione alla stessa accusa lanciata contro Giovanni, eppure era egualmente condannato. Il suo tenore di vita era differente: non digiunava, non badava alle distinzioni arbitrarie fra i diversi cibi: follie puerili che solo la Chiesa di Roma poteva inventare affine di torturare le coscienze degli uomini. Egli venne mangiando e bevendo con semplicità di cuore, e ringraziava Iddio per tutti i cibi che gli venivano presentati, insegnandoci a far lo stesso; il che, però, non autorizza punto la crapulia! Benché i nemici di Cristo lo chiamassero «mangiatore e beone», la vera cagione del loro odio si manifestava nelle parole seguenti:

un amico dei pubblicani, e dei peccatori;

cioè compagno intimo di uomini che essi superbamente disprezzavano. Più d'una volta, durante il ministero del nostro Signore, essi si lamentarono di lui, dicendo: «Quest'uomo accoglie i pubblicani ed i peccatori, e mangia con loro».

ma la sapienza è stata giustificata dalle opere sue.

Olshausen ed altri vogliono che Gesù qui alluda a se medesimo, come alla sapienza personificata; ma, benché ei sia veramente tale, pure, essendosi in tutto questo discorso parlate» tanto di Giovanni che di Gesù, non si può supporre, che, senza previo annunzio, egli abbia d'un tratto cambiato stile, e parlato solo di se. È molto più naturale il considerare la parola sapienza come espressione generale della sapienza delle vie di Dio. Alcuni MSS. portano: giustificata dai suoi figliuoli e, in questo caso, la locuzione «i figliuoli della sapienza» è un ebraismo per dire i sapienti; così nell'originale ebraico le parole «i figliuoli della ribellione», significano i ribelli Numeri 17:10; «i figliuoli della debolezza», i deboli 2Samuele 7:10; «i figliuoli dell'orgoglio», gli orgogliosi Giobbe 41:34; «i figliuoli del misfatto», i trasgressori Isaia 57:4; e nel greco: «i figliuoli di questo secolo», i mondani, e «i figliuoli della luce», i fedeli Luca 16:8. Il senso sarebbe che nonostante la resistenza generale, si sono trovati uomini che hanno dato ragione alla sapienza divina ravvedendosi alla predicazione di Giovanni, e credendo poi nel Messia.

Il testo però, accettato dai critici, porta: dalle opere sue; e il senso è: il metodo della divina sapienza è stato giustificato dai frutti di pentimento e di fede giuliva ch'esso ha portato negli uomini sinceri.

PASSI PARALLELI

Luca 5:29-30; 7:34,36; 14:1; Giovanni 2:2; 12:2-8; Romani 15:2

Matteo 9:10-11; Luca 15:1-2; 19:7

Salmo 92:5-6; Proverbi 17:24; Luca 7:29,35; 1Corinzi 1:24-29; Efesini 3:8-10

Apocalisse 5:11-14; 7:12-30

20 Matteo 11:20-30. SOLENNE AVVERTIMENTO A QUELLI CHE METTONO IN NON CALE GL'INSEGNAMENTI DI CRISTO

20. Allora egli prese a rimproverare le città, nelle quali era stata fatta la maggior parte delle sue opere potenti, perché non si erano ravvedute.

Il nesso di queste parole con quelle che precedono, e la somiglianza del tono, dimostrano evidentemente che furono dette nella stessa occasione. La condanna dei giudizi malevoli portati su di lui e sul Battista dagli Scribi, conduceva naturalmente Gesù a considerare ancor più grave la colpevolezza di quelle città nelle quali egli in persona aveva insegnato, colla massima chiarezza, le vie del Signore, ed aveva operato miracoli tanto potenti da convincere ogni coscienza.

PASSI PARALLELI

Luca 10:13-15

Salmo 81:11-13; Isaia 1:2-5; Michea 6:1-5; Marco 9:19; 16:14; Giacomo 1:5

Matteo 12:41; 21:28-32; Geremia 8:6; Atti 17:20; 2Timoteo 2:25-26; Apocalisse 2:21; 9:20-21

Apocalisse 16:9,11

21 21. Guai a te, Corazin!

La etimologia di questo nome è incerta. Le rovine di questa città sono state scoperte nel luogo che oggi ancora chiamasi in arabo Khorazi. Thomson dice: «il nome Khorazi avvicinasi molto all'arabo di Chorazin, il sito due miglia a settentrione da Tell Hum Capernaum, è appunto quello in cui ci aspettavamo di trovarla; le rovine rispondono alle esigenze della storia, né vi è luogo che possa con quello competere».

Guai a te, Betsaida!

