Commentario abbreviato:

Matteo 17

1 Capitolo 17

La trasfigurazione di Cristo Mt 17:1-13

Gesù scaccia uno spirito muto e sordo Mt 17:14-21

Preannuncia nuovamente le sue sofferenze Mt 17:22-23

Fa un miracolo per pagare il denaro del tributo Mt 17:24-27

Versetti 1-13

Ora i discepoli videro un po' della gloria di Cristo, come dell'unigenito del Padre. Questo doveva servire a sostenere la loro fede, quando avrebbero dovuto assistere alla sua crocifissione; e avrebbe dato loro un'idea della gloria preparata per loro, quando sarebbero stati cambiati dalla sua potenza e resi simili a lui. Gli apostoli furono sopraffatti da quella vista gloriosa. Pietro pensò che fosse più opportuno rimanere lì e non scendere più ad affrontare le sofferenze di cui non voleva sentire parlare. In questo non sapeva cosa dire. Sbagliamo se cerchiamo un paradiso qui sulla terra. Qualsiasi tabernacolo ci proponiamo di costruire per noi stessi in questo mondo, dobbiamo sempre ricordarci di chiedere il permesso di Cristo. Non era ancora stato offerto quel sacrificio senza il quale le anime degli uomini peccatori non avrebbero potuto essere salvate; e importanti servizi dovevano essere compiuti da Pietro e dai suoi fratelli. Mentre Pietro parlava, una nube luminosa li adombrava, emblema della presenza e della gloria divina. Da quando l'uomo peccò e udì la voce di Dio nel giardino, le apparizioni insolite di Dio sono state terribili per l'uomo. Essi caddero prostrati a terra, finché Gesù non li incoraggiò; quando si guardarono intorno, videro solo il loro Signore come lo vedevano di solito. Dobbiamo passare attraverso varie esperienze nel nostro cammino verso la gloria; e quando torniamo al mondo dopo un'ordinanza, dobbiamo avere cura di portare Cristo con noi, e allora può essere di conforto il fatto che egli sia con noi.

14 Versetti 14-21

Il caso dei bambini afflitti deve essere presentato a Dio con una preghiera fedele e fervente. Cristo guarì il bambino. Sebbene il popolo fosse perverso e Cristo fosse provocato, tuttavia si prese cura del bambino. Quando tutti gli altri aiuti e soccorsi vengono meno, siamo accolti da Cristo, possiamo confidare in lui, nella sua potenza e bontà. Vediamo qui un emblema dell'impegno di Cristo come nostro Redentore. Incoraggia i genitori a portare a Cristo i figli, le cui anime sono sotto il potere di Satana; egli è in grado di guarirli, e lo vuole quanto è in grado di farlo. Non solo portateli a Cristo con la preghiera, ma portateli alla parola di Cristo, ai mezzi con i quali vengono abbattuti i punti di forza di Satana nell'anima. È un bene per noi diffidare di noi stessi e della nostra forza, ma è spiacevole per Cristo quando diffidiamo di qualsiasi potere derivato da lui o concesso da lui. C'era anche qualcosa nella malattia che rendeva difficile la cura. La straordinaria potenza di Satana non deve scoraggiare la nostra fede, ma stimolarci a pregare più seriamente Dio per accrescerla. Ci meravigliamo forse nel vedere il possesso corporeo di Satana su questo giovane fin da bambino, quando vediamo il suo possesso spirituale su ogni figlio di Adamo fin dalla caduta!

22 Versetti 22-23

Cristo conosceva perfettamente tutte le cose che gli sarebbero capitate, eppure ha intrapreso l'opera della nostra redenzione, il che dimostra fortemente il suo amore. Quale svilimento esteriore e quale gloria divina è stata la vita del Redentore! E tutta la sua umiliazione si è conclusa con la sua esaltazione. Impariamo a sopportare la croce, a disprezzare le ricchezze e gli onori mondani e ad accontentarci della sua volontà.