Città o villaggio alla foce del Giordano nel lago di Galilea. Questo nome, composto di due parole ebraiche: casa, di pesca, indica quali erano le occupazioni dei suoi abitanti. Per l'interesse che essa desta, come città di Andrea, di Pietro e di Filippo, diamo le congetture di Thomson: «Tutti ammettono che c'era una Betstaida all'imbocco del Giordano nel lago. La maggior parte di essa, o almeno quella parte che fu restaurata da Filippo Erode, è posta sulla riva orientale del fiume, e perciò dicesi ch'essa dovette appartenere alla Gaulonite, e non alla Galilea; e siccome la Betsaida di Andrea e dei suoi compagni era per certo una città di Galilea Giovanni 12:21, così si crede che debbano esservi due città dello stesso nome; ma io non lo Credo necessario. Qualunque città, fabbricata alla foce del Giordano, doveva, quasi necessariamente, aver parte delle sue case sulla riva destra del fiume; e queste erano geograficamente nella Galilea. Andrea, Pietro e Filippo, nati nella parte occidentale della città, erano adunque Galilei. Inoltre, credo probabilissimo che tutta la città, sopra ambedue le rive, facesse parte della Galilea, e che uno dei motivi che spinsero Filippo il Tetrarca a rifabbricarne la parte orientale, e a cambiarle il nome, fesse di, staccarla intieramente dalle sue antiche relazioni e di stabilire il proprio dominio su di essa. Io credo perciò che vi fosse una sola Betsaida, in capo al lago, e che questa sorgesse alla foce del Giordano». Chorazin e Betsaida sono nominate da Gesù come rappresentanti delle piccole città o villaggi di tutta quella regione, favorita sopra ogni altra dal Salvatore, colla sua predicazione e coi, suoi miracoli.

perché, se in Tiro e Sidone,

Tiro e Sidon eran le due città principali dei Fenici, e le più notabili nei tempi antichi per commercio e navigazione, essendo i grandi emporii in cui i tesori dell'India, l'opulenza asiatica, e la produzioni del mondo occidentale si riversavano.

Sidon, o Zidon, era una città antichissima: se ne fa menzione due volte nella Genesi Genesi 10:19;49:13, l'ultima delle quali, in occasione della benedizione data da Giacobbe moribondo ai suoi figli. Ai giorni di Giosuè era già divenuta tanto celebre da esser chiamata «Sidone la grande» Giosuè 11:8;19:28. Si dice che Sidone dovette la sua esistenza a Sidon figlio di Canaan e pronipote di Noè: se è così, era coetanea di Ninive fondata da Nimrod. Essa crebbe rapidamente; il suo porto era affollato di Davi da ogni costa circonvicina, ed i suoi magazzini erano pieni del lusso e dei tesori più scelti dell'Oriente. Nessuno osava molestarla, cosicché lo «stare in riposo e in sicurtà nella maniera dei Sodoni» Giudici 18:7, divenne l'espressione proverbiale della prosperità perfetta. Neanche Giosuè si arrischiò ad assalirla Giosuè 11:8, ed i Cananei che fuggivano dinanzi alla sua spada, si ricoverarono nelle mura di essa. Le sue navi mercantili veleggiavano per ogni mare. Fondò potenti città lungo la costa della Palestina: Bairut, Gebal, Arvad, Acco, Dor e molte altre. Piantò colonie in Cipro e nelle isole greche, in Libia e in Ispagna; mentre nelle vicinanze di essa fioriva la sua bella figlia, Tiro Allora cominciò il suo lungo e doloroso decadimento. Il superbo Faraone dal Nilo, il severo Assiro dalla lontana Ninive, i Caldei ed i Persiani da Babilonia, «il becco irsuto» dalla Grecia, tutti concorsero a gettare la povera Sidon nella polvere, ed i Turchi finirono di rovinarla. Eppure Sidon esiste ancora!

Tiro è d'origine posteriore, poiché Isaia 23:12, la chiama «la figlia di Sidon»: ma Giosuè 19:29, parla di «Tiro città forte», nella descrizione dei limiti d'Aser, dal che risulta che non poteva essere molto giovane quando Israele conquistò Canaan; ed Isaia 23:7, ne parla come di città «la cui origine data dai giorni antichi».Vi erano due città di questo nome: la più antica sul continente, l'altra sopra un'isola vicinissima ad esso; e bisogna aver ciò bene in mente per intendere chiaramente le numerose profezie concernenti Tiro, le quali si riferiscono ora all'una, ora all'altra. La più antica delle due fu distrutta da Nabucodonoser re di Babilonia ed era già conosciuta come Palai-Tyrus antica Tiro ai giorni di Alessandro il Grande, il quale «abbatté le sue torri e spazzò via la sua polvere» Ezechiele 26:4, per costruire la sua celebre gettata fra il lido e la Tiro isolana, quando pose l'assedio a quest'ultima. La Tiro isolana presto si riebbe e quasi superò la sua vicina Sidon; «i suoi mercatanti erano principi» Isaia 23:8. Il re di Tiro si unì a Salomone per mandare una flotta nell'oceano Indiano, ed i marinai furono tutti Tiri. Si avventurarono in viaggi di tre anni a Tarsish probabilmente Cadice, al dilà delle colonne d'Ercole. La loro ricchezza e la loro potenza può argomentarsi dalla enumerazione data in Ezechiele 27, di quelli con cui negoziavano, e che bisogna leggere onde capire questo passo. Le profezie concernenti Tiro, leggonsi in Isaia 23:13-17; Geremia 27:3,6; Ezechiele 26-28; Gioele 3:4-8; Zaccaria 9:2-4. Tiro e Sidon esistono tuttora, distanti venti miglia l'una dall'altra, ma spogliate di tutta la loro magnificenza. Tiro specialmente è poco più grande che un villaggio. Il nome di quest'ultima rimane com'era, Tuzur, e la Sidon dei tempi antichi è facilmente riconoscibile nella moderna Saida.

fossero state fatte le opere potenti compiute fra voi, già da gran tempo si sarebbero pentite, con cilicio e cenere.

Benché quelle città fossero note per la loro idolatria, e per la loro immoralità, libertinaggio ed ignoranza di Dio, pure il Signore dichiara che, se fossero state favorite della luce e dei privilegi di Chorazin, ecc., certamente non avrebbero disprezzate queste opere potenti; ed agli inviti a pentimento che a' dì di Cristo risuonavano, avrebbero prestato orecchio. Spargere cenere in sul capo, indossare rozze e ruvide vesti, come pure stracciare le vesti ordinarie, erano anticamente l'espressione del cordoglio Giosuè 7:6; Ester 4:1; Daniele 9; Giona 3:5-6. «Cenere». Siccome il turbante si porta in casa e fuori di notte e di giorno, così lo spargere cenere sul capo, non era cosa tanto sudicia come parrebbe, secondo le idee europee; poiché la cenere non si gettava sul capo scoperto, ma sul turbante. Quest'uso, come è ora praticato dagli Arabi, è all'incirca, altrettanto innocuo quanto lo spargimento della cenere che usano fare i preti cattolici, nel giorno destinato a questa cerimonia: altro non fanno gli Arabi che gettare un pizzico di polvere sul fez; che indica cordoglio, quanto se fossero cosparsi intieramente di cenere la faccia ed il capo. Le parole da gran tempo indicano chiaramente che Gesù parla delle antiche e gloriose Tiro e Sidon, e non di quelle che ancora restavano ai suoi giorni.

PASSI PARALLELI

Matteo 18:7; 23:13-29; 26:24; Geremia 13:27; Luca 11:42-52; Giuda 11

Marco 6:45; 8:22; Luca 9:10; Giovanni 1:44; 12:21

Matteo 12:41-42; Ezechiele 3:6-7; Atti 13:44-48; 28:25-28

Giobbe 42:6; Giovanni 3:5-10

22 22. E però vi dichiaro che nel giorno del giudizio, la sorte di Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra.

Vedi note Matteo 10:15. Nostro Signore non solo asserisce dover venire il giudizio, ma le espressioni di cui si vale in questo, e nel vers. 24, c'insegnano che esso sarà universale, comprendendo tutte le generazioni degli uomini. In quel giorno, Tiro e Sidon, Sodoma e Gomorra saranno giudicate al pari di noi. Gesù c'insegna inoltre che la intensità della punizione finale, sarà proporzionata ai privilegi religiosi, ed ai mezzi di grazia goduti dagli uomini, e da loro volontariamente rigettati. Riguardo a ciò, egli si esprime anche più chiaramente in Luca 12:47-48. Che solenne avvertimento dà il Signore a tutti quelli che leggono queste parole! Coloro i quali oggi godono dell'istruzione religiosa odono predicare il vangelo, e vivono in ambiente atto a condurli a Cristo, senza però abbracciarlo, rassomigliano a quelle città.

PASSI PARALLELI

Matteo 11:24; 10:15; Luca 10:14; 12:47-48; Ebrei 2:3; 6:4-8; 10:26-31

Isaia 23:1-18; Geremia 25:22; 27:3; Ezechiele 26:1-28:26; 29:18; Amos 1:9-10

Zaccaria 9:2-3

Matteo 12:36; 2Pietro 2:9; 3:7; 1Giovanni 4:17

23 23. E tu, o Capernaum, sarai tu forse innalzata infino al cielo? No, tu scenderai fino nell'Ades; perché, se in Sodoma fossero state fatte le opere potenti compiute in te, ella sarebbe durata fino ad oggi. 24. E però, io lo dichiaro, nel giorno del giudizio la sorte del paese di Sodoma sarà più tollerabile della tua.