24 Versetti 24-27

Pietro si sentiva sicuro che il suo Maestro era pronto a fare ciò che era giusto. Cristo parlò per primo per dargli la prova che nessun pensiero può essere trattenuto da lui. Non dobbiamo mai rifiutare il nostro dovere per paura di offendere; ma a volte dobbiamo rinnegare noi stessi nei nostri interessi mondani, piuttosto che offendere. Per quanto il denaro fosse nascosto nel pesce, solo Colui che conosce ogni cosa poteva saperlo e solo una potenza onnipotente poteva portarlo all'amo di Pietro. La potenza e la povertà di Cristo dovrebbero essere menzionate insieme. Se la provvidenza ci chiama a essere poveri, come il nostro Signore, confidiamo nella sua potenza, e il nostro Dio provvederà a ogni nostro bisogno, secondo le sue ricchezze nella gloria per mezzo di Cristo Gesù. Nel cammino dell'obbedienza, forse nel corso della nostra abituale vocazione, come ha aiutato Pietro, così aiuterà noi. E se dovesse arrivare una chiamata improvvisa che non siamo pronti a soddisfare, non rivolgiamoci ad altri se prima non cerchiamo Cristo.

Commentario del Nuovo Testamento:

Matteo 17

1 CAPO 17 - ANALISI

1. Trasfigurazione del nostro Signore, sopra uno dei monti di Galilea. Essa ebbe luogo in presenza di Mosè e di Elia, di Pietro, Giacomo e Giovanni, rappresentanti della Legge e dell'Evangelo, dell'antica e della nuova Alleanza. Essi v'intervennero per rendere omaggio al comune loro Redentore, e per parlare della morte ch'egli dovea soffrire in Gerusalemme, morte nella quale essi avevano un comune interesse, consistente nel dimostrare che, sebbene la Chiesa di Dio fosse esistita sotto diverse dispensazioni e con diverse forme esteriori, essa era stata e sarà sempre una sola, adoratrice del medesimo Dio, fidente nel medesimo Salvatore, santificata nel medesimo Spirito, per formare, nell'ultimo giorno, insieme colle schiere angeliche, "universale radunanza e la Chiesa dei primogeniti scritti nei cieli". Tutti i sinottici descrivono la scena della trasfigurazione; ma Matteo è più esplicito parlando del mutamento effettuatosi nella persona di Gesù. La gloria della divinità di Cristo, celata fin allora sotto il velo della sua umanità, sfolgoreggiò d'un tratto, ad illuminare il suo volto, finché esso risplendette come il solo, e così pure lo sue vesti, mentre, al tempo stesso, una nube lucente circondò tutti gli astanti, di mezzo alla quale udissi la voce di Jehova, che diceva, come già nel battesimo di Gesù: "Questo è il mio diletto Figliuolo in cui ho preso il mio compiacimento: ascoltatelo!". Alla qual voce, i discepoli impauriti caddero prostesi. Il solo Pietro tentò parlare, ma non sapeva che si dicesse. Quando in piena Coscienza di se furono tornati, la visione era sparita e si trovarono col solo Gesù Matteo 17:1-8.

2. Gesù e i discepoli scendono dal monte, discorrendo. Questa discesa dal monte, dice espressamente Luca 9:37, ebbe luogo il giorno seguente; onde la induzione giustissima che la trasfigurazione accadde nel silenzio e fra le tenebre della notte. Questo fu uno degli ultimi avvenimenti del ministero di Cristo in Galilea, e fu inteso a confermare la fede dei discepoli nella sua divinità, non soltanto per quel momento, ma specialmente in vista delle cose che dovevano succedere in Gerusalemme Giovanni 1:14; 2Pietro 1:17. Cristo, per motivi facili a comprendere, proibì loro strettamente di parlare della trasfigurazione finché non fosse risorto da morte. L'apparizione di Elia nella sua gloria riconduceva naturalmente i loro pensieri alla popolare credenza che, innanzi alla venuta del Messia, dovesse quel profeta apparire in persona sulla terra. La spiegazione data da Cristo Matteo 11:14, che Giovanni Battista era venuto nello spirito e colla potenza di Elia, e come suo precursore in adempimento della profezia di Malachia, era stata o dimenticata o non mai compresa da loro. Se prima della trasfigurazione essi avevano conservato qualche dubbio, dopo di essa non potevano più dubitare che Gesù fosse il Messia. Essi avevano veduto coi loro propri occhi il vero Elia, e certamente nessuno che avesse la minima rassomiglianza con esso aveva preceduto Cristo; quindi la domanda: "Come dunque dicono gli Scribi che conviene che prima venga Elia?". Con pazienza grandissima il Signor nostro spiegò loro di nuovo ciò che a loro stessi aveva già detto, intorno a Giovanni, e questa volta la verità rifulse ai loro intelletti, ed essi l'accolsero Matteo 17:9-13.