La stessa solenne verità è qui espressa con una enfasi più terribile, mediante il contrasto fra Capernaum, dove erano stati uditi gl'insegnamenti di Cristo e operati i suoi miracoli, e Sodoma, la più rea, la più impura, la più degradata fra le città dei tempi antichi. Il giudizio di cui parla nostro Signore ha ancora da venire: non sopra le città materiali, ma sui loro abitanti. I critici danno la preferenza nel vers. 23 alla forma interrogativa, ma dubbia: Sarai tu forse?

PASSI PARALLELI

Matteo 4:13; 8:5; 17:24; Luca 4:23; Giovanni 4:46-54

Isaia 14:13-15; Lamentazioni 2:1; Ezechiele 28:12-19; 31:16-17; Abdia 4; Luca 14:11

2Pietro 2:4-9

Genesi 13:13; 19:24-25; Ezechiele 16:48-50; Giuda 7; Apocalisse 11:8

Matteo 11:22; 10:15; Lamentazioni 4:6; Marco 6:11; Luca 10:12

25 

Gioia del Salvatore e sua fiducia nella sovranità del Padre suo Matteo 11:25-30

25. in quel tempo Gesù prese a dire:

Questa è certamente la continuazione del discorso precedente, giacché prese a dire, quando non c'è persona cui rispondere, si riferisce al discorso che precede, alle nuove idee che esso suscita in colui stesso che parla. Le considerazioni che seguono sono suggerite alla mente di Gesù dai risultati poco lieti del suo ministero, i quali ci sono rivelati nei rimproveri dei procedenti versetti. Per quanto però quei risultati fossero tali da sgomentarlo, poiché gli Scribi ed i Farisei, in tutte le città di Galilea, rifiutavano le sue profferte di misericordia e disprezzavano i suoi miracoli, pure egli si rallegrava nel pensiero che tale era il giusto decreto del Padre suo, e che, se il suo vangelo era nascosto «ai savi ed intendenti», era però rivelato «ai piccoli fanciulli».

Io ti rendo lode,

L'idea qui espressa è che Gesù acconsente alla volontà del Padre, e che egli trova una santa soddisfazione in quei decreti di cui sta per fare menzione.

o Padre,

Apostrofi simili a questa, leggonsi in Giovanni 11:41;12:48. Signor del cielo e della terra, Gesù si rivolge a Dio, prima come al Padre suo, poi come al Creatore e Signore del cielo e della terra, affermando così la sua intima relazione personale col sovrano Regolatore dell'universo, da cui ogni cosa dipende.

perché hai nascoste queste cose

non già, come crede Alford, le misteriose disposizioni, per le quali il peccatore è condannato nel suo orgoglio e nella sua incredulità, e colui che è umile e simile al fanciullo, è salvato; poiché quelle sono nascoste tanto per "i savi ed intendenti", quanto per, «i piccoli fanciulli»; ma bensì la conoscenza spirituale della verità.

Che s'intende per «nascondere?». Non dobbiamo credere che Iddio eserciti qualche influenza diretta sulle menti degli uomini per celar loro la verità del vangelo, giacché ciò sarebbe presentarlo come autore della loro eterna rovina. Le severe espressioni accecare e indurare, che sono frequenti nelle Scritture, si intendono facilmente se ricordiamo che coloro i quali ostinatamente chiudono gli occhi e induriscono il loro cuore alla verità, sono spesso, per giudizio divino, lasciati nella loro cecità e durezza, cosicché essi, naturalmente, vi persistono. In questo senso, si dice che Dio fa ciò che solamente permette che accada. Ciò spiega anche come sia da intendere l'indurimento del cuore di Faraone Esodo 7:3, ed i passi simili a Giovanni 12:40; Atti 28:27. Il sapere che Dio ricusa la sua grazia agli ostinati, mentre dev'essere un potente stimolo per ricorrere a lui, non può, con ragione, riguardarsi come uno scoraggiamento per coloro che seriamente si occupano della salvazione dell'anima loro.

a' savi ed agli intelligenti

La prima di queste parole indica coloro che si vantano delle loro cognizioni speculative e filosofiche; l'altra, gli uomini che posseggono l'accortezza mondana, gli scaltri, gli arguti, gli uomini di affari.

e le hai rivelate ai piccoli fanciulli.

Agli uomini simili ai fanciulli, docili e senza presunzione, uomini che, consci di nulla sapere, si propongono solamente «di ascoltare ciò che il Signore Iddio dirà». Costoro sono bene a ragione detti «fanciulli» Vedi 1Corinzi 13:11;14:20; Ebrei 5:13. I savi sono gli Scribi ed i Farisei, i Sacerdoti e gli Anziani degli Ebrei; i fanciulli sono i pescatori, i pubblicani, e gli altri poveri Ebrei illetterati. «All'orgoglio dell'intelligenza, viene risposto coll'accecamento; alla semplicità del cuore che vuol la verità, colla rivelazione» Gess.

PASSI PARALLELI

Luca 10:21-24

1Cronache 29:13; Daniele 2:23; Giovanni 11:41; 2Tessalonicesi 2:13-14

Genesi 14:19,22; Deuteronomio 10:14-15; 2Re 19:15; Isaia 66:1; Daniele 4:35; Atti 17:24

Matteo 13:11-16; Isaia 5:21; 29:10-14,18-19; Marco 4:10-12; Giovanni 7:48-49

Giovanni 9:39-41; 12:38-40; Romani 11:8-10; 1Corinzi 1:18-29; 2:6-8; 3:18-20

2Corinzi 3:14; 4:3-6

Matteo 16:17; 18:3-4; 21:16; 1Samuele 2:18; 3:4-21; Salmo 8:2; Geremia 1:5-8

Marco 10:14-16; 1Corinzi 1:27

26 26. Sì, o Padre;

può esser riguardato come una espressione di assenso, o come una ripetizione enfatica.

PASSI PARALLELI

Giobbe 33:13; Isaia 46:10; Luca 10:21; Romani 9:18; 11:33-36; Efesini 1:9,11; 3:11

2Timoteo 1:9

perché così ti è piaciuto. 27. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio,

«Ogni cosa» qui si riferisce propriamente al regno della grazia, ma naturalmente include tutto ciò che è necessario perché si svolga e si ordini; ed indica, in altri termini, un potere illimitato su tutto l'universo. «Perché Per è piaciuto al padre che tutta la pienezza abiti in lui» Colossesi 1:19;2:9. Ogni potere Matteo 28:18; Ebrei 1:3; ogni giudizio Giovanni 5:22; il dispensare il perdono Matteo 9:16; Atti 5:31; il dar la vita Giovanni 17:2; l'accesso a Dio Giovanni 14:6; la rivelazione di Dio e di ogni verità Giovanni 1:18;8:12: tutto ciò gli appartiene. Questo Gesù poteva dire, anche nella umiliazione e nell'apparente debolezza dei «giorni della sua carne», perché quella umiliazione e debolezza, quella sofferenza e quella morte erano parte essenziale della grande opera della redenzione dell'umanità, affidata a lui dal Padre suo; essenziale, tanto per la potenza esercitata da Cristo sui cuori degli uomini, come per il suo diritto di dispensare il perdono e la vita a tutti coloro che credono in lui Ebrei 2:9-10,17; 5:9.

27 e niuno conosce appieno il Figliuolo, se non il Padre; e niuno conosce appieno il Padre, se non il Figliuolo,

Oltre al passo parallelo in Luca 10:22 la parola il Figliuolo, si trova usata in questo modo assoluto, soltanto in Marco 13:32. Lo spirito e la forma di questo versetto sono precisamente quelli del vangelo di Giovanni; ed accennano alla grande e ricca collezione di discorsi del Signore, che sono riferiti dal solo Giovanni. Questo privilegio di una piena ad intima conoscenza tale è il significato di è reciproco fra Padre e Figlio; essi, ed essi soli, si conoscono reciprocamente l'uno l'altro. A niuno, eccetto al Padre onnipotente, è palese interamente il mistero della persona e dell'uffizio del Figlio; è una profondità che niuno può investigare se non colui, del quale i disegni si svolgono in lui e per lui solo. E nessuno comprende, nella profondità del suo cuore, l'amore e la grazia del Padre, eccetto il Figlio, e colui a cui il Figlio, per mezzo dell'eterno Spirito, che procede dal Padre e dal Figlio, avrà voluto rivelarla. Vi sono misteri riguardo al Figlio, non solo quanto all'unione in lui, della umana colla divina natura, ma molto più quanto alla sua generazione eterna dal Padre; misteri che niuno, se non il Padre, può intendere. Dall'altra parte, mentre le Scritture dichiarano espressamente che né angelo, né uomo alcuno può investigare Iddio Giobbe 11:7, che le sue vie sono imperscrutabili Romani 11:33, e mentre Gesù ciò conferma in questo luogo, egli stesso dichiarasi il solo eccettuato: egli solo conosce appieno il Padre. Di questa sua conoscenza intima del Padre, egli aveva dato loro appunto una prova luminosa, mostrando come egli riveli il Figlio ad alcuni e non ad altri. Si osservi che, se nostro Signore così parla del Padre e del Figlio, non esclude lo Spirito Santo, che è lo Spirito della sapienza e della perfetta intelligenza. Quel che qui dicesi concorda perfettamente colle parole di Paolo: «Lo Spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio. Infatti, chi fra gli uomini conoscono le cose dell'uomo, se non lo spirito dell'uomo ch'è in lui? così niuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio» 1Corinzi 2:10-11. Questi versetti, confrontati con questo, stabiliscono chiaramente la dottrina della Trinità: tre persone in un solo Dio, unite in infinita sapienza e nella piena conoscenza l'una dell'altra. La ragione per cui Cristo non fa menzione qui dello Spirito, è che l'uffizio di esso non era ancora bene inteso dai suoi uditori.

e colui, al quale il Figliuolo avrà voluto rivelarlo.