3. Guarigione del fanciullo indemoniato. La montagna sulla quale ebbe luogo la trasfigurazione non ci è indicata nei Vangeli, i quali non pur ci dicono in qual luogo Gesù e i tre discepoli prescelti raggiunsero gli altri nove. Una moltitudine però si era radunata intorno a questi, e gli Scribi, pronti sempre ad opporsi al Maestro, trionfavano, essendo che i suoi discepoli erano stati incapaci di sloggiare un demonio che da molto tempo si era impossessato d'un giovanetto. In questo mentre comparve Gesù, il quale rimproverò tanto i suoi discepoli, quanto gli Scribi ed il popolo, per la loro mancanza di fede; poi prese la difesa dei discepoli; e, infine, rispondendo alle ferventi preghiere del padre, che chiedeva aiuto, cacciò fuori il diavolo, e gli vietò di tornare mai più in quel giovane. Ritornando poi alla domanda dei discepoli: come mai non fosse loro riuscito di cacciare quel demonio, sebbene ci si fossero provati e ne avessero cacciati degli altri Luca 10:20, il Signore disse loro che ciò proveniva dalla debolezza delle loro orazioni e della loro fede. Al medesimo tempo, egli chiaramente soggiunse esservi alcuni casi di possesso diabolico più gravi che altri, e nei quali, per ottenere la espulsione del demonio, si richiedeva un più alto grado di fede. Chiuse quindi la conversazione colla consolante assicurazione di quello che la fede e la preghiera unite insieme, possono operare Matteo 17:14-21.

4. Gesù parla di nuovo con i suoi discepoli intorno alla propria morte. In questa conversazione, che accadde in Galilea, Gesù dichiarò per la prima volta ai suoi discepoli ch'egli sarebbe tradito dai suoi amici, e, consegnato nelle mani dei suoi nemici Matteo 17:22-23.

5. Pietro è invitato a pagare per e per il suo maestro le didramme, moneta del riscatto per uso del tempio. Gesù, dopo aver dimostrato il suo diritto d'esenzione da questa tassa, comanda a Pietro di andare a pescare, dicendogli che avrebbe trovato, nella bocca del primo pesce da lui preso, il danaro occorrente Matteo 17:24-27.

Matteo 17:1-13. TRASFIGURAZIONE: DIALOGO INTORNO AD ELIA Marco 9:2-13; Luca 9:28-36

Per l'esposizione vedi Luca 9:28-36.

14 Matteo 17:14-21. GUARIGIONE DEL FANCIULLO INDEMONIATO CONVERSAZIONE A CUI ESSA DA LUOGO Marco 9:14-27; Luca 9:37-42

Per l'esposizione vedi Marco 9:14-27.

22 Matteo 17:22-23. ALTRO ANNUNZIO DELLA MORTE DI CRISTO Marco 9:30-32; Luca 9:43-45

22. Or, com'essi percorrevano insieme la Galilea,

Secondo Marco: "Poi essendosi partiti di là, traversarono la Galilea, e Gesù non voleva che alcuno lo sapesse". Se è vero, come alcuni congetturano, che la trasfigurazione abbia avuto luogo sul monte Hermon, il punto di partenza, che è anche il luogo dove fu operata la guarigione del fanciullo indemoniato, doveva trovarsi fra l'Hermon e Cesarea di Filippo. Infatti l'Hermon e Cesarea di Filippo giacevano entrambi sui confini della Galilea e della Siria, e, per ritornare a Capernaum Matteo 17:24, Gesù doveva traversare tutta quanta la Galilea settentrionale. Evidentemente, poiché Gesù non voleva che si sapesse ch'egli faceva questo viaggio, egli non l'intraprese per evangelizzare il pubblico suo ministero in Galilea giungeva al suo termine. Benché, dopo questo viaggio, egli mandasse i Settanta a predicare e guarire, egli medesimo si mostrò ben poco al pubblico, al quale egli doveva fra breve dare un finale addio. Intanto, aspettando che l'ora sua giungesse, egli si tratteneva coi dodici, e li preparava agli eventi futuri.