Negli attributi di Geova, vi è tale altezza e profondità, che se fossero rivelati pienamente, la mente umana, quale essa è presentemente, non li comprenderebbe mai. Ma, grazie a Dio, l'uomo non è lasciato, riguardo ad essi, interamente nell'ignoranza, specie rispetto al carattere di Dio quale perdonatore del peccato. Cristo si dichiara qui il Rivelatore del Padre, e Giovanni, colla sua testimonianza, conforta questo fatto: «Niuno ha mai veduto Iddio; l'unigenito Figliuolo, ch'è nel seno del Padre, è quel che l'ha fatto conoscere» Giovanni 1:18. Il Padre viene messo alla portata della nostra conoscenza, nella persona del Figlio, che è la manifestazione della Divinità Colossesi 2:9; e noi dobbiamo essere da lui insegnati, poiché «egli è dato per capo sopra ogni cosa alla Chiesa» Efesini 1:22. Questa rivelazione dipende dalla volontà del Figlio; ma concorda perfettamente coi decreti di Dio. Gesù non potrebbe asserire più chiaramente la sua uguaglianza col Padre. Quindi, o abbiamo qui la più abbominevole presunzione che si sia manifestata, o la indubitabile divinità personale di Cristo. «Ahimè!» esclamerà forse qualche anima stanca, «se così è, non mi rimane altro che una passiva disperazione, a meno che io non possa sperare di essere fra quelli, cui piace al Figlio di rivelare il Padre!» Ma perché mai disperare? Non disse forse Cristo: «Chiedete, e vi sarà dato», ecc.?

PASSI PARALLELI

Matteo 28:18; Giovanni 3:35; 5:21-29; 13:3; 17:2; 1Corinzi 15:25-27; Efesini 1:20-23

Filippesi 2:10-11; Ebrei 2:8-10; 1Pietro 3:22

Luca 10:22; Giovanni 10:15

Giovanni 1:18; 6:46; 10:15; 14:6-9; 17:2-3,6,25-26; 1Giovanni 2:23; 5:19-20

2Giovanni 9

28 28. Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati,

Oh, quanto queste parole, piene di grazia, cambiano l'aspetto dei versetti precedenti! Colui che conosce l'assoluta rettitudine di tutto ciò, che è stato decretato dal suo Padre, e sa che il suo desiderio e la sua volontà sono «che niuno perisca, ma che tutti "vengano a pentimento"; colui che solo ha il potere e il diritto di rivelare il Padre, riconciliando il mondo con lui, e che solo ha il potere di chiudere e di aprire il regno dei cieli, lungi dal discacciare il peccatore aggravato e tremante, lo invita, nel modo più benevolo, a se: e questi suoi attributi sono appunto, per il peccatore, la garanzia più sicura di pace, felicità e vita eterna. L'invito è diretto a tutti, poiché tutti gli uomini, se la loro coscienza, è sensibile ed attiva, sono travagliati ed aggravati. Colle parole stanchi e carichi, una nella forma attiva, e l'altra nella passiva, la miseria universale degli uomini è dipinta sotto un doppio aspetto. La prima parola esprime la idea di spossatezza, ed è applicata a lavoro infruttuoso; l'altra, a tutti i pesi ed a tutte le cure della vita. Benché non sieno esclusi da questo invito quelli che gemono sotto il peso delle miserie terrene, queste parole hanno principalmente un senso spirituale, e sono applicabili, primieramente, agli Ebrei, che gemevano nei legami del ritualismo, quindi ai peccatori consci del loro pericolo, e che bramano una via di scampo. Venire alla presenza di Cristo solo corporalmente, non era quel ch'egli voleva dire, e non avrebbe giovato a nulla; ai molti che così facevano, egli diceva: «Voi non volete venire a me, per aver la vita» Giovanni 5:40. È un venire come di malato al medico per averne sollievo, o di ignorante al maestro per avere insegnamento. La maniera di venire dev'essere diretta, semplice, senza dubbio o esitazione. Le difficoltà che possiamo incontrare andando a Cristo sono in noi, non in lui. Egli invita generosamente il peccatore; ma questi, nella sua incredulità, vorrebbe rendersi degno del Salvatore, prima di accettarne l'invito.

ed io vi darò riposo.

Il verbo significa dar riposo togliendo il peso. Questo fa Cristo, prendendo sopra di se il nostro carico di peccati e di sollecitudini, se noi glielo rechiamo; e coloro che abitano in lui per la fede, godono della sua pace. Così l'autore dell'Epistola agli Ebrei per propria esperienza, dice: «Noi, che abbiam creduto, entriamo in quel riposo» Ebrei 4:3. Alla coscienza aggravata, Cristo promette riposo nel perdono; alla mente inquieta, nella verità; al cuore addolorato e sitibondo, nella provvidenza e nelle promesse di Dio; all'uomo oppresso dal dolore, nel pregustamento ora, e, fra breve, nel godimento del cielo. Questo invito e queste promesse implicano onniscienza ed onnipotenza.

PASSI PARALLELI

Isaia 45:22-25; 53:2-3; 55:1-3; Giovanni 6:37; 7:37; Apocalisse 22:17

Matteo 23:4; Genesi 3:17-19; Giobbe 5:7; 14:1; Salmo 32:4; 38:4; 90:7-10

Ecclesiaste 1:8,14; 2:22-23; 4:8; Isaia 1:4; 61:3; 66:2; Michea 6:6-8; Atti 15:10

Romani 7:22-25; Galati 5:1

Matteo 11:29; Salmo 94:13; 116:7; Isaia 11:10; 28:12; 48:17-18; Geremia 6:16

2Tessalonicesi 1:7; Ebrei 4:1

29 29. Prendete su voi il mio giogo, e imparate da me,

Questa figura allude al giogo che si pone sul collo dei bovi che arano, ed è spesso usata nelle Scritture per ogni genere di sottomissione. Qui significa la sottomissione del discepolo agli insegnamenti ed ai precetti del maestro. Trattandosi di qualsiasi altro maestro, noi distinguiamo sempre la sua dottrina dalla sua condotta; ma qui il nostro Signore allude alla sua dottrina ed al suo esempio, entrambi sorgenti di ammaestramenti; ed infatti il suo carattere, la sua vita, la sua morte e la sua resurrezione contengono lezioni più sublimi del suo stesso insegnamento.

perch'io sono mansueto ed umile di cuore;

L'americano prof. Alexander intende questa locuzione così: «Prendete ammaestramento da me, seguite il mio esempio; io sono mansueto ed umile di cuore: perché ricusereste d'esser come me? Io mi sono sottomesso alla legge; perché avreste voi scrupolo di sottomettervi ad essa, avendo me per interpretarla ed aiutarvi ?». Noi crediamo che si debbano riferire piuttosto al carattere del nostro Signore, come Maestro e Padrone. Egli non governa con rigore, né tratta aspramente i suoi discepoli; egli comporta la loro ignoranza e la loro inettitudine, usa indulgenza verso le loro debolezze ed infermità, ed accetta il discepolo volonteroso, nonostante i suoi numerosi errori e le colpe in cui talvolta egli cade. Perciò, solamente nella sua scuola e nel suo servizio gli uomini trovano il vero riposo.

e voi troverete riposo alle anime vostre.

Mentre la ripetizione di questa promessa conferma la sua certezza, essa implica, al tempo stesso, che il riposo completo non può ottenersi subito; e che pertanto è necessario portare pazientemente il giogo e diligentemente imparare.

PASSI PARALLELI

Matteo 7:24; 17:5; Giovanni 13:17; 14:21-24; 15:10-14; 1Corinzi 9:21; 2Corinzi 10:5

1Tessalonicesi 4:2; 2Tessalonicesi 1:8; Ebrei 5:9

Matteo 11:27; 28:20; Luca 6:46-48; 8:35; 10:39-42; Giovanni 13:15; Atti 3:22-23; 7:37

Efesini 4:20-21; Filippesi 2:5; 1Giovanni 2:6

Matteo 12:19-20; 21:5; Numeri 12:3; Salmo 131:1; Isaia 42:1-4; Zaccaria 9:9

Luca 9:51-56; 2Corinzi 10:1; Filippesi 2:7-8; 1Pietro 2:21-23

Matteo 11:28; Geremia 6:16; Ebrei 4:3-11

30 30. Poiché il mio giogo è dolce, e il mio carico è leggiero.

dolce significa primieramente vantaggioso, benefico, e non è forse mai adoperato senza relazione col suo significato originale; ma qui, significa soave, non difficile a portarsi, come dimostra la espressione parallela: «il mio carico è leggero». Il riposo di cui l'anima gode, una volta che si trova salva sotto le ali di Cristo, rende tollerabile ogni altro giogo, leggero ogni altro peso! A misura che l'anima rigenerata pratica la volontà del Signore, essa la trova buona ed accettevole, giacché i suoi comandamenti non sono penosi.