Gesù disse loro: li Figliuol dell'uomo sta per esser dato nelle mani degli uomini;

significa più che il semplice dare, esso viene qui ad esprimere il tradendus est Volg., sarà consegnato. È adombrato nella parola il tradimento. Già Gesù aveva parlato di vari patimenti che avrebbe dovuto soffrire per opera degli anziani, dei sacerdoti e degli scribi; ma qui accenna ad un altro dolore che gli sarebbe venuto dagli stessi amici. Si allude senza dubbio all'azione di Giuda. Stier però crede che si parli invece del consiglio di Dio Vedi anche Atti 11:23; Romani 8:32, il quale di sua mano consegna il proprio figlio, prima a Giuda che lo tradisce, quindi ai principali sacerdoti, i quali lo trasmettono ai Gentili.

PASSI PARALLELI

Matteo 16:21; 20:17-18; Marco 8:31; 9:30-31; 10:33-34; Luca 9:22,44; 18:31-34

Luca 24:6-7,26,46

Matteo 24:10; 26:16,46; Atti 7:52; 1Corinzi 11:23

23 23. E l'uccideranno; e al terzo giorno risusciterà. Ed essi ne furono grandemente contristati.

Essi furono grandemente afflitti, perché, secondo Marco, non intendevano questo ragionamento, e temevano di domandarne la spiegazione: il che sembra incredibile a noi che siamo illuminati dalla rivelazione del Nuovo Testamento. Possiamo però farci un'idea della difficoltà ch'essi provavano nell'intendere queste profezie di Cristo, se consideriamo quanti dubbi e quanta diversità di vedute si riscontrano ancora, ai dì nostri, fra quelli che investigano le profezie non ancora adempiute dell'Apocalisse; dubbi che, a coloro i quali leggeranno un giorno quelle profezie chiarite dall'adempimento, sembreranno privi di ogni fondamento. 'Ben sapeva Gesù che questa dottrina della sua risurrezione, i discepoli non l'intendevano, perciò li eccitava ad imprimersi nella memoria ciò che egli aveva detto, per potere un giorno approfittarne, "Voi, tenete bene a mente queste parole" Luca 9:44. Non comprendevano l'annunzio della sua risurrezione, ma eran persuasi ormai ch'egli doveva morire. Non nasceva forse il loro dolore dalla certezza che la morte di Cristo avrebbe distrutto tutte le speranze da essi fondate sul regno temporale del Messia?

PASSI PARALLELI

Salmo 22:15,22-31; Isaia 53:7,10-12; Daniele 9:26; Zaccaria 13:7

Salmo 16:10; Giovanni 2:19; Atti 2:23-31; 1Corinzi 15:3-4

Giovanni 16:6,20-22

24 Matteo 17:24-27. TRIBUTO DEL TEMPIO

24. E, quando furono venuti a Capernaum,

Il fatto seguente, narrato dal solo Evangelista nostro accadde subito dopo che Gesù e i suoi discepoli furono tornati a Capernaum dal loro giro nella Galilea settentrionale, per quanto alcuni critici suppongano che fra questi due fatti s'intercalasse il viaggio di Gesù a Gerusalemme per la festa dei Tabernacoli Giovanni 7:2. Il fatto qui narrato si combina bene collo scopo dell'intiero capitolo, che è di provare che Gesù è indubbiamente Figlio di Dio.

Quelli che riscuotevano le didramme si accostarono a Pietro, e dissero: il vostro Maestro non paga egli le didramme?