PASSI PARALLELI

Proverbi 3:17; Michea 6:8; Atti 15:10,28; Galati 5:1,18; 1Giovanni 5:3

Giovanni 16:33; 2Corinzi 1:4-5; 4:17; 12:9-10; Filippesi 4:13

RIFLESSIONI

1. Che Giovanni Battista, benché non giunto al meriggio della sua vita e capace ancora di predicare, il regno di Dio, dovesse esser gettato in una prigione, e che nostro Signore ve lo lasciasse languire e morire della morte del martire, senza far nulla per liberarlo, ciò sembra una dispensazione misteriosa. Ma il vero è che Iddio, infinitamente sapiente e buono, assegna ad ognuno dei suoi servitori il posto che deve occupare, e l'opera colla quale deve glorificarlo; che quei patimenti e quel martirio erano necessari a compiere la testimonianza di Giovanni, e adempiere i disegni di Dio; e che, come per Paolo, così per Giovanni, «Dio rese la sua grazia sufficiente per esso, e spiegò la sua potenza nella debolezza del suo servo» 2Corinzi 12:9. Anche in quei tristi giorni, mentre giaceva in catene nella prigione, noi vediamo che quel sant'uomo non cessò di rendere testimonianza alla verità.

2. C'è qualche cosa di molto bello e consolante per i veri Cristiani nella testimonianza che il nostro Signore rende a Giovanni. Essa ci mostra quanto teneramente il nostro sommo Capo s'interessa della vita e del carattere di ogni suo membro; e quanto egli sarà pronto ad onorare ogni opera ed ogni fatica sostenuta per la sua causa. È un dolce pregustamento della confessione che di loro egli farà innanzi al mondo radunato, quando egli li presenterà puri da ogni colpa davanti al trono del Padre suo.

3. «A quale altezza si libra, anche qui, Gesù al disopra del maggior rappresentante del passato! Ma in pari tempo, qual sincerità negli scrittori sacri che non temono di palesare le infermità dei loro più illustri eroi!» Godet. Come Elia, il Battista si eleva talvolta alle più sublimi altezze, ma è soggetto pure a ricadere negli scoramenti più profondi.

4. Coloro che non si convertono, benché la parola della vita sia loro ampiamente somministrata, rammentino la sentenza pronunziata sulle città di Galilea, sentenza in parte già eseguita, ma della quale la parte più tremenda ha ancora da venire; e sieno sicuri che, nel giorno del giudizio, il grado della reità non sarà stimato secondo la grandezza dei loro peccati davanti al mondo, ma secondo le violenze che abitualmente, avranno fatte alla voce della propria coscienza, secondo che più o meno avranno spenta la luce e soffocate le loro proprie convinzioni.

5. Se è vero che «niuno conosce il Figliuolo se non il Padre», quanto è irragionevole misurare ciò che dice la Scrittura, rispetto alla persona ed alle opere di Cristo, ed ristretto criterio dell'intelletto umano, rettificando, modificando, o interpretando tutto ciò che, sebbene chiaramente espresso negli oracoli di Dio, siamo incapaci di comprendere pienamente!

6. Coloro i quali considerano la sovranità della grazia divina di fronte alla libertà ed alla responsabilità dell'uomo, rigettando ora l'una, ora l'altra, come se non fossero conciliabili fra loro, prendano per se il rimprovero che fa qui nostro Signore. In nessun altro luogo è dichiarata tanto esplicitamente la dottrina che la conoscenza salvatrice del Padre può essere impartita unicamente dalla volontà sovrana del Figlio. Ciò nonostante, in nessun altro luogo si trova più chiaramente indicata l'altra verità, cioè che questa conoscenza e la pace che ne deriva, sono alla portata di chiunque le chiede a Cristo, e che tutti quelli i quali bramano la pace dell'anima loro, sono generosamente invitati da lui, e saranno cordialmente ricoverati sotto le sue ali.

7. Si osservi quanto semplice sia ciò che Cristo richiede da coloro che sono travagliati ed aggravati: «Venite a me togliete il mio giogo ed imparate da me». Egli chiede che andiamo a lui quali noi siamo con tutti i nostri peccati, e ci sottoponiamo come fanciulli ai suoi insegnamenti. Quanto è atto ad infondere coraggio ciò ch'Egli dice di se: «io sono mansueto e umile di cuore!». Questo è l'unico luogo delle Scritture, dove sia nominato il cuore di Gesù. Marta e Maria a Betania, Pietro dopo la sua caduta, i discepoli dopo la resurrezione, Tommaso dopo la sua fredda incredulità, tutti ebbero un saggio della bontà e mitezza di Cristo. È questo un invito che non dobbiamo dimenticare mai. Ed ora viene la solenne domanda: L'abbiamo noi accettato? Qui sta il segreto dell'avere il cuore felice.

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