Molti commentatori, sì antichi che moderni, hanno errato credendo che si trattasse qui di un'imposta civile. Questa tassa si vuole accuratamente distinguere dalla "moneta del tributo" "un denaro" di Giovanni 22:19, che era un tributo imposto dal governo romano. La moneta di cui qui si parla, cioè il didramma due dramme attiche = l'ebraico mezzo siclo, circa 2 lire, doveva pagarsi per il mantenimento e servizio del tempio, da ogni maschio da vent'anni in su; e l'origine di questa tassa è da rintracciarsi nell'Esodo 30:12-14, ove chiamasi "riscatto delle persone". Secondo questo passo, sembra che fosse obbligo pagarla soltanto nelle occasioni, probabilmente assai rare, del censimento del popolo. Comunque, che tale fosse la volontà del divino legislatore, o che fosse necessaria per il mantenimento del tempio, certo è che, dopo la cattività babilonese, la tassa divenne annuale. Non è mancato però chi ha creduto rintracciarne l'origine in tempi anche più remoti; e, per vero dire, par che se ne parli nel 2Re 12:4, e nel 2Cronache 24:5-6,9. Tutte le circostanze che accompagnano "la colletta della tassa che Mosè, servo di Dio, aveva imposta agl'Israeliti nel deserto", confortano questa ipotesi. Giuseppe Flavio Antiq. 18:1:9 menziona questo pagamento, dicendo che ai suoi tempi era annuo; e Trench Note sui miracoli. pag. 374, citando Filone, dice che "tanto gli Ebrei della Palestina, quanto quelli della dispersione lo pagavano coscienziosamente, e senza mormorare; cosicché quasi in ogni città vi era un sacro erario per raccogliervi questi danari, alcuni dei quali venivano dalle città fuor dei confini dell'impero romano; e quindi in certi tempi si inviavano dei messaggeri sacri, scelti fra i più degni, per portare il denaro così raccolto a Gerusalemme". Dopo la rovina di questa città, Vespasiano obbligò gli Ebrei a pagare questa medesima annuale contribuzione al governo romano, per il mantenimento del tempio di Giove Capitolino in Roma Flavio Bell. Giudici. 7:6, 6, e continuarono a pagarla al governo papale! Non era una tassa civile, come quella che il nostro Signore ricorda nel versetto seguente, altrimenti l'avrebbero prelevata i pubblicani quelli che la chiesero a Pietro sono chiamati "coloro che riscuotevano le didramme". Essi usavano un linguaggio conveniente a chi richiede una tassa aspettata sì, ma volontaria; linguaggio che mai avrebbero adoprato i pubblicani, esattori di una tassa governativa. Importa moltissimo rammentarsi di questa distinzione, poiché da essa dipende tutto l'insegnamento che questo fatto ci somministra.

PASSI PARALLELI

Marco 9:33

Esodo 30:13; 38:26

25 25. Egli rispose: Sì.

Suppongono alcuni che questa risposta sia una nuova prova dell'avventatezza, di Pietro. La supposizione, a parer nostro, è ingiusta, perché la pronta risposta di Pietro indica la sua volontà di conformarsi all'uso, nonché la conoscenza ch'egli aveva della risoluzione del suo Signore, di "adempiere ogni giustizia", osservando anche i più minuti precetti della legge cerimoniale. Inoltre, Cristo non lo biasimò ma nel suo dialogo con lui ebbe per unico scopo di somministrare una nuova prova della sua divinità. Pietro non volle allontanarsi dall'uso, e rispose affermativamente; ma siccome egli sapeva di certo che in quel momento non vi erano denari nella borsa comune, la sua risposta vuol essere considerata come un atto di fede grande nel suo Maestro.

E, quando egli fu entrato in casa,

Non e detto se fosse la casa di Pietro o quella di sua madre e fratelli. Pietro si affrettò a riferire al Maestro la domanda, rammentandogli nel medesimo tempo l'incapacità in cui si trovavano di soddisfarla.

Gesù lo prevenne,

Come se intendesse dichiarare che egli non aveva bisogno di essere informato, avendo perfetta conoscenza delle circostanze prima che Pietro aprisse la bocca.

e gli disse: Che te ne pare, Simone? i re della terra da chi prendono i tributi, o il censo? dal loro figliuoli, o dagli stranieri?

tributi significa tassa di esportazione e di importazione; census significa il testatico, che dovea pagarsi ai Romani da tutte le persone, il nome delle quali era registrato nel censimento. Le parole "figliuoli loro" significano i membri delle famiglie reali; e "gli stranieri" od estranei i loro sudditi, e non già i forestieri di passaggio nel paese.

PASSI PARALLELI

Matteo 3:15; 22:21; Romani 13:6-7

1Samuele 17:25

26 26. Dagli stranieri, rispose Pietro. Gesù gli disse: I figliuoli dunque ne sono esenti.

Quantunque la similitudine non sia qui formale, pure egli è chiaro che Gesù confronta il Dio d'Israele, il gran Re, cogli altri re della terra, e viene a dire in somma: "Se i figli di costoro non sono sottoposti a tasse, quanto meno lo sarà colui ch'essi hanno sentito proclamare dal cielo, per voce di Jehova medesimo, "suo diletto Figliuolo?". Colla parola "figliuoli" non può certamente il nostro Signore significare qui sé medesimo insieme coi dodici, come se essi fossero tutti, nel medesimo grado, figli di Dio. Egli distingue sempre fra la propria parentela con Dio e quella dei suoi discepoli Vedi Giovanni 17:27; 20:17. Inoltre, egli avrebbe loro dato, con questo ragionamento, il diritto di sciogliersi dall'obbligo di contribuire al mantenimento del culto, contrariamente al suoi propri insegnamenti ed a quelli di Paolo. In questo luogo adunque, quel vocabolo si riferisce a Cristo solo. Egli l'adoprò al plurale unicamente perché egli parlava dei re in generale, i quali dai loro propri figli non esigono tasse. Ecco il senso delle parole di Cristo: "Questa è una tassa per mantenere la casa di mio Padre; dunque io, come Figliuolo, son dispensato dal pagarla: sono esente".

PASSI PARALLELI

Matteo 17:17

27 27. Ma, per non scandalizzarli,

Cioè: "Siccome essi sono nell'ignoranza dei miei rapporti col Signore del tempio, e potrebbero considerare la mia domanda di esenzione dalla tassa come un rifiuto di rendergli l'onore che gli è dovuto".

vattene al mare, getta l'amo; e prendi il primo pesce che verrà su; ed apertagli la bocca troverai uno statère;

Era giusto che Gesù, mentre pagava, protestasse per le ragioni summentovate; ma egli rivolse le sue parole a Pietro non essendo gli esattori capaci d'intenderlo. È cosa singolare che l'esito dell'ordine dato a Pietro non ci sia riferito. Però nella brusca semplicità colla quale la narrazione viene qui troncata, c'è qualche cosa di meravigliosamente dignitoso, che serve ad indicare, che l'ordine di Cristo fu immediatamente eseguito, e che la sua predizione si avverò. Questo miracolo non consiste solamente nella previsione che il primo pesce che abboccherebbe, all'amo avrebbe nella bocca quella precisa moneta; ma consiste anche nell'attrarre quel pesce in quel luogo e in quel momento, e nel fare in modo che corresse all'amo! il che prova che Cristo domina anche sopra i pesci del mare Salmo 8:9. Certi teologi considerano questo miracolo come un mito, fondandosi sull'impossibilità che un pesce porti nella bocca uno statère. Altri critici ammettono che la tassa sia stata pagata col mezzo della pesca fatta da Pietro di un pesce grossissimo, o di una retata di pesci piccoli ch'egli vendette al prezzo di uno statère. Siffatte interpretazioni sono di tale assurdità, da non mettere conto di confutarle e forniscono una prova dell'avversione nutrita contro il Vangelo dai loro autori. Il miracolo vuole essere inteso nel suo senso storico letterale. Nel rigettare l'idea che lo statère sia stato creato per tale occasione, e nell'ammettere che esso giaceva in fondo al lago, ove il pesce poteva averlo inghiottito, non c'è contraddizione col senso letterale. Succede che i pescatori prendano dei pesci i quali hanno nella gola, o nello stomaco delle monete od altri oggetti preziosi. Ora, che il primo pesce preso all'amo gettato nel lago per ordine di Cristo, portasse la precisa moneta occorrente e preveduta, è questa una combinazione di circostanze che sarebbero inesplicabili affatto, se non si considerassero come una conseguenza di quella sapienza e di quella potenza divina, le quali non si mostrano mai tanto meravigliose come nel regolare ciò che noi chiamiamo il caso. Lo statère era una moneta d'argento del valore di due didramme, somma bastante a pagare la tassa per due.

prendilo, e dallo loro per me e per te.

Il pagamento provveduto non era per tutti i dodici, ma per Gesù e Pietro soli. Si osservi che il nostro Signore non dice "per noi", ma "per me e per te" distinguendo così sé medesimo, che aveva il diritto di essere esentato dalla tassa, dal discepolo che questo diritto non aveva Vedi Giovanni 20:17.

PASSI PARALLELI

Matteo 15:12-14; Romani 14:21; 15:1-3; 1Corinzi 8:9,13; 9:19-22; 10:32-33; 2Corinzi 6:3

1Tessalonicesi 5:22; Tito 2:7-8

Genesi 1:28; 1Re 17:4; Salmo 8:8; Giona 1:17; 2:10; Ebrei 2:7-8

2Corinzi 8:9; Giacomo 2:5

RIFLESSIONI

l. Negli annunzi reiterati che egli ne fa, ben si vede di quale immensa importanza sono la morte e la resurrezione del nostro Signore. Oggi vediamo gl'increduli negare di nuovo, baldanzosamente, il carattere espiatorio e sostitutivo di quella è bene che l'attenzione vi sia specialmente, richiamata. Cristo ci rammenta che, per la sua morte, verrebbe sciolto il gran problema: come Iddio possa essere giusto, e giustificare al tempo medesimo i peccatori. Non venne Gesù in terra unicamente ad insegnare, predicare ed operare miracoli; egli venne ad espiare i nostri peccati col suo proprio sangue e coi suoi patimenti sulla croce. Hanno molta importanza l'incarnazione, l'esempio e le parole di Cristo; ma ciò che anzi tutto importa nel suo ministerio terrestre, si è la sua morte sul Golgota. Non lo dimentichiamo mai!

2. All'entrare che fece Pietro, tutto affannato, in essa per ragguagliare il Maestro intorno a ciò che gli avevano detto gli esattori, "Gesù lo prevenne!" La certezza che nulla è nascosto a Gesù, ha qualcosa di ineffabilmente solenne. Nascondersi a lui è impossibile; dunque vana è l'ipocrisia. Ministri, vicini e parenti possono esser da noi ingannati; ma l'occhio del Signore vede i più intimi ripostigli del cuor nostro. Non si può ingannare Cristo!

3. È difficile immaginare una prova più evidente della propria essenza divina, che quella somministrata da Gesù a Pietro, dichiarandosi implicitamente figlio del Signore del tempio; da che si possa inferire che l'insegnamento del Signore tendeva sistematicamente ad affermare la prerogativa di Colui "che non darà mai la sua gloria ad altri"; e che veramente Egli era "il prossimo" del Signore degli eserciti Zaccaria 13:7. Gl'insegnamenti di Gesù venivano attestati in ogni maniera immaginabile dal suo Padre celeste: adunque il titolo che ha Gesù Cristo alla suprema divinità personale, dev'essere per ogni cristiano indubitabile, e così è per tutti coloro che son degni di portare quel nome.

4. Abbiamo qui una prova del dominio del Signore su tutto il creato: Egli fa che un pesce paghi per lui. È questo l'adempimento letterale delle parole del Salmista intorno a Cristo medesimo: "Tu l'hai fatto signoreggiare sopra l'opere delle tue mani, hai posta ogni cosa sotto i suoi piedi: pecore e buoi, tutti quanti, e anche le fiere della campagna: gli uccelli del cielo, e i pesci del mare, tutto quel che percorre i sentieri del mare" Salmo 8:6-8.

5. Il nostro Signore, e col proprio esempio e coll'ordine dato a Pietro impartisce a tutti un'altra importante lezione, cioè che noi dobbiamo esser pronti sempre a contribuire, in giusta proporzione, al mantenimento delle, istituzioni dell'Evangelo. Le didramme infatti, miracolosamente qui procacciate, erano intese a mantenere il culto del tempio. Se il Figlio così fece, per dare l'esempio, se riconobbe l'obbligo in Pietro, egli lo riconosce anche in noi. Veramente, noi siamo tenuti a far sacrificio delle cose nostre materiali: case, possessi, denaro, ed anche di ciò che ricaviamo dal giornaliero lavoro, per mantenere fra noi le ordinanze di Dio, e per diffondere fra i pagani il regno di Cristo. È questa una lezione che coloro, i quali si professano cristiani, imparano troppo adagio; ma quando è cominciano ad apprenderla in fede, e vi sanno perseverare, essa allarga i loro cuori e nobilita il loro carattere.

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